Le attuali prospettive per un disarmo internazionale: la Posizione dell’assemblea generale dell’O.N.U.

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Il disarmo ? qualsiasi attivit? tendente a limitare, eliminare o ridurre semplicemente, gli armamenti di cui si dispone ( sia quelli convenzionali, cio? tradizionali, che quelli nucleari e biochimici: N,B,C ), nonch?, pu? essere incluso in tale definizione anche l?insieme delle normative relative all?uso degli arsenali bellici (1). Esso pu? essere volontario od obbligatorio, unilaterale o reciproco, generale o regionale, come pure permanente o temporaneo. E? anche abbastanza diffusa, nell?ambiente giuridico, l?espressione ?controllo degli armamenti?, ma non perfettamente corretta, anche se, nell?accezione suindicata, possono ben comprendersi tutte le misure finalizzate a neutralizzare il pericolo di guerra accidentale o di attacchi a sorpresa.

Progetti di disarmo sono presenti in gran parte della storia mondiale, fin dai tempi pi? remoti, ma, indubbiamente, essi iniziano ad acquistare una certa importanza solo dall?Ottocento, quando il processo industriale ripercuote la sua influenza sulle caratteristiche qualitative e quantitative delle armi. E? solo in questi ultimi secoli che gli Stati misurano la loro potenza in base alla sostanza del loro arsenale, e da ci?, impostano la consequenziale politica internazionale. Attualmente, i dispositivi nucleari, e comunque tutti quelli non convenzionali, destano una maggiore preoccupazione a? livello internazionale; ? infatti soprattutto per questo settore bellico che si stanno compiendo notevoli sforzi tesi ad impedire la distruzione dell?umanit?, sia tramite convenzioni, che per mezzo di controlli di organizzazioni come l?O.N.U. o come la vecchia Societ? delle Nazioni.

Il problema del disarmo deriva dalla stessa esigenza umana: finch? vi saranno societ? e culture diverse esisteranno sempre conflitti, fomentati dalle differenze culturali, economiche, o semplicemente territoriali. In questi ultimi decenni si ? giunti ad un parziale disarmo, mai generale, ma incrementato continuamente da passi in avanti pi? consistenti. Dopo la caduta del comunismo sovietico l?equilibrio mondiale riprende finalmente il suo consueto aspetto: non si ha pi? un bipolarismo ideologico-militare, ma ? oltremodo sentita l?esigenza di riparare a quei nuovi pericoli alla sicurezza quali possono essere le migrazioni di massa, i degradi ambientali e le disparit? di ricchezza, tutti influenti sul mantenimento della pace. E? cos? che un nuovo concetto di ?sicurezza comune? sostituisce, secondo il Sambucini, quello pi? remoto di ?sicurezza collettiva?, conosciuto in termini esclusivamente militari (2). Mentre prima si tutelava la difesa di vasti gruppi ed alleanze, oggi si cerca di garantire a tutto il mondo la coesistenza pacifica, non pi? fondata sul sistema della deterrenza ( cio?, la reciproca minaccia dell?impiego di armi atomiche che limita l?uso delle stesse se non nel caso di estrema sopravvivenza ), bens? su quello della ?associazione in collaborazione? ( ecco il perch? dell?aggettivo ?comune?, pi? ampio ).

Lo stretto collegamento fra le varie minacce di tipo non militare citate sopra ? stato sottolineato per la prima volta in seno alle N.U. nel 1987, durante la Conferenza internazionale sulla relazione tra disarmo e sviluppo, e dalla Commissione mondiale sull?ambiente (3).

Un dato non favorevole ? scaturito dall?aumento delle spese in armamenti? registratosi negli ultimi anni che fa presumere una reale inversione di tendenza. I Paesi industrializzati hanno ridotto le loro spese militari, passando da una punta massima di 838 miliardi di dollari Usa nel 1987 a 762 miliardi nel 1990, ma poi riprendendo a fine 1999 con 809 miliardi. Nel 2004, al primo posto della classifica per spese militari troviamo, senza troppa sorpesa, gli Stati Uniti che con 455 miliardi di dollari da soli ricoprono 47% dell’ammontare mondiale. Al secondo posto, per?, non c’? la Russia bens? la Gran Bretagna con una spesa militare che rappresenta quasi un decimo di quella americana: 47,4 miliardi di dollari. Poi la Francia (46,2 miliardi di dollari), il Giappone (42,4 miliardi), la Cina (35,4 miliardi), la Germania (33,9 miliardi). E l’Italia che, con 27,8 miliardi di dollari (erano stati 27,6 miliardi nel 2003), si piazza al settimo posto di questa classifica precedendo addirittura la Russia (19,4 miliardi di dollari) ed altre nazioni con maggiori risorse come l’Arabia Saudita (19,3 miliardi di dollari) e il Canada (10,6 miliardi di dollari).

