Le rappresentanze sindacali unitarie specchio della concertazione

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Indice

  1. La rappresentanza di natura pattizia. Il T.U. del 2014
  2. Regole di costituzione e funzionamento
  3. Il “cambio di casacca” e la decadenza della R.S.U.
  4. Le ipotesi residuali di coesistenza tra R.S.A. e R.S.U. e la clausola di salvaguardia
  5. Il ruolo delle R.S.U. nella sottoscrizione dei contratti di prossimità: il problema dell’efficacia soggettiva e le soluzioni offerte dalla giurisprudenza

La rappresentanza di natura pattizia. Il T.U. del 2014

Come si è avuto modo di appurare in altra sede,[1] la più recente evoluzione dei soggetti sindacali aziendali ha interessato le R.S.A. e non meno le rappresentanze sindacali unitarie (d’ora in poi R.S.U.). Con la sottoscrizione del protocollo del 23.07.1993 tra il governo e le parti sociali (CGIL, CISL e UIL) è stato compiuto il primo atto per la surrogazione delle R.S.A., rappresentanze sindacali di fonte legale, con le R.S.U., rappresentanze – per converso – che trovano la propria origine in un accordo tra le parti.[2] Il primo discrimine tra le forme di rappresentanza in commento, pertanto, è proprio quello della natura giuridica. Al di là, tuttavia, di quest’ultimo non trascurabile aspetto, il protocollo citato in introduzione è stato più volte rivisitato ed integrato. Esso, oggi, passando per l’accordo interconfederale del 28.6.2011 e per il Protocollo d’Intesa del 31.5.2013, è confluito nel “Testo unico sulla rappresentanzadel 10.01.2014.

Il protocollo Ciampi- Giugni del 1993 ricorda l’ormai abbandonata concertazione che, senza ombra di dubbio, ha rappresentato un paradigma importante della storia sindacale repubblicana.[3]

Il T.U. sulla Rappresentanza del 2014 è suddiviso nel modo che segue: la parte prima è inerente alla misurazione e certificazione della rappresentanza ai fini della contrattazione collettiva nazionale di categoria;[4] la parte seconda è attinente alla regolamentazione delle rappresentanze in azienda; la  parte terza è deputata alla definizione della titolarità e l’efficacia della contrattazione collettiva nazionale di categoria e aziendale;[5] la parte quarta, invero, raccoglie le disposizioni relative alle clausole e alle procedure di raffreddamento e alle clausole sulle conseguenze dell’inadempimento. Chiudono il documento, infine, le clausole transitorie e finali.

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Regole di costituzione e funzionamento

Le R.S.U. presentano un profilo sui generis in ragione della loro duplice investitura: quella associativa e quella elettiva.[6] La prima caratteristica vige in ragione della formazione e presentazione delle liste elettorali da parte della associazioni sindacali.[7] La seconda è conseguenza della partecipazione dei prestatori di lavoro alle votazioni per le elezioni della R.S.U. .[8]

Le R.S.U. possono essere costituite nelle unità produttive con più di 15 dipendenti e la relativa iniziativa spetta alle organizzazioni sindacali.[9] Il punto 1 della sezione seconda del T.U. sulla Rappresentanza del 2014 precisa che i lavoratori con contratto di lavoro part-time sono computati in misura proporzionale all’orario di lavoro contrattuale, mentre i lavoratori con contratto a tempo determinato in base al numero medio mensile di quelli impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro.

Hanno potere d’iniziativa le Confederazioni sindacali firmatarie dell’accordo interconfederale del 28.6.2011, del Protocollo d’intesa del 31.5.2013 e del T.U. sulla Rappresentanza del 2014; inoltre, la presentazione delle liste può avvenire anche da parte delle organizzazioni firmatarie di contratto collettivo applicato all’unità produttiva,[10] purché aderiscano formalmente all’accordo interconfederale del 2011, al Protocollo d’intesa del 2013, nonché al Testo Unico sulla Rappresentanza del 2014. Tuttavia, per i sindacati non firmatari di contratto collettivo applicato all’unità produttiva v’è la possibilità di presentare le liste, previa raccolta del 5% delle firme degli aventi diritto al voto dell’unità produttiva, se l’azienda occupa almeno 60 dipendenti. Se l’impresa presenta un requisito dimensionale tra i 16 e i 59 lavoratori dipendenti, l’associazione sindacale non firmataria di contratto applicato all’unità produttiva dovrà raccogliere 3 firme. In entrambe le ipotesi, la presentazione delle liste è subordinata anche all’adesione formale all’accordo interconfederale del 2011, al Protocollo d’intesa del 2013 e al T.U. sulla Rappresentanza del 2014.

