L’aggravante della destrezza

Alessia Fraino 09/04/19
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Brevi note a margine di Cassazione, V sezione penale del 26 febbraio 2019 n. 8433.

Sommario: 1. Premessa; 2. La destrezza nella dottrina e nella giurisprudenza; 3. L’ultima pronuncia della Cassazione: il “gesto fulmineo” configura la destrezza.

1. Premessa

Con la recente pronuncia del 26 febbraio 2019, la V sezione penale della Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi sulla configurabilità dell’aggravante specifica del furto prevista dall’art. 625, co. 1, n. 4, c.p.

Etimologicamente il termine “destrezza” è ricondotto all’aggettivo “destro”, cioè colui che agisce con sagacia. Destrezza, nel lessico comune, significa infatti agilità, prontezza fisica ed intellettuale nell’azione, nel movimento, nella capacità di superare situazioni difficili che si frappongono al raggiungimento di un traguardo.

Occorre comprendere, nell’ambito del sistema penale, il significato e la portata dell’aggravante in discorso e ciò per due ordini di ragioni. In primo luogo, un’eventuale applicazione dell’art. 625, n. 4, comporta un aggravamento di pena con conseguente esclusione della causa di non punibilità del fatto prevista dall’art. 131-bis c.p; in secondo luogo, l’applicazione della norma suddetta muta la condizione di procedibilità che, nelle ipotesi di furto semplice è a querela della persona offesa mentre, nell’ipotesi aggravata, è d’ufficio.

Occorre ulteriormente premettere che le aggravanti di cui all’art. 625 c.p. sono oggettive (art. 70 c.p.) e ciò incide sull’estensibilità ai concorrenti nel reato delle circostanze medesime ai sensi dell’art. 118 c.p.

Si veda:” Vittima disattenta? Esclusa l’aggravante della destrezza”

2. La destrezza nella dottrina e nella giurisprudenza

L’art. 403, primo comma, n. 4, del Codice Zanardelli[1] recependo le previsioni dei codici preunitari, stabiliva che il furto con destrezza ricorresse quando era stato commesso “sulla persona in luogo pubblico o aperto al pubblico”.  L’aggravante della destrezza si configurava quando l’agente, con particolari tecniche di astuzia ed agilità, riusciva ad impossessarsi della cosa senza che il soggetto passivo potesse apprestare i dovuti mezzi idonei a scongiurare i furti dei propri averi.

La dottrina più risalente riteneva che destrezza andrebbe riferita alla persona offesa e non all’oggetto del reato[2]. Secondo questa teoria, la destrezza è l’esplicazione di una speciale abilità fisica e psichica del ladro tale da eludere l’attenzione dell’uomo medio[3].

Parte della giurisprudenza ha avallato l’interpretazione dettata dalla suddetta teoria. In molte pronunce veniva riconosciuta l’aggravante in parola nell’approfittamento da parte del soggetto attivo, di un momento di disattenzione della persona offesa. Ed in tal senso il riferimento non è solo alla sbadatezza del derubato ma anche alle condizioni esterne quali il tempo, il luogo ed ogni condizione, oggettiva o soggettiva, idonea ad eludere la normale vigilanza dell’uomo medio. In relazione a quest’ultimo aspetto inoltre la dottrina propende per un’analisi in concreto delle circostanze dell’azione che hanno favorito la commissione del delitto perchè la destrezza non può emergere in re ipsa[4].

Secondo un altro indirizzo teorico, la destrezza andrebbe riferita non al soggetto derubato ma alla cosa rubata. La destrezza intesa in tal senso deve essere letta come l’abilità fisica cioè la sveltezza del ladro nell’impossessamento della cosa[5]. Ad esempio ricorrerebbe l’aggravante de qua nel caso in cui il ladro, con una particolare mossa veloce, sfili il portafogli dal taschino della vittima.

Se con una raggiunta unanimità di vedute, dottrina e giurisprudenza ravvisano nella destrezza l’abilità fisica e psichica, la sveltezza, l’astuzia dell’agente nel commettere il reato, non sono ancora placati i dibattiti relativi al grado che tale abilità deve raggiungere. In particolare ci si domanda se questa abilità debba essere straordinaria, tale cioè da evidenziare una capacità a delinquere maggiore di quella di un ladro comune ovvero se sia sufficiente una situazione, oggettiva o soggettiva, che favorisca l’agente a superare la vigilanza della vittima sulla cosa.

