La responsabilità per l’esercizio di attività pericolose.

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A dispetto del carattere eccezionale della responsabilità di cui all’art. 2050[1], c.c., l’area di sua applicabilità è molto estesa. Con il presente lavoro si cercherà di sintetizzarne le caratteristiche principali, oltre che fornire una rassegna delle posizioni che la giurisprudenza ha assunto nei confronti di molte attività che coinvolgono il quotidiano.
Definizione di attività pericolosa. Partendo dal presupposto logico che tutte le attività umane contengono in sé un grado più o meno elevato di pericolosità[2], per delimitare i confini della applicabilità dell’art. 2050, c.c., si devono prendere in considerazione solo quelle di per sé potenzialmente dannose in ragione della pericolosità ad esse connaturata ed insita nel loro esercizio, a prescindere dal fatto dell’uomo[3].
Fermo quanto sopra, con “attività pericolose” la giurisprudenza praticamente unanime intende, in modo piuttosto ampio, non solo quelle qualificate pericolose dal Testo Unico di Pubblica Sicurezza[4] o da altre leggi speciali, ma più in generale anche quelle che comportano la rilevante possibilità del verificarsi del danno, per la loro stessa natura e per le caratteristiche dei messi usati, la cui suddetta oggettiva pericolosità ha una potenzialità lesiva – rilevabile attraverso dati statistici, elementi tecnici e di comune esperienza – notevolmente superiore al normale[5].
Diversamente dalla responsabilità di cui all’art. 2051, c.c., che sottintende un evento lesivo derivante da una inadeguata custodia della cosa, quella connessa all’esercizio di attività pericolose postula una successione continua e ripetuta di atti che si svolge nel tempo e che dunque rivela una notevole potenzialità di danno in un momento anteriore all’evento dannoso, così da consentire all’operatore la predisposizione di adeguate misure di prevenzione e da costituire il parametro di commisurazione della diligenza dovuta[6].
Detta responsabilità può peraltro prescindere dall’attività in sé considerata, ad esempio quando il pericolo si trasferisce in oggetti[7] che conservino una potenzialità lesiva collegata allo svolgimento dell’attività di cui costituiscono il risultato, anche quando il danno si produca in una fase successiva, purché ne dipenda in modo sufficientemente mediato[8].
Dalle attività pericolose devono essere tenute distinte quelle normalmente innocue, che possono diventare pericolose per la condotta di chi la esercita o organizza, o per errori o colpe nell’uso dei mezzi adoperati, e che comportano una (eventuale) responsabilità secondo la regola generale dell’art. 2043 c.c.[9]. In altri termini, nel caso di una condotta pericolosa si tratta di verificare il grado di diligenza o di perizia dell’operatore: diversamente, nel caso di attività pericolosa, dovrà aversi riguardo alla natura della medesima o al grado di efficienza dei mezzi utilizzati[10].
L’onere di allegare e provare gli elementi necessari a consentire il giudizio sulla pericolosità incombe su chi la invoca, non essendo sufficiente indicare il tipo di attività[11]. La prova deve fornirsi secondo una prognosi postuma “ex ante”, ossia sulla base delle circostanze di fatto – conoscibili con la normale diligenza, o, comunque, che dovevano essere note dall’agente in considerazione del tipo di attività esercitata – esistenti al momento dell’evento[12].
La presunzione di responsabilità, il nesso causale, la prova liberatoria. La presunzione di responsabilità a carico di chi esercita una attività pericolosa[13] opera anche nei confronti della P.A.[14] e degli enti pubblici[15]. Se l’attività pericolosa è esercitata da un ente collettivo, la presunzione investe anche la persona fisica che materialmente la svolge[16].
Presupposto ineliminabile è l’accertamento del nesso causale tra l’attività pericolosa ed il danno subito, la cui prova è a carico del danneggiato, non potendo essere attribuito al soggetto agente un evento ad esso non riconducibile[17]: deve in sostanza esistere una relazione diretta[18] tra danno e rischio specifico dell’attività pericolosa o dei mezzi adoperati, giacché, diversamente, il danno cagionato può essere riconosciuto solo in base al criterio generale dell’art. 2043, c.c., sempre ne ricorrano i presupposti di applicazione[19].
Il nesso di causalità deve essere “adeguato”, ovvero è necessario che tra l’antecedente (esercizio dell’attività pericolosa) e le conseguenze (danno) vi sia un rapporto di sequenza “costante”, secondo un calcolo di regolarità statistica per cui l’evento appaia come una conseguenza normale dell’antecedente[20].
Deve inoltre accertarsi che l’antecedente medesimo non sia neutralizzato, sul piano eziologico, dalla sopravvenienza di un fatto di per sé tale da determinare l’evento: in tal caso, anche nell’ipotesi in cui l’esercente dell’attività pericolosa non abbia adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno (cfr. infra), realizzando quindi una situazione astrattamente idonea a fondare una sua responsabilità, la causa efficiente sopravvenuta che abbia i requisiti del caso fortuito – cioè la eccezionalità e l’oggettiva imprevedibilità – e sia idonea, da sola, a causare l’evento, recide il nesso eziologico tra quest’ultimo e l’attività pericolosa, producendo effetti liberatori[21].
Il nesso causale può venire a mancare sia per il fatto del terzo, quando la condotta di quest’ultimo sia la causa esclusiva e determinante del danno[22], come dello stesso danneggiato, qualora per la sua incidenza e rilevanza sia tale da escludere, in modo certo, il nesso causale tra attività pericolosa e l’evento[23], o emerga che il danneggiato si sia posto in una non corretta relazione con la situazione di pericolo, creando egli stesso le condizioni per non avvedersene o non poterla, in seguito, evitare[24].
L’effetto liberatorio non si verificherà quando il fatto del terzo o del danneggiato costituisce (solo) elemento concorrente nella produzione del danno, inserendosi in una situazione di pericolo che ne abbia reso possibile l’insorgenza a causa della inidoneità delle misure preventive adottate (cfr. infra)[25]. In particolare, nella ipotesi in cui sia nota la causa dell’evento dannoso, la responsabilità ex art. 2050 c.c. va affermata ove risulti non interrotto il nesso di causalità con l’esercizio dell’attività pericolosa, mentre va esclusa ove sussista incertezza sul fattore causale e sulla riconducibilità del fatto all’esercente[26].
Parimenti non realizza una condotta integrante un fattore causale autonomo, idoneo ad interrompere il nesso eziologico la circostanza che il danneggiato sia intervenuto in adempimento di un dovere[27].
Quando il comportamento colposo del danneggiato non è idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico, esso potrà eventualmente integrare un concorso colposo (che deve essere tuttavia adeguatamente provato[28]) ai sensi dell’art. 1227, comma I, c.c., con conseguente diminuzione del risarcimento in relazione all’incidenza della colpa del danneggiato[29].
Accertato il nesso causale, e dunque attribuito l’evento dannoso all’esercente dell’attività pericolosa, il quale – come detto – risponde del danno indipendentemente da ogni sua colpa, è pur sempre possibile per quest’ultimo fornire la c.d. prova liberatoria, relativa alle modalità organizzative dell’attività, che devono essere idonee per prevenire l’eventualità di eventi dannosi, ovvero provi di “avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno[30].
Cosa si intende per dimostrare di “avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”? Semplicemente (!) fornire una prova non solo “negativa” – non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge, regolamentari o di comune diligenza o prudenza – ma anche “positiva” – aver impiegato ogni cura o misura (ivi compreso il rispetto delle più avanzate tecniche note ed anche solo astrattamente possibili all’epoca[31]) atta ad impedire l’evento dannoso[32].
E’ poi irrilevante, ai fini dell’esclusione della responsabilità, che il danneggiato non abbia sopperito, con autonome iniziative, alle omissioni imputabili al gestore dell’attività medesima; l’art. 2050 c. c., infatti, non pone obblighi di diligenza a carico dei terzi estranei alla gestione dell’impresa pericolosa, né limita il proprio ambito operativo alle ipotesi in cui la sia occulta, non avvertibile secondo un metro di ordinaria diligenza e quindi tale da tradursi in una insidia nascosta[33].
