La rappresentanza degli interessi collettivi nelle aziende sanitarie: tra sindacati e sistema delle professioni

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            Il doppio canale di rappresentanza
 
La gestione del personale non è mai un rapporto unidirezionale (cioè dall’azienda ai lavoratori): il lavoro, in tal senso, è fattore produttivo del tutto eccezionale rispetto agli altri, poiché prestato da persone. Il rapporto tra azienda e lavoratori è complesso e non si risolve in un mero acquisto di tempo di lavoro, ma implica una relazione. In questo breve lavoro prenderemo in esame il rapporto tra azienda e lavoratori in quanto relazione tra due soggetti di composita articolazione, spesso mediata dallo Stato o comunque da agenzie pubbliche e di composizione degli interessi.
Gli interessi collettivi dei lavoratori che operano in forma organizzata all’interno delle aziende trovano una loro rappresentanza tipica nelle organizzazioni sindacali. Di conseguenza, il sistema dei rapporti mediati da tali organizzazioni è appunto detto sistema delle relazioni sindacali.
Nelle aziende sanitarie tuttavia questa forma di rappresentanza collettiva va in parallelo con quella offerta dai gruppi professionali, e cioè dal sistema delle professioni, con le sue associazioni oppure, per le professioni pienamente istituzionalizzate, attraverso gli ordini e i collegi.
Tale quadro di relazioni ha portato a un doppio canale di rappresentanza: quello delle associazioni professionali, che è espressione delle istanze di legittimazione e posizionamento sociale, e quello dei sindacati, più attivo nella difesa dei diritti dei lavoratori e nel miglioramento delle condizioni organizzative interne alle aziende, tenendo conto della compatibilità a livello di sistema con gli interessi di altre categorie di lavoratori.
La prima forma di rappresentanza si esplicita soprattutto a livello di contesto normativo esterno: sul livello quindi della regolamentazione dell’intero sistema sanitario. Essa persegue una strategia in genere elitaria e corporativa, di chiusura in difesa degli interessi dei propri membri o di erosione dei campi di attività tradizionalmente svolte dai gruppi professionali più potenti o che hanno uno status considerato più elevato. Le professioni codificate agiscono in particolare sulle leve collegate al riconoscimento professionale, al controllo del mercato, dei percorsi formativi, dei processi di abilitazione, allo status sociale della categoria. Le professioni riservano invece un’importanza minore agli aspetti legati all’organizzazione del lavoro nelle singole aziende. Nel tempo, però, la rappresentanza, nata come istanza tipicamente professionale, ha spesso adottato metodi, strumenti e vesti “giuridiche” proprie delle strutture sindacali direttamente impegnate sul terreno del conflitto e della contrattazione collettiva. E’ questa l’evoluzione di tanti sindacati di categoria o professionali, che si trovano ad agire accanto a organizzazioni che sono espressione diretta del mondo sindacale, quali quelle appartenenti alle confederazioni maggiori (CGIL, CISL e UIL).
La tutela dei lavoratori offerta dalle organizzazioni che fin dall’inizio sono nate come sindacati, è invece meno attenta alle logiche professionali (anche perchè espressione di interessi generali del mondo del lavoro) e più direttamente coinvolta nel miglioramento delle condizioni di lavoro all’interno delle organizzazioni: orari, carichi di lavoro, ferie, riposi, retribuzione.
Proprio per tener conto di questo complesso sistema di relazioni, si adotta qui l’espressione “rappresentanza collettiva”, che definisce un insieme di relazioni più ampie delle sole relazioni sindacali.
 
 
            I collegamenti tra i due tipi di rappresentanza
 
Le relazioni tra i due tipi di rappresentanza sono complesse, con una specializzazione dei canali a seconda degli interessi che di volta in volta sono difesi o degli obiettivi che si vogliono perseguire. In generale, le logiche di rappresentanza professionale sono assai forti per la difesa degli interessi all’interno dell’arena rappresentata dal sistema sanitario nel suo complesso. Il quadro cambia almeno in parte quando dal sistema si passi a considerare la singola azienda. In tal caso recuperano forza i sindacati politici, non professionali, o addirittura le rappresentanze sindacali unitarie (RSU) costituite a livello di singola azienda, spesso più efficaci nel promuovere gli interessi organizzativi dei singoli all’interno del contesto lavorativo. Col risultato che l’infermiere iscritto alla CGIL FP si sentirà vicino all’IPASVI nel momento in cui si discute il CCNL e ancor più si dibattono – anche a livello regionale – le declaratorie delle mansioni svolte dagli infermieri, salvo poi tornare alla CGIL per le funzioni di assistenza più tipiche (es. per l’assistenza nella compilazione della dichiarazione dei redditi) o per la tutela dei diritti organizzativi (es. nel caso di una valutazione negativa delle prestazioni individuali o di una mancata conferma in un incarico gestionale).
L’interazione tra i due tipi di rappresentanza – professionale e sindacale – dà luogo a organizzazioni specifiche del sistema sanitario, le quali risultano dalle possibili combinazioni di tre distinte dimensioni: gruppo professionale di appartenenza, ruolo assunto sul mercato del lavoro o all’interno delle organizzazioni, orientamenti politici generali. Un primo posizionamento secondo queste tre dimensioni (organizzativa, professionale e politica) di alcune tra le sigle sindacali che operano nel sistema sanitario italiano è offerto dalla sottostante tabella 1.
 
