L’arbitrato

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Il termine arbitrato deriva dal latino arbitratus, che significa giudizio, è un metodo alternativo di risoluzione delle controversie, senza ricorso a un procedimento giudiziario, che consiste nell’affidamento a uno o più soggetti terzi, chiamati arbitri, l’incarico di risolvere una controversia, con una decisione, che prende il nome di lodo, che sarà vincolante per le parti e suscettibile di essere eseguita, anche in via forzata.

Le origini

La possibilità delle parti di escludere il giudice investito della cognizione della lite, sottraendogli il potere di decidere sulla controversia, trae origine nell’istituto del diritto romano della ricusazione, il diritto processuale delle due parti di accordarsi e di fare valere un motivo impediente per la prosecuzione del giudizio con un giudice specifico.

In modo simile ai Grand Jury dei Paesi anglosassoni, in Italia l’arbitrato è stato in passato una fase obbligatoria prima di potere agire in giudizio per varie materie del contendere nel diritto privato, con tentativi ripetuti da parte dei legislatori di rendere i lodi arbitrali un atto avente forza di legge tra le parti, che precludeva interamente oppure in casi specifici molto circostanziati la possibilità successiva di adire il giudice.

I vantaggi e gli svantaggi

L’arbitrato, come accennato in precedenza, è un sistema di risoluzione delle controversie alternativo rispetto al ricorso ai giudici statali.

Questo sistema alternativo può essere scelto allo scopo di conseguire uno dei suoi vantaggi sperati.

Nonostante questo, il ricorso all’arbitrato può presentare anche degli svantaggi, ad esempio in diversi ordinamenti, l’arbitrato è più costoso rispetto al ricorso ai giudici statali, gli arbitri di solito non possono eseguire misure cautelari pronunciate nei confronti delle parti.

Anche il lodo non costituisce un titolo esecutivo nell’immediato, essendo soggetto a un procedimento di controllo da parte del giudice statale, la cosiddetta exequatur.

Le limitazioni all’impugnazione dei lodi comportano che un’eventuale decisione erronea non può essere facilmente riformata.

L’arbitrabilità

Nella moltitudine degli ordinamenti, ci sono alcune controversie che, per loro natura, non possono essere deferite agli arbitri, oppure lo possono essere esclusivamente al ricorrere di determinati presupposti.

In particolare, possono essere individuate due categorie di queste controversie:

le controversie che hanno come oggetto diritti assolutamente o parzialmente non disponibili, e le controversie che vedono come parte un soggetto che viene ritenuto dall’ordinamento bisognoso e meritevole di una specifica tutela rafforzata.

Ad esempio, i consumatori, i conduttori di unità abitative, o i lavoratori subordinati.

L’istituto dell’arbitrato è previsto dal codice di procedura civile, al libro IV, titolo VIII, agli articoli 806-840.

Ai sensi dell’articolo 806, comma 1 del codice di procedura civile, “le parti possono fare decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili, salvo espresso divieto di legge”.

Il comma 2 dello stesso articolo specifica che “le controversie delle quali all’articolo 409 del codice di procedura civile”, vale a dire quelle per le quali trova applicazione il cosiddetto rito del lavoro, “possono essere decise da arbitri esclusivamente se previsto dalla legge o nei contratti o accordi collettivi di lavoro”.

L’accordo con il quale le parti convengono di deferire agli arbitri la decisione della controversia, che prende il nome di convenzione di arbitrato, viene denominato compromesso, se concluso a controversia insorta (art. 807 c.p.c.) oppure clausola compromissoria, se concluso per risolvere una possibile controversia futura in materia contrattuale (art. 808 c.p.c.).

È anche possibile concludere una convenzione di arbitrato per risolvere possibili controversie future in materia extracontrattuale, purché siano determinati i rapporti da cui possono sorgere (art. 808/bis c.p.c.).

La decisione pronunciata dagli arbitri, denominata lodo, produce gli stessi effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria (art. 824/bis cod. proc. civ.), con la sola eccezione dell’efficacia esecutiva. Per eseguire il lodo in Italia è infatti necessario che esso venga dichiarato esecutivo dal Tribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato nel cui ambito è stato pronunciato (art. 825 cod. proc. civ.).

Esiste però un altro tipo di arbitrato, denominato irrituale, che si conclude con un lodo che, in deroga a quello che prevede l’articolo 824/bis del codice di procedura civile, che ha gli effetti di una determinazione contrattuale e come tale è annullabile, quando ricorrono i vizi previsti dalla legge, nell’ambito di un procedimento ordinario di cognizione promosso avanti il giudice statale, secondo l’articolo 808 ter del codice di procedura civile.

Il lodo rituale è soggetto ai mezzi di gravame dell’impugnazione per nullità, della revocazione e dell’opposizione di terzo.

Il procedimento arbitrale

Il procedimento arbitrale nasce dalla domanda di arbitrato, l’atto con il quale viene individuato l’oggetto del processo dal punto di vista dell’attore.

La proposizione della domanda di arbitrato è equiparata alla domanda proposta in sede giurisdizionale.

Si può ricordare che:

La proposizione della domanda di arbitrato interrompe la prescrizione e determina la sospensione del suo corso, dal momento in cui viene proposta fino al momento in cui la decisione dell’arbitro (collegio arbitrale) non sia più impugnabile.

La domanda di arbitrato può essere trascritta, al pari della domanda giudiziale, in relazione a beni immobili e beni mobili registrati.

Una volta iniziato il processo arbitrale può succedere che una delle parti proponga un’eccezione relativa all’interpretazione, alla validità e all’efficacia della convenzione di arbitrato.

Le classificazioni

L’arbitrato può essere classificato secondo diversi metodi.

Una prima grande classificazione si rinviene avendo riguardo all’efficacia del provvedimento (il lodo) con il quale si conclude il procedimento arbitrale.

Se il lodo è diretto a produrre gli effetti propri della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria, si parla di arbitrato rituale, mentre il lodo abbia efficacia meramente negoziale, l’arbitrato sarà irrituale.

L’arbitrato viene distinto in arbitrato secondo diritto o arbitrato in equità, a seconda che gli arbitri giudichino durante il procedimento secondo le norme sostanziali di un determinato ordinamento giuridico o secondo criteri equitativi.

Un’altra distinzione può essere fatta tra arbitrato interno ed arbitrato internazionale.

L’arbitrato internazionale, più precisamente denominato arbitrato commerciale internazionale, al fine di non confonderlo con l’arbitrato tra stati, è relativo a quelle controversie che hanno un particolare carattere di transnazionalità, ad esempio tra parti una italiana e l’altra straniera, oppure quando l’oggetto della controversia sottoposta all’arbitrato sia relativa al diritto del commercio internazionale.

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