Lavoro autonomo: si pagano anche prestazioni in nero

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Un importante principio è stato espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 8450/2023. Gli Ermellini hanno statuito che il lavoratore autonomo, sebbene privo della partita IVA, vanti il proprio diritto di chiedere il compenso per la prestazione lavorativa eseguita, poiché le, eventuali, violazioni di carattere tributario non hanno incidenza sugli aspetti civilistici.
Per approfondire: Lavoro Autonomo Occasionale -Guida completa al lavoro autonomo occasionale dopo la legge di bilancio 2022

Corte di Cassazione -sez. II civ.- sentenza n. 8450 del 24-03-2023

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Indice

1. Cenni introduttivi


L’artigiano (nella vicenda de qua meccanico) che esegue prestazioni lavorative “in nero” e nonostante sia privo di qualifica professionale per il lavoro svolto ha, ad ogni modo, il diritto ad essere pagato.  Invero, nella fattispecie inerente il lavoratore autonomo, ciò che assume rilevanza ai fini del riconoscimento della remunerazione per la prestazione lavorativa eseguita è, anche mediante la forma tacita, la conclusione di un contratto di lavoro autonomo.
Inoltre, non trattandosi di una professione intellettuale non è subordinata al conseguimento di un’abilitazione e successiva iscrizione ad apposito albo. Infine, si evidenzia che le violazioni tributarie, assenza di partita IVA e conseguenziale percezione del denaro “in nero”, non rilevano sotto il profilo civilistico.


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2. Il caso di specie


La vicenda origina dalla richiesta, esperita da un artigiano (nella fattispecie meccanico), per il saldo dei propri compensi in merito a interventi di riparazione di natura meccanica esperiti su diversi mezzi.
La parte convenuta in giudizio (ovvero il cliente) non ottemperava la propria obbligazione, asserendo a sostegno delle proprie ragioni che l’attività di natura meccanica era stata svolta in spregio alla legge, violando nella fattispecie l’art. 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 122 – Disposizioni in materia di sicurezza della circolazione stradale e disciplina dell’attività di autoriparazione – nonché dell’art. 5 della legge 8 agosto 1985, n. 443 (legge quadro per l’artigianato). Tuttavia, stante le difese asserite dalla parte convenuta i giudici d’appello riconoscevano, legittimamente, le ragioni dell’artigiano, condannando, pertanto, il cliente alla corresponsione di una quota della somma richiesta. I Giudici di Piazza Cavour, aditi dalla parte soccombente in secondo grado, hanno confermato la sentenza emessa dal giudice di merito sostenendo che, nella casistica in scrutinio, essendo una prestazione di natura artigiana, non sussiste nessuna disposizione di legge che determina la subordinazione del diritto al pagamento della prestazione artigiana, eseguita dal meccanico, ad apposita iscrizione in albi.
Da ciò discende, pertanto, il diritto del lavoratore autonomo di richiedere il pagamento per la prestazione eseguita sebbene sprovvisto di partita IVA, poiché le, potenziali, violazioni di natura tributario non condizionano gli aspetti civilistici. Nel caso di specie ciò che rileva al fine del riconoscimento del corrispettivo per il lavoro prestato, è la conclusione del contratto di lavoro autonomo, anche nella forma tacita.
Sicché, la Corte di Cassazione, così come il giudice di merito, ha ravvisato come non necessario ai fini del riconoscimento della controprestazione di natura retributiva la circostanza inerente l’aver, da parte dell’artigiano, eseguito una prestazione “in nero”, riconoscendo come sussistente il credito e la conseguenziale parte lavorativa provata. Come asserito dalla Corte di Cassazione, nella vicenda in scrutinio non ricorre la nullità di cui all’art. 2231 [1]c.c. prevista soltanto quando la prestazione espletata dal professionista rientri tra quelle riservate in via esclusiva ad una determinata categoria professionale, il cui esercizio sia subordinato per legge all’iscrizione in apposito albo o ad abilitazione. Al di fuori di tali attività, vige, infatti, il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi, a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione.
La nullità prevista dall’art. 2231 c.c. ricorre, pertanto, soltanto quando la prestazione espletata dal professionista rientri tra quelle riservate in via esclusiva ad una determinata categoria professionale, il cui esercizio sia subordinato per legge alla iscrizione ad apposito albo o ad una abilitazione (Cass. N. 13342 /2018 e Cass. n. 14085/2010). Al di fuori di tale attività vige infatti il principio generale di libertà del lavoro autonomo o libertà di impresa di servizi, a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione. Nella vicenda in scrutinio, trattandosi di opera artigiana, non vi è norma di legge che subordina il diritto al compenso del meccanico all’iscrizione in albi. Ne consegue che il lavoratore autonomo ha diritto di richiedere il pagamento per l’opera svolta, anche se privo di partita I.V.A., in quanto le eventuali violazioni di carattere tributario non incidono sugli aspetti civilistici.

