La società di fatto, autonoma species nell’ambito delle società irregolari

Bazzo Eleonora 14/04/11
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Sommario: 1. Gli elementi costitutivi della società di fatto. – 2. L’operatività della società di fatto. – 3. Società di fatto e società irregolare.

 

1. Gli elementi costitutivi della società di fatto.

Nella vicenda giudiziaria in esame, una banca concedeva un mutuo ad un presunto socio di una società in nome collettivo, ma, non riuscendo a recuperare la somma concessa ed essendo sopravvenuto il fallimento della società, conveniva in giudizio i due soci effettivi della stessa società1. In tale sede, parte attrice chiedeva che questi ultimi rispondessero dei debiti contratti in nome della persona giuridica da parte di un soggetto, che, seppure non rivestisse alcun ruolo formale all’interno della compagine sociale, a suo giudizio era già socio di fatto degli altri due convenuti all’epoca della conclusione dell’obbligazione.

In primo grado, il Tribunale di Torino respingeva la domanda attorea assumendo che non fosse stata raggiunta la prova che la persona che aveva speso il nome della società fosse effettivamente un socio. A conferma di ciò, veniva affermato che alcune delle obbligazioni erano state assunte in proprio, senza alcun riferimento alla società. Tale sentenza veniva riformata in appello, condannando i convenuti, nella loro qualità di soci, al pagamento di tutte le obbligazioni contratte dal presunto socio, con l’aggravio degli interessi e delle spese di lite. Il giudice di merito sosteneva che tali obbligazioni erano state efficacemente assunte in nome della società sulla base dell’esistenza di rapporto sociale di fatto: infatti, veniva affermato che il finanziamento concesso non poteva considerarsi erogato a titolo personale al presunto socio, in quanto lo stesso, pur non avendo ancora acquistato formalmente le quote sociali dagli altri due soci, era già un socio di fatto, a causa della sua ingerenza nell’amministrazione della società e del suo conseguente potere di rappresentanza2.

Di conseguenza, i soci proponevano ricorso alla Corte di Cassazione, deducendo, tra gli altri motivi, che la spendita del nome della società da parte di colui che aveva concluso un contratto preliminare di acquisto di quote fosse abusiva e non potesse produrre effetti nei loro confronti, nella qualità di soci. È da evidenziare che costituisce un principio unanimemente condiviso il fatto che il contratto abbia forza di legge solamente tra le parti ex art. 1372 c.c.: in questo caso, quindi, il preliminare può vincolare solamente i diretti contraenti, senza produrre alcun effetto nei confronti dei terzi che trattano con la società. Il giudice di legittimità ha accolto il ricorso, precisando i requisiti e le caratteristiche necessari per poter configurare una società di fatto, ed ha cassato con rinvio la sentenza impugnata a causa dell’inesistenza di alcuna indicazione sulla sussistenza di una società di fatto tra i soci effettivi e colui che ne aveva indebitamente speso il nome.

La giurisprudenza è pressoché concorde nell’affermare l’esistenza di una società quando si è in presenza sia di un elemento oggettivo, formato dal conferimento di beni o servizi con la conseguente costituzione di un fondo comune, sia di uno soggettivo, rappresentato dall’affectio societatis. La comune volontà delle parti di esercitare un’attività economica allo scopo di dividere gli utili costituisce l’oggetto e la causa del contratto di tutte le società. A tal proposito, è necessario specificare che la legge non richiede una particolare forma ai fini della validità del contratto di società. Infatti, è sufficiente una manifestazione tacita di volontà oppure un comportamento concludente delle parti ai fini dell’esistenza di un vincolo societario, indipendentemente da qualsiasi requisito di forma dell’atto costitutivo: questa società viene definita di fatto sulla base del modo in cui l’accordo sociale si è formato e viene manifestato all’esterno3. È comunque da mettere in evidenza come la legge faccia salve, in relazione all’atto costitutivo, le forme richieste dalla natura dei beni conferiti o dall’attività svolta e prescriva un atto pubblico o una scrittura privata autenticata per effettuare l’iscrizione nel registro delle imprese4.

