Le garanzie personali atipiche, definizione e caratteri

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L’istituto di matrice tipicamente civilistica delle garanzie personali tipiche è se un genus non disciplinato in termini generici dal codice civile, elaborato come categoria giuridica da dottrina e giurisprudenza sulla scorta del negozio giuridico specificamente individuato nel Libro IV del “Dei singoli contratti”, al Capo XXII interamente dedicato all’istituto della fideiussione agli articoli 1936 e segienti, che costituisce insieme una species delle garanzie de quibus, nonché il prototipo delle stesse, dove sono state apportate modifiche più o meno pregnanti in ragione di scopi particolari da tutelare giuridicamente rilevanti, dando così vita in contrapposizione alle cosiddette garanzie personali atipiche.

Si deve delineare il campo entro il quale le stesse agiscono, ammesso che l’ordinamento civilistico conosce diverse forme di garanzie e in ragione del fatto che si tratta di istituti che si attagliano alle finalità proprie perseguite dall’ordinamento, nonostante le stesse siano di varia natura tenuto conto delle particolari esigenze alle quali sono preposte.

Si tende a distinguere la cosiddetta garanzia per l’evizione, il quale prototipo si rinviene nel contratto di compravendita come disciplinato dal combinato disposto del quale agli 1476, 1483 e 1484 del codice civile, che nella specie costituisce una delle principali obbligazioni che il codice civile stesso espressamente prevede in capo al venditore nei confronti del compratore, a garanzia del corretto svolgimento delle prestazioni contrattuali sinallagmatiche.

Questa forma di garanzia è prevista per i vari moduli contrattuali tipicamente disciplinati, al fine di garantire, per l’appunto, anche la corretta esecuzione del contratto nel rispetto del principio di buona fede che permea di sé l’ordinamento civile.

Dalla garanzia della quale si discute, bisogna poi distinguere le cosiddette garanzie personali tipiche in relazione alla fideiussione, ai sensi dell’articolo 1936 del codice civile e il loro prototipo, le quali perseguono quale finalità impressa è quella di rafforzare il credito, garantendolo con l’aggiunta, alla garanzia fornita dalla solvibilità del debitore, di un’ulteriore garanzia, ossia quella fornita dalla capacità di solvibilità di un altro soggetto, sub specie il fideiussore.

Si parla di garanzie personali contrapponendole a quelle reali come disciplinate dal codice civile nel Libro VI, alle quali si riconducono tipicamente l’ipoteca e il pegno, e che hanno come finalità quella di garantire il credito, con l’imposizione di un vincolo di carattere per l’appunto reale su cespiti patrimoniali del debitore, tenuto conto della previsione generale della quale all’articolo 2740 del codice civile, in forza della quale il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.

In relazione alla fideiussione come negozio giuridico tipico il Legislatore non fornisce nessuna  definizione, e all’articolo 1936 del codce civile individua la definizione di fideiussore, come colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui; specificando altresì al comma 2, come particolarità intrinseca della stessa, che la fideiussione è efficace anche se il debitore non ne ha conoscenza.

In ragione del fatto che il Legislatore non definisca espressamente l’istituto del quale in parola come contratto, come nei casi nei quali disciplina i vari moduli contrattuali tipici nel codice civile, nel Libro IV, ha indotto la dottrina più attenta e insieme parte della giurisprudenza a inquadrare in modo non del tutto omogeneo la fideiussione, a volte contenendo la stessa sotto lo schema proprio del contratto con obbligazione del proponente (ex art. 1333 c.c.), in ragione dell’obbligazione assunta dal fideiussore nei confronti del creditore; talaltra sotto lo schema proprio del contratto a favore di terzi (ex art. 1411 e ss c.c.), valorizzando la ragione sociale cui è preposta la fideiussione, nonché la sua efficacia malgrado la eventuale mancata conoscenza da parte del debitore della fideiussione prestata.

L’inquadramento più ampiamente condiviso vede ricondurre la stessa nell’alveo dei contratti sinallagmatici, valorizzando l’istituto della surrogazione legale di cui al combinato disposto degli articoli 1203 e 1949 e seguenti del codice civile, che il Legislatore prevede nel disciplinare i rapporti che intercorrono tra fideiussore e debitore principale in seguito all’adempimento di costui.

I sostenitori di questa tesi giustificano, così facendo, l’apposizione alla stessa della clausola solve et repete (ex art. 1462 c.c.) avente valenza specificamente processuale, tenuto conto che la stessa è ritenuta riconducibile ai contratti sinallagmatici, posta la sua collocazione nel codice civile nell’ambito dei rimedi previsti per gli squilibri propri dei contratti a prestazioni corrispettive.

L’elemento che più contraddistingue l’obbligazione fideiussoria è di sicuro l’accessorietà della stessa, rispetto all’obbligazione assunta dal debitore principale, un’accessorietà che l’interprete è solito distinguere in formale e materiale in ragione della concreta valenza applicativa.

Sono norme che individuano la funzione accessoria dell’obbligazione fideiussoria quelle contenute innanzitutto all’articolo 1939 del codice civile, in forza del quale è statuito che la stessa non è valida nella misura in cui non è valida l’obbligazione principale, salvo il caso dell’incapace. La ratio si coglie nella funzione propria perseguita dalla fideiussione, di modo che venuta meno l’obbligazione principale, quella di garanzia non ha ragione di esistere.