Dimensione
Politica
Professionale
Organizzativa
 
Organizzativa
 
ANAAO-ASSOMED – CIMO-ASMD – SINAFO – FIMMG – ACOI – AMCO – SIMET – ANPO –
Sindacati di ruolo
CIDA- SIDIRSS – SIDAS
 
Professionale
CGIL medici – CISL Medici – SUMI…
Sindacati professionali
AIPAC – AUPI – SIVEMP – SNABI – SNR – Nursing UP,…
 
 
Politica
Sindacati politici
CGIL FP – CISL FPS – UIL FPL,…
 
 
 
Le tre combinazioni che si trovano sulla diagonale della tabella (sindacati politici, professionali e di ruolo) rappresentano i modelli politico, professionale e organizzativo “puri”. Nelle altre celle includono invece le organizzazioni di natura mista.
Per esempio, la CGIL FP è un sindacato politico puro, poiché gli iscritti appartengono a diversi profili professionali e non sono riconducibili ad alcun ruolo organizzativo predefinito. Nursing UP, rappresentando il personale infermieristico, a prescindere dalla sua collocazione organizzativa o dai suoi orientamenti politici, costituisce invece un esempio di sindacato professionale puro. Il CIDA-SIDIRSS, infine, raccoglie dirigenti amministrativi, i quali dunque svolgono un ruolo preciso all’interno delle organizzazioni, a prescindere dai loro percorsi formativi o dai loro orientamenti politici: per tale motivo, nello schema soprastante rappresenta un esempio di sindacato organizzativo puro.
Passando a considerare le organizzazioni di tipo misto, l’ANAAO (Associazione nazionale aiuti e assistenti ospedalieri) combina l’appartenenza professionale (medici, almeno in origine) e il ruolo organizzativo svolto (dirigente non primario che opera in ospedale, almeno in origine). La CGIL Medici combina invece l’appartenenza professionale (medici) all’orientamento politico, a prescindere dalla collocazione organizzativa degli iscritti.
 
 
            I fattori di rilevanza della rappresentanza collettiva
 
L’influenza della rappresentanza collettiva nel determinare le condizioni di lavoro, le mansioni svolte dai singoli e dai gruppi professionali ecc., dipendono da più fattori e, almeno in parte, determinano tassi di sindacalizzazione e associazionismo più o meno elevati. Nel caso delle organizzazioni professionali, è possibile individuare almeno tre principali fattori che, combinandosi tra loro, influenzano in modo variabile la forza, la struttura e l’azione delle organizzazioni di rappresentanza:
  • l’autonomia professionale: questa, lo status di professionista, l’origine che tale status ha nell’esercizio di professioni liberali e di pratiche individuali, sono elementi che indeboliscono la comune appartenenza dei singoli all’azienda e quindi l’azione collettiva trasversale rispetto alle appartenenze professionali. In altre parole, l’autonomia professionale e la tradizione dell’esercizio in forma di pratica individuale indeboliscono il ruolo della rappresentanza degli interessi collettivi;
  • la regolamentazione professionale (mercato del lavoro, qualifiche professionali, mansioni svolte dalle singole professioni): se l’autonomia professionale implica un debole sentimento organizzativo, d’altro canto l’estesa regolamentazione professionale presente nel sistema sanitario rende l’azione collettiva fondata sulla medesima appartenenza professionale un fattore assai efficace nella definizione delle condizione di lavoro complessive. La regolamentazione pubblicistica contribuisce a creare (o riconosce e legittima)[1] le professioni e, così facendo, crea anche gli interlocutori naturali chiamati a definire e cogestire il funzionamento del mercato del lavoro, l’assegnazione delle responsabilità e delle competenze di ciascun gruppo professionale;
  • la delega e il decentramento della gestione del personale: la natura professionale delle aziende sanitarie rende necessario improntare la gestione del personale a un forte decentramento, che deleghi attività importanti di gestione dal livello centrale alla linea produttiva. Se la delega è forte, l’azienda in realtà sta chiamando i propri professionisti a concertare le politiche di sviluppo del personale e a gestire l’azienda, riducendo la necessità e gli spazi per il confronto tra interessi contrapposti e quindi per la rappresentanza sindacale. Delegando responsabilità di gestione via via crescenti a dirigenti e quadri, questi di fatto sono progressivamente cooptati nei processi decisionali, rendendo meno evidente la necessità di un’intermediazione sindacale per la tutela dei propri diritti.


[1] Nel contesto culturale del mondo anglosassone, i processi di professionalizzazione si sono svolti in modo abbastanza autonomo rispetto alla regolamentazione pubblica, salvo poi essere da questi legittimati e rafforzati. In altri contesti, ad esempio quello tedesco, il ruolo dell’autorità pubblica è stato invece assai più attivo fin dalla nascita delle professioni e nel loro processo di sviluppo. Anche nel nostro paese il ruolo dello Stato ha assunto rilevanza variabile per le varie professioni. Nel caso delle professioni sanitarie più recenti, è possibile affermare che in alcuni casi lo Stato si è fatto promotore attivo del processo di professionalizzazione.

Franzoni Alessio

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