Come è stato affermato nella sentenza in commento, la mancanza della prova scritta del contratto non impedisce al giudice di merito l’accertamento della esistenza di una struttura societaria di fatto: tale elemento può essere dedotto aliunde sulla base degli specifici elementi del caso concreto. Di conseguenza, ciò che caratterizza la società di fatto è il modo con il quale si è formato il contratto sociale, che può desumersi attraverso comportamenti concludenti delle parti o dimostrazioni palesi dell’attività di gruppo. Ad esempio, alcuni elementi che la evidenziano in modo sistematico ed univoco possono essere la presenza di un fondo comune costituito dai conferimenti finalizzati all’esercizio congiunto di un’attività economica, l’alea comune dei guadagni e delle perdite ed il vincolo di collaborazione in vista di detta attività nei confronti dei terzi. Se queste caratteristiche si riferiscono ai rapporti interni tra le parti, sussistono altri aspetti che individuano una società di fatto e che riguardano elementi relativi all’esteriorizzazione del vincolo sociale, sul quale i terzi pongono un ragionevole affidamento5. Un esempio di una simile situazione è rappresentato dal rilascio di fideiussioni personali a favore della società, fatto che può far sorgere la responsabilità solidale ai sensi dell’art. 2297 c.c.

In definitiva, è necessario precisare che si può individuare una società di fatto solo in conseguenza di un’analisi globale di tutti gli elementi, sia interni, sia esterni, che caratterizzano un particolare rapporto. Di conseguenza, l’individuazione di questa situazione fattuale viene rilevata dal giudice ex post, cioè nel momento in cui si deve pronunciare sull’esistenza di un vincolo contrattuale tra più parti esercenti una comune attività economica. Questo modo di procedere trova conferma anche nell’osservazione che la società di fatto non è espressamente prevista da alcuna disposizione codicistica, ma costituisce solamente una figura di creazione giurisprudenziale. Tuttavia, è possibile che l’analisi si possa limitare alle sole relazioni esterne, poiché il fatto di aver ingenerato un affidamento dei terzi può essere un elemento sufficiente, in alcuni casi, per poter affermare l’esistenza di una società di fatto.

Nel caso in cui si sia esteriorizzato un rapporto sociale non effettivamente esistente, invece, si è di fronte ad una società apparente, in rispetto del principio dell’apparenza giuridica, in quanto sussiste una realtà giuridica che è fonte di responsabilità6. Seguendo un ragionamento analogo, anche se di senso opposto, è stata riconosciuta l’esistenza di una particolare tipologia di società, definita occulta, nel caso in cui l’attività economica venga esercitata in forma collettiva senza esteriorizzare tale vincolo sociale7: in tal modo, anche se i terzi venissero a contatto solamente con un’impresa individuale, la società di persone realmente esistente in forma occulta dietro questa realtà giuridica risponderebbe sempre delle azioni poste in essere, anche in mancanza della prova di un comportamento dei soci idoneo a determinare in concreto l’affidamento dei terzi circa l’esistenza della società8.

 

2. L’operatività della società di fatto.

È indiscusso che l’obbligazione di conferimento è coessenziale al contratto di società; la dottrina e la giurisprudenza, invece, non sono concordi sulla necessità dell’esistenza di un preventivo fondo comune per poter esercitare l’attività economica9 e, quindi, per poter configurare una società di fatto. Infatti, una teoria più restrittiva sostiene che l’obbligo dei soci di conferire tutto ciò che è necessario al conseguimento dell’oggetto sociale sussiste nel momento della conclusione del contratto, mentre non è possibile imporre l’apporto di nuovi beni in un successivo momento, in relazione alle singole attività economiche intraprese10. Un’altra concezione, invece, afferma che, ai fini della configurazione di una società di fatto, sono sufficienti lo svolgimento di un’attività economica comune e la conseguente assunzione della responsabilità illimitata di tutti i soci, in quanto ciò comporta l’obbligo di effettuare gli esborsi necessari per la gestione dell’impresa sociale quando se ne rivela la necessità, non solamente nel momento della costituzione della società11.

Indipendentemente dall’eventuale necessità di un conferimento preventivo, la conclusione di un contratto preliminare di acquisto di quote sociali non comporta automaticamente la presunzione dell’esistenza di una società di fatto, in quanto la ratio di tale negozio si basa proprio sull’esclusione di qualsiasi tipo di rapporto sociale nelle more della stipula del definitivo12. Infatti, un contratto preliminare di società, inteso come pactum de ineunda societate, è stato definito solamente come pactum de tractando, limitato allo scopo di fissare i punti dell’intesa raggiunta13. Tale interpretazione permette di trarre la conclusione che questo tipo di contratto non comporti l’assunzione di una responsabilità illimitata per le obbligazioni contratte dalla società prima della conclusione del definitivo. D’altro canto, è comunque evidente che il promissario acquirente, nella qualità di parte cessionaria, non possa compiere atti di amministrazione o concluda affari in nome della società.

