La riformulazione dell’essere nel dissolvimento normativo

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“L’interpretazione si svolge in questo spazio di libertà, ma porta con sé un rischio, anche se può diventare il “bel rischio” della ricerca di cui parla Platone”

(A. Rigobello, Prefazione in P. Ricoeur, IL conflitto delle interpretazioni, 5, Jaka Book, 1977)

 

Appunti sulla scomposizione dell’Ego

Ogni struttura è una forma di dominio sostanzialmente ordinatrice (formalismo strutturalista), con Derrida si opera una decostruzione quale liberazione del desiderio (post-strutturalismo), la scrittura viene smontata e rimontata quale “scrittura su scrittura” sì che il testo non lascia un senso pieno bensì probabilistico, fornito di nuove potenzialità, uno scomporsi che richiama i cicli economici propri della distruzione creativa di Schumpeter, in cui espansioni e recessioni nel loro flusso circolare sono frutto di innovazioni introdotte a grappolo, secondo un approccio dinamico.

Vi è una eredità culturale che si combina all’eredità genetica in modo tale da garantire l’autoperpetuazione della complessità sociale (Morin), si crea una cultura evolutiva la quale può trasformarsi solo attraverso rapporti intersoggettivi, si ha quello che Atahualpa Fernandez definisce come una forma di innatismo modulare, Jones e Goldsmith osservano che struttura, funzione e output comportamentali sono tutti il prodotto dell’interazione tra geni e ambiente, quali risultato nel tempo dei processi evoluzionistici e di sviluppo, l’avere un linguaggio complesso ci fornisce i mezzi necessari alle nostre potenzialità umane (Bloom), queste tuttavia si esauriscono nell’individuo e il ciclo si ripete, vi è l’incapacità di dare inizio a qualcosa di nuovo quello che per Arendt è la natalità, un irrigidirsi che porta alla autocelebrazione di se stessi nell’incapacità creativa.

La forma è relazione, la dinamica della vita è relazionale, essa è una carica che si rinnova ma anche onda che perde progressivamente spessore, vi è pertanto la necessità di una scomposizione relazionale, di un vuoto od omega che si dica, l’alfa da cui ripartire in una ricombinazione volumetrica è la potenzialità che contiene in sé le probabilità della vita, essa è parte del sistema ma anche individualità concreta, nel loro sovrapporsi e interloquire vi è la domanda e risposta di una correlazione dialettica (Cohen), la fine diventa quindi necessaria quale premessa di un nuovo inizio, il sogno umano di una indefinita vita è in realtà il blocco della vita, il congelarsi della creatività in immutabili relazioni, il volere esternare egoisticamente sugli altri i propri costi dell’essere, dovranno gli altri mutare per permettere al nostro Ego di esistere, una forma sottile di male in cui la banalità del male di Arendt si unisce all’intenzionalità e alla funzionalità indicate da Hilberg (Meccariello), dove la morte è l’estrema possibilità del tutto che si risolve nella semplice impossibilità dell’esserci e nella conseguente “angoscia” (Heidegger).

Si rinnova il mito di Urano, dove nella ricerca dell’esistenza del proprio essere i padri divorano i figli, prevale l’egoismo del tempo presente sulla speranza in un futuro, finché avviene l’inversione dei ruoli imposta dalla natura nello scorrere del tempo di un Giano bifronte, nel tentativo di impedire il passare del tempo si tenta il mito di una eterna giovinezza priva di responsabilità viene meno la capacità di essere trasmissione di doveri individuali e collettivi, esempio di equilibrio tra sé e il mondo che ci circonda, la stessa normativa ne diventa specchio e l’interprete ne rileva i contrasti, le difficoltà e le linee di rottura, fino alla possibile “sospensione del giudizio”(epachè) a seguito del ripetersi dei conflitti nel sovrapporsi dei livelli di giudizio.