La costituzione delle R.S.U. “può essere esercitata, congiuntamente o disgiuntamente, da parte delle associazioni sindacali come sopra individuate”, poiché non si ritiene l’iniziativa disgiunta incompatibile con il carattere unitario e collegiale della R.S.U. stessa.[11]

I lavoratori aventi diritto al voto sono i seguenti: apprendisti, operai, impiegati, quadri non in prova in forza all’unità produttiva, lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato che prestino la propria attività al momento del voto. Sono esclusi i dirigenti.

Per contro, l’elettorato passivo è rappresentato dagli operai, dagli impiegati e dai quadri non in prova in forza all’unità produttiva candidati nell’ambito delle liste ammesse al voto. Il T.U. sulla rappresentanza del 2014 chiama in gioco la contrattazione collettiva, sulla quale pesa l’onere di disciplinare l’esercizio del diritto di elettorato passivo dei lavoratori non a tempo indeterminato.

Il numero dei compenti delle R.S.U. eleggibili è così ripartito: a) 3 componenti per la RSU costituita nelle unità produttive che occupano fi no a 200 dipendenti; b) 3 componenti ogni 300 o frazione di 300 dipendenti nelle unità produttive che occupano fi no a 3000 dipendenti; c) 3 componenti ogni 500 o frazione di 500 dipendenti nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta al numero di cui alla precedente lett. b) (Sezione seconda, punto 3).

Il numero dei seggi è ripartito, secondo il criterio proporzionale, in relazione ai voti conseguiti dalle singole liste concorrenti e, nell’ambito delle liste che hanno conseguito un numero di voti sufficiente all’attribuzione di seggi, i componenti sono individuati seguendo l’ordine dei voti di preferenza ottenuti dai singoli candidati (Sezione terza, punto 18). Il lavoratore può esprimere la preferenza per un solo lavoratore dalla lista da questi scelta.

I componenti della R.S.U. restano in carica tre anni. Una pronuncia di legittimità ha stabilito che trattare con i componenti decaduti della rappresentanza sindacale unitaria equivale a condotta antisindacale, in quanto “altera la dinamica dei rapporti tra sindacati in azienda, privilegiando e favorendo la posizione di alcuni di essi, e blocca, o quanto meno rende più lento e difficoltoso, il meccanismo di rinnovo della rappresentanza previsto dall’accordo interconfederale”.[12]

La R.S.U., come evidente, è un organo di natura collegiale e le sue decisioni vengono adottate a maggioranza. [13]

Il “cambio di casacca” e la decadenza della R.S.U.

Con l’avvento del T.U. sulla Rappresentanza del 2014, la quota associativa della R.S.U. (1/3), prevista dal protocollo del 1993 sopra richiamato, è stata espunta dal sistema della rappresentanza. Tuttavia, la R.S.U. non è completamente “sganciata” dalle associazioni sindacali per le seguenti ragioni: in prima battuta le liste elettorali vengono presentate dalle organizzazioni sindacali secondo le regole sopra enunciate; in secondo luogo la c.d. questione del cambio di casacca[14] lega senza margine alcuno di discussione i componenti della R.S.U. alle proprie organizzazioni sindacali.

Sulla fattispecie del cambio di casacca, la giurisprudenza – nella vigenza del Protocollo del 1993 – aveva affermato che esiste un rapporto organico tra il componente della R.S.U. e l’associazione sindacale originaria d’appartenenza, nonché un vincolo di mandato per il rappresentante e di un potere di revoca da parte del sindacato.[15] Di segno opposto era altra giurisprudenza la quale sosteneva che “una volta presentate le liste …, vi sono le elezioni e queste avvengono, … “a suffragio universale ed a scrutinio segreto”. I lavoratori una volta eletti, …, non sono più legati al sindacato nelle cui liste si sono presentati alle elezioni, ma fondano la loro carica sul voto, …, dell’intera collettività dei dipendenti aziendali. E tale fondamento permane anche se il lavoratore si dimette dal sindacato nelle cui liste si è presentato e quale che siano le sue successive decisioni”.[16]

Ad ogni modo, il T.U. sulla Rappresentanza della 2014 perora la posizione della giurisprudenza che ravvisa un vincolo di mandato per il rappresentante e un potere di revoca da parte del sindacato. Di fatti, secondo il punto 6, sezione seconda, parte II, del T.U., il cambiamento di appartenenza sindacale da parte di un componente della RSU ne determina la decadenza dalla carica e la sostituzione con il primo dei non eletti della lista di originaria appartenenza del sostituito.