Queste diatribe relative al grado della destrezza, sono culminate nel recente arresto delle Sezioni Unite del 2017 chiamata a pronunciarsi sulla sussistenza dell’aggravante in esame nell’ipotesi in cui il ladro si fosse servito della disattenzione della vittima.

La questione rimessa due anni fa al Supremo Consesso era la seguente: “Se, nel delitto di furto, la circostanza aggravante della destrezza, prevista dall’art. 625, primo comma, n. 4, cod. pen., sia configurabile quando il soggetto agente si limiti ad approfittare di una temporanea distrazione della persona offesa”.

Un primo indirizzo giurisprudenziale riteneva sussistere l’aggravante della destrezza in ogni occasione favorevole in cui il soggetto agente approfittava del momento di distrazione (anche da lui non provocata) dell’offeso all’atto dell’impossessamento; anche nel caso in cui la vittima si trovasse nello stesso luogo e vicino alla cosa mobile da lui detenuta ed il colpevole profittava di un momento di sospensione della vigilanza sulla cosa.  (Cass. n. 20954 del 2015; Cass. 3807 del 2016).

Tale linea interpretativa che può definirsi estensiva, riconosce l’aggravante della destrezza in qualsiasi situazione in cui l’agente colga l’occasione favorente a realizzare l’impossessamento, inclusa la momentanea sospensione del controllo sulla res da parte della vittima impegnata, nello stesso luogo, a realizzare atti di vita quotidiana[6] (tra le tante pronunce si segnalano Cass. Sez. V, n. 20954 del 2015; Cass. Sez. V, n. 3807 del 2016; Cass. Sez. V, n. 26749 del 2016).

A questa linea interpretativa si contrapponeva quell’indirizzo, restrittivo, secondo il quale la destrezza andrebbe esclusa se il soggetto attivo si è semplicemente servito della distrazione della vittima[7] in quanto l’azione non presenterebbe alcun carattere di astuzia, abilità e scaltrezza. Caratteristiche queste che denotano l’aggravante in esame (Cass. 46977 del 2015; Cass. 9374 del 2015). Secondo tale orientamento, nei momenti in cui il soggetto passivo si distrae così agevolando la condotta dell’agente, si configurerebbe al più la temerarietà e l’audacia nel correre il rischio di essere sorpresi. (Cass. 12473 del 2014).

La linea giurisprudenziale restrittiva non riconosce il furto destro nelle ipotesi in cui l’autore del fatto si serva semplicemente della distrazione (da lui non provocata) della vittima, proprio perchè la condotta pecca di ogni abilità esecutiva. Tratto quest’ultimo che invece caratterizza la destrezza stessa (tra le tante si segnalano, Cass. Sez. IV, n. 46977 del 2015; Cass. Sez. II, n. 9374 del 2015; Cass., sez. V, n. 12473 del 2015).

Le Sezioni Unite, con la sentenza numero 34090 del 2017, hanno aderito all’ultimo degli indirizzi sopra descritti, chiarendo che l’aggravante della destrezza sussiste quando il soggetto agente abbia posto in essere, prima o durante l’impossessamento del bene mobile altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed in grado di sorprendere, attenuare od eludere la sorveglianza del detentore sulla res, non essendo invece sufficiente che egli si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore dalla cosa.

Effettivamente, l’approfittamento di una situazione ritenuta idonea ad eludere la vigilanza del detentore della cosa, non porta a ritenere la configurazione della destrezza posto che essa presuppone una condotta astuta e svelta dell’agente. Ad esempio, è stata ritenuta sussistente l’aggravante in parola nelle ipotesi in cui la distrazione sia provocata dal ladro stesso o dai suoi complici e, tale condotta, distolga la vittima dalla vigilanza sul bene rubato.

Anche la giurisprudenza successiva all’arresto delle Sezioni Unite, si è orientata verso un’interpretazione restrittiva dell’aggravante in esame. Ed infatti non è stata riconosciuta la sussistenza della destrezza nel caso in cui la vittima aveva lasciato la borsa aperta ed il ladro si era impossessato, con un gesto repentino, di carte di credito e denaro in un lasso di tempo breve in cui l’oggetto era stato momentaneamente lasciato incustodito[8].

