La responsabilità dell’amministratore per gli infortuni subiti dai dipendenti dell’impresa appaltatrice

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Introduzione

L’art. 26, titolo I capo III, e gli artt. 88 e ss., titolo IV capo I, del D.lgs. 09/04/2008, n. 81, c.d. T.U. in materia di salute e sicurezza nei luoghi lavoro (emanato in attuazione dell’art. 1 della legge delega 03/08/2007, n. 123; c.d. Legge Bosetti – Gatti), disciplinano gli obblighi di sicurezza, e le conseguenti responsabilità per gli infortuni sul luogo di lavoro, gravanti sul datore di lavoro-committente in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all’impresa appaltatrice, o a lavoratori autonomi.

Com’è noto, le norme antinfortunistiche (e quella generale di cui all’art. 2087 c.c.), destinate a trovare applicazione anche in campo condominiale, costituiscono lo standard minimo predisposto dal legislatore per garantire la sicurezza dei luoghi di lavoro, ed introducono a tal fine una normativa molto rigorosa sotto il profilo della responsabilità per gli infortuni che possono colpire i lavoratori, laddove questi siano riconducibili ad una negligente osservanza delle misure precauzionali da parte di chi è onerato a tal fine: il committente-datore di lavoro (nel nostro caso l’amministratore di condominio).

Il problema che ci occupa non è di poco conto, e merita di essere analizzato alla luce delle recenti posizioni giurisprudenziali in materia, che sembrano muovere verso un graduale superamento del modello tradizionale (c.d. iperprotettivo), interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro, quale soggetto “garante” investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori e come tale sempre responsabile per gli infortuni subiti dai lavoratori.

Il nuovo modello (definito da alcuni “collaborativo”), costituisce espressione del “principio dell’affidamento” ed è più attento ad una ripartizione dei doveri e degli obblighi e delle responsabilità tra i vari soggetti coinvolti, compresi i lavoratori.

 

1. La posizione dell’amministratore di condominio alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale in materia

Com’è noto, l’amministratore di condominio che procede direttamente all’organizzazione e direzione dei lavori nell’interesse del condominio, assume la posizione tipica del datore di lavoro. Laddove stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori, ove la delibera assembleare gli riconosca autonomia di azione e concreti poteri decisionali, l’amministratore può assumere, altresì, la posizione di “committente”.  Tale specifica qualifica implica delle particolari conseguenze di non poco conto: l’amministratore sarà tenuto (ex art. 26 d.lgs. n. 81/2008) all’osservanza di alcuni specifici obblighi di verifica della idoneità tecnico professionale della impresa appaltatrice; di informazione sui rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro; di cooperazione e coordinamento nella attuazione delle misure di prevenzione e protezione (Cass. pen., sez. III, 18/09/2013, n. 42347).

La presenza di un contratto di appalto, quindi, non esonera il committente dalle responsabilità connesse alla mancata osservanza degli obblighi imposti dalla legge in materia di sicurezza sul lavoro.

Il committente-datore di lavoro amministratore di condominio, in quanto titolare di una posizione di garanzia, sarà invece corresponsabile assieme all’appaltatore, in caso di infortunio del lavoratore, qualora l’evento si colleghi casualmente anche alla sua colposa omissione nella cooperazione all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione, (ciò avviene, ad esempio, quando abbia consentito l’inizio dei lavori in presenza di situazioni di fatto pericolose, o abbia omesso l’adozione delle misure di prevenzione prescritte).

 In giurisprudenza, quindi, è consolidata l’idea che, in caso di infortunio sul lavoro, possano aversi “intrecci di responsabilità” coinvolgenti non solo l’appaltatore, ma anche il  committente ogni qual volta l’evento sia riconducibile all’inosservanza del coacervo degli specifici obblighi positivi di verifica, informazione e cooperazione (Cass. pen.  Sez. IV, 17 gennaio 2008, n. 13917, Cigalotti; cfr. Cass. pen., sez. IV, 25 settembre 2009, n. 37840; Id. Sez., III, 19 gennaio 2009, n. 1825; Id., Sez. IV, 7 novembre 2008, n. 41815).

Detta responsabilità del committente, tuttavia, non è di automatica applicazione, non potendosi esigere da quest’ultimo un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori, essendo piuttosto necessario verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nella produzione dell’evento, nonché avuto riguardo a diversi fattori che operano in concreto: criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera; capacità organizzative della ditta appaltatrice; specificità dei lavori da eseguire; all’ingerenza del committente nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera; nonchè alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (così Cass. Pen., Sez. 4^, n. 3563, 30 gennaio 2012; v. Sezione 4, 29 aprile 2008, n. 22622, Barzagli).

Ovviamente, la prova di aver operato con diligenza tutti gli obblighi gravanti sarà ardua da fornire e sarà forte il rischio che la responsabilità venga fatta ricadere proprio sull’amministratore- committente-datore di lavoro.