L’attività pericolosa, in altri termini, deve essere svolta nelle condizioni di massima sicurezza, con l’adozione di ogni accorgimento che la tecnica offre[34], quale ne sia il costo: se, nonostante ciò, l’evento dannoso si è verificato ugualmente, esso apparirà inevitabile, e pertanto non in rapporto causale con essa.
Casistica. La disciplina di cui all’art. 2050, c.c., riveste in primis una particolare importanza in ambito sportivo. Con riferimento al proprietario di attrezzature sportive o ricreative, si ritiene che egli sia titolare di una posizione di garanzia nei confronti di coloro che utilizzano, anche se a titolo gratuito, tali attrezzature, soprattutto quando trattasi di attività pericolose ai sensi dell’art. 2050 c.c.[35].
In ambito agonistico, è stato invece precisato che coloro che partecipano[36] all’attività sportiva necessariamente accettano il rischio ad essa inerente, conseguendone che i danni da essi eventualmente sofferti – rientranti nell’alea normale di rischio – ricadono sugli stessi, onde è sufficiente che gli organizzatori, al fine di sottrarsi ad ogni responsabilità, abbiano predisposto le normali cautele atte a contenere il rischio nei limiti confacenti alla specifica attività, nel rispetto di eventuali regolamenti sportivi[37].
Se il gioco del calcio in sé non può considerarsi pericoloso[38], più rigida valutazione va compiuta riguardo all’organizzazione di un incontro di calcio professionistico[39]. La rivalità spesso esistente tra tifosi è infatti scontata e prevedibile, come prova il numero di scontri che si sono recentemente verificati e che si manifestano con una intensità sconosciuta ad altri settori sportivi[40].
Non costituisce attività pericolosa la pratica del calcio in costume[41], la gestione di un impianto di calcetto[42], l’attività ginnica a corpo libero[43] (anche se svolta in ambito scolastico[44]) o la c.d. “rebatta[45], al contrario dell’organizzazione di una gara motociclistica su circuito aperto al traffico (anche se di regolarità[46]).
Con riferimento al gestore di un maneggio, proprietario o utilizzatore dei cavalli che servono per le esercitazioni, egli è soggetto, per i danni subiti dagli allievi durante le esercitazioni eseguite sotto la sorveglianza e la direzione di un istruttore, alla presunzione di responsabilità di cui all’art. 2052, c.c., e non a quella di cui all’art. 2050, c.c. (salvo l’accertamento di specifiche caratteristiche proprie del caso concreto, idonee a rendere pericoloso lo svolgimento dell’attività equestre[47]), a meno che non si tratti di danni conseguenti alle esercitazioni di principianti o di allievi giovanissimi, che non offrono garanzie di adeguata capacità di controllo dell’animale[48].
Rileverà ai sensi degli artt. 2043 e 2050, c.c., la condotta del responsabile di un maneggio che, affidando a principiante un cavallo non idoneo per persona inesperta e non seguendola ed istruendola adeguatamente per tutto il percorso, ne “causi” la caduta in conseguenza di uno scarto violento del cavallo[49].
Anche l’attività di noleggio di cavalli, di per sé, non è intrinsecamente pericolosa, salvo che, in dipendenza delle circostanze del caso concreto, possa apparire tale perchè organizzato su percorsi pericolosi o senza adeguata vigilanza per prevedibili situazioni di emergenza[50].
Si esclude generalmente che la responsabilità del gestore di un impianto di risalita su una pista da sci possa essere sottoposta al dettato dell’art. 2050, c.c., dovendosi escluderne la natura intrinsecamente pericolosa, né risultando tale per la natura delle cose o dei mezzi adoperati[51]. Il rapporto tra lo sciatore e il gestore di un impianto di risalita è poi un contratto di trasporto atipico: se a causa di difettosa manutenzione delle stesse uno sciatore si infortuna, egli non può agire nei confronti del gestore a titolo di responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2050 (o 2051), c.c.[52].
E’ in ogni caso necessario che l’esclusione della pericolosità venga accertata in concreto, in base alle caratteristiche degli impianti, al materiale adoperato, alle modalità con cui viene esercitata tale attività[53].
Deve ritenersi pericolosa, e pertanto sottoposto al dettato dell’art. 2050, c.c., l’attività venatoria, essendo esercitata mediante l’uso di armi da fuoco: conseguentemente, chi danneggia altri nello svolgimento di essa, è tenuto a risarcire il danno se non provi di aver adottato tutte le misure idonee ad evitarlo[54].
La gestione di una piscina[55] non rientra tra le attività pericolose, nemmeno quando viene utilizzata come coreografia di una festa[56].
La navigazione aerea, essendo particolarmente regolata, anche nelle sue possibili conseguenze dannose, dal codice della navigazione[57], non è considerabile ex se come un’attività pericolosa, né può ritenersi che essa (per la sua natura e/o le caratteristiche dei mezzi adoperati) possa definirsi oggettivamente pericolosa, tenuto conto che attiene ad un mezzo di trasporto ampiamente diffuso e considerato, rispetto agli altri, generalmente con un basso indice di rischio. Tuttavia, tale pericolosità sussiste tutte le volte in cui tale attività non rientri nella normalità delle condizioni previste, in osservanza dei piani di volo, di condizioni di sicurezza, di ordinarie condizioni atmosferiche, con conseguente applicabilità della disposizione dell’art. 2050 c.c. tutte le volte in cui la navigazione aerea risulti esercitata in condizioni di anormalità o di pericolo[58].
L’amministrazione ferroviaria non risponde dei danni provocati ex art. 2050, c.c., in quanto il trasporto ferroviario, rivolto alla soddisfazione di esigenze imprescindibili della collettività, non è considerabile attività pericolosa[59], salvo quando il danno che ne derivi si ricolleghi ad uno specifico aspetto o momento del servizio stesso, il quale presenti connotati di pericolosità eccedenti il livello normale del rischio, così da richiedere particolari cautele preventive[60].
Rappresentano invece attività pericolose non solo le operazioni di carico e scarico esercitata nell’ambito portuale, ma anche quelle di zavorramento -, in considerazione delle peculiari condizioni e modalità operative che rendono tale attività pericolosa[61] – e l’esercizio di una gru[62], ma non le operazioni che coordinano quelle attività, se non si connettono con esse, ma con esse interferiscono solo dall’esterno, concretizzandosi in un intervento meramente organizzativo non concorrente alla produzione del risultato che l’attività si prefigge[63]. Si ritiene avere i caratteri di pericolosità l’attività di trasporto marittimo di materie altamente infiammabili, oltre che produttiva di gas esplosivi, come il petrolio[64].
E’ pericolosa la produzione e distribuzione di gas in bombole[65] (anche allorché la bombola, essendo stata consegnata all’utente, è passata nella disponibilità di costui[66]), così come anche l’opera di raccolta[67], salvo che non si provi, se non l’adozione di tutte le misure idonee ad evitare il danno, che le operazioni di rifornimento e di distribuzione sono state affidate a soggetti che svolgano attività autonoma con rischio proprio, o una condotta concretamente e specificamente colposa dell’utente[68].
In particolare, al momento in cui il fabbricante consegna a un terzo una bombola (o altra cosa in sé intrinsecamente pericolosa) ad altra persona, quest’ultima assume un distinto potere di disposizione e dovere di sorveglianza, così che ogni svolgimento di attività da parte del produttore cessa e la presunzione di colpa ex art. 2050, c.c., non grava più su di lui, ma sul consegnatario[69], salvo il caso in cui i danni, pur verificatisi dopo la materiale consegna della bombola, abbiano la loro diretta derivazione causale in attività in precedenza esplicate dal produttore medesimo[70].
Il distributore, a sua volta, risponde, ex art. 2050 c. c., anche del danno provocato dallo scoppio di una bombola vuota consegnata ad un terzo, se non ha provveduto alla sua completa bonifica[71].