Occorre inoltre distinguere il furto con destrezza dal furto fraudolento. Tale distinzione è opportuna sia dal punto di vista dogmatico ma anche, e soprattutto, dal punto di vista pratico in quanto si porrebbero dei problemi circa la compatibilità tra le due circostanze.

La frode, di per sé, si configura attraverso l’esplicazione dell’inganno e dei raggiri[9]: la condotta dell’agente è connotata da straordinarietà. Essa denota una capacità criminale più forte, in quanto si sostanzia in ogni stratagemma diretto ad aggirare ed annullare gli ostacoli che si frappongono tra il soggetto attivo ed il bene da rubare[10]. Tali ostacoli possono distinguersi in materiali[11], che possono  essere superati attraverso qualsiasi azione volta ad eludere le misure di sicurezza (es. l’utilizzo di chiavi e grimaldelli atti ad aprire le serrature delle porte[12]) e personali diretti a raggirare, con artifizio ed inganno il soggetto passivo[13]. Da questa ipotesi va tenuto distinto il delitto di truffa ex art. 640. Infatti, mentre il furto fraudolento si caratterizza per la sua aggressione unilaterale nella truffa, il soggetto passivo coopera. In altri termini, nel furto aggravato di cui all’art. 625, n. 2, il ladro pone la sua condotta in maniera diretta alla cosa mobile altrui mentre nella truffa, il soggetto attivo carpisce, con artifizi e raggiri, il consenso della vittima che si autodanneggia[14].

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3. L’ultima pronuncia della Cassazione: il “gesto fulmineo” configura la destrezza

Nel caso oggetto della sentenza in commento, la V sezione penale ha richiamato il principio di diritto posto dalle Sezioni Unite nel 2017, confermando che la destrezza si configura laddove la condotta del soggetto agente sia connotata da particolare astuzia idonea ad eludere la sorveglianza del soggetto passivo e non anche il mero approfittamento di una situazione favorevole qual è la distrazione di quest’ultimo.

La sezione quinta in tale pronuncia, pur confermando l’orientamento del Supremo organo di nomofilachia, ha riconosciuto la sussistenza della destrezza. Nella motivazione però non si è fatto riferimento alla disattenzione della vittima, inidonea ad integrare l’aggravante in parola, bensì in riferimento alla condotta con cui il ladro ha sfilato il portafogli dalla borsa (lasciata aperta dalla persona offesa), “sedendosi accanto e approfittando di un attimo di distrazione di quest’ultima, impegnata ad allacciarsi le scarpe, con un gesto fulmineo” .

Il “gesto fulmineo”, a detta della Suprema Corte, caratterizza in modo pieno la destrezza in riferimento alla sveltezza ed alla agilità fisica del soggetto attivo del reato.

Infatti, benchè l’aggravante in esame richieda una particolare astuzia ed agilità, non si caratterizza certamente per la sua eccezionalità: se così fosse, sarebbe anche difficile trarre gli elementi che distinguono la destrezza dall’uso del mezzo fraudolento. Quest’ultimo, al contrario, denota una capacità di inganno e raggiro che supera i limiti della condotta semplicemente destra.  Le due circostanze invero presentano caratteri comuni, a tratti quasi sovrapponibili. In realtà l’uso del mezzo fraudolento implica una capacità appropriativa maggiore: si considera tale infatti, qualsiasi accorgimento che sorprenda o soverchi con insidia, la contraria volontà del detentore, vanificando le difese che questi abbia apprestato a tutela delle proprie cose[15].

“L’avere l’imputato approfittato della disattenzione della vittima, da lui non provocata, è circostanza inidonea ad integrare la destrezza prevista dall’art. 625 c.p., comma 1, n. 4” prosegue la Corte, confermando  il principio di diritto posto dalle Sezioni Unite.

Diversamente, i giudici di legittimità pongono l’attenzione non sulla vigilanza che il soggetto passivo adotta, ma sulla condotta del reo che presenta tutti i caratteri della condotta destra, attraverso il gesto fulmineo perchè “trattasi di azione connotata da particolare abilità ed idonea ad eludere la sorveglianza del detentore”.

