L’autosufficienza economica dei figli maggiorenni e l’obbligo di mantenimento

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Negli stessi giorni in cui è stata pubblicata la ormai famosa decisione della Cassazione n° 11504 del 10/05/2017, che ha avuto, nelle cronache giornalistiche e nei social network, una visibilità tale da essere conosciuta dalla gran parte della popolazione e temuta, in un certo senso, da chi poteva contare sui vecchi parametri per la determinazione dell’assegno divorzile – invero rivoluzionari mercè la scomparsa del riferimento al tenore di vita in quanto l’interesse tutelato, con la detta attribuzione patrimoniale. è il raggiungimento dell’indipendenza economica e non, invece, il riequilibrio delle condizioni economiche dei coniugi – è stata pubblicata altra decisione che pone al centro del dibattito sempre i diritti dei componenti della famiglia a seguito del suo dissolvimento per effetto della pronuncia di divorzio.

Focus, questa volta, sui figli maggiorenni per verificare a quali condizioni possa cessare l’obbligo dell’assegno di mantenimento da parte di uno dei coniugi divorziato, disposto in ragione della non raggiunta indipendenza od autosufficienza economica degli stessi.

Trattasi della sentenza del 16/05/2017 n° 12063, che certamente non ha avuto il clamore mediatico dell’altra ma che purtuttavia non è meno importante ancorché non rivoluzionaria come la prima.

Con la decisione in commento, la S.C. è stata chiamata a decidere un caso in cui il figlio di una coppia di coniugi, ormai divorziati, era ritornato a vivere con la madre, costretto a fare tale scelta a seguito di un licenziamento che lo aveva reso disoccupato. Di qui, la decisione della madre di chiedere un contributo all’ex coniuge, padre del ragazzo, per il mantenimento di quest’ultimo.

Ma gli Ermellini non sono d’accordo, considerando irrilevante il fatto che il figlio sia tornato ad essere economicamente dipendente, dopo aver perduto il posto di lavoro.

Tale conclusione è ricavabile, dice la Cassazione, alla luce del seguente principio:” Il diritto del coniuge separato (o in questo caso dell’ex coniuge), di ottenere dall’altro coniuge, o ex coniuge, un assegno per il mantenimento del figlio maggiorenne convivente, è da escludere quando quest’ultimo, ancorché allo stato non autosufficiente economicamente, abbia in passato iniziato ad espletare una attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di una adeguata capacità e determinando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento (se previsto) ad opera del genitore. Né assume rilievo il sopravvenire di circostanze ulteriori, come nella specie il licenziamento, le quali non possono far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti siano già venuti meno”.

Tempi duri, quindi, per i maggiorenni che da tempo, invero, assistono ad  un trend interpretativo della S.C., abbastanza costante nel senso anzidetto

Ed, invero, va ricordato che la soluzione prospettata nella sentenza in commento è stata adottata in altri casi, del tutto analoghi, a cominciare da Cass. 26259/2005, resa in una fattispecie in cui il figlio era divenuto nuovamente economicamente non autosufficiente a seguito della negatività dell’andamento della attività commerciale dal medesimo intrapresa.

Decisivo anche qui il fatto che il figlio maggiorenne, ancorché allo stato non economicamente autosufficiente abbia in passato iniziato ad espletare una attività lavorativa, così dimostrando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento ad opera del genitore, a nulla rilevando il sopravvenire di circostanze negative le quali, seppur determinano l’effetto di renderlo privo di sostentamento economico, non possono far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti siano venuti meno.

Nello stesso testuale senso, vedasi anche Cass. 07/07/2004 n° 12477,  in un caso di abbandono delle attività lavorative del figlio maggiorenne che, pur determinando l’effetto di renderlo privo di sostentamento economico, non può far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti erano già venuti meno”, ferma restando, invece, la obbligazione alimentare fondata purtuttavia su presupposti affatto diversi ed azionabile direttamente dal figlio e non più dal genitore convivente.

In linea con le decisioni appena citate, vedasi, in particolare, nella giurisprudenza di merito, Corte di Appello di Roma 05/09/2006 n° 3695 e 24/09/2012 n° 4685 (entrambe in Red. Giuffrè De Iure 2006 e 2012).

Sulla stessa lunghezza d’onda sostanzialmente appare l’altro precedente della Corte Regolatrice (Cass. 30/10/2013 n° 24515), la quale ha reputato che non avessero diritto al mantenimento due figli di un padre divorziato, maggiorenni, sulla base della circostanza di aver espletato una attività lavorativa, seppur discontinua, ma attestante quantomeno il possesso di capacità idonee per immettersi nel mondo del mercato del lavoro. Anche qui la considerazione che non potrebbero assumere rilievo il sopravvenire di circostanze ulteriori le quali, pur se determinano l’effetto di rendere i figli maggiorenni privi di sostentamento economico, non possono far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti siano venuti meno.

In direzione della accennata prospettiva interpretativa si pone anche Cass. 22/11/2010 n° 23590 , intervenuta in un caso in cui l’obbligo di versare un assegno di mantenimento a favore del figlio maggiorenne era stato escluso sulla base della circostanza che questi aveva in passato iniziato ad espletare una attività lavorativa (nella specie stipulando un contratto di lavoro a tempo determinato) così dimostrando il raggiungimento di una adeguata capacità tale da impedire il ripristino di detto obbligo.

Per concludere, va segnalato, in subiecta materia e sotto diverso profilo, quell’orientamento giurisprudenziale abbastanza seguito secondo cui i figli maggiorenni non possono continuare ad essere mantenuti allorché, posti nelle condizioni di addivenire ad una autonomia economica, non ne abbiano tratto profitto “sottraendosi volontariamente allo svolgimento di una attività lavorativa adeguata, corrispondente alla professionalità acquisita (v. ex multis Cass. 01/02/2016 n° 1858).

In questo senso, non vi sarebbe spazio per quei figli, “pigri nel rendersi indipendenti” o per aver rifiutato ingiustificatamente di svolgere un lavoro loro proposto,  quindi, in tutte quelle ipotesi in cui il raggiungimento della autosufficienza economica sia colpevole ( Cass. 02/04/2013 n° 7970) in un contesto cioè -peraltro studiato sociologicamente- in cui il maggiorenne si mostra del tutto indolente preferendo fare il c.d. fannullone, noncurante di attivarsi per non gravare ancora sui genitori.

E’ bene, per concludere, riportare una decisione della Cassazione, 28/08/2008 n. 21773, che compendia, per così dire, tutte le ipotesi testè indicate, avendo affermato il seguente principio:” L’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni può ritenersi cessato quando sia fornita la prova (incombente sul genitore onerato) che il figlio ha raggiunto la indipendenza economica, o è stato posto nelle condizioni concrete per conseguirla, ovvero che il mancato svolgimento di una attività lavorativa dipende da un atteggiamento del figlio colposo od inerte. Il raggiungimento dell’indipendenza economica non coincide con l’instaurazione effettiva di un rapporto di lavoro giuridicamente stabile, ma con il verificarsi di una situazione tale che fa ragionevolmente dedurne l’acquisto, anche se per licenziamento, dimissioni od altra causa tale rapporto venga  meno”(in applicazione di detto principio la S.C. ha accolto il ricorso di un padre che chiedeva la revoca dell’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne, atteso che quest’ultimo era stato assunto, seppur in prova, presso una compagnia aerea)

 

Maggio 2017. Avv. Antonio Arseni -Foro di Civitavecchia

Avv. Arseni Antonio

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