La revocazione

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La revocazione ad istanza di parte è un mezzo di impugnazione del diritto.

È a parere vincolato, perché la legge ne stabilisce a priori, a norma dell’articolo 395 del codice di procedura civile, i motivi per i quali può essere proposta.

È ritenuta essere un mezzo d’impugnazione in senso stretto, che si differenzia dai mezzi di gravame, che sono l’impugnazione in appello, il regolamento di competenza e l’opposizione di terzo ordinaria.

La revocazione presenta, come istituto, una netta distinzione tra fase rescindente, che mira a togliere di mezzo la sentenza impugnata, e fase rescissoria che mira a sostituire la decisione revocata con un’altra decisione di merito.

Entrambe queste fasi sono affidate allo stesso giudice, confluendo anche nella stessa sentenza.

Al pari di ogni altra impugnazione, la revocazione costituisce, secondo parte della dottrina, un rimedio contro le ingiustizie della sentenza.

Dall’esame dei motivi e della identificazione dei provvedimenti impugnabili si deduce che la causa che ne determina l’ingiustizia è esterna al processo o al procedimento logico-giuridico di formazione della sentenza.

Indice

  1. Le sentenze impugnabili per revocazione
  2. I motivi della revocazione
  3. La Forma e procedimento della revocazione
  4. La revocazione ad istanza del Pubblico Ministero

1. Le sentenze impugnabili per revocazione

Le sentenze impugnabili per revocazione sono:

  • Quelle pronunciate in grado di appello o in unico grado
  • Le sentenze di primo grado, a condizione che sia scaduto il termine per l’appello e limitatamente ai motivi indicati all’articolo 395 del codice di procedura civile n. 1,2,3,6, sempre che le circostanze che ne determinino la revocazione siano state scoperte dopo la scadenza del termine.

In base alla sentenza della Corte Costituzionale n.36/1991 è prevista la revocazione per le sentenze della Suprema Corte di Cassazione per errore di fatto nella lettura di atti interni al suo stesso giudizio.

Nell’ambito dei motivi è importante la distinzione tra i nn.1,2,3,6 ed i nn. 4,5 del predetto articolo perché il primo gruppo di motivi, che vengono di solito definiti come straordinari, si basa su circostanze che possono essere scoperte in qualunque momento e il termine inizia a decorrere a norma dell’articolo 326 del codice di procedura civile dal giorno nel quale è stato scoperto il dolo o la falsità o è stato recuperato il documento.

Al secondo gruppo di motivi, quelli ordinari, appartengono quelle circostanze conoscibili dalla semplice lettura della sentenza e il termine ha decorso dalla notificazione o dalla pubblicazione della stessa.

Legittimati ad impugnare sono esclusivamente le parti nei confronti delle quali è stata emessa la sentenza.

2. I motivi della revocazione

I motivi sono espressamente indicati nell’articolo 395 del codice di procedura civile e sono:

Dolo di una parte a danno dell’altra

Perché sembra pacifico che nessuna parte è tenuta a compiere atti o fare dichiarazioni contro il proprio interesse.

Per dolo s’intendono gli artifizi o i raggiri posti in essere da una parte per paralizzare oppure menomare fortemente la difesa avversaria.

Al contrario, il semplice silenzio su circostanze sfavorevoli non integra motivo di revocazione, salvo che questo silenzio non sia parte di un progetto fraudolento più vasto, volto a danneggiare il proprio avversario.

È implicito che simili artifizi o raggiri debbano essere determinanti sulla decisione della lite, impedendo alla controparte di difendersi ma anche al giudice di percepirne l’esatta realtà processuale con susseguente ingiustizia della sentenza.

Si tratta di qualsiasi prova documentale, atta a modificare l’esito della lite a favore della parte soccombente.

Il ritrovamento deve essere posteriore alla sentenza impugnata.