In relazione al principio di offensività,  le aggravanti richiamate costituiscono il quid pluris della fattispecie base del furto: costituiscono entrambe elemento specializzante del furto che viene colorato, in questi termini, da un disvalore maggiore rispetto al delitto semplice e, per tale motivo, soggetto ad un inasprimento della pena[16]. Il principio di offensività deve essere analizzato non solo in relazione al fatto tipico ma anche con riguardo alle circostanze[17], quali forme di manifestazione del reato.

La destrezza potrebbe essere interpretata in questi termini: 1) abilità, sveltezza ed agilità con cui il soggetto agente pone in essere la condotta di impossessamento del bene; 2) (anche, ma non solo) in riferimento alla condizione in cui si trova la persona offesa ed il grado di sorveglianza sulla cosa da egli detenuta. Nel furto fraudolento è ulteriormente richiesto l’inganno (elemento quest’ultimo che caratterizza i delitti contro il patrimonio commessi mediante frode) e la norma fa riferimento a “qualsiasi mezzo fraudolento”  idoneo ad aggirare gli ostacoli che si frappongono tra egli e la cosa. Dunque, mentre la destrezza si riferisce alla condotta dell’impossessamento ed all’oggetto, il mezzo fraudolento deve riferirsi alla persona offesa ed alla vigilanza che questa ha sul bene.

Concludendo può dirsi che la particolare e straordinaria scaltrezza connotano sicuramente il furto fraudolento; la destrezza, benchè non possa ridursi al mero approfittamento della situazione favorevole, deve ritenersi sussistente ogniqualvolta la condotta, seppur non caratterizzata da un’azione di particolare straordinarietà, è comunque abile ed idonea all’impossessamento della cosa altrui. Il gesto fulmineo invero, potrebbe farsi ricadere nell’aggravante della destrezza in quanto evidenzia un’abilità fisica del soggetto agente che, in pochi istanti, si appropria della cosa. Tale pronuncia sembra essere aderente a quell’orientamento dottrinale che riferisce la destrezza al bene sottratto e dunque, all’oggetto del reato. Nel caso di specie, va sottolineato che la vittima non si era allontanata dalla borsa ma aveva “attenuato” il suo controllo perchè era intenta ad allacciarsi le scarpe. Ciò denota una abilità fulminea nell’appropriazione della res posta accanto alla persona offesa, che per pochissimi istanti (il tempo di fare il nodo al laccio di una scarpa!) aveva distolto la sua attenzione dal portafogli. Tale situazione è indicativa della destrezza proprio perchè l’autore non si è approfittato della totale assenza della persona e non ha avuto dunque a disposizione un lasso di tempo maggiore per commettere il fatto[18].

Occorrerebbe comunque verificare in concreto se la condotta possa dirsi destra (o addirittura fraudolenta) perchè solo attraverso un accertamento della condotta in questi termini può dirsi o meno integrata la fattispecie aggravata di furto.

Tale accertamento in concreto è necessario anche ai fini dell’applicabilità dell’art. 131-bis c.p., che richiede  una verifica circa la sussistenza della particolare tenuità del fatto idonea ad escluderne la punibilità. Infatti, ai fini della sua applicazione, occorre tenere in considerazione i criteri dettati dall’art. 133, primo comma, c.p che fa riferimento alle modalità della condotta: tempo, luogo, natura, mezzi, oggetto ed ogni altra modalità dell’azione.

Note

[1]Commentario al Codice penale, a cura di Marini, La Monica, Mazza, Torino, 2002, p. 3122.

[2]DE MARSICO, Delitti contro il patrimonio, Napoli, 1951, p. 43-44; MANZINI, Trattato di diritto penale, Vol. 9, Torino, p. 266.

[3]MANZINI, Trattato di diritto penale cit., p 266-267; TOCCI, Il furto, Torino, 2002, p. 104 ss.

[4]PECORELLA, voce Furto, in Enc. Dir., vol. XVIII, p. 385, il quale riporta tra l’altro un orientamento secondo il quale l’abilità si commisura in base al fatto di essere scoperti o meno. Contrariamente l’Autore chiarisce che il valore di un atto non può essere commisurato in base ai risultati conseguiti in quanto un furto eseguito con “goffaggine”, ma giunto a buon fine per negligenza o distrazione del derubato, non diviene per ciò solo “destro”; Cass. n. 335 del 1987 ha chiarito che la distrazione non deve essere verificata dal soggetto agente perchè è sufficiente che egli si approfitti della disattenzione della persona offesa. Occorre cioè che il soggetto attivo si approfitti di qualsivoglia situazione oggettiva o soggettiva favorevole ad eludere la normale vigilanza dell’uomo medio perchè ciò è di per sé espressione di quella maggiore criminosità in vista della quale il legislatore ha previsto l’inasprimento della pena (in senso non dissimile, Cass. n. 919 del 1995).