Analogamente, anche l’azienda erogatrice del gas, sulla quale grava il preciso obbligo di verificare periodicamente che anche gli impianti interni a monte del contatore siano perfettamente funzionanti e che sia garantita l’osservanza delle norme di sicurezza, è sottoposta alla disciplina di cui all’art. 2050 c.c., per la potenzialità intrinseca di pericolo e per la stessa natura dei mezzi adoperati per la distribuzione[72].
La produzione di energia elettrica (non la sua fornitura[73]) costituisce attività pericolosa[74], al pari della gestione di reti elettriche[75]: in tale caso, peraltro, come in altre ipotesi di attività pericolosa di carattere tipicamente tecnico, la presunzione di responsabilità non sorge in funzione dell’astratta qualità di titolare dell’esercizio di linee elettriche e di proprietario dell’energia, ma presuppone la concreta gestione da parte di detto ente di impianti, reti, linee o manufatti utilizzati per la produzione o distribuzione di energia, non trovando quindi applicazione quando l’effettiva gestione e manutenzione della linea di distribuzione sia rimasta nella sfera del soggetto proprietario della linea stessa, cui grava in tal senso l’esclusiva responsabilità del danno[76].
Di regola, l’attività edilizia, specie quando comporti opere di trasformazione, rivolgimento o spostamento di masse terrose e scavi profondi interessanti vaste aree, è considerata pericolosa: le attrezzature ed i macchinari utilizzati, impone infatti a chi la esercita un obbligo di particolare prudenza al fine di evitare danni a persone o cose[77], così come per il caso di attività di escavazione[78], interramento[79] e sbancamento[80]. La pericolosità è ravvisabile sia nel caso di cantiere attivo (fase dinamica), che inattivo (fase statica)[81].
Ne consegue che l’imprenditore edile, per non soggiacere alla presunzione di responsabilità ex art. 2050, c.c., deve provare di aver adeguato la propria condotta a criteri di particolare prudenza e di cauta avvedutezza, anche procurandosi le necessarie informazioni[82].
Anche l’esecuzione di lavori sulla strada pubblica è considerata attività pericolosa[83], in relazione ai danni subiti dagli utenti della strada a causa e nello svolgimento dell’attività stessa[84], e conseguentemente sussiste la relativa presunzione di responsabilità in capo all’impresa appaltatrice e solidalmente al comune proprietario della strada.
Se è possibile una scelta delle misure da adottare, essa – che non investe le misure preventive che la legge impone di adottare, ma è relativa solo alle misure aggiuntive, che la situazione del caso concreto e/o i progressi della tecnica consigliano – deve essere eseguita facendo uso della normale prudenza e tenendo conto dello sviluppo della tecnica e delle condizioni pratiche in cui l’attività si svolge[85]. Se invece è la legge ad imporre l’obbligo di adottare talune misure, la presunzione di colpa torna ad operare nei confronti dell’esercente che abbia adottato misure diverse da quelle prescritte, senza che, in tal caso vi sia possibilità di valutare l’idoneità di quelle, diverse, eventualmente adottate[86].
Il c.d. nolo a caldo, contratto atipico caratterizzato dalla locazione di un macchinario, e dalla prestazione accessoria del soggetto addetto, fa cadere sul conduttore che acquista la disponibilità della cosa i rischi inerenti alla utilizzazione della macchina. Diversamente, se l’appaltatore si obbliga a compiere con l’uso della cosa mobile, con l’opera propria o di altri, determinate attività, il rischio è a suo carico, rimanendo la cosa nella sua sfera di disponibilità ed usandola sotto la sua direzione tecnica e senza alcuna ingerenza da parte dell’appaltante[87].
La produzione e commercializzazione dei farmaci è attività pericolosa, in quanto caratterizzata dalla probabilità statistica di eventi dannosi e dalla gravità dei danni ragionevolmente prevedibili[88]. Dei danni causati[89] da un farmaco, di cui sia accertata successivamente alla messa in commercio la dannosità per la salute, risponde ex art. 2050 c.c., il produttore[90] (che ha l’obbligo di verificare direttamente l’innocuità dei materiali, utilizzati per la produzione del farmaco stesso e forniti da terzi), l’impresa che li ha distribuiti (pur se non li ha prodotti[91]), così come l’importatore[92].
Con riferimento alla prova liberatoria, essa deve ritenersi raggiunta qualora il produttore abbia dimostrato di avere osservato le prescrizioni imposte dalla legislazione sanitaria e di aver eseguito le indagini suggerite dalle conoscenze tecniche e scientifiche all’epoca della lavorazione del prodotto[93], non qualora non ci si sia attenuti alle più avanzate tecniche note ed anche solo astrattamente possibili all’epoca della produzione[94] o non si siano eseguiti sul prodotto tutti i gli accertamenti effettuabili all’epoca della lavorazione di esso, ancorché non richiesti dalla legislazione sanitaria[95].
Non può considerarsi pericolosa l’attività commercializzazione di un prodotto cosmetico, non finalizzato a curare malattie, nemmeno a fronte della presenza di componenti nel prodotto – non noti al distributore – che rendono il medesimo potenzialmente nocivo per la salute[96].
La giurisprudenza ha considerato pericolosa anche la fangoterapia, non solo per la natura del mezzo adoperato (il fango), ma anche in considerazione della “frequenza con cui si verificano degli incidenti ai clienti che utilizzano gli impianti[97]. Si è invece escluso il carattere pericoloso di una sauna gestita all’interno di un centro benessere[98].
Non è pericolosa l’attività bancaria, anche a fronte di eventuali rischi a cui sono esposti i clienti nelle filiali in relazione alle azioni di malviventi: non sussiste pertanto la responsabilità della banca per “culpa in omettendo”, nei confronti del cliente che abbia risentito danni a causa di una rapina avvenuta nei locali della stessa. L’attività bancaria non è infatti caratterizzata da una pericolosità intrinseca e strumentale, ma può soltanto costituire occasione per tali rischi[99].
L’attività di produzione e vendita di sigarette non è pericolosa – almeno ai sensi dell’art. 2050, c.c. – in quanto la pericolosità del prodotto può derivare unicamente dall’uso eccessivo, consapevole e volontario, dei prodotti di tale attività, né vengono adoperati mezzi pericolosi in quanto i macchinari impiegati per il confezionamento e lo smercio non presentano alcuna particolare potenzialità dannosa[100].
Il produttore di rifiuti tossici è sottoposto alla responsabilità di cui all’art. 2050, c.c., anche se ha affidato a terzi lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti stessi, in quanto tutti i soggetti coinvolti nel ciclo di produzione e smaltimento dei rifiuti tossici sono solidalmente tenuti ad adottare le idonee misure di sicurezza, anche nella fase di smaltimento, affinché non si verifichino danni a terzi[101].
Lo spettacolo di un gruppo di sbandieratori costituisce esercizio di attività pericolosa, quantomeno per la natura dei mezzi adoperati – bandiere pesanti, issate su aste di legno e dotate di punta – di potenziale dannosità, tanto che questo tipo di manifestazioni va esercitato in spazi molto ampi e, possibilmente, in assenza di vento[102].
E’ pericolosa l’attività del “giostraio”[103], o quella di gestione di un parco di divertimenti[104], qualora le caratteristiche del macchinario o della giostra possano essere ritenute pericolose, non una pista di “autoscontro”[105]. Si è peraltro escluso che le montagne russe possano considerarsi attività pericolosa in mancanza di prova specifica sulle concrete condizioni in cui è svolta[106].
Non è pericolosa l’attività di distribuzione di pneumatici: l’azione di risarcimento dei danni causati dallo scoppio di un pneumatico si fonda pertanto sull’art. 2043 c.c.[107]. E’ stato inoltre escluso che la mietitrebbiatura possa essere annoverata tra le attività pericolose[108], così come la gestione di un autolavaggio[109].
