La responsabilità precontrattuale per vizi informativi tra imprenditore e agente

Paolo Geremia 19/03/21
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Premessa

Nell’ordinamento civilistico italiano la responsabilità che si configura nella cornice dei rapporti contrattuali e non contrattuali tra singoli agenti giuridici può qualificarsi in differenti modi.

A tal riguardo, occorre preliminarmente fissare un paio di disposizioni essenziali della normativa propria del contratto in generale, cosicché si possano poi definire i diversi titoli di responsabilità civilistica, così da capire le singolarità della responsabilità precontrattuale, con specifico riguardo agli obblighi informativi ad essa connessi, oltre che il loro sviluppo in quei casi dove un imprenditore si serva di un intermediario per la stipula dei propri contratti.

Innanzitutto, la definizione di contratto è fornita esplicitamente dall’art. 1321 c.c., il quale prevede che: “Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.

Il successivo art. 1322 c.c., invece, viene definito il campo d’azione della libertà dei contraenti, per la quale: “Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e dalle norme corporative”. 

Infine, l’art. 1325 c.c. delinea gli elementi essenziali perché si possa parlare di vero e proprio contratto, ossia l’accordo delle parti, la causa, purché sia lecita, l’oggetto, che deve essere possibile e determinato o determinabile, ed infine la forma, quando risulta essere prescritta dalla legge sotto pena di nullità (ad substantiam o ad probationem).

Definite le “coordinate genetiche” di base dell’istituto del contratto in generale, è ora possibile passare a delineare i diversi tipi di responsabilità che si trovano all’interno della cornice di tale disciplina.

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La tripartizione della responsabilità

Come anticipato, quando si tratta di responsabilità in ambito civile si distingue tra diverse tipologie della stessa, le quali – a dire il vero – si configurano come variamente connesse alla disciplina dei contratti, risultando come totalmente estranee al rapporto contrattuale (responsabilità extracontrattuale) o interne ad esso (responsabilità contrattuale) o ancora come parzialmente connesse (responsabilità precontrattuale).

Facendo riferimento alla disciplina, la responsabilità extracontrattuale (o responsabilità aquiliana) trova la sua ragion d’essere nell’art. 2043 c.c., il quale si basa sull’antico principio del neminem laedere, ossia il non causare nocumento ad una parte con cui non si hanno rapporti giuridici specifici e rilevanti. Inoltre, in tale regime è necessaria la prova del danno e della colpa altrui, ed infine la relativa azione si prescrive in 5 anni.

La responsabilità precontrattuale, invece, trae origine da quanto disposto dall’art. 1337 c.c., il cui regime di responsabilità è basato sul legittimo affidamento che un soggetto può razionalmente fare nel momento in cui le trattative contrattuali hanno raggiunto un certo grado di stabilità. Inoltre, è da evidenziare come sia ormai consolidata l’opinione qualificante la responsabilità precontrattuale come una responsabilità contrattuale, e non meramente extracontrattuale, cosicché la sua azione si prescrive in 10 anni.

Infine, la responsabilità contrattuale è disciplinata dall’art. 1218 c.c., nella cornice di un rapporto qualificato ove la persona lesa è un contraente e non si deve provare la colpa della controparte, ma solo il proprio diritto o pretesa sulla base del contratto. Anche in questo caso si ha prescrizione di 10 anni.

La responsabilità dell’imprenditore per vizi informativi

Come anticipato, in questa sede ci si vuole concentrare sui profili della responsabilità precontrattuale per vizi informativi in sede di trattativa.

Preliminarmente, è doveroso specificare come dottrina e giurisprudenza siano concordi nell’annoverare tra le fattispecie di responsabilità precontrattuale non solo la mancata conclusione del contratto per rottura ingiustificata delle trattative e la conclusione di un contratto invalido o non conveniente, ma anche per la violazione degli obblighi di informazione nella fase delle trattative anteriori alla reale stipula del contratto.

Per sviscerare tale aspetto anche da un punto di vista più pratico, si intende prendere come esempio paradigmatico un caso di compravendita tra imprenditori coadiuvati da un intermediario quale un agente di commercio o assimilabili.

Nello specifico, sarà da stabilire se – in fattispecie concrete similari a quella sopra richiamata – la violazione degli obblighi di informazione nelle trattative integri un caso di responsabilità precontrattuale solo in capo all’imprenditore oppure al solo agente, quale soggetto concreto che presiede le trattative, o ancora ad entrambi. Per rispondere a tali quesiti si renderà necessario fare riferimento alle pronunce della giurisprudenza sul punto.

Circa la rilevanza della fase delle trattative e dei relativi aspetti informativi, la responsabilità precontrattuale – è bene ribadirlo – è prevista codicisticamente dall’art. 1337 c.c., per il quale: “Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”.

A livello generale, è pacifico che ciascun contraente è tenuto a rappresentare correttamente all’altro le caratteristiche delle prestazioni ed attribuzioni che egli intende assumere, oltre che le circostanze obiettive (conosciute o rilevabili con la dovuta diligenza) che possono rendere, invalido, inefficace o inutile il contratto.

A livello giurisprudenziale, la Suprema Corte[1] ha chiarito che nei contratti a prestazioni corrispettive i doveri di correttezza, buona fede e diligenza ineriscono anche le “obbligazioni collaterali”, ossia gli aspetti relativi a protezione, informazione e leale collaborazione, che impongono all’imprenditore di avere una certa una capacità discrezionale e disponibilità cooperativa in sede di trattativa, dunque tenendo conto anche delle motivazioni della controparte all’acquisto del proprio prodotto. Tali obbligazioni collaterali sono vere e proprie precondizioni dell’obbligazione principale.