Tuttavia, la situazione potrebbe mutare in presenza di un’adeguata struttura organizzativa: al ricorrere di alcune condizioni, infatti, anche l’amministratore di condominio (committente-datore di lavoro) può essere esonerato da responsabilità per gli infortuni sui lavori.

 

2. Il coordinatore per l’esecuzione dei lavori

Il primo passo verso tale direzione consiste nella nomina del “coordinatore per l’esecuzione dei lavori”.

Tale figura, introdotta dal D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5 (in attuazione della direttiva 92/57/CEE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute nei cantieri temporanei o mobili) ha il compito di assicurare: il collegamento tra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la migliore organizzazione; di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori, di vigilanza sul rispetto del piano stesso; di sospendere, in caso di pericolo grave ed imminente, le singole lavorazioni, segnalando al committente, o al responsabile dei lavori, le inosservanze alle disposizioni di cui al citato decreto (Cassazione Pen., sez. IV, 20/03/2013, n. 18651; Id., Sez. IV, 18/04/2013, n. 31296).

Il datore di lavoro committente, nell’ipotesi di un cantiere temporaneo o mobile, oltre che alla valutazione dei rischi ai sensi dell’art. 17 d.lg. n. 81 del 2008, è tenuto: a) nel caso di appalto interno conferito ad una sola impresa o ad un singolo lavoratore autonomo, a redigere il documento di valutazione dei rischi di cui all’art. 26, comma terzo, del d.lg. n. 81 del 2008; b) nel caso in cui i lavori contemplino l’opera di più imprese o lavoratori autonomi, anche in successione tra loro, a nominare il coordinatore per la progettazione, il quale, ai sensi dell’art. 91 del citato d.lg., deve redigere il piano di sicurezza e di coordinamento, che ha valore di documento di valutazione del rischio interferenziale (Cassazione penale, sez. IV, 04/02/2016, n. 11384; Id. Sez. 4, n. 14167 del 12/03/2015, Marzano, Rv. 263150).

La presenza del coordinatore è indispensabile, ai sensi dell’art. 3, comma 3 D.Lgs. n. 494 del 1996, nei casi in cui si tratti di cantieri con un numero elevato di lavoratori (pari o superiore a 200 uomini al giorno), ovvero nei cantieri i cui lavori comportino rischi particolari (i lavori che espongano i lavoratori a rischi di caduta dall’alto d’altezza superiore a metri due, se particolarmente aggravati dalla natura dell’attività o dei procedimenti attuati, oppure dalle condizioni ambientali del posto di lavoro o dell’opera ex allegato II;).

Il coordinatore della sicurezza per l’esecuzione dei lavori, quindi, è anch’esso titolare di una posizione di garanzia e di vigilanza sul generale espletamento delle lavorazioni, che ordinariamente afferiscono ai cantieri, e per tutto il tempo necessario per la completa esecuzione dell’opera (Cassazione penale sez. IV, 07/01/2015, n. 3809).

 

3. Il responsabile dei lavori

La responsabilità del committente, tuttavia, non può dirsi del tutto esclusa neppure in presenza di un coordinatore, poiché sarà necessario un ulteriore adempimento: è necessaria, infatti, la nomina del c.d. responsabile dei lavori, previo effettivo riscontro della sussistenza di rigorosi ed ineludibili requisiti di forma, a cui il committente dovrà delegare, ex art. 16 cit., i poteri finanziari e decisionali dei lavori. L’effetto sarà quello della interposizione di un altro soggetto nella catena  della responsabilità “a cascata”: con ciò sciogliendo ogni dubbio sulla soluzione del problema di identificare il soggetto penalmente responsabile della violazione eventualmente commessa nell’espletamento dei compiti trasferiti e con conseguente esonero del committente.

Ciò si verifica grazie alla c.d. delega di funzioni, che comporta l’effettivo trasferimento di compiti, di mansioni e delle connesse responsabilità, anche penali dal titolare originario ad altri soggetti (Cass. Pen., sez. IV. 28 gennaio 2009, n. 4123).

In virtù dell’orientamento giurisprudenziale prevalente può sostenersi che non si potrà addivenire ad una affermazione di responsabilità in capo all’amministratore/datore di lavoro laddove lo stesso si sia avvalso dell’istituto della delega di funzioni nel pieno rispetto dei criteri elaborati dalla giurisprudenza ed oggi consacrati nell’art. 16 del d. lgs. n. 81/2008.

 

4. La condotta imprudente del lavoratore e le ipotesi di esonero da responsabilità del committente

Fatte queste importanti considerazioni resta da precisare un ultimo aspetto: si è detto che il datore di lavoro, in quanto titolare di una posizione di garanzia in ordine all’incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici, vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori l’osservanza delle regole di cautela. Tuttavia, la sua responsabilità può essere esclusa anche laddove l’evento “infortunistico” sia causato da un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e, comunque, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come evento del tutto imprevedibile o inopinabile (da ultimo, Cass. pen.,  Sez. IV, 17/10/2014, n. 3787, Bonelli).