E’ applicabile la disciplina dell’art. 2050, c.c., all’attività di pastificazione[110] (non già per sua intrinseca natura bensì in concreto per la natura dei mezzi impiegati, in particolare per le caratteristiche della macchina impastatrice, idonea a provocare danni a persone), all’uso di un apparecchio di molitura cereali[111], così come all’attività di falciatura dell’erba esercitata con mototrancia trainata da trattore e dotata di mezzi meccanici taglienti[112], a un minivogatore[113].
Anche l’attività del Ministero della Protezione Civile, intesa a deviare il percorso naturale della colata lavica dell’Etna, è stata ritenuta pericolosa[114], così come l’insegnamento delle tecniche necessarie al conseguimento del titolo di guida alpina[115].


[1] Art. 2050, c.c.: “Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”.
[2] Cass. Civ., Sez. III, 21/10/05, n. 20357, in Mass.Giur. It., 2005.
[3] Tribunale di Teramo, Sez. stralcio, 23/09/04, in P.Q.M., 2005, 1, 84.
La pericolosità di un’attività va pertanto apprezzata in relazione alla probabilità delle conseguenze dannose che possano derivarne, e non anche in riferimento alle modalità con le quali viene comunemente esercitata, che ben potrebbero essere tutte e sempre inadeguate, senza per questo elidere i presupposti per l’applicazione della norma (Cass. Civ., Sez. III, 26/04/04, n. 7916, in Mass. Giur. It., 2004).
[4] Regio Decreto 18/06/31, n. 773, "Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza."
[5] In questi termini, cfr. Cass. Civ., Sez. III, 06/04/06, n. 8095, in Resp. Civ., 2006, 7, 662, con nota di *****; Cass. Civ. Sez. I, 27/01/06, 1755, in Mass. Giur. It., 2006; Cass. Civ., Sez. III, 21/10/05, n. 20359, in Mass. Giur. It., 2005; Cass. Civ. Sez. III, 21/10/05, n. 20357, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 27/05/05, n. 11275, in Mass. Giur. It., 2005; Cass. Civ., Sez. III, 15/10/04, n. 20334, in Foro It., 2005, 1, 1794; Cass. Civ., Sez. III, 26/04/04, n. 7916, op. cit.; Cass. pen., Sez. IV, 27/05/03, n. 34620, in Riv. Pen., 2003, 959; Cass. Civ., Sez. III, 10/02/03, n. 1954, in Giur. Bollettino legisl. tecnica, 2003, 203; Cass. Civ., Sez. III, 19/07/02, n. 10551, in Danno e Resp., 2002, 12, 1214, con nota di ******; Cass. Civ., Sez. III, 05/06/02, n. 8148, in Arch. Civ., 2003, 455; Cass. Civ., Sez. III, 29/05/98, n. 5341, in Giur. It., 1999, 707; Cass. Civ., Sez. III, 02/12/97, n. 12193, in Danno e Resp., 1998, 6, 567, con nota di ********; Cass. Civ., Sez. I, 09/12/96, n. 10951, in Danno e Resp., 1997, 3, 386; Cass. Civ., Sez. III, 08/11/96, n. 9743, in Mass. Giur. It., 1996; Cass. Civ., Sez. III, 16/02/96, n. 1192, in Dir. Trasporti, 1998, 465, con nota di ********; Cass. Civ. Sez. III, 01/04/95, 3829, in Mass. Giur. It., 1995; Cass. 21/12/92, n. 13530, in Mass. Giur. It., 1992; Cass. Civ., Sez. III, 17/12/91, n. 13564, in Mass. Giur. It., 1991; Cass. Civ., Sez. III, 27/07/90, n. 7571, in Mass. Giur. It., 1990; Cass. Civ., Sez. III, 29/05/89, n. 2584, in Giur. It., 1990, I,1, 234; Cass. Civ., Sez. II, 12/12/88, n. 6739, in Mass.Giur. It., 1988; Cass. Civ., Sez. III, 11/11/87, n. 8304, in Guida al Diritto, 2004, 19, 35; Cass. Civ., Sez. III, 15/07/87, n. 6241, in Foro It., 1988, I, con nota di ******; Cass. Civ., Sez. III, 01/07/87, n. 5764, in Mass. Giur. It., 1987; Cass. Civ., 27/02/85, n. 1733, in Arch. Civ., 1985, 956; Cass. Civ., 27/02/84, n. 1393, in Giur. It., 1985, I, 1, 31; Cass. Civ., 23/02/83, n. 1394, in Mass. Giur. It., 1983; Cass. Civ., 02/02/83, n. 908, in Mass. Giur. It., 1983; Cass. Civ., 27/01/82, n. 542, in Mass. Giur. It., 1982; Corte di Appello di Genova, Sez. II, 08/05/06, in Infoutet Giuridica; Corte di Appello di Bari, Sez. III, 07/04/06, in Infoutet Giuridica; Tribunale di Gallarate, 18/03/05, in Infoutet Giuridica; Tribunale di Busto Arsizio, 01/02/05, in Infoutet Giuridica; Tribunale di Teramo, op. cit.; Corte di Appello di Milano, 18/05/01, in Foro Padano, 2002, I, 205, con nota di *****; Tribunale di Monza, 07/02/00, in Giur. milanese, 2000, 333; Tribunale di Pescara, 10/07/99, in P.Q.M., 1999, f. 3, 24; Tribunale di Milano, 05/06/95, in Gius, 1995, 2819; Tribunale di Milano, 17/11/94, in Gius, 1995, 266; Corte di Appello di Roma, 16/01/86, in Temi Rom., 1986, 82; Corte di Appello di Milano, 17/03/72, in Giur. di Merito, 1974, I, 374.
[6] Cass. Civ., 24/02/83, n. 1425, in Mass Giur. It., 1983.
[7] Ad esempio materie infiammabili o proiettili di arma da fuoco.
[8] Cass. Civ., Sez. III, 30/08/04, n. 17369, in Mass.Giur. It., 2004.
[9] Cass. Civ., Sez. III, 26/04/04, n. 7916, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 23/03/01, n. 4207, in Dir. Formazione, 2001, 1007, con nota di *******; Cass. Civ., Sez. III, 28/02/00, n. 2220, in Foro It., 2000, I; Cass. Civ., Sez. III, 02/12/97, n. 12193, op. cit.; Cass. Civ., Sez. II, 21/12/92, n. 13530, op. cit.; Cass. Civ., 23/02/83, n. 1394, op. cit.; Tribunale di Gallarate, 18/03/05, op. cit.; Tribunale di Monza, 07/02/00, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 21/10/05, n. 20357, op. cit..
Non possono ugualmente considerarsi pericolose tutte le attività nelle quali la pericolosità, non configurabile in re ipsa, possa eventualmente insorgere per fatti estranei (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 02/12/97, n. 12193, op. cit.; Cass. Civ., 27/02/85, n. 1733, op. cit.).
[10] Cass. Civ., Sez. III, 21/10/05, n. 20357, op. cit..
Poiché la responsabilità per l’esercizio di attività pericolose implica l’accertamento di presupposti di fatto diversi da quelli propri della responsabilità prevista dall’art. 2043, c.c., la domanda che ha per oggetto l’accertamento della prima deve essere considerata diversa e nuova rispetto a quella che ha per oggetto la responsabilità ordinaria per fatto illecito (in questi termini, Cass. Civ., Sez. III, 06/04/06, n. 8095, op. cit., 2006; Cass. Civ., Sez. I, 27/01/06, 1755, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 21/10/05, 20357, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 24/11/05, n. 24799, in Arch. Giur. Circolaz., 2006, 6, 611; Cass. Civ., Sez. III, 22/10/02, n. 14905, in Diritto e Giustizia, 2002, 41, 72; Cass. Civ., Sez. III, 28/11/98, n. 12088, in Mass. Giur. It., 1998; Cass. Civ. Sez. III, 01/07/98, 6418, in Mass. Giur. It., 1998; Cass. Civ., Sez. III, 06/03/98, n. 2483, in Studium juris, 1998; Cass. Civ., Sez. III, 05/08/97, n. 7214, in Danno e Resp., 1998, 2, 169, con nota di *********; Cass. Civ., Sez. lavoro, 23/02/95, n. 2035, in Mass. Giur. It., 1995).