Purtroppo, il terzo mondo spende pi? nelle armi che non nell?istruzione e nella sanit?, ed il suo livello di arsenali ? cresciuto negli ultimi tre decenni in modo triplo rispetto a quello degli Stati ricchi del Nord del globo. Tale politica, permette ai governi di questi Paesi di soggiogare la loro popolazione e di tenere le redini dei nemici confinanti, ma cos?, si corre il rischio di affamare gli innocenti. Il dividendo risultante da questo periodo di limitazione d?esborso bellico potrebbe impiegarsi per altri scopi, pi? utili all?economia e meno dannosi per la vita.

Tornando alle cause della spesa della corsa agli armamenti, va rilevato che un fattore davvero determinante ? stato il ribasso del prezzo delle materie prime ( del petrolio in particolare ). Gli Stati Uniti e la Federazione russa hanno avuto un tasso di spesa militare del ?12% nel lustro precedente il 1990, il Regno Unito del ?5%, mentre la Germania, l?Italia e la Francia intorno al ?1%.

Malgrado ogni proposito negativo che sembra nascere dai dati appena forniti, aggravato dall?inizio della guerra in Iraq ( per la quale si sono aumentati gli esborsi bellici ) si deve evidenziare che il processo di disarmo ha, inizialmente, degli alti oneri che permettono di liberare pochissime risorse per i pi? utili scopi civili. Innanzitutto, non ? possibile interrompere bruscamente gli investimenti per la difesa poich? essi hanno spesso una programmazione pluriennale: si deve assicurare la continuazione del pagamento degli stipendi, dei prepensionamenti, delle liquidazioni e di tutte le penali per la mancata osservanza dei termini contrattuali o per la sospensione di progetti gi? iniziati. Inoltre, ? necessario spendere ingenti somme per convertire le armi e per smantellarle definitivamente, anche perch? in sostituzione di esse, ne saranno impiegate altre, convenzionali, ma di elevata tecnologia ( che aumentano le spese quasi al livello precedente ). Soprattutto i Paesi in via di sviluppo, nella prima fase del disarmo, considerati gli eventi disastrosi che si stanno verificando recentemente ( come nell?ex U.R.S.S. e nell?Est europeo ), dovranno finanziare maggiormente alcuni settori che comporteranno ritardi nella risistemazione degli arsenali bellici.

Occupiamoci, ora, dei risultati che il controllo sugli armamenti pu? ottenere, e delle proposte che sono state formulate principalmente in sede di negoziati fra U.S.A. e Russia, per passare dopo specificamente al lavoro intrapreso dalle N.U. a livello pi? generale.

Va detto preliminarmente che le due maggiori Superpotenze militari hanno due punti deboli riguardo la strategia della deterrenza: l?estrema vulnerabilit? dell?arsenale nucleare ad un attacco a sorpresa nemico ( specialmente sentita dagli Stati Uniti ), e la necessit? di rispondere velocemente in rappresaglia con tali armi anche verso eserciti ?convenzionali? ( non detentori di questo tipo di arsenali ). Per l?Hadley, contrariamente al Sambucini, il solo modo di allontanare il pericolo di una guerra di questo genere ? seguire una particolare politica militare, e non un semplice disarmo (4).

Al fine di eliminare il primo problema suindicato, si dovrebbero schierare armi sempre protette e nascoste che limitino la possibilit? di attacchi a sorpresa. Tra queste, le forze della NATO hanno la facolt? di usare missili come il vecchio Polaris ( celato in sommergibili nucleari che ne possono stivare ben 16 da circa 1 megatone l?uno e 2000-3000 km di gittata ) od il Minuteman ( lungo 18 metri e potente 2 megatoni, racchiuso in un contenitore di cemento armato ). Il secondo punto ? risolvibile con l?impiego di armamenti convenzionali di equivalente potenza dei sostituiti, oppure con ordigni a potenziale ?diminuito? ( nuove armi ad alta tecnologia ), tutti miranti ad evitare un uso nucleare.