In riferimento alla decadenza della intera rappresentanza, lo stesso punto 6 stabilisce che “le dimissioni e conseguenti sostituzioni dei componenti delle R.S.U. non possono concernere un numero superiore al 50% degli stessi, pena la decadenza della R.S.U., con conseguente obbligo di procedere al suo rinnovo, secondo le modalità previste dal presente accordo”.

Le ipotesi residuali di coesistenza tra R.S.A. e R.S.U. e la clausola di salvaguardia

In questo breve saggio si è avuta occasione di passare in rivista le modalità di costituzione ed elezione delle R.S.U., in ossequio a quanto disposto dal T.U. sulla Rappresentanza del 2014. Pur tuttavia, è bene ricordare che questa forma di rappresentanza è di natura pattizia, e quindi introdotta ad opera delle sole parti sottoscrittrici del Protocollo del 1993 e degli accordi a seguire, e non delle organizzazioni non aderenti ai predetti accordi. Talché, è ben probabile che nelle unità produttive coesistano le R.S.A. e le R.S.U., allorché vi siano organizzazioni sindacali firmatarie di contratto e non aderenti agli accordi in disamina, che decidano di costituire le rappresentanze di fonte legale. Il motivo è esplicitato nel disposto dell’articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, giacché l’associazione sindacale, di qualsiasi livello, potrebbe costituire la rappresentanza di fonte legale – in luogo di quella di fonte negoziale – se firmataria di contratto collettivo applicato all’unità produttiva, benché non stipulante l’accordo interconfederale del 2011, il protocollo del 2013 e il T.U. sulla Rappresentanza del 2014.

Secondo la previsione del punto 8 del T.U., la cui rubrica reca “clausola di salvaguardia”, il passaggio dalle R.S.A. alle R.S.U. può avvenire solo unitariamente per le organizzazioni sindacali che aderiscono all’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, al Protocollo 31 maggio 2013 e al T.U. sulla rappresentanza del 2014. È proprio sulla base di questo assunto che il T.U. non produce dunque alcun effetto nei confronti delle organizzazioni [17] che, esercitando la propria libertà sindacale (ex art. 39 Cost), hanno ritenuto di non aderirvi: solo le organizzazioni sindacali stipulanti, sottoscrivendo l’accordo, hanno rinunciato a costituire proprie R.S.A. in caso di partecipazione alle elezioni della R.S.U..[18]

Il ruolo delle R.S.U. nella sottoscrizione dei contratti di prossimità: il problema dell’efficacia soggettiva e le soluzioni offerte dalla giurisprudenza

Le R.S.U., al pari delle R.S.A., sono soggetti sindacali abilitati alla stipulazione della contrattazione collettiva aziendale e, più in generale, alle intese di secondo livello.[19] In questo paragrafo l’autore non si occuperà dello studio dell’efficacia soggettiva della contrattazione aziendale convenuta a mente del disposto di cui all’art. 8 della legge n. 148/2011, di cui si è avuto modo di approfondire altrove.[20]  Il profilo che qui rileva è quello dell’esigibilità della contrattazione aziendale, rectius della sua efficacia erga omnes (id est nei confronti di tutti i lavoratori). Il T.U. sulla Rappresentanza del 2014 statuisce che il contratto collettivo sottoscritto dalla rappresentanza in commento ha efficacia obbligatoria. La ratio di questo orientamento risiede nella questione per la quale la R.S.U., essendo votata a suffragio universale da lavoratori iscritti e non alle organizzazioni sindacali, è rappresentativa di tutti i prestatori di lavoro. In ogni caso, le controversie scaturite dall’abilitazione di questi soggetti sindacali alla sottoscrizione dei contratti collettivi aziendali,[21] al di là della previsione del T.U. sopra passata in rassegna, ha determinato l’attestazione della giurisprudenza su due posizioni. Secondo un primo filone giurisprudenziale, [22] l’efficacia soggettiva del contratto aziendale e la sua vincolatività a tutti i lavoratori per la sottoscrizione da parte delle RSU è il risultato di questo “organismo che per le modalità della sua costituzione rappresenta non il sindacato, ma in modo unitario tutti i lavoratori che partecipano alla sua elezione in azienda, a prescindere dalla loro iscrizione al sindacato”.