Le differenze tra le azioni di cui agli art. 2043 e 2050 c.c. escludono anche che, proposta la prima in primo grado, possa poi farsi riferimento alla seconda per la prima volta in grado di appello (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 16/02/96, n. 1192, op. cit.), o che la seconda possa essere dedotta per la prima volta in Cassazione, importando la necessità di nuove indagini di fatto (in questi termini, Cass. Civ., Sez. III, 31/07/02, n. 11356, in Arch. Civ., 2003, 570; Cass. Civ., Sez. III, 05/08/97, n. 7214, op. cit.; Cass. Civ., Sez. lavoro, 23/02/95, n. 2035, op. cit.; Corte di Appello di Napoli, Sez. IV, 06/07/06, in www.deaprofessionale.it, 2006).
[11] Cass. Civ., Sez. III, 28/02/00, n. 2220, op. cit.. Nella specie, è stata confermata – in parte qua – la decisione di appello, che aveva rigettato la richiesta ex art. 2050 c.c. di risarcimento dei danni subiti, escludendo l’applicabilità di detta norma per non essere stata fornita dall’attore la prova della pericolosità dell’attività. Conformi, Cass. Civ., 27/01/82, n. 542, op. cit.; Tribunale di Campobasso, 03/01/05, in Infoutet Giuridica; Tribunale di Rovereto, 24/11/03, in Foro It., 2004, 1, 2580.
[12] Cass. Civ., Sez. III, 12/05/05, n. 10027, in Giur. Bollettino legisl. tecnica, 2006, 1, 203; Cass. Civ., Sez. III, 30/10/02, n. 15288, in Arch. Civ., 2003, 841; Cass. Civ., Sez. III, 09/04/99, n. 3471, in Vita notar., 1999; Cass. Civ., Sez. III, 04/12/98, n. 12307, in Corriere Giur., 1999, 1, 33; Cass. Civ., Sez. III, 30/08/95, n. 9205, in Danno e Resp., 1996, 2, 255; Tribunale di Milano, 22/01/01, in Gius, 2001, 2893.
[13] Cfr., ex multis¸ Cass. Civ., Sez. III, 27/05/05, n. 11275, op. cit.; Cass. Civ., 02/02/83, n. 908, op. cit.; Cass. Civ., 27/01/82, n. 542, op. cit..
[14] Cass. Civ., 27/02/84, n. 1393, op. cit..
[15] Cass. Civ., Sez. III, 01/07/87, n. 5764, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 04/04/95, n. 3935, in Mass.Giur. It., 1995; Cass. Civ., 27/01/82, n. 537, in Giur. It., 1983, I, 1, 146; Tribunale di Messina, 27/09/83, in Riv. *********., 1984, II, 215, con nota di Viale.
[16] Cass. Civ., Sez. III, 11/06/99, n. 5744, in Giur. It., 2000, 1399, con nota di **********.
Diversamente, il committente non può essere ritenuto responsabile per il carattere pericoloso dell’attività affidata all’appaltatore, in quanto l’art. 2050, c.c., si riferisce soltanto a chi esercita l’attività pericolosa (Cass. Civ., Sez. III, 20/04/04, n. 7499, in Dir. Maritt., 2005, 541, con nota di ********).
[17] Cass. Civ., Sez. III, 17/07/02, n. 10382, in Danno e Resp., 2003, 1, 95; Cass. Civ., Sez. III, 02/04/01, n. 4792, in Mass. Giur. It., 2001; Cass. Civ., Sez. III, 02/03/01, n. 3022, in Giur. It., 2001, 2274, con nota di *******; Cass. Civ., Sez. III, 04/12/98, n. 12307, op. cit.; Cass. Civ., 21/06/84, n. 3678, in Arch. Civ., 1984; Cass. Civ., 08/05/84, n. 2796, in Mass. Giur. It., 1984; Cass. Civ., 27/01/82, n. 542, op. cit.; ****. Arbitrale, 10/08/84, in ***********., 1985, 853, con nota di ********.
[18] Relazione che deve sussistere tra il danno e lo svolgimento della attività pericolosa, non tra il fatto specifico imputabile all’agente e l’evento dannoso, essendo sufficiente che il rapporto di causa efficiente sussista con l’attività pericolosa in senso generico (cfr. Tribunale di Perugia, 07/06/00, in Rass. Giur. Umbra, 2000, 699; ****. Arbitrale, 10/08/84, op. cit.).
[19] Cass. Civ., Sez. III, 21/10/05, n. 20359, op. cit..
[20] ****. Arbitrale, 10/08/84, op. cit..
[21] Cass. Civ., Sez. III, 10/03/06, n. 5254, in Mass. Giur. It., 2006; Cass. Civ., Sez. III, 21/10/05, n. 20359, op. cit.; Civ., Sez. III, 04/05/04, n. 8457, in Gius, 2004, 3482; Cass. Civ., Sez. III, 08/05/03, n. 6988, in Arch. Civ., 2004, 414; Cass. Cass. Civ., Sez. III, 04/06/98, n. 5484, in Resp. Civ. e Prev., 1999, 115, con nota di Medici; Corte di Appello di Bologna, Sez. II, 19/06/05, in www.giuraemilia.it, 2005.
[22] Cass. Civ., Sez. III, 12/05/98, n. 4777, in Mass. Giur. It., 1998.
[23] Cass. Civ., Sez. III, 29/04/91, n. 4710, in Mass. Giur. It., 1991; Cass. Civ., 21/11/84, n. 5960, in Mass. Giur. It., 1984
Cass. Civ., Sez. III, 04/05/04, n. 8457 (op. cit.) ha ad esempio escluso la sussistenza di un nesso di causalità immediata e diretta tra la circostanza che un palo di alta tensione dell’Enel, pur posto senza la piena osservanza delle norme di sicurezza, e il danno subito da un uomo arrampicatosi su di esso e raggiunto da una scarica elettrica, atteso che il comportamento “sconsiderato e acrobatico” del danneggiato dimostrava che questi, pur di mettere in opera il proprio proposito, avrebbe superato anche eventuali altre cautele predisposte dall’ente.
Secondo Corte di Appello di Milano, 23/07/99 (in Giur. milanese, 2000, 67), anche il comportamento “incauto” del danneggiato interrompe il nesso causale tra l’attività pericolosa ed il danno subito.
[24] Corte di Appello di Napoli, Sez. IV, 06/07/06, op. cit..
[25] Cass. Civ., Sez. III, 24/11/03, n. 17851, in Danno e Resp., 2004, 12, 1223, con nota di ******; Cass. Civ., Sez. III, 23/07/03, n. 11454, in Guida al Diritto, 2003, 42, 46; Cass. Civ., Sez. III, 04/06/98, n. 5484, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 29/04/91, n. 4710, op. cit.; Cass. Civ., 21/11/84, n. 5960, op. cit.; Tribunale di Milano, 15/06/00, in Giur. It., 2002, 952, con nota di ****; Pret. Marsala, 31/12/90, in Arch. Giur. Circolaz., 1991, 771.
[26] Cass. Civ., Sez. III, 17/07/02, n. 10382, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 02/04/01, n. 4792, op. cit..
[27] Cass. Civ., Sez. I, 11/12/95, n. 12640, in Resp. Civ. e Prev., 1996, 688, con nota di ********** (Nella specie, nello spegnimento di un incendio erano andati distrutti due automezzi dei vigili del fuoco).
[28] Tribunale di Perugia, 11/09/98, in Rass. Giur. Umbra, 1999, 89, con nota di *******.
[29] Cass. Civ., Sez. III, 08/05/03, n. 6988, op. cit..
Sul punto, il Giudice di pace Catania (Sez. III, 15/02/05, in www.deaprofessionale.it) ha ritenuto che il comportamento omissivo dell’ente appaltante ha contribuito nella causazione dell’evento danno, traducendosi in comportamento colposo non idoneo, tuttavia, da solo ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta del danneggiante ed il danno.
[30] Tribunale di Gallarate, 27/05/05, op. cit..
