Lavoro: caporalato e sfruttamento, cosa prevede il nuovo art. 603 bis c.p.

Redazione 30/12/16
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Indubbiamente, il caporalato costituisce una delle piaghe dell’odierna società italiana ed uno tra i maggiori antagonisti della crescita economica reale del Paese.
Il 18 ottobre 2016, con la legge n° 199, è stato completamente riscritto l’art. 603 bis del Codice Penale, già introdotto col D.L. 138/11, rubricato “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”. Lo scopo era quello di contrastare il c.d. fenomeno del caporalato, migliorando la qualità degli strumenti repressivi a disposizione dell’Autorità Giudiziaria. Le cospicue modifiche apportate alla fattispecie verranno analizzate qui di seguito.
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Il nuovo autore del reato di “caporalato”: il datore di lavoro.
L’innovazione straordinaria è la potenziale responsabilità soggettiva, in qualità di autore del reato, anche del datore di lavoro che ponga in essere una condotta di sfruttamento del lavoratore. Poiché nel testo previgente, invece, era punibile solo l’intermediario, l’articolo risultava tacciabile di violazione dei principi di ragionevolezza e di eguaglianza: paradossalmente, riceveva maggior protezione dall’ordinamento giuridico un soggetto immigrato senza contratto di lavoro, rispetto ad un cittadino italiano parimenti irregolare (ciò in virtù di quanto previsto all’interno del Testo Unico sull’Immigrazione – d.lgs. 286/98).

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La confisca obbligatoria, anche per equivalente.
Non meno originale, è la possibilità riservata alla magistratura di irrogare sanzioni patrimoniali (confisca obbligatoria, anche per equivalente ex art. 603bis 2 c.p.) così da colpire l’eventuale ricchezza maturata, dagli autori del reato, mediante lo sfruttamento del lavoro.
L’attività produttiva come bene giuridico rilevante.
Oltre a voler promuovere la leale concorrenza tra imprese, il provvedimento legislativo mira, poi, a premiare gli imprenditori che operano in contesti “sani” e leciti: per questo, è previsto che il magistrato inquirente, prima di poter ottenere il sequestro preventivo dell’attività produttiva, dovrà attendere l’equo bilanciamento tra l’esigenza repressiva dello Stato e quella economica dell’imprenditore. Il provvedimento verrà infatti negato, qualora ci sia fondato motivo di ritenere che dalla misura cautelare deriverebbero ingenti danni all’occupazione e all’attività produttiva.

Per altri benefici fiscali, leggi anche: Legge di Stabilità 2017, quali incentivi per il lavoro?

Le nuove aggravanti del comma 2.
In aggiunta, la violenza e la minaccia mediante le quali, dapprima, il datore di lavoro o l’intermediario dovevano aver indotto il lavoratore in stato di necessità a sottoporsi allo sfruttamento, costituiscono ora solamente delle aggravanti. Così, la sfera di applicabilità del reato ne risulta ampliata, e a costituire il discrimine tra fattispecie penale e comportamento lecito sarà l’abitualità con cui vengono tenute le condotte.
Andrà, invece, incontro ad attenuanti speciali il reo che collabori con l’Autorità Giudiziaria e che eviti di portare a ulteriori conseguenze dannose la condotta posta in essere.
Il supporto degli indici legali di sfruttamento.
Infine, la magistratura sarà supportata, nell’attività probatoria, dagli indici legali di sfruttamento inseriti al comma 3 dell’art. 603bis c.p. (es: la reiterata corresponsione di retribuzioni palesemente difformi dai CCNL; la reiterata violazione dell’orario di lavoro, la violazione delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro). Di codesti indicatori di illegalità, è da escludere la funzione, paventata dalla dottrina, di elementi costitutivi della fattispecie penale.
Per quanto risulti coerente il disegno di legge approvato, e sicuramente più promettente di quello previgente, per arginare il fenomeno è necessario implementare gli strumenti di prevenzione dello stesso, contestualmente alla previsione di un apparato repressivo adeguato.

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