Il vincolo sociale viene altresì escluso quando il futuro socio, nell’ambito delle attività economiche svolte dalla società, assume obbligazioni non solo in proprio, ma anche in nome della stessa società. In quest’ultimo caso, infatti, trovano applicazione i principi relativi alla rappresentanza: l’eventuale spendita del nome della società stessa senza il correlativo potere rappresentativo oppure l’attuazione di un’operazione che eccede i limiti delle facoltà conferite comportano, come dispone l’art. 1398 c.c., la diretta responsabilità di colui che ha agito per quanto riguarda il danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto.

Sulla base di questi ultimi principi, la Corte di Cassazione ha ritenuto, nella sentenza in commento, di negare ogni tipo di obbligazione a carico dei soci e di ritenere la responsabilità illimitata di colui che aveva speso indebitamente il nome della società. La motivazione di tale decisione si basa sull’esclusione dell’esistenza di una società di fatto tra il socio presunto e gli stessi soci effettivi, a causa della mancanza della contemplatio domini per la spendita del nome societario e dell’assenza degli altri elementi fattuali che caratterizzano la società di fatto. Nel caso fosse stata in atto una società di fatto, invece, si sarebbe verificata un’automatica estensione della responsabilità a tutti i partecipanti della compagine sociale, senza distinzione tra coloro che avevano effettivamente agito e gli altri.

Le società di fatto possono essere individuate solamente nell’ambito delle società di persone, a causa del valore costitutivo dell’iscrizione nel registro delle imprese per le società di capitali14. Prima dell’iscrizione, queste ultime non sono un soggetto giuridico ancora esistente, per cui non sono responsabili per le operazioni compiute a loro nome, ma lo sono illimitatamente e solidalmente solo coloro che hanno agito, come disposto dall’art. 2331 c.c.15. Analogamente, sono altresì responsabili il socio unico fondatore della costituenda società di capitali e coloro che hanno deciso, autorizzato o consentito il compimento delle relative operazioni. In queste ipotesi, allo stesso modo di quanto avviene nelle società di persone, il legislatore ha previsto una particolare tutela per i terzi che entrano in contatto con una società non ancora iscritta, in modo che si possano rivalere non solo su coloro che hanno agito, ma anche su chi ha concorso materialmente alla formazione dell’atto, seppur non sia intervenuto formalmente nel momento della sua messa in atto16.

Oggetto di vivo interesse dottrinale è la possibilità di costituire una società di fatto tra più società di capitali o tra una di queste ed alcune persone fisiche. Nonostante la riforma societaria abbia ammesso la partecipazione di una società di capitali in una società di persone, tale procedimento è comunque sottoposto all’approvazione di una delibera assembleare ex art. 2361 c.c., non lasciando in tal modo alcuno spazio a manifestazioni tacite di volontà o a comportamenti concludenti, tipici della società di fatto. Inoltre, è stato affermato che un’eventuale assenza di autorizzazione può avere influenza solamente ai fini del riconoscimento di una responsabilità degli amministratori, ma tale azione non esplica alcun effetto nei confronti dei terzi17: per questo motivo, non si verifica alcuna estensione di responsabilità illimitata nei confronti di coloro che hanno agito, in analogia con l’art. 2331 c.c., ma i terzi possono agire con l’azione di responsabilità loro riservata ex art. 2394 c.c. nei confronti delle singole società di capitali18.

 

3. Società di fatto e società irregolare.

Nelle società di persone, l’iscrizione nel registro delle imprese non è una condizione di esistenza della società, ma solo un requisito per l’applicazione della disciplina propria del singolo tipo societario. La mancata iscrizione comporta che la società, che assume la qualifica di irregolare, presenti una disciplina differenziata rispetto a quella regolare, in quanto l’art. 2297 c.c. dispone che i rapporti con i terzi siano regolati dalle disposizioni relative alla società semplice. In conseguenza di ciò, la società irregolare si caratterizza per un’attenuata autonomia patrimoniale, tipica della società semplice, in cui il limitato beneficio di escussione è subordinato all’indicazione da parte del socio dei beni sociali su cui il creditore si possa agevolmente soddisfare19 ed in cui il creditore particolare del socio può chiedere la liquidazione della quota se i beni rimasti nel patrimonio personale sono insufficienti per soddisfare le sue ragioni. Tuttavia, nella società in nome collettivo irregolare, a differenza di quella semplice, si presume che i soci, agendo in nome della stessa società, ne abbiano anche la rappresentanza, in quanto i patti che attribuiscono la rappresentanza ad alcuno dei soci o che ne limitano i poteri non sono opponibili a terzi, a meno che si provi che questi ne fossero a conoscenza. Questo principio viene espressamente richiamato nell’art. 2317 c.c. anche per le società in accomandita semplice irregolari, con la particolarità che i soci accomandanti rispondono limitatamente alla loro quota nel caso in cui non abbiano partecipato alle operazioni sociali.