Per Appello di Roma (16/01/86, op. cit.), nel caso di una attività pericolosa, ricorre l’obbligo giuridico di adottare misure particolari atte ad evitare il danno e non invece quello, diverso in radice, di sostituire i mezzi adoperati.
[31] Cass. Civ., Sez. III, 04/06/98, n. 5484, op. cit.; Tribunale di Milano, 15/06/00, op. cit..
[32] Cass. Civ., Sez. III, 23/07/03, n. 11454, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 02/03/01, n. 3022, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 11/06/99, n. 5744, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 04/12/98, n. 12307, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 04/06/98, n. 5484, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 29/04/91, n. 4710, op. cit.; Cass. Civ., 21/11/84, n. 5960, op. cit.; Tribunale di Brescia, Sez. I, 31/03/03, in Rass. *********., 2004, 1221; Tribunale di Pescara, 10/07/99, op. cit.; Tribunale di Genova, 06/06/90, in Dir. Maritt., 1990, 1102. ****. Arbitrale, 10/08/84, op. cit..
[33] Cass. Civ., Sez. III, 29/05/89, n. 2584, op. cit..
[34] Secondo ******* (Diritto Privato, CEDAM, 2006, pag. 377/8), se la tecnica ancora non offre, in rapporto alla attività pericolosa esercitata, misure adeguate a prevenire danni a persone o cose, il soggetto intraprende l’attività a proprio rischio, senza possibilità di prova liberatoria.
[35] Cass. pen., Sez. IV, 27/05/03, n. 34620, op. cit.. Nella specie è stata ritenuta corretta l’affermazione di responsabilità, a titolo di omicidio colposo, dei gestori di una pista per go-karts, relativamente alla morte di un soggetto minorenne al quale era stato consentito l’uso di uno di tali mezzi e che poi, per un errore di manovra, era uscito di pista ed era finito contro un ostacolo fisso.
Per contro, secondo il Tribunale di Sondrio, 19/06/01 (in Arch. Giur. Circolaz., 2002, 315), l’utente di un impianto connesso all’esercizio di attività sportiva deve accettare l’ordinario rischio che insiste nell’attività medesima, adeguando il suo operato alle regole di ordinaria prudenza, conformemente alla propria esperienza, entro il limite delle proprie attitudini e capacità fisiche (fattispecie relativa al noleggio di piccole vetture tipo kart – prive di motore – destinate alla discesa lungo un pendio erboso).
[36] intendendosi per tali non solo gli atleti in gara ma tutti quelli (arbitri, guardalinee, guardaporte, meccanici, etc.) che sono posti al centro o ai limiti del campo di gara, per compiere una funzione indispensabile allo svolgimento della competizione, assicurandone il buon andamento, il rispetto delle regole, la correttezza dei comportamenti e la trasparenza dei risultati (Cass. Civ., Sez. III, 27/10/05, n. 20908, in Danno e Resp., 2006, 6, 633, con nota di *******).
[37] Cass. Civ., Sez. III, 27/10/05, n. 20908, op. cit..
[38] Corte di Appello di Napoli, 21/02/05, in www.deaprofessionale.it, 2005.
[39] Tribunale di Torino, 11/11/04, in Giur. It., 2005, 720, con nota di *********; Tribunale di Milano, 21/09/98, in Danno e Resp., 1999, 2, 234, con nota di ********.
[40] Corte di Appello di Milano, 18/05/01, op. cit..
[41] Tribunale di Firenze, 15/12/89, in Arch. Civ., 1990, 923.
[42] Tribunale di Monza, 16/04/04, in www.deaprofessionale.it, 2005.
[43] Cass. Civ., Sez. III, 29/05/98, n. 5341, op. cit.; Tribunale di Campobasso, 03/01/05, op. cit..
[44] Cass. Civ., Sez. III, 06/04/06, n. 8095, op. cit..
[45] Tribunale di Aosta, 16/11/89, in Riv. Dir. Sport, 1990, 67.
[46] Cass. Civ., Sez. III, 24/01/00, n. 749, in Giust. Civ., 2000, I, 1391.
[47] Tribunale di Brescia, Sez. I, 14/10/03, in Mass. Tribunale di Brescia, 2004, 204; Cass. Civ., Sez. III, 23/11/98, n. 11861, in Giur. It., 1999, 2048, con nota di *******, Tribunale di Perugia, 03/10/98, , in Rass. Giur. Umbra, 2003, 1999, 56, con nota di Romano; Tribunale di Perugia, 16/03/98, in Rass. Giur. Umbra, 1998, 706.
[48] Cass. Civ., Sez. III, 01/04/05, n. 6888, in Resp. Civ., 2005, 661; Cass. Civ., Sez. III, 12/09/00, n. 12025, in Mass. Giur. It., 2000; Cass. Civ. Sez. III, 29/01/03, 1273, in Gius, 2003, 11, 1223; Cass. Civ., Sez. III, 24/09/98, n. 9581, in Mass. Giur. It., 1998; Tribunale di Brescia, Sez. I, 23/10/03, in Mass. Tribunale di Brescia, 2004, 205; Tribunale di Milano, 29/06/00, in Riv. giur. Polizia, 2002, 375; Tribunale di Brescia, Sez. I, 14/10/03, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 23/11/98, n. 11861, op. cit.; Tribunale di Perugia, 03/10/98, op. cit.; Tribunale di Perugia, 16/03/98, op. cit.; Tribunale di Vercelli, 09/01/96, in Nuova Giur. Civ., 1996, I, 832, con nota di ******; Tribunale di Perugia, 05/09/89, in Foro Padano, 1990, I, 339, con nota di ******; Cass. Civ., Sez. III, 04/12/98, n. 12307, op. cit.; Tribunale di Perugia, 15/10/98, in Rass. Giur. Umbra, 1999, 56, con nota di Romano; Cass. Civ., Sez. III, 04/12/98, n. 12307, op. cit..
Contra, cfr. Tribunale di Terni, 22/02/93 (in Rass. Giur. Umbra, 1993, 1, con nota di Menicucc), e Tribunale di Terni, 05/03/97 (in Rass. Giur. Umbra, 1998, 66), secondo cui la gestione di una scuola di equitazione costituisce esercizio di attività pericolosa ai sensi dell’art. 2050 c.c..
Per Appello di Catania, 26/03/82 (Riv. Dir. Sport, 1982, 192), un corso di equitazione è qualificabile come pericolosa.
[49] Cass. Civ., Sez. III, 04/12/98, n. 12307, op. cit.; Pretura di Piacenza, 13/01/94, in Informazione Prev., 1994, 122.
L’operazione di doma di un cavallo, per la sua stessa natura, costituisce attività pericolosa a norma dell’art. 2050 c.c. (Cass. Civ., Sez. III, 24/05/88, n. 3616, in Giur. It., 1989, I,1, 99).
[50] Cass. Civ., Sez. III, 09/04/99, n. 3471, op. cit..
Consegue che il cliente di un albergo che, aderendo all’iniziativa promossa dall’albergatore, partecipi ad una “gita a cavallo” noleggiando un cavallo presso un maneggio, ove riporti danni alla persona non può richiedere il risarcimento invocando le presunzioni di responsabilità di cui all’art. 2050, c.c., né nei confronti dell’albergatore, né in quelli del gestore del maneggio, specie se, al momento del nolo dell’animale, si è dichiarato in grado di condurlo e si è rifiutato di indossare il casco protettivo (Tribunale di Asti, 31/12/1992 Riv. Dir. Sport, 1993, 746; Tribunale di Sondrio, 20/04/96, in Riv. Dir. Sport, 1997, 114).
[51] Cass. Civ., Sez. III, 15/02/01, n. 2216, Danno e Resp., 2001, 4, 372, con nota di *******; Cass. Civ., Sez. III, 25/05/00, n. 6866, in Mass. Giur. It., 2000; Tribunale di Brescia, Sez. III, 02/01/03, in Mass. Tribunale di Brescia, 2004, 205.