[5]MANTOVANI, Delitti contro il patrimonio, Padova, 1989, p. 71, il quale spiega che l’aggravante in parola è data dalla minorata difesa del soggetto passivo a fronte della abilità fisica dell’autore del delitto. Spiega l’Autore che per aversi furto con destrezza sono necessari i seguenti requisiti: a) che il reo agisca con speciale abilità (sveltezza e rapidità di gesti); b) tale sveltezza deve caratterizzarsi rispetto a quella del ladro comune, idonea ad eludere la vigilanza che la vittima pone sulla res; c) deve riferirsi all’oggetto e non incidere sulla volontà del soggetto passivo. Ciò differenzia la destrezza dal mezzo fraudolento.

[6]Cass. Sez. VI, 7 giugno 2012, n. 23108, riprendendo tale filone giurisprudenziale, ha chiarito che l’aggravante della destrezza sussiste quando l’agente si approfitti di ogni circostanza contigentemente favorevole o di una frazione di tempo in cui la vittima distoglie la vigilanza sulla cosa per compiere atti di vita quotidiana o di lavoro; conformemente, Cass. Sez. V, 24 novembre 2015, n. 6213, secondo cui la destrezza si configura anche quando l’autore commetta il fatto approfittando di un momento favorevole tale da consentirgli di eludere la vigilanza della persona offesa adottando accorgimenti idonei a non destare la sua attenzione (nel caso di specie, il ladro aveva rubato una borsa lasciata in un autoveicolo aperto ed incustodito dalla persona offesa).

[7]Non è stata riconosciuta l’aggravante della destrezza nel caso di furto del portafogli lasciato incustodito in riva al mare; in tal senso, Cass. Sez. II, 10 novembre 2015, n. 46977.

[8]Cass.,Sez. V, 22 settembre 2017, n. 48767, la quale ha escluso l’aggavante ex 625, n. 2, c.p, precisando che la distrazione deve essere stata procurata dall’agente stesso attraverso una condotta astuta. Così posta la questione, pare prospettarsi l’aggravante del mezzo fraudolento che incide più sulla sfera soggettiva della vittima che è indotta ad attenuare la sua vigilanza sulle cose detenute.

[9]DE MARSICO, cit., p. 42, riteneva che il mezzo fraudolento connota il disvalore del furto in quando l’agente agisce in una situazione di minorata difesa che, secondo l’illustre Autore, in tal caso è data dall’inganno e non dalla forza fisica “non dalla violenza ma dall’insidia”.

[10]TOCCI, Il furto cit., p. 96 ss.

[11]Tipico mezzo fraudolento materiale può essere ravvisato nella borsa utilizzata dal ladro che preleva la merce dallo scaffale del supermercato riponendola nella borsa che si caratterizza per un doppio fondo e  da una doppia fodera in carta stagnola per eludere i controlli visivi e quelli elettronici posti all’uscita del negozio: in tal senso Cass. Sez. IV, 13 febbraio 2007, n. 15220; anche l’utilizzo del cd “cavo volante” volto ad allacciare il proprio contatore a quello del vicino, costituisce mezzo fraudolento idoneo ad integrare l’ipotesi di furto fraudolento di energia elettrica, così Cass. Sez. IV, 8 novembre 2007, n. 47170.

[12]Quanto ai rapporti tra l’aggravante del mezzo fraudolento ex art. 625, co. 1, n. 1, c.p. e la contravvenzione prevista dall’art. 707 c.p (possesso ingiustificato di chiavi alterate e grimaldelli) si ritiene comunemente la contravvenzione citata, sia assorbita dalla figura del furto fraudolento allorchè ricorra una immediatezza e strumentalità tra il possesso degli strumenti ed il loro uso. Gli arnesi devono essere effettivamente adoperati per la commissione del furto ed il loro uso strumentale e temporalmente limitato all’effrazione. In tal senso si è espressa Cass. Sez. IV, 12 marzo 2008, n. 24404.