Deve invero tenersi ben fermo il principio in base al quale, ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorre verificare se l’evento è scaturito sul piano causale da detta condotta omissiva, avuto appunto riguardo, da un lato, alla specificità operativa e organizzativa dei lavori in corso di esecuzione, nel cui ambito l’evento si è verificato; e, dall’altro, all’incidenza concreta che la ridetta condotta omissiva ha avuto sul prodursi di esso (Cass. Pen., sez. IV, 06/05/2016, n. 24136). Il giudizio controfattuale deve, in sostanza, essere operato non solo mediante l’individuazione del comportamento alternativo diligente (ossia ciò che avrebbe dovuto fare il committente), ma anche attraverso la specifica individuazione delle condotte doverose che, se poste in essere, avrebbero ragionevolmente impedito l’evento, in assenza di decorsi causali alternativi ed indipendenti (Cass. pen., Sez. IV, 18/01/2012, n. 3563, Marangio; più recentemente, Id., Sez. IV, 15/07/2015, n.44131, Heqirni e altri).

Occorre quindi distinguere: di certo, non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre comunque all’insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente (Sez. 4, Sentenza n. 7364 del 14/01/2014, Scarselli, Rv. 259321). In tali casi, il datore di lavoro ha omesso il rispetto di regole cautelari codificate su di lui gravanti e non può certo parlarsi di imprevedibilità del rischio.

Da tale situazione devono distinguersi, invece, le ipotesi di eventi di carattere abnorme ed eccezionale tali da apparire, ad una valutazione ex ante, inverosimili.

Con la sentenza n. 24139 dell’11/5/16 (depositata il 10/6/16) la Suprema Corte ha ribadito la regola generale, secondo la quale il datore di lavoro è sempre responsabile, ma la decisione  sembra aver aperto anche un nuovo fronte, laddove afferma che il sistema della normativa antinfortunistica si è evoluto, passando da un modello iperprotettivo, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro, quale soggetto garante, ad un modello collaborativo, in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori (in tal senso anche (Cass., IV sez. pen., 10/02/16 n. 8883, Santini e altro; Cass., IV sez. pen., 5/5/15 n. 41486, Viotto).

Ciò comporta che, in dette ipotesi, il giudice deve verificare se l’infortunio subito dal lavoratore rientri nell’area di rischio che le norme antinfortunistiche erano destinate a garantire per le modalità con le quali l’intervento medesimo è stato realizzato, tenendo conto dell’espletamento dei doveri di controllo e vigilanza e delle precise direttive organizzative impartite, che gravano sulle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro.

Solo nel caso in cui l’esito di tale valutazione sarà positivo potrà affermarsi la responsabilità del datore di lavoro; per contro, laddove si accerti il carattere abnorme ed eccezionale causato dalla sola condotta del lavoratore, non vi potrà essere alcuna responsabilità per il committente (c.d. principio di auto responsabilità del lavoratore).

Questo filone giurisprudenziale, quindi, comincia ad abbandonare il criterio della responsabilità “oggettiva” del datore di lavoro, per dare spazio a quello della prevedibilità intesa come dominabilità umana del fattore causale (v. quotidiano giuridico 23/06/2016, con nota del Magistrato Donato D’Auria).

Conclusioni

Alla luce delle considerazioni condotte, dell’esame della normativa e della prevalente giurisprudenza in materia è possibile giungere ad alcune conclusioni.

Il datore di lavoro è il primo e principale destinatario degli obblighi di assicurazione, osservanza e sorveglianza delle misure e dei presidi di prevenzione infortunistica, proprio in forza delle disposizioni specifiche previste dalla normativa antinfortunistica (e di quella generale di cui all’art. 2087 c.c.), con la conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l’evento lesivo gli viene addebitato in forza del principio stabilito dall’art. 40 del c.p.

Egli potrà, in linea generale, liberarsi da responsabilità solo avvalendosi di una struttura organizzativa complessa, ossia avvalendosi della collaborazione di altri soggetti: il coordinatore dei lavori e il responsabile dei lavori (delegato).

Tuttavia anche in assenza di un’adeguata organizzazione, il datore di lavoro, il quale abbia fornito tutti i mezzi idonei alla prevenzione ed abbia adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, non risponderà neppure dell’evento derivante da una condotta imprevedibilmente colposa del lavoratore.

Tale risvolto giurisprudenziale, da un lato, responsabilizza il lavoratore e, dall’altro, tende ad una personalizzazione della responsabilità penale del datore di lavoro, evitando di incorrere nell’affermazione di una responsabilità c.d. oggettiva, di mera posizione del datore di lavoro.

Avv. Nicotra Antonio

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