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Lavoro Autonomo Occasionale

Disciplinato dall’articolo 2222 del Codice Civile il lavoro autonomo occasionale è, per una serie di ragioni, una tipologia di rapporto da trattare con cautela. In primo luogo per le caratteristiche stesse dell’incarico che, per essere genuino, richiede la mancanza di qualsiasi professionalità e prevalenza, pena l’applicazione delle norme sul lavoro autonomo in senso stretto, prima fra tutte l’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA). La difficoltà nel determinare dove finisce “l’occasionalità” è stata in parte colmata dalla normativa previdenziale e tributaria, grazie alla quale sono state previste regole particolari per i rapporti ex articolo 2222 Codice Civile. A partire dall’obbligo di contribuzione alla Gestione Separata INPS al superamento di un determinato limite di reddito sino alla qualificazione (ai fini fiscali) dei compensi percepiti dal lavoratore in una categoria differente rispetto a quelli riconosciuti a parasubordinati, dipendenti e autonomi e professionisti. Al di là delle distinzioni operate dalla legge e dalla giurisprudenza di Cassazione, non solo rispetto al lavoro autonomo in senso stretto ma con riguardo anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e all’area della subordinazione, resta sullo sfondo il rischio di una reiterazione di incarichi solo formalmente di lavoro autonomo occasionale, messi in campo con lo scopo di nascondere attività (di fatto) di lavoro subordinato. Nel presente lavoro affronteremo tutti gli aspetti critici del ricorso al lavoro autonomo occasionale, fornendo altresì soluzioni pratiche e indicazioni sui modelli dichiarativi e le comunicazioni che i committenti sono tenuti ad inviare all’INPS e all’Amministrazione Finanziaria. In particolare si segnala: – Aspetti civilistici, fiscali e previdenziali – Obbligo di comunicazione preventiva – Copertura previdenziale: malattia maternità e paternità – Fac-simile lettera di incarico e nota pagamento – Aggiornamento con la Nota 29/2022 dell’Ispettorato Nazionale Lavoro Paolo Ballanti Si occupa di consulenza giuslavoristica, elaborazione paghe e gestione risorse umane presso associazioni di categoria, studi professionali ed aziende di grandi dimensioni. Ha collaborato e collabora attualmente con testate giornalistiche e blog su temi di Diritto del Lavoro.

Paolo Ballanti | Maggioli Editore 2022

  1. [1]

    Art. 2231 c.c. – Mancanza d’iscrizione – “Quando l’esercizio di un’attività professionale è condizionato all’iscrizione in un albo o elenco, la prestazione eseguita da chi non è iscritto non gli dà azione per il pagamento della retribuzione [1418, 2033, 2034, 2042, 2126, 2399].
    La cancellazione dall’albo o elenco risolve il contratto in corso [2399], salvo il diritto del prestatore d’opera al rimborso delle spese incontrate e a un compenso adeguato all’utilità del lavoro compiuto [1464, 1672, 2228, 2237].”

Avvocato Rosario Bello

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