E? noto che gli Stati del blocco occidentale danno un valore alla vita umana maggiore di quelli orientali e dispongono di tecnologie pi? avanzate, ma di minori quantitativi bellici. Questo comporta una loro superiorit? nel campo delle armi convenzionali ad esplosivo maggiorato, ed una inferiorit? in quelle atomiche, che non interessano nel loro numero, perch? gi? estremamente potenti. Ci? ? chiaro indice; codesti Paesi dovrebbero cos? adoperarsi per un disarmo sul materiale non convenzionale, pur rimanendo comunque in dovere di costruirsi sistemi che difendano dagli attacchi di tipo A od H ( all?idrogeno ) sferrati dall?eventuale nemico che ne dispone in maniera vastissima.

La Comunit? internazionale contemporanea punta tutto su un disarmo completo, allontanando le teorie come quelle dell?Hadley, che credono sufficiente un semplice mutamento della politica militare (5). Ma, questo, ? davvero un punto d?arrivo valido in termini di stabilit? mondiale?? La totale mancanza di armi farebbe svolgere i conflitti in altri modi, e con strumenti mortali ricavati da qualsiasi elemento naturale ( come ad esempio sassi, bastoni, veleni ?), causando stragi ben pi? crudeli, che aumenterebbero continuamente il loro livello di pericolosit?, per poi ritornare ai mezzi tecnologicamente pi? avanzati: la pistola sostituirebbe la scure, la bomba rimpiazzerebbe la pistola, ed i missili vincerebbero poi queste ultime. Anche se venissero distrutti tutti gli arsenali moderni, rimarrebbe la capacit? di costruirli nuovamente. Il genio malvagio del progresso non pu? essere rinchiuso nella bottiglia del passato storico; i piani di disarmo devono avere come fine un mondo pi? stabile, ma serviranno sempre degli strumenti di forza per imporre la pace. Ecco la differenza fra disarmo e controllo degli armamenti; solo quest?ultimo, a detta dell?Hadley, ed inversamente a quanto sostenuto dal Bosco ( in apertura ), ? necessariamente razionale, e non comporta mere velleit? (6).

Nella situazione futura, in caso vincano i fautori della totale eliminazione delle armi, l?unico rimedio al caos, sarebbe un corpo di polizia internazionale. Il solo sistema che ne disciplina uno, attualmente, ? quello della Carta delle N.U. all?art. 43, ma, certamente, anch?esso avrebbe bisogno di una certa offensivit? bellica per farsi rispettare. Pi? sar? dotato di potenza, per?, e pi? la sicurezza comune si trover? in crisi, mentre, se lasciato imbelle, non servir? pi? di tanto a nessuno scopo concreto. E? nell?equilibrio della via di mezzo la soluzione da raggiungere per le forze armate delle Nazioni Unite (7).

Vi sono attualmente altre proposte, anche se solo teoriche ( vista l?impossibilit? di attuarle in pratica ), che tentano di superare il dilemma della corsa agli armamenti. Alcuni sostengono che se si eliminasse i segreti sulle armi non convenzionali (riguardo l?ubicazione, il numero, la potenza, ecc?), si avrebbe una pi? bassa probabilit? di guerra (8). Altri pensano che il modo pi? efficace a tale scopo sia quello di assoggettare ad ispezioni tutti gli arsenali bellici, sotto l?egida di un controllore internazionale, senza considerare per? che nessuno Stato sarebbe disposto ad aprire i suoi confini sempre e comunque ad ogni verifica di agenti esteri ( si vedano oggi i casi della Cina e della Corea del Nord ) (9). A quest?ultimo proposito, sono stati fatti negli anni cinquanta e sessanta alcuni piani, tutti caduti nel nulla, quali: il progetto sovietico del 1957 per una zona nucleare libera in Asia, quello sulle attivit? nell?Antartico fra le due Superpotenze, il piano Rapacki, Eden, Stassen, e molti altri. Gli Stati Uniti e la Russia hanno sostenuto numerose proposte per un marginale controllo degli armamenti, due delle quali tendenti ad eliminare insieme le scorie ed i rifiuti nucleari ed a portare avanti comuni ricerche spaziali. Non si ? celata, a livello politico, una certa paura di critiche e discussioni fra il personale di ricerca di una parte con quello dell?altra. Si ? trattato di misure scarsamente attuabili, anche se rappresentavano ipoteticamente un modo di unire gli interessi di Stati in aperto contrasto, e quindi tendenti ad allentarne le rivalit?.

