La responsabilita’ delle persone giuridiche nell’ordinamento spagnolo

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Introduzione
 
Il principio societas delinquere non potest è stato uno dei capisaldi della storia del diritto nella quasi totalità degli Paesi dell’Unione Europea, ciò nonostante, però, sono bastati pochi decenni perché questo pilastro venisse eroso in vari ordinamenti che, progressivamente, hanno dovuto prendere atto della perniciosità del fenomeno del corporate crime, apprestando adeguati strumenti di tutela.
L’analisi della situazione iberica può pertanto risultare di estremo interesse proprio perché la Spagna sta discutendo un progetto di riforma del codice penale che, tra le altre cose, va a toccare anche la tematica della responsabilità degli enti collettivi.
Il dibattito dottrinale sviluppatosi in Spagna ricalca sotto molti aspetti quello avvenuto in Italia, con una forte contrapposizione tra chi è restio al superamento del principio dell’irresponsabilità penale delle persone giuridiche e chi, più pragmaticamente, riconosce nell’opzione in esame una scelta necessitata dallo sviluppo economico della società e dal bisogno di contrastare fenomeni di criminalità economica organizzata che, oggi più che mai, possono ledere primari interessi di un paese.
 
La situazione attuale: consecuencias accesorias
 
Con la riforma del 1995, il legislatore spagnolo ha creato un sistema di conseguenze che il giudice può (e non deve) applicare alla persona giuridica che risulta coinvolta nella commissione di un numerus clausus di reati.
Volendo procedere ad una seppur breve disamina della disciplina, occorre in primo luogo notare come l’applicabilità delle conseguenze accessorie sia correlata alla commissione solo di alcuni reati, la scelta è la medesima operata nel nostro ordinamento e risponde alla necessità di individuare solo quei tipi di reati la cui commissione possa essere agevolata dalla presenza di una struttura superindividuale[1].
Per quanto concerne le tipologie di sanzioni, l’art 129 del codigo penal prevede cinque differenti categorie:
– Chiusura dell’impresa, dei suoi locali o di suoi stabilimenti, con carattere di definitività o di temporaneità; in quest’ultimo caso la misura non potrà eccedere i cinque anni.
– Dissoluzione della società, dell’associazione o della fondazione.
– Sospensione di attività della società, dell’impresa, dell’associazione o della fondazione per un massimo di cinque anni.
– Proibizione di realizzare nel futuro attività, operazioni commerciali o negozi giuridici dello stesso tipo di quello attraverso cui è stato commesso, favorito o coperto il reato; anche questa misura non può eccedere nel massimo i cinque anni.
-Amministrazione giudiziaria dell’impresa, sempre per un massimo di cinque anni, finalizzata alla salvaguardia dei diritti dei lavoratori e dei creditori.
 
