a) il principio di economia processuale, nella sua declinazione di tendenziale concentrazione delle controversie dinanzi allo stesso giudice, desumibile dagli artt. 24 e 11 della Costituzione;
b) la regola che impone l’applicazione, anche nel processo amministrativo – in forza del rinvio c.d. esterno di cui all’art. 39 c.p.a., già pretoriamente riconosciuto da Cons. Stato, ad. plen., 14 settembre 1982, n.15 – l’applicazione delle norme del codice di rito civile, in quanto non incompatibili e che, per l’effetto, vale a legittimare il giudice amministrativo di appello alla separazione delle cause in applicazione dell’art. 103, comma 2, c.p.c.;
c) la generale possibilità di cumulare domande connesse, prevista all’art. 32 c.p.a., da ritenersi operante anche in appello (art. 38 c.p.a.);
d) la possibilità, per il giudice di appello, di pronunciare, ai sensi dell’art. 36 del Codice, sentenza parziale quando decide alcune delle questioni: la quale vale a fondare anche il potere di scindere officiosamente l’impugnazione cumulativa avanzata dalle parti, nel caso di ritenuta e concreta insussistenza dei presupposti per emettere un’unica sentenza (ciò che – in buona e definitiva sostanza – vale a sterilizzare la tradizionale obiezione alla impugnazione cumulativa rimessa alla iniziativa di parte).
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