Dopo i primi decenni successivi alla Seconda guerra mondiale, simili idee e programmi sono stati rimpiazzati dai cosiddetti ?sistemi stabili di dissuasione?, consistenti nell?imporre, ai detentori di armi nucleari o biochimiche, un numero massimo di ordigni, senza privarli di tutto l?arsenale. Ci? al fine di ridurre il rischio di un possibile conflitto e di consentire ispezioni reciproche in modo pi? facile. Ma anche in tale settore si sono riscontrate grandi difficolt?, scaturite dalla diffidenza degli Stati impegnati in tale cammino verso un disarmo pi? generale, e dalla mancanza di idonei sistemi di monitoraggio, nonch? dalla impossibilit? pratica di conoscere tutti i dati per calcolare i rischi sopportabili ed i vantaggi ottenibili con il livello esistente di mezzi bellici non convenzionali.

Da parte contraria, un sistema zero ( cio? senza pi? armi ) non risulta comunque pi? sicuro di uno ?stabile?, e ci? per vari motivi. Innanzitutto esso favorirebbe in maniera incredibile le frodi. Con l?assenza completa di missili, nasconderne dolosamente una decina, porterebbe all?assoggettamento del mondo intero; anche se un altro Stato iniziasse subito a costruire armi nuove per difendersi da questo inganno, verrebbe comunque ricattato e bloccato istantaneamente. Quando invece si hanno mille ogive disponibili per accordi internazionali, frodare su qualche pezzo, non influirebbe molto in proporzione alla possibilit? distruttiva gi? esistente. Altro problema sarebbe la difficolt? di eseguire ispezioni, perch? dovrebbero svolgersi ovunque, ed in ogni momento. Mantenere un totale controllo tra le due Superpotenze ? l?equivalente di un matrimonio in cui i due coniugi si fanno pedinare reciprocamente da schiere di investigatori; durerebbe assai poco. Inoltre, nel sistema zero ( del settore nucleare, che ? il pi? probabile ), si sarebbe portati ad avviare ricerche enormi sui mezzi alternativi batteriologico-chimici, che presto porterebbero a rovine uguali e forse maggiori delle armi atomiche.

Anche la dissuasione stabile, per?, soffre di alcuni limiti. Il principale di essi deriva dal fatto che aumenterebbero le rappresaglie convenzionali o di puro ?fastidio?. Questo perch?, la deterrenza nucleare opera solo su grandi attacchi ( considerata la riduzione degli armamenti ) e, quindi, permetterebbe di esperire tutti i tentativi bellici minori, causanti maggiori tensioni e conflittualit?. Non si deve dimenticare anche il numero delle vittime, che diverrebbe spaventosamente grande con l?uso di armi nucleari; mentre nel sistema zero si risparmierebbero quasi tutti gli innocenti.

Ritornando al discorso interrotto precedentemente, si necessita delineare l?evoluzione del disarmo mondiale nella storia annoverando tutti i principali sforzi fatti in questo senso dalle organizzazioni internazionali (10).

Gi? dalla fine della Grande guerra si sent? la necessit? di fissare alcuni principi giuridici per scritto in tale settore. Vengono cos? dedicati alla materia, l?art. 4 dei ?Quattordici punti di Wilson?, e l?art. 8 del Patto della Societ? delle Nazioni, che suona cos?: << I Membri della Societ? riconoscono che il mantenimento della pace esige la riduzione degli armamenti nazionali al minimo compatibile con la sicurezza statale e con l?esecuzione degli obblighi internazionali posti da un?azione comune >>. Nonostante questi accordi, la limitazione degli arsenali non viene compiuta se non nel settore marittimo, con il Trattato di Washington del 6 febbraio 1922, con cui gli Stati Uniti, l?Italia, la Francia, il Giappone e la Gran Bretagna riescono a smaltire parzialmente le loro flotte. Un successivo tentativo simile a questo si compie con la Convenzione di Londra del 1930 fra le stesse Potenze del tempo. Nel 1925, il Consiglio della S.d.N. costituisce la Commissione preparatoria della Conferenza sul disarmo, che finisce i suoi lavori preliminari nel dicembre 1930 con un progetto di convenzione basato su sei punti principali:

1-?????? limitazione nei bilanci per gli armamenti;

2-?????? riduzione delle leve militari e tagli al numero degli effettivi impiegati nell?esercito e nelle forze aeree e navali;

3-?????? accettazione delle limitazioni navali come stabilito dal Trattato di Londra del 1930;

4-?????? abolizione della guerra chimica e batteriologica;

5-?????? istituzione di una Commissione permanente per il disarmo.