In seguito alla modifica introdotta con il decreto legislativo n. 228/2001, la registrazione delle società di persone ha assunto la funzione di pubblicità dichiarativa, senza peraltro esserne un requisito costitutivo dell’esistenza. L’inosservanza delle forme previste per la registrazione dell’atto costitutivo si traduce nella mancata regolarizzazione della società e nella conseguente applicazione di una disciplina differenziata rispetto alle società in nome collettivo, come disposto dal già citato art. 2297 c.c. È riconosciuto a ciascun socio un diritto alla regolarizzazione ed, a tal fine, può provvedervi, in caso di inerzia degli amministratori, a spese delle società o far condannare gli amministratori stessi ad eseguirla20.

Seppure alle società di fatto venga applicata la disciplina di quelle irregolari, si possono notare alcune peculiarità che distinguono questi due istituti. Le società irregolari sono caratterizzate dalla forma scritta dell’atto costitutivo e, quindi, è sempre possibile provvedere alla loro regolarizzazione tramite l’iscrizione nel registro delle imprese su iniziativa degli amministratori o, in caso di inerzia di questi ultimi, dei soci. Nelle società di fatto, invece, l’assenza di un qualsiasi tipo di atto formale rende necessario, per procedere alla registrazione, il ricorso ad un atto di notorietà o di ricognizione oppure all’emanazione di una sentenza del Tribunale, al fine di accertare l’esistenza della compagine sociale. Questa differenza è altresì confermata dall’art. 2630 c.c., che impone agli amministratori di ogni tipo di società di procedere alla loro registrazione nel termine di trenta giorni dalla stipulazione dell’atto costitutivo, a pena di ammenda.

Nel rapporto tra società di fatto ed irregolari, la comune regola dell’imputazione delle obbligazioni sociali al patrimonio individuale dei soci si basa sull’esteriorizzazione di tale rapporto, nel caso in cui si sia ingenerato nei terzi un ragionevole affidamento sul relativo vincolo sociale. È comunque valido il patto di segretezza ai fini della mancata estensione della responsabilità per le obbligazioni sociali ai soci che non le hanno contratte, in quanto, secondo i principi della rappresentanza, sono proprio la spendita del nome e la relativa contemplatio domini a determinare l’imputazione degli atti al dominus21. Nella sentenza in commento, la Suprema Corte ha negato l’esistenza di un qualsiasi tipo di rapporto vincolante tra i soci convenuti e colui che aveva contratto l’obbligazione rimasta inadempiuta ed ha conseguentemente affermato l’esclusiva ed illimitata responsabilità di chi aveva sottoscritto il contratto ex art. 1398 c.c.

 

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Cassazione Civile, I Sezione, 15 marzo 2010, n. 6175 – Adamo Presidente –– Ragonesi Relatore – Sorrentino P.M. (conf.) – *** (avv.ti Menghini e Gatti) – **** s.p.a. (avv.ti Frediani e Balasco).

 

Società – Società di persone – Società di fatto – Requisiti – Fondo comune – Affectio societatis – Contratto sociale – Peculiarità (C.c. artt. 2247, 2251, 2296, 2630)

Società – Società in nome collettivo irregolare – Società di fatto – Prova della esistenza – Conseguenze in tema di responsabilità (C.c. artt. 2247, 2291, 2297, 2304)

Società – Società in nome collettivo irregolare – Società di fatto – Contratto preliminare per la cessione di quote – Spendita del nome sociale da parte del cessionario – Rappresentanza senza potere (C.c. artt. 1351, 1398, 2247, 2297, 2317)

 

L’esistenza di un qualunque tipo di società richiede il concorso sia di un elemento oggettivo, cioè il conferimento di beni o servizi per la formazione di un fondo comune, sia di un elemento soggettivo, costituito dall’affectio societatis. Accanto a questi requisiti, la caratteristica peculiare di una società di fatto è rappresentata dalla forma del contratto sociale, che può essere stipulato tacitamente e può risultare anche da un complesso di circostanze concludenti ed idonee a rivelare l’esercizio di una attività imprenditoriale in comune (1).

La prova di una società di fatto viene dedotta sulla base di determinati fatti concludenti, che denotano la presenza della comune intenzione dei contraenti di vincolarsi tra loro e che possono essere individuati nel fondo comune, nell’alea comune dei guadagni e delle perdite e nell’esteriorizzazione del vincolo sociale: la presenza di tali elementi determina il sorgere di una responsabilità solidale di tutti i soci come conseguenza del ragionevole affidamento dei terzi sull’esistenza della società (2).

