La separazione consiste in una situazione legale nella quale si sospendono gli obblighi matrimoniali reciproci dei coniugi, ad eccezione di quelli di assistenza e reciproco rispetto.
Si caratterizza per essere un periodo di transizione che può permettere ai due coniugi di riconciliarsi, cambiando idea prima di arrivare a prendere una decisione definitiva che verrà sancita con la sentenza di divorzio.
Può essere consensuale o giudiziale, a seconda che sia oggetto rispettivamente di accordo dei coniugi omologato dal Giudice oppure si arrivi con sentenza.
Il divorzio è stato introdotto in Italia con la legge 1/12 1970 n. 898, modificata nel 2015 con l’introduzione nel nostro ordinamento giuridico del cosiddetto “divorzio breve” con il quale i tempi sono stati molto ridotti.
Attraverso il divorzio le due parti perdono lo status di coniugi.
Si ha una cessazione degli effetti giuridici del matrimonio, l’estinzione dei doveri reciproci di fedeltà, assistenza morale e materiale e collaborazione e coabitazione.
Rimangono gli obblighi nei confronti dei figli e la potestà genitoriale-
Gli stessi minorenni o maggiorenni vengono sempre tutelati anche in situazioni di rottura definitiva del vincolo matrimoniale.
Indice
1. Le principali differenze
La separazione personale dei coniugi è un istituto giuridico regolamentato dal codice civile (artt. 150 e ss.), dal codice di procedura civile e da una serie di norme speciali.
La separazione sospende gli effetti in attesa del divorzio.
In questa situazione cessano i doveri di coabitazione e di fedeltà.
Il divorzio, dal latino divortium, da divertere, che significa separazione, o scioglimento del matrimonio, è un istituto giuridico che decreta la fine di un matrimonio.
Non va confuso con l’annullamento del matrimonio, perché prevede la fine di un matrimonio legalmente valido e non il suo disconoscimento.
Le leggi sul divorzio variano nel mondo in modo considerevole, ma nella maggior parte dei paesi la sua validità richiede la sentenza di un Tribunale o il provvedimento di un’altra autorità in una procedura legale.
La procedura legale per il divorzio può anche comportare questioni relative agli alimenti, la custodia e il mantenimento dei figli.
Nei paesi nei quali la monogamia è legge, il divorzio permette un altro matrimonio.
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2. Le differenze rispetto al patrimonio
La rottura di un matrimonio determina ripercussioni e conseguenze sul patrimonio di almeno uno dei due coniugi.
Conti correnti in comune, casa, risparmi, devono essere messi in discussione per gestire la crisi della coppia.
A questo proposito è sempre meglio che i coniugi trovino un accordo tra loro e procedano a una separazione o divorzio consensuale, al fine di evitare situazioni lunghe e spiacevoli e risparmiare soldi.
Se non c’è accordo, si opta per la cosiddetta separazione giudiziale e le questioni patrimoniali tra i coniugi sono decise con la sentenza di separazione.
Quando è possibile chiedere il divorzio, il giudice riconsidera la situazione alla luce degli sviluppi.
3. Le differenze rispetto all’assegno di mantenimento
L’assegno di mantenimento, che sarebbe quello dopo la separazione, deve garantire lo stesso tenore di vita che l’ex aveva durante il matrimonio, questa funzione cessa con il divorzio.
L’assegno divorzile, che è quello dopo il divorzio, mira a garantire l’indipendenza economica, tenendo conto dell’eventuale contributo dato dall’ex coniuge che, per badare a casa e figli, ha rinunciato alla carriera.
Se la coppia resta separata, in caso di morte di uno dei due, il coniuge superstite, anche se dovesse rinunciare all’eredità, ha diritto alla pensione di reversibilità.
In relazione al Tfr, al coniuge divorziato spetta il 40% del Tfr maturato dall’ex.
Lo stesso diritto però non spetta a chi è separato.
La legge fissa un termine minimo entro il quale la coppia può procedere al divorzio una volta compiuta la separazione.
Questo termine varia a seconda del tipo di separazione, non si può divorziare prima che siano decorsi i relativi termini.
Una volta pronunciata la sentenza di separazione la comunione dei beni si scioglie, e ognuno dei coniugi può pretendere che i beni siano divisi.
Ogni bene deve essere distribuito in parti uguali, e quelli che non possono essere divisi vengono venduti con spartizione del prezzo ricavato.
Se le parti non trovano un accordo, sulla divisione decide il giudice.
Nell’attivo non rientrano esclusivamente gli acquisti, ma anche i risparmi di ognuno dei coniugi, frutto del lavoro e del patrimonio personale.
All’atto del matrimonio, in automatico entra in vigore la comunione dei beni tra i coniugi.
Se gli stessi vogliono mantenere la separazione dei beni, al momento del matrimonio lo devono dichiarare espressamente davanti all’ufficiale di stato civile o al ministro di culto, a seconda che il matrimonio si celebri con rito civile o religioso.
Chi non si ricorda in quale regime patrimoniale si è sposato si può rivolgere all’ufficio anagrafe, richiedendo un estratto dell’atto di matrimonio, se non c’è nessuna annotazione, significa che si è in comunione.
Se i coniugi erano in separazione dei beni, ognuno nei confronti dei suoi beni, resta nella stessa situazione nella quale si troverebbe se non fosse sposato.
Ogni coniuge conserva la titolarità, l’amministrazione, il godimento esclusivo di ogni bene acquistato prima e durante il matrimonio.
Se, nonostante il regime di separazione, i coniugi avevano deciso di intestare a entrambi il conto corrente, il conto titoli, o altri beni, devono provare di chi sia la proprietà, con documenti, fatture, testimonianze.
Secondo l’orientamento della giurisprudenza, il giudice, in caso di controversia, li considera al cinquanta per cento.
Se uno dei due coniugi è in grado di provare che l’acquisto dei titoli è avvenuto con denaro proveniente dal suo conto corrente personale, ha diritto di disporre dell’intero importo dei titoli.
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Il presente lavoro è indirizzato soprattutto agli operatori del diritto che si confrontano nelle aule giudiziarie, e non, con la specifica tematica della separazione dei coniugi e successiva riconciliazione. Pertanto, il taglio che è stato volutamente impresso è prettamente pratico/operativo; tuttavia, nel tentativo di essere il più esaustivi possibile, non mancano i fondamentali approfondimenti di tipo dogmatico/dottrinale. Le pronunce giudiziali sono state per lo più riportate non in forma di sola massima ma di testo integrale. La scelta autorale è stata voluta: l’Autore sostiene che spesso e volentieri le massime possono “trarre in inganno” e, quindi, ritiene opportuno e utile leggere attentamente l’intero provvedimento. Aggiornato alla recente giurisprudenza, il volume tratta la tematica sottoforma di quesiti, schematizzando così le questioni più spinose e controverse della materia. Alessandro Marceca Avvocato Cassazionista civilista e penalista del Foro di Perugia, abilitato alle Giurisdizioni Superiori, Cultore di diritto civile, Autore di pubblicazioni in riviste specializzate in diritto civile.
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