La Conferenza generale del disarmo viene convocata il 2 febbraio 1932, ma nonostante gli sforzi politici da parte di molti partecipanti, si chiude con un franco insuccesso, che rappresenta l?ultimo tentativo del periodo fra le due guerre mondiali.

Solo negli anni ?40 si torna a parlare di disarmo anche se nell?ottica propagandistica di sistemazione degli equilibri mondiali dopo la sconfitta delle Potenze dell?Asse, e viene stipulato espressamente a tale proposito il punto 8? della Carta atlantica che enuncia: << In attesa di stabilire un pi? vasto e permanente sistema di sicurezza generale, ? essenziale il disarmo delle Nazioni che minacciano o possono minacciare la pace >>. Durante la Conferenza di San Francisco del 1945, il clima appare ben distinto da quello del dopoguerra precedente, dove era comune a tutti la volont? di limitare gli arsenali. Si considera addirittura essenziale l?aumento delle forze armate per conservare la pace, e ci? viene ribadito anche nel famoso art. 42 della Carta dell?O.N.U..

Per tali ragioni gli articoli dello Statuto delle Nazioni Unite sono meno categorici in tema di disarmo, tant?? vero che gli art. 11 e 26 attribuiscono competenza in questa materia all?Assemblea generale ed al Consiglio di sicurezza, assegnando alla prima l?elaborazione dei principi generali e le raccomandazioni pertinenti, ed al secondo, la preparazione di specifici piani di disarmo.

Soprattutto grazie all?opera del primo di questi due organi, nel tempo, si sono susseguite numerosissime risoluzioni finalizzate alla riduzione degli strumenti bellici di ogni tipo, sia convenzionali che non. Non va dimenticato per?, che per merito degli impegni rispettati in seno alla Conferenza di Mosca dei ministri degli esteri dei Quattro Grandi, tenutasi nel dicembre 1945, si riesce ad approvare all?unanimit? l?UNAEC? (United Nations Atomic Energy Commission). Neanche due anni dopo, il Consiglio di sicurezza, per non trascurare la problematica delle armi convenzionali, crea un?ulteriore Commissione per gli armamenti di tipo classico. Entrambi questi enti per?, a causa della mancanza di partecipazione dell?Unione Sovietica, vengono sostituiti da un?unica UNDC ( U.N. Disarmament Commission ), durante il gennaio 1952, che viene posta sotto l?egida del Consiglio di sicurezza, competendole sia il disarmo classico che quello atomico. In questo nuovo foro, gli Stati Uniti presentano un progetto basato su di un organo di controllo internazionale, i cui ispettori avrebbero avuto accesso libero in ogni territorio statale. Sempre nello stesso anno, viene avanzata una ulteriore proposta dal Regno Unito,? Francia e? U.S.A., nel senso di stabilire un tetto massimo agli armamenti posseduti, ma anche questo tentativo cade a causa dell?opposizione dei sovietici. Nel 1957 viene fondato dall?Assemblea generale il ?Comitato scientifico? per studiare gli effetti delle radiazioni. Il 29 luglio del medesimo anno nasce finalmente l?A.I.E.A., un?agenzia specializzata delle Nazioni Unite che non ha propriamente scopi di disarmo, ma si propone di portare l?energia atomica al servizio della pace.

In seguito, nei primi anni sessanta, per iniziativa del Consiglio economico e sociale, si pubblica un rapporto sul tema: ?Le conseguenze economiche e sociali del disarmo?. Durante il 1972 lo stesso Consiglio sottopone all?Assemblea generale un?altra relazione di esperti, contenente una serie di raccomandazioni che rappresenteranno il fondamento del lavoro successivo dell?O.N.U. sulla questione. Nel corso della prima sessione speciale dell?Assemblea riguardante il disarmo ( 1978 ), si richiede al Segretario generale di realizzare, con l?aiuto di personale qualificato messo a disposizione dai governi, un resoconto sui rapporti fra la limitazione degli armamenti e lo sviluppo. Questi documenti, dal 1972 ad oggi, vengono stilati con una cadenza di uno ogni 5 anni.