Per la Cassazione detti doveri ed obblighi impongono che l’imprenditore specifichi precisamente le caratteristiche del bene compravenduto al momento della conclusione del contratto – rispondendo anche della negligenza dei propri agenti al riguardo – e che, in caso di omissione della specificazione necessaria, ne faccia richiesta all’acquirente prima di provvedere alla propria prestazione.

Sempre secondo la Suprema Corte, in caso di mancata informativa, ecco che l’imprenditore risulterebbe inadempiente in relazione alle suddette obbligazioni collaterali e, di riflesso, anche all’obbligazione principale, ciò sempre anche per la negligenza dei propri agenti.

Inoltre, la Cassazione – pronunziandosi su di un caso inerente a soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi d’investimento finanziario – ha chiaramente contemplato la responsabilità precontrattuale, ed il conseguente obbligo al risarcimento dei danni, qualora le violazioni dei doveri d’informazione “avvengano nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del contratto d’intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti” [2]. Peraltro, anche in tale pronuncia v’è espresso riferimento ai criteri della correttezza e della buonafede.

Pertanto, sotto tale profilo appare pacifico che, in una fattispecie ipotetica di compravendita tra imprenditori coadiuvati da un agente o assimilabili, la responsabilità precontrattuale da vizi informativi ricadrà quantomeno in capo all’imprenditore venditore indipendentemente dal fatto che egli in concreto sia stato lui o meno a violare gli obblighi di informazione e malafede, configurandosi dunque una sorta di responsabilità oggettiva.

La responsabilità di agenti e sottoposti

Oltre alla certa responsabilità dell’imprenditore, è da rilevare come – in realtà – la giurisprudenza in tali casi abbia ritenuto che la responsabilità non sia soltanto in capo a quest’ultimo, ma si tratti di una responsabilità solidale ex art. 2049 c.c. insieme all’agente; infatti, sarebbe troppo lesivo dell’imprenditore imputargli la totalità della responsabilità quando nei fatti è l’agente ad aver partecipato di persona alle fasi di trattativa, essendo dunque quest’ultimo ad integrare la condotta illecita secondo malafede in sfregio a quanto disposto dall’art. 1337 c.c..

Secondo una prima analisi, la Suprema Corte[3] parrebbe aver stabilito che l’attività dell’agente, quale mandatario del preponente, costituisca fonte di responsabilità indiretta del mandante ex art. 2049 c.c. solo quando l’agente si sia avvalso della sua qualità di rappresentante per consumare l’illecito. Dunque, l’agente sarebbe responsabile solidamente con l’imprenditore solo qualora abbia previamente manifestato la propria qualifica all’acquirente.

In verità, la Cassazione[4] ha voluto estendere la responsabilità solidale ex art. 2049 c.c. non solo in presenza di un preciso rapporto di agenzia stabile e continuativo, ma in senso lato indipendentemente dallo specifico rapporto di rappresentanza tra l’imprenditore e il soggetto che cura la fase delle trattative, infatti: “Per conforme orientamento della giurisprudenza tanto civile quanto penale di questa Corte, ai fini della responsabilità solidale ex art. 2049 c.c. del committente è sufficiente un rapporto di occasionalità necessaria tra il fatto dannoso e le mansioni esercitate dal preposto, che ricorre quando l’illecito è stato compiuto sfruttando comunque i compiti da questo svolti, anche se egli ha agito oltre i limiti delle sue incombenze e persino se ha violato gli obblighi a lui imposti. […] Non è necessario che sussista uno stabile rapporto di lavoro subordinato tra i due soggetti, essendo sufficiente che l’autore del fatto illecito sia legato al committente anche solo temporaneamente od occasionalmente e che l’incombenza disimpegnata abbia determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito e l’evento dannoso. […] Deve pertanto ritenersi oramai ius receptum che quella del committente è una responsabilità di natura oggettiva ispirata a regole di solidarietà sociale, tesa ad attribuire – secondo la teoria della distribuzione dei costi e dei profitti – l’onere del rischio a colui che si giova dell’opera di terzi […] Il contratto di agenzia non è dunque, di per sé, estraneo all’ambito di applicazione dell’art. 2049 c.c., nemmeno nell’ipotesi in cui il suo contenuto sia quello del mandato senza rappresentanza”.

Conclusioni

In conclusione, appare evidente come, nei casi di compravendita tra imprenditori coadiuvati da un qualsivoglia intermediario – anche indipendentemente dal tipo di rapporto tra i due, che può essere stabile e continuativo o meno – ove nella stipulazione del contratto non siano rispettati di doveri di informazione secondo buonafede, la giurisprudenza sia ormai concorde nel ritenere sussistente una responsabilità precontrattuale, persino di tipo solidale – secondo una disciplina incrociata degli artt. 1337 e 2049 c.c. – tanto in capo all’agente quanto in capo all’imprenditore.

Altrettanto chiara e consequenziale è anche l’espansione della tutela dell’acquirente, il quale avrà maggiori garanzie di veder ristorato il danno subito, a causa della possibilità di rifarsi in ogni aspetto nei confronti di più soggetti.

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Note

[1] Cass. civ. Sez. II, 16/11/2000, n. 14865

[2] Cass. civ. Sez. Unite, 19/12/2007, n. 26725

[3] Cass. civ. Sez. III, 19/12/1995, n. 12945

[4] Cass. pen. Sez. V, Sent., 23/02/2016, n. 7124

Paolo Geremia

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