Come si può evincere dall’elenco ora presentato, il codice prevede un ventaglio di misure, giustificabili in un’ottica sostanzialmente specialpreventiva, che vanno ad incidere sull’ambito di attività al cui interno si è generato il fatto delittuoso.
Basti qui ricordare l’ultima misura prevista dall’art. 129, ovvero l’amministrazione giudiziaria dell’impresa, che deve necessariamente essere finalizzata alla salvaguardia dei diritti dei lavoratori e dei consumatori e viene prevista espressamente per i delitti in materia ambientale[2]. Questa sanzione servirà proprio ad imporre all’ente, tramite la presenza di un soggetto esterno a ciò deputato, l’adozione di misure volte alla neutralizzazione del rischio-reato, e non è quindi un caso che sia stata prevista proprio in relazione ad una categoria di illeciti caratterizzati dalla diffusività della lesione dei beni giuridici protetti. Tale misura trova un riflesso comparatistico nella disciplina del commissario giudiziale, prevista nel nostro ordinamento dall’art. 15 d.lgs. 231/2001, che a sua volta si richiama all’istituto del compliance monitor presente nell’ordinamento statunitense[3].
Parte della dottrina iberica ha criticato la scelta dell’apparato sanzionatorio operata dal legislatore, tacciandola di incompletezza, data la mancanza di ulteriori misure che, in altri ordinamenti, si sono dimostrate di primaria importanza nella lotta alla criminalità economica, come la perdita di benefici fiscali, il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione o comunque con le imprese pubbliche e la sanzione pecuniaria, che, sia nel nostro ordinamento sia in quello statunitense, rappresenta invece il fulcro dell’intero apparato sanzionatorio della persona giuridica[4].
Il secondo comma dell’articolo in esame prevede poi che le misure della chiusura dell’impresa e della sospensione dell’attività possano essere applicate anche in via cautelare; l’adozione delle stesse avrà effetto fintanto che non saranno applicate altre sanzioni in via definitiva, ovvero non vi sia sentenza assolutoria.
La dottrina ha sollevato dubbi in ordine alla scelta delle sanzioni applicabili in corso di causa, criticando il criterio selettivo adoperato dal legislatore nella scelta delle misure; ad esempio, si è rilevata l’irragionevolezza della scelta di escludere l’applicabilità in via cautelare    dell’amministrazione giudiziale, misura spiccatamente cautelare che potrebbe essere usata, nelle more del processo, per tutelare gli interessi dei lavoratori e dei creditori.
Non si è mancato inoltre di evidenziare come le conseguenze accessorie applicate in via cautelare abbiano dei profili che valgono a differenziarle dalle normali misure cautelari. Se queste ultime trovano applicazione in caso di accertata sussistenza di fumus boni iuris e periculum in mora, le conseguenze accessorie hanno invece in sé la vocazione alla neutralizzazione dell’attività delittuosa e rischiano pertanto di anticipare quelli che saranno gli effetti di una condanna penale[5].
Il legislatore del 1995 ha poi optato per un sistema sanzionatorio direttamente applicabile alla persona giuridica, che può pertanto essere perseguita e sanzionata indipendentemente dalla persona fisica che concretamente ha posto in essere il fatto di reato. Pertanto, in caso di commissione di uno dei delitti prima elencati, la denuncia-querela potrà essere sporta sia nei confronti della persona fisica sia della persona giuridica, ovvero contro entrambe. Inoltre, la persona giuridica potrà essere destinataria di sanzioni anche qualora non siano stati individuati i soggetti agenti, o se individuati, non siano stati puniti perché assolti o per mancanza di una condizione di punibilità. E’ questa una scelta di assoluto rilievo perché si distanzia dal canone della vicarious liability previsto nel sistema inglese o dalla responsabilità par ricochet introdotta in quello francese, e serve ad evitare che l’ente collettivo vada indenne da sanzioni ogniqualvolta non si riesca ad individuare con esattezza il soggetto che ha commesso il fatto di reato; tale evenienza, poi, nella prassi risulta relativamente frequente, posto che l’agire organizzato si presenta all’esterno in maniera spersonalizzata, con una diffusione dei poteri decisori in capo a più soggetti, ed è quindi spesso difficile individuare la singola persona che ha commesso il fatto[6].
Occorre però notare come tale assunto non sia pacifico in dottrina, ove si sono levate voci che, facendo leva sul dato testuale (il codice afferma che le conseguenze accessorie possono essere applicate “ ademas de las penas”), optano per una ricostruzione giuridica che consente l’irrogazione delle stesse solo qualora sia stata individuata una precisa responsabilità penale in capo alla persona fisica[7].
Come avvenuto anche nel nostro Paese, anche in Spagna si è aperto un acceso dibattito dottrinale in ordine alla natura giuridica delle consecuencias accesorias.
Non tutti in dottrina sono stati in grado di accettare la portata “dirompente” di una siffatta normativa, che ha inciso su di un ordinamento che, storicamente (al pari del nostro), escludeva gli enti collettivi dal panorama punitivo penale.
Vi è stato quindi chi ha visto nelle conseguenze accessorie delle sanzioni aventi natura amministrativa, essendo le persone giuridiche incapaci di agire con volontà propria e colpevole, ma vi è anche chi è arrivato a negare in toto il carattere sanzionatorio delle misure in esame, che avrebbero invece carattere eminentemente specialpreventivo e non afflittivo.
La loro vocazione preventiva ha poi portato un filone dottrinale a parlare di misure di sicurezza, anche se i critici di tale impostazione hanno evidenziato come gli enti collettivi, a differenza delle persone fisiche, non potrebbero essere oggetto di un giudizio sulla pericolosità sociale[8].
Autorevole dottrina ha però riconosciuto la natura sostanzialmente penale delle misure in questione, in quanto conseguenti ad un fatto di reato ed accertate e irrogate all’esito di un processo penale[9].
Inoltre, ad abundantiam, giova ricordare la nota sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha ricordato come anche le sanzioni di tipo non penalistico, qualora presentino caratteri di afflittività, debbano comunque rispettare un nocciolo duro di garanzie, sostanziali e procedurali, schiettamente penalistiche[10]; discorso che può valere anche in quest’ambito, posto che le sanzioni previste possono arrivare fino alla “morte civile” dell’ente e presentano quindi una natura spiccatamente afflittiva.
La critica forse di maggior rilievo che è stata mossa al sistema delle consecuencias accesorias riguarda però l’eccessiva discrezionalità lasciata al giudice penale, il quale, oltre a decidere sul quantum e sul quomodo della misura da adottare, decide finanche sull’an, poiché il codice lascia all’organo giudicante piena libertà in ordine alla decisione sull’adozione delle misure in esame.
L’unica guida presente nel testo legislativo è troppo generica per poter realmente indirizzare il giudice; l’art. 129, infatti, afferma solamente che l’adozione delle misure deve essere finalizzata alla prevenzione di ulteriori illeciti e all’eliminazione delle conseguenze nascenti dalla condotta delittuosa.
 
