Le possibili logiche giuridiche in un mondo liquido

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L’ambito giuridico come qualsiasi disciplina umana è fondato sul ragionamento a sua volta composto da enunciati, ma non tutti gli enunciati hanno la stessa valenza, gli enunciati sui quali il discorso si fonda sono gli enunciati dichiarativi, sottoposti alla condizione di vero o falso, il ragionamento può essere solo corretto o scorretto, quindi né vero né falso, la correttezza deriva pertanto dal tipo di relazione tra enunciati ma può essere fondata anche su enunciati falsi, mentre al contrario la scorrettezza di un ragionamento può anche essere originata da enunciati veri, si può quindi concludere che “un ragionamento è corretto se e solo se la sua conclusione è conseguenza logica delle sue premesse” (Berto).

I ragionamenti deduttivi procedono dall’universale al particolare, al contrario del ragionamento induttivo che dal particolare tende all’universale valutando la verità solo in termini probabilistici, consegue che il ragionamento non è fondato sulla probabilità ma su un corretto collegamento tra enunciati tutti veri e conclusioni anch’esse vere senza la necessità di ulteriori rafforzativi, la struttura logica del ragionamento è quindi in comune tra più discipline mentre sono gli enunciati, nel loro contenuto, che contengono i principi di verità su cui fondare la verità della correttezza logica del ragionamento, nella sua relazione tra premesse e conclusioni ossia delle condizioni di validità delle inferenze (Berto).Negli enunciati non tutte le espressioni sono uguali, vi sono espressioni costanti che assumono sempre lo stesso significato passando dal particolare al generale, questi diventano enunciati dichiarativi o parole logiche che, come tali, si contrappongono a quelli semplicemente dichiarativi, tuttavia sorge il problema della imprecisione ed equivocità di molte parole del nostro linguaggio naturale, che in molti casi riflette la stessa ambiguità del nostro pensiero e degli interessi che in esso si nasconde, d’altronde, come sottolinea Tarski, non possiamo definire che cosa è la verità in generale, non ci resta che un criterio di correttezza logica del ragionamento e la possibilità di individuare le contraddizioni logiche a partire da enunciati veritativi, i quali comunque risultano una scelta innanzitutto culturale che in parte affonda su necessità biologiche naturali.

Gli enunciati rientrano nella descrizione dello stato del mondo, parlano di stati di cose e come tali sono in un numero indefinito, queste variabili enunciative che in sé possono essere vere o false sono connesse attraverso un alfabeto logico costituito da cinque connettivi logici, dai connettivi binari (congiunzione o disgiunzione, che può essere inclusiva o esclusiva, e condizionale), dal bi condizionale o doppio condizionale (…se e solo se…) e dal connettivo unario della negazione, (es. non…), risulta chiaro che le logiche  alla base della formazione e della sua interpretazione non sono uguali, mentre nel primo caso può e “dovrebbe” esserci una struttura logica definita, tranne imprecisioni volute, nella seconda ipotesi la logica non può essere codificata ma diventa sfumata, imprecisa, proprio perché calata nello stato delle cose del mondo, dove la stessa definizione del linguaggio naturale non è di per sé esatta, essa è lo specchio del nostro mondo culturale, un mondo sempre più complesso dove la frammentarietà si mescola nella fluida liquidità indicata da Bauman, anche i valori tendono pertanto a rimescolarsi, frammentandosi in un moltiplicarsi di punti di vista.

Secondo la logica classica al principio di non contraddizione si affianca quello del terzo escluso da cui ne deriva il principio di bivalenza, per cui vi sono solo due verità (vero o falso, + o – ), tuttavia si pongono dei problemi negli enunciati futuri in cui un evento può sia verificarsi che non verificarsi, vi è quindi una indeterminatezza che si affianca al vero o falso, questa tuttavia non riguarda solo un accadimento o meno ma anche predicati per i quali non esiste un confine netto tra l’essere e il non essere, dove i giudizi sfumano in percentuali di verità a partire dai due estremi di falso o vero indicati rispettivamente con 0 o 1 ( logica fuzzy ), basti pensare ai giudizi di valore o sulle sensazioni, circostanza che ha condotto a sviluppare delle logiche paraconsistenti dove la tolleranza di alcune contraddizioni, nell’isolarle, permette di mantenere e considerare entro termini tollerabili la logicità del soggetto agente (Frixione ).

Appare evidente il sovrapporsi ad una logica aristotelica della normativa secondo il principio vero o falso di una logica interpretativa radicata nella realtà, in cui l’evento può accadere ed i giudizi non possono sempre essere definiti, tuttavia i linguaggi logici e i sistemi formali impiantati su di essi hanno delle caratteristiche generali in comune, infatti debbono possedere una “coerenza” interna e non contraddittorietà che non può ridursi alla coerenza sintattica dovendo in realtà riferirsi principalmente alla correttezza semantica, inoltre debbono possedere una propria “completezza”, ossia le conseguenze logiche devono derivare dalle premesse, nella quotidianità la completezza non è comunque sempre adeguatamente possibile, così vi sono sistemi formali incompleti che proprio per questa loro caratteristica risultano particolarmente interessanti nel rappresentare la quotidianità della realtà (Godel, Tarski), ma attraverso il secondo teorema di incompletezza di Godel anche la coerenza risulta vacillare, d’altronde l’accertamento avviene solo dall’esterno e la conseguenza ultima è la difficoltà se non l’impossibilità di racchiudere il pensiero umano in sistemi formali (Berto).

Vi è quindi la difficoltà di rendere sostenibilmente logico un sistema normativo a fronte di sistemi culturali e valoriali caotici, si ripresenta il dilemma umano del rapporto tra ordine organizzativo e disordine individualistico, ma anche possibile creatività, l’equilibrio tra questi due termini risulta essere particolarmente difficile e variabile da luogo a luogo, normativa e interpretazione seguono logiche differenti e la loro compatibilità può essere intesa come una semplice coerenza argomentativa, ma le verità valoriali degli enunciati spesso configgono tra loro, ottenendo semplicemente una caoticità giurisprudenziale, espressioni di etiche confliggenti, alla spesso mancante coerenza argomentativa si aggiungono espressioni valoriali contrapposte, l’adattamento giurisprudenziale alla realtà della normativa nata da ideologie ed esigenze diverse, secondo un concetto di onnipotenza legislativa, diventa espressione di conflitti sociali, della mancanza di un minimo comune denominatore sociale entro cui riconoscersi come singoli individui sociali.

  • F. Berto, Logica da zero a Godel, Laterza Economica 2008;
  • F. Berto, Teorie dell’assurdo. I rivali del Principio di Non – Contraddizione, Carocci 2006;
  • C. Cellucci, La ragione della logica, Laterza 1998;
  • A. Iacona, L’argomentazione, Einaudi 2005;
  • M. Santambrogio, a cura di, Introduzione alla filosofia analitica del linguaggio, Laterza 1992.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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