Malgrado la difficile atmosfera di quegli anni, si riesce a concludere, il 10 ottobre 1980, la Convenzione sulla proibizione dell?impiego di alcune armi convenzionali tali da produrre sofferenze inutili o da colpire indiscriminatamente. Essa viene aperta dal 10 aprile 1981 a Ginevra e contiene solo le clausole di rito relative alla firma, adesione, entrata in vigore, emendamenti e denunce, mentre le norme sostanziali risultano da tre protocolli annessi: il primo sulle schegge localizzabili, il secondo riguardante la limitazione delle mine e delle trappole anti-uomo, ed il terzo sulla proibizione di armi incendiarie. Nello stesso anno, un rilevante gruppo di specialisti, presenta il suo lavoro di ricerca che verr? approvato all?unanimit? e che rappresenter? la base di sostegno del dibattito tenutosi a New York tra agosto e settembre 1987, in seno alla Conferenza internazionale delle N.U. sulle relazioni tra disarmo e sviluppo economico mondiale.

Con gli ultimi anni ottanta ed i primi anni novanta, il quadro dell?economia e della politica mondiale cambia nettamente rispetto al passato. La contrapposizione fra i due blocchi che determinava un sistema bipolare, cede ad un monismo imperfetto caratterizzato dalla presenza degli U.S.A., sia pur con i controlli di altre Potenze militari che li osservano e li limitano costantemente. E? un periodo storico in cui sorgono nuove opportunit? per tanti Stati di fornirsi di nuove istituzioni democratiche ( Romania, Germania, Russia, Polonia, ecc? ), ma al contempo si formano anche i presupposti per instabilit? gravi, sia economiche che politiche. Una particolare attenzione va rivolta all?attivit? dell?UNDP, che nel suo rapporto mondiale sullo sviluppo umano del 1991, propone un nuovo impiego delle risorse per fini pacifici tendenti al disarmo pi? completo. Essa auspica una riduzione di spese militari del 3-4% annuo, un aumento inversamente proporzionale degli esborsi sociali, ed un finanziamento all?aiuto dello sviluppo pari almeno al 25% delle ?economie stabili?. La pace deve essere costruita con la collaborazione completa tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo, e le priorit? da rispettare sono le seguenti:

1-?????? smantellamento dell?eredit? della Guerra fredda, in particolare delle basi militari;

2-?????? limitazione del commercio delle armi N,B,C e convenzionali;

3-?????? rafforzamento delle misure di sicurezza, soprattutto a livello regionale;

4-?????? integrazione della limitazione delle armi con le trattative concernenti gli aiuti esteri.

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Adesso diviene importante fare una sintesi sulle risoluzioni pi? importanti che l?Assemblea generale ha emanato nell?ultimo decennio riguardo il disarmo in generale (11). Con la ris. 46/25, adottata per consensus il 6 dicembre 1991, si ribadisce la necessit? di pubblicare rapporti sulle spese militari previsti dalla ris.? 35/142b del 1980 e ripresa in sede CSCE dal documento di Vienna del 1990 relativo alle trattative sulle misure di fiducia e sicurezza. Lo scambio di queste informazioni rende pi? prevedibili le attivit? militari, favorendo il consolidarsi della pace. L?Assemblea generale invita inoltre gli Stati a realizzare programmi di educazione ed informazione in tale materia. A questo scopo ? finalizzata la risoluzione 46/27 del 1991 che continua il lavoro della Campagna mondiale per il disarmo. La ris. 46/26 (12), adottata all?unanimit?, auspica invece il rispetto degli accordi sulla riduzione degli arsenali bellici. I vari Paesi sono spronati ad incoraggiare la stretta osservanza dei documenti giuridici firmati nel tempo, e a portare avanti le misure di cooperazione necessarie ad un clima di distensione e dialogo. Il 6 dicembre dello stesso anno, viene adottata la ris. 46/42 concernente le operazioni sulla sicurezza e la collaborazione nella regione del Mediterraneo ( importante per quanto concerne lo status italiano ). L?Assemblea generale saluta con entusiasmo le conclusioni raggiunte nella decima Riunione del movimento dei Paesi non allineati, tenutasi ad Accra dal 2 al 7 settembre 1991, e le decisioni prese nella Riunione degli Stati mediterranei svolta ad Algeri in ottobre. Con la ris. 46/49 si riconosce nell?Oceano indiano una zona di pace.