De lege ferenda: il progetto di modifica del codice penale
 
Dalla necessità di adeguarsi agli standard internazionali è scaturito un progetto di legge di riforma del codigo penal spagnolo che, tra le altre cose, modifica sostanzialmente il regime di responsabilità delle persone giuridiche[11].
Le modifiche presentate sono di grande rilievo sia da un punto di vista dogmatico che pratico.
Anzitutto, infatti, l’incipit dell’articolo prende una posizione netta sulla natura giuridica della responsabilità, affermando che le persone giuridiche sono penalmenteresponsabili per i delitti commessi dalle persone fisiche che agiscono al proprio interno, nei casi espressamente previsti dalla legge.
La scelta, come evidenziato dalla relazione di accompagnamento al progetto di legge, necessitata da spinte sovranazionali, ha richiesto comunque un adeguamento dei canoni tipici della materia penalistica, sia sul profilo della colpevolezza che su quello dell’apparato sanzionatorio.
Anzitutto la normativa afferma esplicitamente come la responsabilità della societas non escluda quella delle persone fisiche che hanno commesso i fatti di reato, e che le circostanze esimenti, aggravanti o attenuanti la responsabilità delle persone fisiche non incidono nella commisurazione della sanzione applicabile all’ente.
Ragioni di giustizia sostanziale hanno però consigliato di prevedere, nei casi in cui per il medesimo reato la legge commini una sanzione pecuniaria sia in capo alla persona fisica agente che a quella giuridica, che il giudice possa commisurare le due multe in maniera tale che la risultante non sia sproporzionata rispetto alla gravità del fatto di reato.
Dalla disciplina ora esposta sembrerebbe inoltre emergere un’ulteriore scelta di campo del legislatore iberico, che ha deciso di optare per un sistema di “binari paralleli”, in cui la responsabilità della persona giuridica non è legata alle vicende punitive della persona fisica; pertanto la prima potrà subire sanzioni anche qualora il soggetto agente ne vada esente.
La scelta, come già accennato in precedenza, si rivela di estrema importanza in un’ottica punitivo-repressiva, e risulta in sintonia con quella fatta dal legislatore italiano[12].
Per quanto concerne i profili di colpevolezza della persona giuridica, avendo preso le distanze da un sistema di vicarious liability, il legislatore spagnolo ha costruito un sistema che per molti versi ricalca quello del d.lgs. 231/2001.
La società risponderà qualora il reato sia stato commesso nell’interesse o vantaggio dell’ente, e nell’esplicazione dell’attività sociale:
-da soggetti c.d. apicali, (ovvero coloro che hanno un potere di direzione o controllo, o anche sono in grado di agire per conto della società spendendone il nome);
– dai c.d. sottoposti, (soggetti che operano sotto la direzione e il controllo degli apicali) ma solo qualora il fatto sia stato commesso in osservanza di specifiche direttive dei vertici aziendali, ovvero questi ultimi abbiano agevolato la commissione del fatto omettendo di controllare l’operato dei sottoposti.
Sempre per calibrare la sanzione all’effettivo grado di colpevolezza della societas, il progetto di legge prevede casi di attenuazione della responsabilità perlopiù fondati sulla condotta riparatoria post factum e sull’adozione di misure volte alla prevenzione di futuri accadimenti delittuosi.
La società, pertanto, potrà giovarsi di sgravi di pena qualora abbia:
–          prima di avere cognizione del procedimento penale, provveduto ad autodenunciarsi alle Autorità;
–         durante il processo, portato prove decisive per l’affermazione della propria responsabilità;
–         provveduto a riparare completamente, o quantomeno attenuare, le conseguenze dannose della condotta delittuosa;
–         provveduto ad adottare misure efficaci al fine di prevenire ulteriori fatti di reato.
 