[52] Cass. Civ., Sez. III, 15/02/01, n. 2216, op. cit.. Per Tribunale di Trento, 09/06/01 (in Giur. di Merito, 2001, 1311; conforme, Tribunale di Bolzano, 27/07/98, in Riv. Giur. Circolaz. e *****., 1999, 347), secondo cui il contratto di utenza dello skilift non può qualificarsi come trasporto di persone, con conseguente inapplicabilità degli art. 1681, 2050 e 2051, c.c..
[53] Cass. Civ., Sez. III, 10/02/2005, n. 2706, in Giur. Bollettino legisl. tecnica, 2005, 486; Cass. Civ., Sez. III, 26/04/04, n. 7916, op. cit.;.
[54] Tribunale di Pisa, 20/02/91, in Arch. Civ., 1991, 1036; Tribunale di Cagliari, 27/04/85, in Riv. Giur. Sarda, 1986, 500.
[55] Cass. Civ., Sez. III, 12/05/2005, n. 10027, op. cit..
[56] Cass. Civ., Sez. III, 15/10/04, n. 20334, op. cit..
[57] Cass. Civ., Sez. lavoro, 20/06/90, n. 6175, in Mass. Giur. It., 1990.
[58] Cass. Civ., Sez. III, 19/07/02, n. 10551, op. cit.. Nel caso in esame della S.C., è stata riconosciuta la responsabilità del Ministero della Difesa per i danni cagionati dalla caduta di un cartello segnaletico su un autovettura a causa del turbine d’aria provocato dalle pale di un elicottero dei carabinieri, alzatosi in volo in una zona non transennata. Cass. Civ., Sez. lavoro, 20/06/1990, n. 6175, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 13/11/97, n. 11234, in Mass. Giur. It., 1997.
Analoghe conclusioni anche allo svolgimento del servizio aereo mediante elicotteri da parte di una ditta specializzata (Cass. Civ., Sez. III, 18/03/05, n. 5971, in Resp. Civ. on line, 2005).
Per Pretura di Genova, 28/06/94 (in Arch. Giur. Circolaz., 1994, 981), le manovre di decollo e di atterraggio di un elicottero in pieno centro cittadino configurano attività pericolose.
Il Giudice di pace di Milano (sentenza del 23/07/02, in Gius, 2003, 2, 235), nel giudizio risarcitorio promosso da alcuni passeggeri per i danni subiti per la soppressione di un volo causa un’abbondante nevicata, ha disposto che la gestione di uno scalo aeroportuale si configura come attività pericolosa. E’ di conseguenza onere dell’ente convenuto provare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare i danni per il ritardo con cui pervengono a destinazione gli utenti e per i disagi sofferti dagli stessi.
Il volo di addestramento effettuato con un apparecchio per il volo da diporto o sportivo dotato di un motore “non specificamente indicato per impieghi aeronautici” costituisce attività pericolosa ai sensi dell’art. 2050 c.c. (Tribunale di Roma, 22/05/02, in Dir. Trasporti, 2003, 953, con nota di ********; Tribunale di Torino, 18/02/02, in Dir. Trasporti, 2003, 941, con nota di ******).
[59] Tribunale di Reggio Calabria, 30/10/03, in www.deaprofessionale.it, 2005; Cass. Civ., Sez. III, 16/02/96, n. 1192, op. cit.;Conformi, Cass. Civ. Sez. III, 01/04/95, 3829, op. cit.; Giudice di Pace Ancona, 08/07/96, in Giur. di Merito, 1999, 469.
[60] Cass. Civ., Sez. III, 01/04/95, n. 3829, op. cit..
Cass. Civ., 27/02/84, n. 1393, op. cit., ha peraltro ritenuto attività pericolosa la gestione, da parte delle ferrovie dello stato, di una sottostazione elettrica, dotata di sezionatori di corrente ad alta tensione, destinata a fornire energia elettrica per il traffico ferroviario.
[61] Tribunale di Genova, del 06/06/90, op. cit.. Conforme, Tribunale di Massa, 03/02/90, in Arch. Civ., 1990, 1039.
[62] Cass. Civ., Sez. III, 01/07/87, n. 5764 op. cit..
[63] Cass. civ., Sez. I, 09/12/96, n. 10951, op. cit..
[64] ****. Arbitrale, 10/08/84, op. cit..
[65] Cass. Civ., Sez. III, 17/07/02, n. 10382, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 02/04/2001, n. 4792, op. cit.. Cass. Civ., Sez. I, 11/12/1995, n. 12640, op. cit..
[66] Cass. Civ., Sez. I, 19/01/95, n. 567, in Mass. Giur. It., 1995; Cass. Civ., Sez. III, 04/06/98, n. 5484, op. cit..
[67] Cass. Civ., Sez. I, 19/01/95, n.567, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 04/06/98, n. 5484, op. cit..
[68] Cass. Civ., Sez. III, 24/11/88, n. 6325, in Mass. Giur. It., 1988
[69] Cass. Civ., 13/01/82, n. 182 Resp. Civ. e Prev., 1982, con nota di ********.
[70] Tribunale di Forlì, 12/03/81, in Arch. Giur. Circolaz., 1981, 438.
[71] Cass. Civ., 13/01/81, n. 294, in Foro It., 1981, I, 1325.
[72] Tribunale di Milano, 15/06/00, op. cit..
[73] Tribunale di Terni, 28/06/96, in Rass. Giur. Umbra, 1997, 449.
[74] Tribunale di Messina, 27/09/83, op. cit..
La Pretura di Foligno, 02/11/84 (in Giur. Agr. It., 1985, 301, con nota di ********), ha riconosciuto pericolosa anche l’attività idroelettrica.
[75] Corte di Appello di Napoli, 14/03/97, in Gius, 1997, 1541; Cass. Civ., Sez. III, 29/05/89, n. 2584, op. cit.; Cass. Civ., 27/01/82, n. 537, op. cit..
[76] Cass. Civ., Sez. III, 04/04/1995, n. 3935, op. cit..
[77] Cass. Civ., Sez. III, 10/02/03, n. 1954, op. cit.; Cass. Civ., Sez. II, 12/12/1988, n. 6739, op. cit.. Cass. Civ., Sez. III, 11/11/1987, n. 8304, op. cit.. Corte di Appello di Bari, Sez. III, 07/04/06, op. cit.; Giudice di pace Catania, Sez. III, 15/02/05, op. cit..
In parti difforme Tribunale di Desio, 29/08/03, in Gius, 2004, 3, 421, secondo cui l’attività edilizia si configura quale attività pericolosa soltanto nell’ipotesi in cui, in concreto, per la sua natura e le caratteristiche dei mezzi usati vi sia una rilevante probabilità di cagionare danni.
[78] Appello di Torino, 09/02/85, in Rass. Giur. Energia Elettrica, 1985, 138. Tribunale di Busto Arsizio, op. cit..
Nel caso di opere di escavazione, anche se l’esecuzione dei lavori sia stata data in appalto, è il proprietario del fondo a rispondere direttamente del danno che a causa di esse sia derivato al fondo confinante, indipendentemente dal suo diritto a ottenere la rivalsa nei confronti dell’appaltatore. Cass. Civ., Sez. III, 10/02/03, n. 1954, op. cit..
Tribunale di Spoleto, 15/01/97, in Rass. Giur. Umbra, 1997, 417, con nota di *********, non ritiene pericolosa l’attività di escavazione, salvo che sia eseguita in luoghi o situazioni particolari che comportino pericolo per gli altri o siano impiegati macchinari in sè pericolosi.
[79] Cass. Civ., Sez. III, 02/03/2001, n. 3022, op. cit..
[80] Appello di Torino, 09/02/85, op. cit.. Appello di Brescia, 24/03/88, in Rass. Giur. Energia Elettrica, 1989, 156.
[81] Cass. Civ., Sez. III, 03/11/95, n. 11452, in Corriere Giur., 1995, 12, 1348.
Tribunale di Milano, 17/11/94, op. cit., ha disposto che è pericolosa l’attività di allestimento di un’impalcatura sulla facciata di un edificio.
