Con l’entrata in vigore del Fiscal Compact non c’è crisi di governo che tenga. Fassino: per tutti i comuni un danno gravissimo che bloccherebbe provvedimenti indispensabili sulla finanza locale, speriamo in un sussulto di responsabilità
tratto da www.lagazzettadeglientilocali.it
Con l’Europa non si scherza, l’entrata in vigore del Fiscal Compact non guarda in faccia a nessuna crisi di governo: qualsiasi cosa accada entro il 15 ottobre gli Stati membri devono consegnare le bozze della legge di bilancio per l’anno successivo.
Con la crisi di governo si aprono due fronti. Uno – immediato – che tocca i consumi e scatta da domani con l’aumento dell’Iva la 22% se non interviene prima un decreto ad hoc (> vedi la bozza di d.l. all’odg del Consiglio dei Ministri di venerdì scorso), difficile visto che i Ministri Pdl hanno dato le dimissioni in blocco. Secondo uno studio della Cgia di Mestre, l’aumento dell’Iva comporterà un aggravio di 120 euro a famiglia.
L’altro riguarda appunto la legge di stabilità: l’Italia deve ancora spiegare come compenserà adeguatamente l’abolizione della tassa sulla prima casa, cosa di cui Saccomanni avrebbe dovuto discuterne con il Commissario finlandese agli affari monetari Rehn stamattina, poil’”incontro è stato annullato per ragioni di opportunità politica”, spiegano al Tesoro.
E sarà proprio il Tesoro, nel caso in cui Letta dovesse cadere in Parlamento, a dover portare la legge di stabilità a Bruxelles: la vecchia legge finanziaria è un impegno da cui il Governo non si potrà esimere e che potrà anzi rispettare, come chiarito dal Ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni, con Silvio Berlusconi che si è detto anche pronto a votarla.
Intanto l’Anci si dichiara molto preoccupata per la crisi di governo, che “rappresenterebbe per tutti i comuni, anche quelli governati dal centrodestra, un danno gravissimo”. Con la caduta dell’esecutivo, ha detto il Presidente Fassino “si bloccherebbero provvedimenti sulla finanza locale senza i quali i comuni non sarebbero in grado di dare corso a impegni di spesa, pregiudicando la erogazione di servizi fondamentali per la vita dei cittadini”. Il sindaco di Torino ha quindi auspicato “che si abbia ancora un sussulto di responsabilità e si eviti di mettere in ginocchio il Paese e i comuni”.
Il primo sicuro intervento su cui punta il Governo Letta è la riduzione del cuneo fiscale, che si sommerà alle privatizzazioni, alla revisione delle aliquote Iva e all’introduzione della service tax.
Dopo la fase congiunturale di attacco alla crisi economica volta a rilanciare l’economia con provvedimenti immediati (come l’ecobonus, gli sgravi contro la disoccupazione giovanile e l’abolizione della prima rata Imu), l’Esecutivo ha in mente di avviare ora una fase strutturale di riforme, a partire dal taglio del costo del lavoro e dall’Imu.
La service tax andrà a sostituire la tassa sulla casa e la Tares con una suddivisione tra proprietari ed inquilini che però deve essere ancora definita. E tutti da definire sono anche i criteri economici e l’impatto che la tassa avrà sulle tasche delle famiglie.
Per l’Iva si pensa invece ad una riforma delle aliquote e a una ridistribuzione dei prodotti. L’Europa propone un’aliquota minima del 15%, con eccezione per alcuni beni di prima necessità tassati al 5% (comunque un livello superiore rispetto al 4% riservato in Italia a prodotti base come pane e latte per esempio).
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