Tuttavia, vi sono pronunce diametralmente opposte che, pur riconoscendo come regola generale l’efficacia erga omnes dei contratti collettivi aziendali, ravvisano il limite di detta efficacia in “coerenza con il nostro sistema giuridico, nella constatazione che la stessa efficacia non può essere estesa a quei lavoratori che, aderendo ad una organizzazione sindacale diversa da quella che ha stipulato l’accordo aziendale, ne condividano l’esplicito dissenso (anche perché potrebbero addirittura risultare vincolati da un accordo aziendale separato, parimenti diverso).[23]

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Note:

[1] Cfr. D. Giardino, Le rappresentanze sindacali aziendali, in Diritto.it

[2] Cfr. I. Alvino, Rappresentanze sindacali unitarie, EGT on line 2016, secondo il quale le R.S.U.  furono la risposta alla crisi nella quale versavano allora le organizzazioni sindacali

[3] La concertazione, tramontata a causa dell’ascesa di alcuni governi liberali di centro-destra e centro-sinistra, consiste in una pratica di governo di sottoporre alla consultazione delle parti sociali talune scelte economiche. Lo strumento è finalizzato a ridurre la divaricazione tra governo e organizzazioni sindacali e, dunque, ad assicurare la c.d. pace sociale. È interessante ricordare, a parere di chi scrive, l’ultimo timido atto di concertazione rinvenibile nella c.d. Carta di Bologna, primo testo ad enucleare le guarentigie per i ciclofattorini adibiti alla consegna del cibo nelle città. È curioso, inoltre, come il capo V bis del d.lgs. n. 81/2015 (contenente le norme a tutela dei c.d. riders), sia stato steso sulla falsariga della suindicata Carta. È da segnalare, per ultimo, che alla concertazione – nell’ultimo lustro – è subentrato il c.d. “dialogo sociale”.

[4] È imprescindibile per il lettore ricordare che nel nostro ordinamento giuridico, nel novero delle fonti di natura legale, non v’è traccia di alcuna norma sulla misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali. Oggi, quindi, il sistema delineato dal T.U. del 2014, fatta eccezione per il pubblico impiego, rimane l’unico atto, ancorché di fonte pattizia, che individua un criterio di misurazione della rappresentatività. In funzione anti dumping, è intervenuto il patto della Fabbrica del 2018, il quale individua dei criteri finalizzati a selezionare gli interlocutori datoriali con una soglia di rappresentatività. 

[5] Sul punto, in particolare sulla contrattazione aziendale convenuta con gli agenti sindacali aziendali (R.S.A., R.S.U.), si sono sviluppati diversi orientamenti della giurisprudenza non pienamente in sintonia con la definizione delle linee raccolte dal T.U. sulla Rappresentanza del 2014.

[6] Cfr. R. Del Punta F. Scarpelli, con la collaborazione di M. Marrucci P. Rausei, Codice del lavoro commentato, I edizione, Wolters Kluwer

[7] Nella previgenza del T.U. sulla Rappresentanza del 2014, la composizione della R.S.U. era per 2/3 elettiva e per 1/3 associativa.

[8] I dirigenti non sono chiamati a votare. L’elezione avviene a suffragio universale e scrutinio segreto.

[9] Di converso, si è visto che la costituzione (e non l’elezione) delle R.S.A. avviene per iniziativa dei lavoratori (con accettazione sindacale consequenziale).

[10] Vedi sub § 4 sulla possibile coesistenza delle R.S.A. e R.S.U. in azienda

[11] T. Monza 4.12.2002, RCDL 2003, 70; T. Milano 15.3.2004, RCDL 2004, 575. Sul punto è di preminente interesse non confondere l’iniziativa sulla costituzione della R.S.U., effettuata congiuntamente o disgiuntamente, con il passaggio dalle R.S.A. alle R.S.U. . Si veda in merito sub § 4

[12] C. 29.7.2011, n. 16788

[13] Questo è un chiaro distinguo rispetto alle R.S.A. asserito nel punto 7 della sezione seconda del T.U. sulla Rappresentanza del 2014.

[14] Con l’espressione “cambio di casacca” si fa riferimento al componente della R.S.U. che aderisce ad una diversa organizzazione sindacale.

[15] C. 12.8.2000, n. 10769; T. Milano 21.2.1998, OGL 1998, 570; T. Milano 23.12.2002, RCDL 2003, 72; T. Milano 30.6.2003, RCDL 2003, 917

[16] C. 7.3.2012, n. 3545

[17] Questo in linea con il dettame di cui all’art. 1372 cc. secondo il quale: Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge. Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge.

[18] Cfr. M.V. Ballestrero, Diritto sindacale, VI ed., Torino 2018, pag. 163; A. Brigone, Rappresentanza sindacale: Rsu o Rsa?, Glav 2019, n. 24, pag. 18

[19] Ciò in virtù di quanto convenuto sin dal Protocollo del 1993

[20] Cfr. D. Giardino, op. cit.

[21] Sul punto cfr. E. Gragnoli, Le rappresentanze sindacali unitarie e i contratti aziendali, RGL 2003, I,

[22] T. Ravenna 10.2.2014; C. App. Milano 4.3.2003

[23] C. App. Brescia 7.3.2009, FI 2010, I, 623

Dott. Domenico Giardino

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