La stipula di un preliminare di acquisto di quote di una società in nome collettivo, in mancanza di ulteriori elementi, non può determinare, da sola, la creazione di una società di fatto, in quanto la ratio di tale contratto è proprio l’esclusione di un qualsiasi rapporto sociale nelle more della stipula del definitivo; di conseguenza, se un presunto socio spende indebitamente il nome della società, è responsabile del danno sofferto dal terzo contraente secondo i principi della rappresentanza senza potere (3).

 

1 Vitrò, Le società di fatto: profili sostanziali ed effetti del fallimento, Milano, 2009, 132.

2 Abriani, Gli amministratori di fatto delle società di capitali, Milano, 1998, 291 e segg.

3 Cass., 22 febbraio 2000, n. 1961, in Giust. Civ. Mass., 2000, 424, e Dir. e prat. soc., 2000, 12, 78; Galgano, Le società in generale. Le società di persone, in Trattato, diretto da Cicu-Messineo, Milano, 1982, 73.

4 Briganti, Contratto in generale – Contratto preliminare – Limiti degli obblighi di forma, in Notariato, 2008, 3, 232.

5 Cass., 29 agosto 1997, n. 8187, in Giust. Civ. Mass., 1997, 1554; Cass., 8 agosto 2003, n. 11957, in Dir. e prat. soc., 2004, 5, 60, con nota di Nicodemo e Zanfrini; Cass., 6 giugno 1983, n. 3829, in Giust. Civ. Mass., 1983, 6; Cass., 30 maggio n. 3712, in Giust. Civ. Mass., 1983, 5, e Foro It. 1983, I, 1565; Cass., 25 maggio 1983, n. 3591, in Giust. Civ. Mass., 1983, 5; Cass., 27 novembre 1982, n. 6471, in Giust. Civ. Mass., 1982, 10-11; Cass., 26 ottobre 1982, n. 5593, in Giust. Civ. Mass., 1982, 9; Cass., 20 gennaio 1982, n. 381, in Giust. Civ. Mass., 1982, 1; Cass., 3 dicembre 1981, n. 6397, in Giust. Civ. Mass., 1981, 12.; Cass. 7 marzo 1984 n. 1573, in Giust. Civ. Mass., 1984, 3-4.

6 Cass., 25 maggio 1962, n. 1226; Cass., 13 maggio 1964, n. 1156; Cass., 15 ottobre 1964, n. 2595.

7 Gambino, Impresa e società di persone, Torino, 2007, 153.

8 Cass., 17 marzo 1976, n. 977, in Foro It., 1976, I, 942.

9 Cass., 1 aprile 2004, n. 6361, in Mass. Foro It., 2004, e Giust. Civ. Mass. 2004, 4.

10 Ferri, Delle società, in Commentario del codice civile, diretto da Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1998, 125.

11 Cass., 16 gennaio 1964, n. 101, in Giur. It., 1965, I, 1,1546.

12 Cass., 18 giugno 2008, n, 16597, in Giust. Civ. Mass., 2008, 6, 976, e Riv. notariato 2009, 1, 225, con nota di Carlini.

13 Cass., 28 novembre 1969, n. 3839, in Giur. It., 1970, I, 1, 1222.

14 Frè-Sbisà, Delle società per azioni, in Commentario del codice civile, diretto da Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1998, 88.

15 Galgano, Diritto civile e commerciale, Le società di capitali e le società cooperative, Padova, 1999, III, II, 72

16 De Stefanis, Quercia, La forma giuridica d’impresa : guida alla scelta : impresa individuale, società di persone e di capitali; novità in materia di liberalizzazioni: attività artigiana, agricola e commerciale; convenienze civilistiche e tributarie, Napoli, 2007,132 e segg.

17 Platania, La partecipazione di società di capitali in società di persone alla luce della riforma, in Società, 2005, I, 66.

18 Ariani, Gli amministratori di fatto delle società di capitali, Torino , 1996, 137.

19 Ferri, Delle società, in Commentario del codice civile, diretto da Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1998, 184 e segg.

20 Carbone, La trascrizione del contratto preliminare ed il ruolo del notaio nelle trattative, in Rivista di diritto privato, 2007, 1, 145.

21 Dogliotti e Figone, Giurisprudenza del contratto, Milano, 2000, 391 e segg.

 

 

 

 

 

Bazzo Eleonora

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