Come si può agevolmente costatare, le circostanze in esame, che ancora una volta ricalcano in buona parte la disciplina presente in Italia, si fondano prettamente sulla collaborazione attiva dell’ente coinvolto nella vicenda punitiva. Le prime due attenuanti, infatti, prevedono una disclosure effettuata dalla società, sia prima che durante il processo, volta appunto a favorire l’individuazione dei fatti di reato. La terza invece si fonda su di una condotta post factum di riparazione delle conseguenze dannose; l’ultima, infine, ha una funzione spiccatamente specialpreventiva, ed è appunto finalizzata ad evitare che la società delinqua nuovamente.
Anche l’apparato sanzionatorio è stato arricchito di nuovi elementi, la cui mancanza nella disciplina delle consequencias accesorias, aveva suscitato critiche in dottrina [13]. Oltre alle sanzioni già presenti nel panorama legislativo (chiusura dell’impresa o di suoi stabilimenti, dissoluzione della società, sospensione di attività dell’impresa, amministrazione giudiziaria e proibizione di realizzare negozi giuridici dello stesso tipo di quelli da cui sono scaturiti fatti di reato) vengono ora aggiunte altre due tipologie sanzionatorie di primaria importanza: la multa e il divieto di ottenere sovvenzioni pubbliche, sgravi fiscali e di contrattare con la Pubblica amministrazione per un periodo che non potrà eccedere i cinque anni.
La multa rappresenta la sanzione principe nella lotta alla criminalità di stampo economico, proprio perché esplica al massimo la sua funzione punitiva nell’ambito dei reati di profitto, e non è un caso che, anche in quest’ambito, la legislazione spagnola si richiami alla disciplina statunitense (in cui le fines rappresentano le sanzioni principali applicabili in ambito di corporate crime) e a quella italiana (che, come noto, commina sempre la sanzione pecuniaria in caso di accertamento della responsabilità amministrativa dell’ente).
Anche il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione e l’esclusione da sovvenzioni ed agevolazioni rappresenta un importante passo avanti nella lotta ai reati d’impresa; tali sanzioni sono infatti dotate di una grande forza generalpreventiva poiché vanno a colpire aspetti vitali dell’attività economica; ancora una volta non si può fare a meno di notare il parallelismo con la normativa italiana e con molte leggi regionali, sempre italiane, che prevedo l’esclusione da agevolazioni o da gare di appalto per le imprese che non risultino compliant con il d.lgs. 231/2001.
Inoltre, il progetto di legge prevede che possa essere applicata in sede cautelare anche la misura dell’amministrazione giudiziaria, oltre alla chiusura di stabilimenti e alla sospensione di attività sociali, già previste dalla vigente disciplina. La novità merita apprezzamento, data la ratio cautelare ispiratrice della misura dell’amministrazione giudiziaria, di cui si è avuto modo di accennare nella prima parte del lavoro[14].
Onde evitare facili elusioni della normativa attraverso fittizie operazioni di ingegneria societaria, il progetto di legge afferma esplicitamente che la trasformazione, la scissione e la fusione non estinguono la responsabilità penale dell’impresa, che si traslerà sulle società nascenti dalle operazioni. Il testo normativo prende poi in considerazione il caso di estinzione fittizia della società, ovvero quando l’ente, pur se formalmente sciolto per evitare di incorrere in sanzioni, continui ad operare nel mercato; in tal caso, infatti, la sanzione continuerà a rivolgersi nei confronti della società di fatto concretamente operante.
Infine, il progetto di legge incide sul dettato dell’art. 129 c.p., il quale permane quale risposta sanzionatoria facoltativa in chiave eminentemente preventiva e con riferimento alla generalità dei fatti di reato, senza necessità di espressa previsione normativa[15].
 