Le Nazioni Unite convocano anche la prima fase della Conferenza di Colombo che si aprir? il 1993, e dove verranno dibattuti gli argomenti pertinenti alle attivit? da porre in essere in tale spazio marittimo. L?Assemblea generale ritorna, sempre nel 1991, al discorso sulla prevenzione della corsa agli armamenti nello Spazio, che nell?interesse del genere umano va indirizzato solo a scopi pacifici. Nella ris. 46/33 si evidenzia la necessit? di intraprendere nuove azioni assecondate da clausole di verifica efficaci, e la volont? di ricostituire un Comitato speciale per l?osservazione delle problematiche dei corpi celesti e della Luna. Sulla base della dichiarazione sul Terzo decennio di disarmo, l?Assemblea adotta la ris. 46/36a-l che tratta diversi aspetti differenziati. I pi? interessanti vertono sul divieto di utilizzare tecniche di modifica dell?ambiente a fini militari, e sugli sforzi da effettuare per favorire la protezione della natura. Nella sezione F, si incentiva la collaborazione regionale allo scopo di arrivare prima ad una sicurezza stabile, e si ricorda la buona riuscita che tale politica ha ottenuto nei recenti avvenimenti in Medio oriente.

Con la ris. 47/43 del 9 dicembre 1992 si esamina il rapporto fra progresso scientifico e sicurezza internazionale e si fa un rinvio alle conclusioni raggiunte nella Conferenza di Sendai ( Giappone ) dell?aprile 1991. Nella risoluzione seguente, la 47/44, tutta l?attenzione viene puntata sull?attivit? della Conferenza sul disarmo, alla quale viene chiesto di creare una situazione di trasparenza nel campo degli armamenti, ed in particolare sulle cosiddette ?tecnologie di punta? militari. Anche nel 1992, l?Assemblea generale delle N.U. riprende il discorso delle verifiche nello Spazio e di tutti gli accordi giuridici in vigore concernenti tale settore. Nel corso della quarantasettesima sessione vengono approvate ben sei risoluzioni di contenuto vario aventi ad oggetto: il divieto di produzione, stoccaggio ed uso di armi radiologiche ( 47/52b ); il Trattato di amicizia e cooperazione nell?Asia Sud-orientale del 1976 (47/53b ); il legame fra disarmo e sviluppo ( 47/52g-j ); l?attivit? dell?Istituto per la ricerca sul disarmo ( 47/54f ); il programma di borse di studio attinenti a questa materia internazionalistica ( 47/53a ).

Al disarmo generale e completo ? dedicata la ris. 49/75 del 1994 (13), composta da sedici parti. Fra i suoi obiettivi vi ? l?imminente convocazione della quarta sessione straordinaria dell?Assemblea sul disarmo, svoltasi poi nel 1997. La ris. 49/76, dello stesso anno, sottolinea l?importanza del programma d?informazione attinente alla materia degli armamenti ed al loro smaltimento, iniziato nel 1982, ed invita gli Stati Membri a versare i contributi necessari per renderlo efficace.

I soliti temi ricorrono anche durante tutto l?anno 1997 (14), ma con una particolare incisivit?; in merito, l?Assemblea generale sviluppa testi pi? estesi di quelli degli ultimi anni. Ne costituisce un esempio lampante la ris. ?52/38, suddivisa in ben venti sezioni. Con essa si esorta la Comunit? internazionale a destinare allo sviluppo economico parte delle risorse rese disponibili grazie alle prime eliminazioni di armamenti, eseguite secondo gli accordi presi. Anche la protezione dell?ambiente ? ricorrentemente trattata essendo minacciata dal pericolo nucleare, connesso anche alle operazioni di smantellamento e distruzione dei congegni bellici. Con la sezione A della ris. 52/39 del 9 dicembre 1997 si manifesta una certa soddisfazione a riguardo dell?attivit? svolta dal Centro regionale delle Nazioni Unite per il disarmo in Asia e nel Pacifico, che ottiene i suoi successi tramite un dialogo aperto, ed incoraggiando la trasparenza. Rallegramenti e resoconti giuridico-politici si traggono anche dal lavoro svolto dagli appositi organi dell?O.N.U. in Centro Africa, nella zona mediterranea e nell?area del Pacifico e dell?Oceano indiano. L?Assemblea generale raccomanda agli Stati di fornire tutti i dati necessari alla compilazione del ?Registro sulle armi convenzionali?, creato specificamente per rafforzare le attivit? di disarmo ( si intende anche rivedere la struttura di tale strumento di controllo con l?aiuto di un gruppo di esperti governativi ).

Anche il settore spaziale viene preso in considerazione;? ? data l?assoluta priorit? al suo campo di applicazione, poich? oggi, ? maggiore la minaccia alla sua sicurezza ed a quella di tutti i Paesi mondiali ( ci si riferisce anche ai recentissimi tentativi dei cinesi e dei giapponesi di inviare nello spazio loro mezzi di esplorazione ). La ris. 52/37 tende alla prevenzione della ?militarizzazione extra-atmosferica?, ed esorta ad una revisione del Trattato del 1967 sullo Spazio, in quanto ritenuto da molti non sufficiente a raggiungere le odierne speranze di pace (15).

