Lavoro gratuito

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Lavoro gratuito: nozione

Ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro subordinato si presume effettuata a titolo oneroso, ma può essere ricondotta ad un rapporto diverso, istituito “affectionis vel benevolentiae causa”, caratterizzato dalla gratuità della prestazione, ove risulti dimostrata la sussistenza della finalità di solidarietà in luogo di quella lucrativa, fermo restando che la valutazione al riguardo compiuta dal giudice del merito è incensurabile in sede di legittimità, se immune da errori di diritto e da vizi logici (Cass. 26 gennaio 2009 n. 1833). Irrilevante è la differenza della fattispecie considerata nel precedente richiamato rispetto a quella in esame, in quanto il motivo della gratuità, se convivenza o militanza ideale politica, è indifferente ai fini giuridici in questione. La valutazione compiuta dal giudice di merito riguardo alla sussistenza della finalità di solidarietà è comunque logica e compiuta, per cui non è censurabile in questa sede.

La valutazione delle prove considerate ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro, è riservata al giudice di merito. Come costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale (per tutte Sez. 6 Lav.

Ordinanza 4 maggio 2011 n. 9808). Il criterio giuridico applicato per la qualificazione del rapporto è stato giuridicamente esatto, come affermato più sopra, mentre la valutazione delle prove appare logica e compiuta per cui anche essa non è censurabile in sede di legittimità.

 

 

Ipotesi

Dalle considerazioni su espresse è possibile affermare che:

–         la prestazione di lavoro resa da un “militante” a favore di un partito politico, in quanto connotata da finalità ideali e non lucrative (affectionis vel benevolentiae causa), è da considerarsi effettuata a titolo gratuito (Cass. civ., Sez. lavoro, 03/07/2012, n. 11089);

–         in tema di rapporto di lavoro domestico in situazione di convivenza, l’esistenza di un contratto a prestazioni corrispettive deve essere escluso solo in presenza della dimostrazione di una comunanza di vita e di interessi tra i conviventi (famiglia di fatto), che non si esaurisca in un rapporto meramente affettivo o sessuale, ma dia luogo anche alla partecipazione, effettiva ed equa, del convivente alla vita e alle risorse della famiglia di fatto in modo che l’esistenza del vincolo di solidarietà porti ad escludere la configurabilità di un rapporto a titolo oneroso. Nella specie, la S.C., in applicazione dell’anzidetto principio, ha ritenuto che, pur in presenza di un vincolo affettivo – attestato dalla partecipazione alle attività familiari da piccoli doni, arredo delle stanze, aiuto prestato da altri familiari – non potesse escludersi l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, con obbligo di curare e assistere i figli del datore di lavoro e di provvedere alle faccende domestiche, non assumendo alcun rilievo, ai fini della qualificazione del rapporto, l’originario intento altruistico di accogliere in casa la lavoratrice perché bisognosa di aiuto (Cass. civ., Sez. lavoro, 22/11/2010, n. 23624);

–         la norma dell’art. 2, commi 1 e 2, della L. 266/1991 (legge quadro sul volontariato) prevede, sotto la rubrica Attività di volontariato, che per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà; ed inoltre: – che l’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario; – che al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse. Il comma 3, dell’art. 2 della L. 266/1991, stabilisce, inoltre, l’incompatibilità della qualità di volontario con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l’organizzazione di cui fa parte. La caratteristica precipua dell’attività di volontariato consiste dunque nella sua gratuità, che comporta come corollario inevitabile l’impossibilità di retribuire la medesima, anche da parte del beneficiario (T.A.R. Campania Napoli, Sez. I, 21/03/2006, n. 3109);

–         quando un seminarista di un Istituto Biblico accetta di pagare la retta in tutto o in parte mediante il proprio lavoro, il rapporto di natura religiosa esistente tra i soggetti non è sufficiente a dimostrare la natura “affectio vel benevolentiae causa” del rapporto, ma il convenuto deve dare la prova rigorosa che tutto il lavoro prestato dal seminarista, eccedente o meno la necessità del “piano retta”, sia stato prestato per motivazioni religiose e non in adempimento dell’obbligazione civilistica di pagare il vitto e l’alloggio (Cass. civ., Sez. lavoro, 20/02/2006, n. 3602);

il carattere residuale dell’impresa familiare, quale risulta dall’”incipit” dell’art. 230 “bis” cod. civ., mira a coprire le situazioni di apporto lavorativo all’impresa del congiunto – parente entro il terzo grado o affine entro il secondo – che non rientrino nell’archetipo del rapporto di lavoro subordinato o per le quali non sia raggiunta la prova dei connotati tipici della subordinazione, con l’effetto di confinare in un’area limitata quella del lavoro familiare gratuito. Di conseguenza, ove un’attività lavorativa sia stata svolta nell’ambito dell’impresa ed un corrispettivo sia stato erogato dal titolare, il giudice di merito dovrà valutare le risultanze di causa per distinguere tra la fattispecie del lavoro subordinato e quella della compartecipazione all’impresa familiare, escludendo comunque la causa gratuita della prestazione lavorativa per ragioni di solidarietà familiare. Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva, contraddittoriamente, escluso il lavoro subordinato e individuato una causa gratuita dell’attività di collaborazione all’impresa a fronte di un corrispettivo periodico per l’attività di servizio ai tavoli svolta dalla nuora (Cass. civ., Sez. lavoro, 18/10/2005, n. 20157).

Staiano Rocchina

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