L’accessorietà formale è disciplinata da norme che costituiscono il nocciolo duro dell’istituto de quo, in quanto preposte a garantire l’ordine pubblico e, per ciò solo, inderogabili in vista di cause meritevoli di tutela che la prassi commerciale del diritto vivente possa creare nel rispetto dell’autonomia contrattuale (ex art. 1322 c.c.).

Dall’accessorietà formale si distingue quella materiale rinvenibile nella previsione della quale all’articolo 1944 del codice civile, che nel disciplinare i rapporti tra fideiussore e creditore, stabilisce statuisce che il fideiussore è obbligato in solido al pagamento del debito, salvo il beneficium escussionis.

Il fatto che il Legislatore renda la materia di tale pattuizione disponibile alle parti, evidenzia come l’accessorietà materiale sia derogabile, posto che trattasi di organizzazione interna del rapporto tra le parti, rimessa a decisioni di mera opportunità, tenuto conto delle esigenze perseguite dalle stesse.

In questo spazio lasciato dal Legislatore che dottrina e giurisprudenza hanno costruito figure di garanzie personali atipiche, avallando così pratiche invalse nel diritto vivente, giustificate dalla poca duttilità che il modello delle garanzie personali tipiche realizza, in quanto sussunte sotto la rigidità di schemi inderogabili, che non si prestano ad esigenze di immediata tutela del credito, nonché di snellezza nel recupero dello stesso.

L’Istituto della promessa dell’obbligazione o del fatto del terzo (ex art. 1381 c.c.) in forza del quale il Legislatore statuisce che colui che ha promesso l’obbligazione o il fatto di un terzo è tenuto a indennizzare l’altro contraente, se il terzo rifiuta di obbligarsi o non compie il fatto promesso.

Si discute in dottrina e giurisprudenza circa la riconducibilità dell’istituto de quo allo schema della fideiussione come sopra individuata, e in particolare il dibattito ha riguardato anche la differenza intercorrente tra la previsione della quale all’articolo 1381 del codice civile e una peculiare tipologia di fideiussione cosiddetta atipica, sub specie la fideiussio indemnitatis, creata dal diritto vivente al fine di impegnare il garante all’eventuale corresponsione di un risarcimento del danno, nella temuta ipotesi di mancato adempimento della prestazione dovuta dal debitore principale al creditore, al fine di un recupero quanto più immediato e snello di somme a titolo di risarcimento del danno da inadempienza.

La fideiussio si contrappone e differisce dalla promessa della quale all’articolo 1381 del codice civile, per ragioni, innanzitutto strutturali che valgono a fare la differenza dalla generale figura della fideiussione, nella misura in cui si tiene conto che ai sensi dell’articolo 1936 del codice civile, il fideiussore si obbliga all’adempimento di una obbligazione altrui, da qui il vincolo di accessorietà che la caratterizza; lo stesso che è invece assente nel caso di promessa dell’obbligazione o del fatto del terzo, perché la giurisprudenza e la dottrina più attenta hanno ravvisato nell’istituto de quo la promessa di adempimento di una obbligazione propria del promittente, sub specie l’obbligo di attivarsi a che il terzo si obblighi o compia il fatto promesso.

Non a caso, infatti, nella misura nella quale il promittente dovesse essere inadempiente, è prevista dal Legislatore una sanzione, segnatamente il pagamento di un indennizzo. Ed è anche questa la peculiarità che fa la differenza con la sopra indicata fideiussio indemnitatis, posto che la natura della somma corrisposta dal fideiussore nella temuta ipotesi di inadempimento della prestazione principale è di natura risarcitoria per un danno ingiusto causato al creditore derivante dal mancato adempimento dell’obbligazione contratta.

Si ritengono riconducibili all’Istituto delle garanzie personali atipiche le cosiddette lettere di patronage invalse nella pratica commerciale tra banche e società controllate e controllanti. In particolare, si distingue tra lettere di patronage deboli e forti, rispettivamente in ragione della minore o maggiore capacità influente che le stesse esercitano sulla concessione del credito fatto dalle banche alle società controllate, sulla scorta di una lettera di presentazione ad opera delle società controllanti, tenore di influenza che certamente rileva in termini di maggiore o minore vincolo di accessorietà della stessa rispetto al credito erogato dalla banca.

La differenza tra le due tipologie di lettere delle quali in parola ben si coglie nella contrapposizione delle stesse circa le diverse funzioni cui assolvono, posto che si ritengono generalmente lettere di patronage deboli, quelle a mezzo delle quali le società controllanti informano le banche circa la solidità della solvibilità della società controllate, al fine di concedere un’apertura di credito ovvero accendere un mutuo.

Al contrario, sono definite forti quelle lettere di patronage a mezzo delle quali le società controllanti oltre a dare informazioni de quibus, si impegnano a porre in essere attività capaci di assicurare la loro funzione e che queste condizioni non mutino nel tempo, intervenendo in tal senso sulla gestione delle società controllate anche all’uopo con appositi trasferimenti in danaro o erogazioni.

Dott.ssa Concas Alessandra

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