[13]MANTOVANI, Delitti contro il patrimonio cit., p 71; Cass., Sez. V., 17 giugno 2008, n. 36905 la quale ha ravvisato il furto fraudolento nella condotta di chi, adducendo scuse che ne implicavano la restituzione ed ingenerando quindi un affidamento da parte delle persona offesa, si era fatto consegnare il cellulare e rimettendosi in automobile, era ripartito improvvisamente: questo caso pare rappresentare un’ipotesi di ostacolo personale.

[14]GAROFOLI, Manuale di diritto penale. Parte speciale, Tomo III, Roma, 2017, p. 36-37; Cass. Sez. IV, 18 novembre 2008, n. 47394. Con riguardo al delitto di truffa, si parla di un reato in contratto che si ha quando il legislatore attribuisce rilevanza penale alla condotta tenuta dal soggetto nel procedimento di formazione del contratto o nel corso della sua esecuzione. Tali reati sono caratterizzati dal fatto che: a) la condotta viene posta in essere prima della formazione del contratto stesso ovvero durante l’esecuzione del programma negoziale; b) dal punto di vista strutturale, sono reati plurisoggettivi impropri in cui solo un soggetto viene punito; c) vi è la necessaria cooperazione della vittima richiesta per la configurabilità stessa della fattispecie: è necessaria cioè una collaborazione artificiosamente carpita. In questi termini, GAROFOLI, Parte generale cit., p. 1297.

[15]GAROFOLI, Parte speciale cit., p. 36.

[16]Cass., Sez. Un., 27 aprile 2017, l’aggravante trova il suo fondamento nella capacità offensiva maggiore rispetto a quella del furto base. Un’offensività tale da incrementare le possibilità di portare il delitto a compimento e che offendano più seriamente il patrimonio. Da ciò si giustifica l’inasprimento della pena.

[17]Ciò è  stato anche confermato da Corte costituzionale, sentenza numero 249 del 2010 con cui la Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità dell’aggravante comune prevista dall’art. 61, comma 11 bis, c.p che comportava un aggravamento di pena per “l’avere il colpevole commesso il fatto mentre si trovava illegalmente nel territorio nazionale” eludendo, in modo evidente, il principio di offensività basato sul disvalore del fatto e non sulle qualità dell’autore; FIANDACA-MUSCO, Diritto Penale, Roma, 2012; p. 417, spiegano che a partire dall’Illuminismo si è avvertita “l’esigenza di attribuire rilevanza a situazioni o fattori, diversi dagli elementi costitutivi del reato e idonei tuttavia a graduarne il disvalore”; MANTOVANI, Diritto Penale, Padova, 2017, p. 395, il quale rileva giustamente che la circostanza, essendo un elemento accidentale del reato, non incide sulla sua esistenza ma sicuramente incide sulla sua gravità. La gravità maggiore comunque trova il suo fondamento nel disvalore, quindi nella sua offensività. Contrariamente si segnala la tesi di LEONE, Reato abituale, continuato, permanente, Napoli, 1937, p. 238, il quale ha invece chiarito che le circostanze si caratterizzerebbero per la loro inidoneità ad incidere sulla sfera giuridica del bene tutelato dalla norma. In ciò consisterebbe la differenza tra esse e gli elementi costitutivi del reato che, invece, andrebbero ad alterare il piano dell’offesa.

[18]Vi sono pronunce che correttamente escludono la destrezza nei casi in cui la vittima si allontana dalla res in quanto in tali ipotesi, il ladro ha tutto il tempo di impossessarsi del bene e quindi l’approfittamento dell’assenza non denota né scaltrezza, né agilità e sveltezza fisica: in tal senso si segnala Cass., Sez. IV, 10 maggio 2007, numero. 42672 che ha escluso la destrezza nella condotta di chi aveva asportato una somma di denaro dal cassetto di un esercizio commerciale, approfittando della momentanea assenza del titolare posto che, tale condotta, non è caratterizzata da una particolare astuzia; Cass. Sez. Un., 27 aprile 2017, n. 34090, che, pronunciando il principio di diritto sopra richiamato, hanno escluso la destrezza nel caso in cui il ladro si era appropriato del computer posto sul banco dell’esercizio commerciale, durante il momento di distrazione della titolare.

Alessia Fraino

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