 

Scrittura normativa e tecnologia

La scrittura è di per sé statica, essa è il prodotto di una crescente complessità sociale, la necessità di fissare i fatti, fotografare eventi e dati, in tal senso è ricordo e punto di elaborazione, necessità esistenziale dell’organizzazione produttiva e/o repressiva ma anche ricordo e trasmissione, essa si pone quindi nell’alternarsi con la parola, fissa la parola ma permette alla stessa nel contempo di accrescersi nell’elaborazione, lo scritto, come osservato da Derrida, vive nella falsità della mancanza dei soggetti che lo hanno creato è quindi in balia degli interpreti, che nell’assunto della loro tecnicità lo piegano ulteriormente alle forme culturali e agli interessi prevalenti.

La scrittura nell’istituire l’evento nel luogo crea l’identificazione ma al contempo la premessa del suo superamento, la traccia derridiana diventa normativamente l’essere nell’ente, l’essere con la norma acquista la sua fisicità nell’ente sociale e attraverso la norma il legislatore diventa l’arbitro della differenza, il “come” heideggeriano attraverso la “nominazione” rientra nella formazione del “che cosa”, in altre parole crea l’essenza sociale che si estende anche nell’individuazione dello spazio occultato tra le concettualizzazioni tradizionali, avviene una scrittura della scrittura, una conflittualità con le possibilità del legislatore.

La frammentazione è alla base della normatività, si interviene per singoli momenti e interessi la lex diventa fatto del momento, espressione della conflittualità latente, l’interpretazione dalla sistematizzazione e coordinamento passa all’evidenziazione delle contraddizioni, delle fratture, degli opposti, limite al legislatore stesso, a sua volta l’ermeneutica nel suo giostrare passa dal tu all’ego, dagli eterni doveri agli infiniti diritti, al sogno di una loro possibile o più semplicemente probabile realizzazione, derivato di una crescita economica “sognata” infinita, senza limiti uguale a se stessa e rispecchi antesi nei diritti stessi.

La tecnologia modifica la norma e il diritto quale formazione, rende incerto quello che dovrebbe costituire una certezza, impone la derridiana impossibilità della purezza, essa forma l’onda, il ciclo dell’eterno ritorno, espande con la scrittura la possibilità del disvelamento normativo fissando la norma, facendola uscire dall’informalità della magia , del mito quale origine, nella stampa ne moltiplica la conoscenza e crea il mito della tecnicità, rifacendosi e collegandosi alla matematicità delle scienze esatte, tuttavia questo risulta un sogno, riemerge il tempo dell’obliquità, delle probabilità, dell’incertezza, la tecnica procede lentamente a scomporre il segno, a frammentare la norma, l’estrema potenza moltiplicatoria della comunicazione ne diventa anche frammentazione e quindi contrapposizione, nella quale il tutto ricomprende un nulla, il  sistema informatico nella sua progressiva onniscienza e onnicomprensione conduce all’evaporazione della norma nel caos, un innumerevole schematizzare e classificare per innumerevoli genti.

L’ermeneutica giuridica del soggetto viene a sovrapporsi alla fenomenologia dell’oggetto che vi è nell’informatica, la scomposizione si ricompone ma nel tutto viene a perdersi progressivamente lo spessore del proprio essere tecnici stico, il linguaggio scomposto nel mondo informatico prevale nella riunione tra fenomenologia ed ermeneutica fino a che la norma viene a perdere la sua capacità precettiva, la comunicazione sempre più rapida e a basso costo se da un lato favorisce i commerci dall’altro ritorna come  problematica dei diritti, saltano le comunità chiuse, i confini diventano permeabili e nella loro interconnessione i sempre possibili raffronti creano domande e richieste a cui è difficile rispondere senza rimodulare le certezze, ridefinire le identità, lo stesso concetto di eguaglianza esce dagli argini utilitaristico-economico e culturale per porci domande sul nostro essere, sulle modalità del nostro rapportarci, sulle nostre paure e sul modo in cui intendiamo essere comunità, in ultima analisi sui nostri limiti materiali e psicologici.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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