 


[1] I reati presupposto sono i seguenti: reati di esibizionismo, pornografia e prostituzione, commercio di bambini, reati contro la proprietà intellettuale, reati contro la proprietà industriale, reati relativi al commercio e ai consumatori, reati di resistenza al controllo di supervisione dei soggetti legittimati da parte degli istituti di credito, ricettazione, riciclaggio, reati contro l’ambiente, reati di frode alimentare, traffico di droga, trafico de influencias, reato di associazione illecita.
[2] Per la verità questo tipo di sanzione è applicabile anche nei reati relativi al commercio ed ai consumatori ed in quelli di resistenza al controllo di supervisione dei soggetti legittimati da parte degli istituti di credito, poiché per tali fattispecie il codice opera un generico rinvio all’art. 129 c.p., restando quindi in capo al giudice la facoltà di scegliere in concreto la tipologia sanzionatoria applicabile. MENGHINI, Conseguencias accesorias e responsabilità delle persone giuridiche, in Le strategie di contrasto alla criminalità organizzata nella prospettiva del diritto comparato, a cura di FORNASARI, Padova 2002.
[3] DE MAGLIE, L’etica e il mercato, la responsabilità penale delle società, Milano 2002
[4] ZUGALDIA ESPINAR, Las consecuencias accesorias aplicables como penas a las personas juridicas en el cp espanol, rintracciabile in rete all’indirizzo: http://www.unifr.ch/ddp1/derechopenal/anuario/97_98/pdf/Zugaldia.pdf
[5] MENGHINI, Le sanzioni penali a contenuto interdittivo, Torino 2008.
[6] Proprio per ovviare a questo tipo di inconvenienti il legislatore italiano ha previsto, all’art. 8 del d.lgs. 231/2001, una forma di autonomia della responsabilità dell’ente, prevedendo che la corresponsabilizzazione possa scattare anche qualora l’autore del reato non sia identificato o non sia imputabile. La previsione ha però allargato le maglie dogmatiche del decreto, poiché, come ha fatto notare parte della dottrina, in tal caso non si è di fronte ad un vero e proprio reato, poiché il fatto delittuoso mancherebbe necessariamente dell’elemento soggettivo, individuabile solo in relazione alla persona fisica. Per una disamina della disciplina, con un tentativo di individuare un compromesso esegetico che lasci inalterato l’impianto del decreto, si veda TRIPODI, “Situazione organizzativa” e “ colpa in organizzazione”: alcune riflessioni sulle nuove specificità del diritto penale dell’economia, in Rivista trimestrale di diritto penale dell’economiaRiv. trim. dir. pen. econ., 2004, 483 e ss..
[7] MENGHINI, Le sanzioni penali op. cit.
[8] Per una ricostruzione delle tendenze dottrinali si veda MENGHINI,  Conseguencias accesorias op. cit.
[9] ZUGALDIA ESPINAR, Las consecuencias, op. cit.
[10] Sentenza Ozturk, del 21 febbraio 1984, in Riv. it. dir. proc. pen., 1985, con nota di PALIERO, < dell’uomo: una questione << classica>> a una svolta radicale.
[11] Si riportano degli estratti del progetto di legge:
PROYECTO DE LEY 121/000119 Orgánica por la que se modifica la Ley Orgánica 10/1995, de 23 de noviembre, del Código Penal.
(…)
Segundo.
Se añade el artículo 31 bis, que tendrá la siguiente redacción:
«1. En los supuestos previstos en este Código, las personas jurídicas serán penalmente responsables de los delitos cometidos, por cuenta o en provecho de las mismas, por las personas físicas que tengan en ellas un poder de dirección fundado en la atribución de su representación o en su autoridad, bien para tomar decisiones en su nombre, bien para controlar el funcionamiento
de la sociedad.
En los mismos supuestos, las personas jurídicas serán también penalmente responsables de los delitos cometidos, en el ejercicio de actividades sociales y por cuenta y en provecho de las mismas, por quienes, estando sometidos a la autoridad de las personas físicas mencionadas en el párrafo anterior, han podido realizar los hechos por no haberse ejercido sobre ellos el debido control.