Se la parte poteva, utilizzando la comune diligenza, procurarsi in corso di causa notizia sull’esistenza del documento o addirittura il documento stesso, questa non può chiedere successivamente la revocazione della sentenza.

Non è ammessa la revocazione nel caso il documento fosse depositato in pubblici archivi.

Questi documenti devono essere decisivi e preesistere alla sentenza impugnata, relativi a fatti giuridici essenziali.

Errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa

C’è questo errore quando la decisione si fonda sulla supposizione di un fatto la quale verità è incontrastabilmente esclusa oppure è supposta l’inesistenza di un fatto la quale verità è positivamente stabilita.

L’errore in questione deve avere come  oggetto la percezione dei fatti e non investire la valutazione giuridica degli stessi.

Non deve essere un errore di giudizio dovendo essere estraneo al procedimento logico in base al quale il giudice è arrivato al’’affermazione, alla negazione o alla valutazione di un determinato fatto.

In base alla sentenza della Corte Costituzionale n.36/1991 è prevista la revocazione per le sentenze della Suprema Corte di Cassazione per errore di fatto nella lettura di atti interni al suo stesso giudizio.

3. La Forma e procedimento della revocazione

Il giudice competente per la revocazione è lo stesso che ha pronunciato la sentenza impugnata.

Questa competenza è funzionale e inderogabile.

La domanda viene proposta con citazione, a meno che non si tratti di controversie su materie di lavoro dovendosi applicare l’articolo 409 del codice di procedura civile che sancisce la non derogabilità delle norme procedurali stabilite.

È ammessa in caso di errore la sanatoria per raggiungimento dello scopo e conversione dell’atto, se entro il termine di decadenza vengano assolti quelli che sono gli oneri essenziali.

L’atto introduttivo deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione dei motivi di revocazione e delle prove relative ai fatti dedotti ed alla loro scoperta.

L’attore deve depositare entro 20 giorni dalla notifica la citazione e la copia autentica della sentenza impugnata.

Gli intimati si devono costituire nello stesso termine con deposito in cancelleria della comparsa di risposta.

Secondo la Sentenza 2691/78, se l’attore si sia costituito tempestivamente, è ammesso che le parti si possa costituire alla prima udienza.

L’articolo 401 del codice di procedura civile prevede una forma di inibitoria con la quale la parte soccombente può chiedere, con istanza inserita nella citazione introduttiva, la sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata.

L’articolo 398 del codice di procedura civile come modificato dalla L.353/90 ha innovato il sistema di coordinamento tra revocazione e cassazione, in quanto in passato la proposizione della revocazione comportava l’automatica sospensione del termine per ricorrere in cassazione oggi la sospensione si ottiene esclsuivamente se venga ritenuto il gravame non manifestatamente infondato.

Con questa norma l’’ntento del legislatore era quello di evitare che la revocazione venisse utilizzata per fini dilatori e per ritardare così il passaggio in giudicato della sentenza.

4. La revocazione ad istanza del Pubblico Ministero

A norma dell’articolo 397 del codice di procedura civile la revocazione della sentenza può essere richiesta dal Pubblico Ministero in cause nelle la legge lo prevede obbligatorio:

  • Quando la sentenza sia stata pronunciata senza che egli sia stato sentito.
  • Quando la sentenza sia l’effetto della collusione posta dalle parti per frodare la legge.

La revocazione ad istanza del Pubblico Ministero si accomuna ai casi esaminati per l’identità delle sentenze impugnabili.

Il termine per proporla decorre dalla data nella quale l’organo abbia avuto conoscenza della sentenza o della collusione ed il termine è di 30 giorni.

È opportuno ricordare che quando il Pubblico Ministero ha il potere di azione egli ha la facoltà di proporre come ogni altra parte in giudizio qualsiasi impugnazione, anche la revocazione per i motivi che prevede l’articolo 395 del codice di procedura civile.

 

Dott.ssa Concas Alessandra

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