La tassazione dei redditi derivanti dall’attività di staking di cripto-valute

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    Indice

  1. La posizione dell’Agenzia delle Entrate
  2. La sussistenza del reddito di capitale

>>>Leggi l’intervento dell’Agenzia delle Entrate<<<

1. La posizione dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Persone fisiche, lavoratori autonomi ed enti non commerciali, con la risposta n. 433/2022, ha fornito una spiegazione inerente la disciplina della tassazione dei redditi scaturenti dall’attività di staking di cripto-valute. Le remunerazioni percepite dalle persone fisiche mediante cripto-valuta, al di fuori dell’attività d’impresa, per l’attività di staking sono soggette ad imposizione e, pertanto, se accreditate nel wallet (ovvero un conto online) da una Società italiana, quest’ultima è sottoposta all’ applicazione della ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 26% ai sensi dell’articolo 26, comma 5, del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 – Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi -. Di conseguenza, tali remunerazioni non dovranno essere indicate nel Modello Redditi della persona fisica in quanto la ritenuta è applicata a titolo d’imposta.

La remunerazione che scaturisce dall’attività di “staking”, ovverosia del corrispettivo in cripto-valute spettante all’Istante a fronte del “vincolo di disponibilità” delle stesse, cioè di un vincolo di non utilizzo per un certo periodo di tempo, si ritiene utilizzabile in virtù di quanto disposto dall’art. 44 c. 1 lettera h) del Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 – Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi – (TUIR). Sicché, sono ascrivibili tra i redditi di capitale sulla base di tale fattispecie impositiva non solamente i redditi che siano determinati o predeterminabili, ma anche quelli variabili in quanto la relativa misura non sia collegata a parametri prefissati.


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2. La sussistenza del reddito di capitale

Ai fini della sussistenza di un reddito di capitale è sufficiente l’esistenza di un qualunque rapporto mediante il quale venga posto in essere un impiego di capitale e quindi anche rapporti che non siano a prestazioni corrispettive ovvero nei quali il nesso di corrispettività non intercorra tra la concessione in godimento del capitale ed il reddito conseguito. Sicché, possono essere soggetti ad imposizione sulla base di tale statuizione non soltanto quei ricavi che sono giuridicamente definibili come frutti civili (ai sensi dell’articolo 820 del codice civile) ovvero quei guadagni che sono dovuti come corrispondente del godimento che altri abbia di un capitale, ma anche tutte quelle entrate che trovano origine in un relazione che presenti come funzione quella di permettere un uso del capitale.

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