Poich? la disamina delle risoluzioni dell? O.N.U. riguardanti il disarmo renderebbe eccessivamente prolissa l?attuale trattazione, si sottolineano, fra le pi? importanti e recenti, le ris. : 54/54 e 54/55 del 1999, 55/33, 55/34 e 55/35 del 2000, 56/24, 56/25 e 56/26 del 2001, 57/79,? 57/80, 57/81 e 57/91 del 2002, 58/33, 58/56 e 58/57 del 2003, 59/77, 59/81 e 59/82 del 2004 ( dati accessibili nel sito delle Nazioni Unite ). Si ricorda inoltre, che questo tipo di atti potrebbe non avere efficacia vincolante nel contesto internazionale, non essendo possibile la loro attuazione a nessun livello, se non per volont? dei singoli Stati.

Come visto, l?evolversi del progresso nel disarmo fa comprendere appieno quanta differenza si possa riscontrare fra il periodo a cavallo delle due Guerre mondiali e quello contemporaneo. In passato, il dialogo giuridico e la firma delle convenzioni avveniva limitatamente a poche Potenze, nella cornice di una Societ? delle Nazioni costituita da un piccolo numero di aderenti. Al giorno d?oggi, sono oltre centocinquanta gli Stati convinti dalla strategia di limitazione degli armamenti, operosi ed interagenti con quelli a potenziale nucleare, da cui in parte dipendono. L?Assemblea generale mantiene perennemente il suo proposito di giungere ad un accordo universale per mezzo di una Conferenza sul disarmo aperta a tutti; la stessa che nel 1932 fall? inesorabilmente. Secondo il Bosco, attualmente, un analogo insuccesso potrebbe essere gravido di conseguenze negative per l?umanit?, sia in un ipotetico nuovo conflitto, che nei rapporti internazionali di ogni giorno (16). Altri autori, su tale punto, sembrano essere pi? cauti, confidando in una soluzione dei problemi generali tramite una diversa allocazione delle risorse, dai Paesi pi? industrializzati a quelli poveri, grazie ai dividendi per la pace che nascono in misura sempre maggiore dai tagli alle spese militari. Si potrebbero cos? condizionare questi Stati in via di sviluppo, nel senso di aiutarli solo nel caso in cui destinino somme all?educazione ed alla sanit? in quantit? superiori a quelle per comprare gli armamenti (17). Sarebbe una ingerenza nella sovranit? altrui caratterizzata per? da propositi pacifici ed umanitari, degni di sacrificio da ambedue le parti.

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NOTE :

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(1) Cos?: G. BOSCO, Disarmo, in Enciclopedia giuridica, p. 1 ss.

(2) Si veda: G. SAMBUCINI, Disarmo e sviluppo: i dividendi della pace per lo sviluppo umano, in La Comunit? internazionale, 1991, p. 601 ss.

(3) Sempre: G. SAMBUCINI, op. cit., p. 604.

(4) Per questa opinione si rimanda a: A. T. HADLEY, Il controllo degli armamenti, Milano, 1962, p. 52 ss.

(5) Si veda: A. T. HADLEY, op. cit., p. 116 ss.

(6) Si veda sempre: A. T. HADLEY, op. cit., p. 52 ss.

(7) Tali congetture sono dell?autore: A. DE BONIS, Tentativo per una teoria di un ordinamento internazionale perfetto, 完全な国際的な法的システムの理論のための試み, 東京, 2004.

(8) A proposito: A. T. HADLEY, op. cit., p. 127 ss.

(9) Vedasi: A. T. HADLEY, op. cit., p. 128 ss.

(10) Riguardo tale disamina si rinvia a: G. BOSCO, op. cit., p. 1 ss.

(11) La serie delle risoluzioni qui esposte ? in: La Comunit? internazionale, anni 1992-1998.

(12) La risoluzione 46/26 ? stata emanata nel 1991.

(13) La ris. 49/75 intitolata ?D?sarmement g?n?ral et complet? ? del 15 dicembre 1994.

(14) Si veda sempre: Disarmo e sicurezza internazionale, in La Comunit? internazionale, 1998, p. 336 ss.

(15) Tale ? il pensiero del De Pascale.

(16) Si veda: G. BOSCO, op. cit., p. 6.

(17) Cos?: G. SAMBUCINI, op. cit., p. 620 ss.

De Bonis Andrea

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