Le origini e le caratteristiche della negoziazione assistita

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Nell’antica Roma la negoziazione veniva in campo essenzialmente in cinque occasioni:

in politica, per la combinazione di matrimoni, per la trattazione degli affari, quando nasceva controversia e per comporre i conflitti tra Stati.

Si parla di negotiatio in relazione all’attività dei banchieri, finanzieri e commercianti all’ingrosso.

Questi soggetti si potevano rivolgere anche a un mediatore che riceveva un incarico di metterli in relazione a un determinato affare.

Il mediatore antico corrisponde all’attuale figura disciplinata dagli articoli 1754 e seguenti del codice civile.

Agli inizi nella pratica degli affari commerciali si celebrava una negoziazione diretta.

A Roma c’era il disceptator domesticus che non si occupava degli affari, ma delle controversie che nascevano dalla vocatio in ius.

All’origine attore e convenuto praticavano il cosiddetto “accordo per via”, sulla via del foro, e il debitore che fosse colto dal creditore in una pubblica via o alle terme o ancora agli spettacoli, mai nella sua privata dimora o durante l’attività lavorativa, veniva invitato a recarsi dal praetor, e se rifiutava il creditore si procurava due testimoni e lo portava in giudizio con la forza.

Durante il cammino era consuetudine che le parti trovassero un accordo e lo stesso veniva “sanzionato” dal praetor, veniva munito di esecutività.

Il moderno istituto della procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati, introdotto dal d.l. n. 132/2014, convertito con modificazioni dalla l. n. 162/2014, trova le sue origini nell’esperienza del diritto collaborativo di matrice nordamericana e in quella dell’omonimo istituto di diritto francese.

Sul piano strutturale e in parte in relazione alla funzione, presenta delle somiglianze con figure disciplinate nel nostro ordinamento, tra le quali la transazione.

La sua finalità, come quella della mediazione della quale al d.lgs. n. 28/10, con la quale è destinata a convivere, è quella di favorire la composizione amichevole delle controversie, in alcuni casi atteggiandosi a condizione di procedibilità della domanda giudiziale, valorizzando molto il ruolo degli avvocati.

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La procedura della negoziazione assistita

La procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati, introdotta con il d.l. 12.9.2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla l. 10.11.2014, n. 1621, si colloca nel contesto delle “misure urgenti di degiurisdizionalizzazione”, rivolte a rimediare allo stato di crisi della giustizia.

Sotto questo profilo, contribuisce all’arricchimento la “filiére des régulations” delle controversie, che va dalla regolazione giurisdizionale a quella convenzionale, principalmente a quella alla quale si dà il nome di “justice par le contrat”, vale a dire, di “giustizia che si compie per mezzo del contratto”.

In questo senso, si può considerare espressione di un modello di “giustizia contrattuale”, che dovrebbe avere al centro la libera volontà delle parti, come ogni atto di natura negoziale e contrattuale.

Lo strumento conciliativo è diverso, ma diretto  lo stesso alla ricerca di un accordo che ponga fine alla controversia.

Si propone attraverso numerose varianti che, nel loro ambito, conoscono una figura dalle potenzialità più ampie e non sempre comprese e valorizzate, come la mediazione.

Questa, nella versione che risulta dalle modifiche apportate dal cd. “decreto del fare”7 (d.l. 21.6.2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla l. 9.8.2013, n. 98), a seguito della declaratoria di incostituzionalità del 2012 che ha investito il “modello” obbligatorio, continua a presentare molte differenze legate alla ripristinata obbligatorietà della procedura e alle molteplici occasioni di interferenza con il processo, che offre ai litiganti opportunità e utilità  maggiori rispetto al testo originario, tra le quali spicca l’immediata e diretta, senza omologa del presidente del tribunale, esecutività del verbale di conciliazione per effetto della sottoscrizione degli avvocati e della certificazione, da parte degli stessi, di autenticità della sottoscrizione delle parti, oltre alla non contrarietà dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico.

La mediazione resta e convive seguendo strade parallele e soluzioni simili.

Si legga anche:”La negoziazione assistita da avvocati in materia di famiglia”

L’assistenza tecnica degli avvocati

Una volta stipulata la “convenzione” in seguito dell’adesione, esplicita o tacita,

all’ “invito” rivolto da una parte all’altra, le attività successive, che, secondo i casi, portano alla eventuale conclusione dell’ “accordo” o al fallimento della procedura, sono lasciate alla libera determinazione dei contendenti, assistite da avvocati iscritti all’albo.

La non iscrizione all’albo, al di là delle conseguenze che derivano dall’esercizio abusivo della professione, esclude che l’attività compiuta con l’assistenza degli avvocati possa produrre gli effetti dei quali all’art. 3 (avveramento della condizione di procedibilità) e all’art. 5 (esecutività dell’accordo).

In caso di “amministrazioni pubbliche delle quali all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, il comma 1 bis fa obbligo “di affidare la convenzione di negoziazione alla propria avvocatura, dove presente”.

Si discute se la procedura possa essere gestita da un unico avvocato per entrambe le parti.

Anche quando sia ammissibile, una simile modalità sembra sia diretta a verificarsi in casi statisticamente poco rilevanti,

Nella prassi accade molto più di frequente l’eventualità che ogni parte si rivolga al suo avvocato di fiducia.

Lo stesso elemento normativo sembra deporre in questo senso.

Si deve tenere fermo il fatto che mai l’unico avvocato potrebbe assumere la veste di mediatore o conciliatore.

La Comunicazione dell’invito

L’atto formale di inizio della procedura è costituito dall’invito che una parte, attraverso il suo avvocato, invia all’altra per la stipulazione di una “convenzione”, un accordo che vincola le parti stesse a intraprendere un percorso di trattative finalizzato alla ricerca di una composizione amichevole della lite.

Prima di formulare l’invito, l’avvocato, all’atto del conferimento dell’incarico, deve avere informato il suo cliente della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita. Quest’obbligo di informazione si aggiunge a quelli previsti in materia di protezione delle informazioni personali in tema di mediazione, nonché a quelli contemplati dall’articolo 27 del codice deontologico forense, approvato dal Consiglio nazionale forense nella seduta del 31 gennaio 2014 ed entrato in vigore il 15 dicembre 2014.

Nel redigere l’invito la parte deve tenere conto di quanto stabilito dall’art. 4, comma. 1, che riporta alcune prescrizioni relative al contenuto minimo.

L’invito deve:

Indicare l’oggetto della controversia

Includere l’avvertimento che la mancata risposta all’invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli articoli 96 e 642, comma 1, del codice di procedura civile.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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