Al contrario, non è considerata pericolosa l’attività di rifacimento di un intonaco (Cass. Civ., Sez. III, 17/12/91, n. 13564, op. cit.). I lavori di controllo e verifica di ancoraggio dell’intonaco delle facciate di un edificio, se comportano la caduta al suolo di calcinacci, costituiscono invece, per le modalità della loro esecuzione, attività pericolosa (Giudice di pace Perugia, 25/07/97, in Rass. Giur. Umbra, 1998, 450), così come l’impresa esercente una miniera o cava (Cass. Civ., 20/02/82, n. 1085, in Mass. Giur. It., 1982).
[82] Corte di Appello di Bari, Sez. III, 07/04/06, op. cit.; Corte di Appello di Milano, 12/04/74, in Arch. Resp. Civ., 1974, 362.
[83] Cass. Civ., Sez. III, 24/11/03, n. 17851, op. cit.; Tribunale di Perugia, 24/02/93, in Rass. Giur. Umbra, 1993, 693. Tribunale di Brescia, Sez. II, 13/06/03, in Mass. Tribunale di Brescia, 2004, 194. Cass. Civ., Sez. III, 02/03/01, n. 3022, op. cit.. Cass. Civ., Sez. III, 08/11/96, n. 9743, op. cit.; Tribunale di Palermo, 23/01/92 Rass. Giur. Energia Elettrica, 1993, 217.
[84] Cass. Civ., Sez. III, 24/11/2003, n. 17851, op. cit.
[85] Tribunale di Brescia, Sez. II, 13/06/03, op. cit.. Tribunale di Milano, decreto del 28/02/04, in www.deaprofessionale.it, 2005; Cass. Civ., Sez. III, 13/05/03, n. 7298, in Danno e Resp., 2004, 2, 181, con nota di Perfumi. Cass. Civ., Sez. III, 02/03/01, n. 3022, op. cit..
[86] Tribunale di Milano, decreto del 28/02/04, op. cit.. Cass. Civ., Sez. III, 13/05/03, n. 7298, op. cit.. Cass. Civ., Sez. III, 02/03/01, n. 3022, op. cit..
[87] Corte di Appello di Genova, 04/06/05, in Infoutet Giuridica.
[88] Tribunale di Brescia, Sez. I, 31/03/03, op. cit.; Appello di Roma, 17/10/90, in Giur. It., 1991, I,2, 816, con nota di *******; Tribunale di Milano, 19/11/87, in Foro It., 1988, I, 144, con nota di ******; Tribunale di Roma, Sez. XIII, 20/06/02, in Foro It., 2002, I, 3225; Tribunale di Roma, 20/04/02, in Diritto e Giustizia, 2002, f. 23, con nota di ******.
Contra, cfr. Tribunale di Napoli (09/10/86, in Resp. Civ. e Prev., 1988, 407, con nota di *******), secondo cui non è da considerarsi pericolosa l’attività di produzione di farmaci, neppure quando sia diretta alla manipolazione di sostanze particolarmente delicate (nella specie, emoderivati) per la quale la legge impone doverose cautele.
[89] L’assunzione del farmaco e il nesso di causalità tra uso del farmaco difettoso e danno del consumatore possono essere provati mediante presunzioni ai sensi degli art. 2727 ss. c.c. (Tribunale di Roma, 20/04/02, op. cit.).
[90] Cass. Civ., Sez. III, 15/07/1987, n. 6241, op. cit.. Tribunale di Roma, 27/06/87, in Nuova Giur. Civ., 1988, I, 475, con nota di *******.
[91] Tribunale di Roma, 22/04/02, in Contratti, 2002, 7, 722. Tribunale di Roma, Sez. XIII, 20/06/02, op. cit.; Tribunale di Roma, 20/04/02, op. cit..
[92] Tribunale di Roma, Sez. XIII, 20/06/02, op. cit.; Tribunale di Roma, 20/04/02, op. cit..
[93] Appello di Roma, 17/10/90, op. cit..
[94] Tribunale di Milano, 19/11/87, op. cit..
[95] Tribunale di Roma, 27/06/87, op. cit..
[96] Tribunale di Mantova, 29/12/05, in Resp. Civ., 2006, 5, 471.
[97] Tribunale di Perugia, 04/10/91, in Rass. Giur. Umbra, 1995, 146. Nel caso all’attenzione del Giudice umbro un cliente, uscendo dalla vasca ove aveva praticato l’annettamento successivo alla fangoterapia, era scivolato a causa della presenza del fango sul pavimento: al cliente è stato peraltro riconosciuto solo il 50% del risarcimento richiesto, in applicazione dell’art. 1227, c.c., in considerazione del fatto che egli aveva poggiato i piedi bagnati fuori dell’apposito telo steso sul pavimento.
[98] Cass. Civ., Sez. III, 02/12/97, n. 12193, op. cit..
[99] Cass. Civ., Sez. III, 27/05/05, n. 11275, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 11/03/1991, n. 2555, in Foro It., 1991, I, 2802, con nota di ******; Cass. Civ., 02/02/83, n. 908, op. cit.; Tribunale di Roma, 08/01/01, in Arch. Civ., 2001, 1377; Corte di Appello di Genova, 21/02/80, in Giur. It., 1981, I,2, 160, con nota di ****.
[100] Tribunale di Brescia, Sez. II, 10/08/05, in Danno e Resp., 2005, 12, 1210, con nota di ********; Tribunale di Roma, 11/02/00, in Corriere Giur., 2000, 12, 1639, con nota di ********; Tribunale di Roma, 04/04/96, in Danno e Resp., 1997, 4, 750, con nota di *******.
[101] Cass. Civ., Sez. I, 01/09/1995, n. 9211, in Corriere Giur., 1995, 10, 1146, con nota di Batà.
[102] Tribunale di Orvieto, 05/02/97, in Rass. Giur. Umbra, 1998, 35; Tribunale di Siena, 23/08/89, in Giur. di Merito, 1991, 305, con nota di Di Francia.
[103] Corte di Appello di Cagliari, 26/02/00, in Riv. Giur. Sarda, 2001, 1, con nota di ******. nella specie si trattava della giostra c.d. “ballerina”, ossia un macchinario costituito da sedili collegati ad una ruota la quale imprime loro un rapido movimento rotatorio, determinando nel contempo sia l’improvviso mutamento del senso della rotazione sia altrettanti improvvisi movimenti verso l’alto e verso il basso).
[104] Cass. Civ., Sez. III, 27/07/1990, n. 7571, op. cit..
[105] Tribunale di Chiavari, 17/01/97, in Giur. di Merito, 1998, 448. Cass. Civ., Sez. III, 30/08/95, n. 9205, op. cit..
[106] Tribunale di Milano, 22/01/01, in Gius, 2001, 2893.
[107] Tribunale di Torino, 25/11/87, in Giust. Civ., 1988, I, 2728, con nota di *******.
[108] Cass. Civ., 27/02/85, n. 1733, op. cit..
[109] Tribunale di Milano, 05/06/95, op. cit..
[110] Cass. Civ., Sez. III, 05/06/02, n. 8148, op. cit..
[111] Tribunale di Fermo, 03/03/90, in Dir. Lav. Marche, 1990, 79.
[112] Cass. Civ., Sez. III, 30/10/02, n. 15288, op. cit..
[113] Per Cass. Civ., Sez. III, 30/08/04, n. 17369 (op. cit.) esso deve ritenersi “strumento pericoloso”, ed il soggetto che abbia provveduto alla relativa distribuzione in commercio incorre nella responsabilità ex art. 2050, c.c., in relazione a tutti gli eventi dannosi che si verifichino in dipendenza o in occasione del relativo uso.
[114] Tribunale di Catania, 03/05/97, in Danno e Resp., 1998, 10, 939, con nota di ********.
[115] Tribunale di Verbania, 17/02/94 Riv. Dir. Sport, 1999, 545, con nota di *******. Qualora si ravvisi una condotta colposa degli organizzatori, il risarcimento del danno è tuttavia dovuto ex art. 2043, c.c..

Avv. Walter Giacardi

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