2. La responsabilidad penal de las personas jurídicas no excluirá la de las personas físicas a que se refiere el apartado anterior, ni la de éstas excluirá la responsabilidad penal de aquéllas. Cuando como consecuencia de los mismos hechos se impusiere a ambas la pena de multa, los Jueces o tribunales modularán las respectivas cuantías de modo que la suma resultante no sea desproporcionada en relación con la gravedad de aquéllos.
3. La concurrencia, en las personas que materialmente hayan realizado los hechos o en las que los
hubiesen hecho posibles por no haber ejercido el debido control, de circunstancias eximentes de la responsabilidad penal o de circunstancias que la atenúen o agraven no excluirá ni modificará la responsabilidad penal de las personas jurídicas, sin perjuicio de los que se dispone en el apartado siguiente.
4. Serán circunstancias atenuantes de la responsabilidad penal de las personas jurídicas haber realizado, con posterioridad a la comisión del delito y a través de sus representantes legales, las siguientes actividades:
a) Haber procedido antes de conocer que el procedimiento judicial se dirige contra ella, a confesar la
infracción a las autoridades.
b) Haber colaborado en la investigación del hecho aportando pruebas, en cualquier momento del proceso, que fueran nuevas y decisivas para declarar su responsabilidad.
c) Haber reparado o disminuido sus efectos en cualquier momento del procedimiento y con anterioridad a la celebración del juicio oral el daño ocasionado por el delito.
d) Haber establecido, antes del comienzo del juicio oral, medidas eficaces para prevenir y descubrir los delitos que en el futuro pudieran cometerse con los medios o bajo la cobertura de la persona jurídica.
5. Las disposiciones relativas a la responsabilidad penal de las personas jurídicas se aplicarán a las asociaciones, las fundaciones y las sociedades.»
Tercero.
Artículo 33. Se modifica la letra j) del apartado 3, se añaden las letras l), m) y n) al apartado 3, se modifica la letra g) del apartado 4 y se añade un apartado 7, con el siguiente contenido:
(..)
«7. Las penas aplicables a las personas jurídicas, que tienen todas al consideración de graves, son las siguientes:
a) Multa por cuotas o proporcional.
b) Disolución de la persona jurídica. La disolución producirá la pérdida definitiva de su personalidad
jurídica, así como la de su capacidad de actuar de cualquier modo en el tráfico jurídico, o llevar a cabo cualquier clase de actividad, aunque sea lícita.
c) Suspensión de sus actividades por un plazo que no podrá exceder de cinco años.
d) Clausura de sus locales y establecimientos por un plazo que no podrá exceder de cinco años.
e) Prohibición de realizar en el futuro las actividades en cuyo ejercicio se haya cometido, favorecido o
encubierto el delito. Esta prohibición podrá ser temporal o definitiva. Si fuere temporal, el plazo no podrá exceder de quince años.
f) Inhabilitación para obtener subvenciones y ayudas públicas, para contratar con las Administraciones públicas y para gozar de beneficios e incentivos fiscales o de la Seguridad Social, por un plazo que no podrá exceder de quince años.
g) Intervención judicial para salvaguardar los derechos de los trabajadores o de los acreedores por el
tiempo que se estime necesario que no podrá exceder de cinco años.
La clausura temporal de los locales o establecimientos, la suspensión de las actividades sociales y la intervención judicial podrán ser acordadas también por el Juez Instructor como medida cautelar durante la instrucción de la causa.»
[12] Si veda nota 8.
[13]ADAN NIETO MARTIN, La responsabilidad penal de las personas jurídicas: esquema de un modelo de responsabilidad penal, reperibile in rete all’indirizzo http://www.alfonsozambrano.com/doctrina_penal/resp_personas_juridicas.pdf
[14] Si veda nota 5.
[15] MENGHINI, Le sanzioni penali op. cit.

Pazienza Stefano

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