Riforma Cartabia: la ragionevole previsione di condanna

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Come è noto, l’art. 425, co. 3, cod. proc. pen. è stato modificato dalla riforma c.d. Cartabia.
In particolare, se prima era previsto che il “giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio”, è adesso previsto, per effetto dell’art. 23, co. 1, lett. l), d.lgs., 10/10/2022, n. 150, che il “giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna”.
Orbene, scopo del presente scritto è quello di provare a formulare delle prime considerazioni in ordine alle concrete ricadute applicative, in sede giudiziale, che scaturiranno dalla presente novella legislativa la quale, come rilevato da parte dello stesso ufficio Massimario della Cassazione, “amplia ulteriormente il potere prognostico del Gup[1] con tali effetti da far sì che, sempre ad avviso di questo ufficio, questa ““diversa” prognosi dovrebbe consentire una maggiore capacità di ridurre il carico dibattimentale[2].

Indice

1. Criticità applicative

Orbene, senza entrare eccessivamente nel merito di cosa si debba intendere per “ragionevole previsione di condanna” (su tale aspetto, mi permetto di segnalarvi il mio libro edito dalla Maggioli editore, La riforma Cartabia della giustizia penale, p. 288 e ss.), scopo del presente scritto, come accennato poco prima, è circoscritto a provare a comprendere, per l’appunto, quali criticità applicative potranno conseguire alla luce di tale riforma che, sicuramente, rappresenta una delle innovazioni più importanti apportate, in materia di procedura penale, da siffatta riforma.
Premesso ciò, va innanzitutto fatto presente che una delle prime pronunce che si è occupata di siffatta novità legislativa, vale a dire la sentenza n. 1046 del 2022 emessa dal Tribunale di Milano (ufficio G.U.P., Dott.ssa Pasquinelli), ha evidenziato che, con questa “nuova” formulazione dell’art. 425, co. 3, cod. proc. pen., la “prognosi del GUP rispetto agli esiti del dibattimento sta entrando (…) di diritto tra i criteri della deliberazione dell’udienza preliminare” fermo restando, e questo è un dato che riprenderemo successivamente in considerazione nella trattazione di questo scritto, seppur in parte e in modo diverso, un esito non necessariamente negativo, in tale caso, vale a dire la sussistenza di un impianto probatorio non sufficientemente solido da far prevedere la possibilità di una pronuncia di condanna all’esito del processo, può anche dipendere dalla sussistenza in atti “di un elemento “a discarico” difficilmente superabile in sede dibattimentale, anche tenuto conto delle potenzialità del dibattimento di integrare le lacune probatorie e/o valutare gli elementi già emersi[3].
Il tema, quindi, che, ad avviso di chi scrive, viene in rilievo in tale passaggio motivazionale, è in che modo gli elementi a discarico, ossia gli elementi favorevoli all’imputato, possano fungere da condizione ostativa ai fini di un giudizio prognostico volto a riconoscere l’impossibilità di formulare una ragionevole previsione di condanna, ossia l’impossibilità di svolgere “una valutazione prognostica ragionevole sul risultato (positivo ndr.) dell’azione[2] che, però, ad ogni modo, non implica, di per sé, una valutazione “sicura e certa” sull’emissione di una sentenza di condanna atteso che, come rilevato dal C.S.M., è la sede dibattimentale il locus ove si forma “la prova su cui si fonda, in maniera del tutto autonoma, il giudizio di condanna”; in altri termini, la fase dibattimentale rimane ad essere la sede eletta “ove dimostrare la colpevolezza dell’imputato senza alcuna inversione dell’onere probatorio e tantomeno della regola di giudizio costituzionalmente cristallizzata (art. 27)[4].
Il problema è quindi strettamente correlato al se una prova a discarico, in questo caso, salvo che sia stato già esperito un incidente probatorio, una fonte di prova (si pensi ad una che sia emersa a seguito di indagini difensive) a discarico, può incidere sul giudizio in questione.
Orbene, la risposta sembra essere positiva alla luce di una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 425, co. 3, cod. proc. pen..
Se infatti consideriamo che ci troviamo già nell’ambito di un processo penale, e non di un procedimento penale, stante quanto previsto dal combinato disposto articoli 60, co, 1, e 405, co. 1, cod. proc. pen., va da sé come non si possa ignorare, in tale frangente procedurale, quanto richiesto dall’art. 111 Cost. che, come è noto, dispone che ogni “processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale” (comma secondo, primo periodo), il che implica, per forza di cose, che, quando il giudice è tenuto a decidere, in sede di udienza preliminare, se emettere sentenza di non luogo a procedere ovvero il decreto che dispone il giudizio nei confronti dell’imputato, la fonte di prova a discarico prodotta dalla difesa, o emergente dallo stesso compendio accusatorio, non può non essere considerata al fine di formulare il giudizio di (non) ragionevole previsione di condanna.
Orbene, a questo punto della disamina, si pone il problema di affrontare un altro quesito, ossia il seguente: in che modo tali elementi a discarico (come anche quelli a carico) possono rilevare nel caso di specie?
Per dare risposta a questo quesito, seppur in modo sommario, bisognerebbe comprendere in cosa consiste questa ragionevole previsione di condanna.

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2. La ragionevole previsione di condanna

Orbene, ribadendo che su tale tematica chi scrive ha già provveduto ad un ampio approfondimento nel suo libro edito dalla Maggioli editore (a cui si rinvia), per quello che rileva in questa sede, corre l’obbligo di rilevare che, secondo taluni studiosi (ARCARO), tale giudizio deve essere espresso nei termini di “maggiori probabilità di condanna rispetto all’assoluzione[5], per altri (CECCHI), invece, non si può procedere ad una perimetrazione teorica di tale concetto, ma sarà piuttosto la prassi giudiziale a delimitarne concretamente il significato[6], per altri ancora (GAITO – LANDI), invece, la valutazione in oggetto, di natura prognostica, secondo parametri di ragionevolezza, deve condurre ad un esito pro reum del dibattimento e quindi, ciò che rileva è una indagine prognostica avente ad oggetto le prospettive di condanna o assoluzione dell’imputato[7]; in altri termini, come rilevato da altra dottrina (SANTORIELLO), (argomentando a contrario),  non dovrebbe essere consentito l’accesso al dibattimento quando il giudice ritiene ragionevolmente, sulla base degli elementi già acquisiti, allo stato degli atti, che in quella sede non verrà pronunciata una sentenza di condanna[8].
Pur tuttavia, fermo restando che al di là del significato che si voglia conferire alle parole “ragionevole previsione di condanna”, le fonti di prova a carico, al pari di quelle a discarico, non potranno non assurgere ad una posizione di pari dignità, per così dire processuale, ogni volta il giudice sia tenuto a decidere in relazione a quanto preveduto dall’art. 425, co. 3, cod. proc. pen., stante quanto richiesto dalla nostra legge fondamentale (nei termini suesposti poco prima).
Detto questo, una ulteriore considerazione, che si deve fare, si basa su quanto rilevato sempre in sede scientifica (SANTORIELLO), e da chi scrive da doversi ritenere del tutto condivisibile, ossia che, nel ritenere insussistente una ragionevole previsione di condanna, come condizione per potere emettere una sentenza di non luogo a procedere a norma della disposizione legislativa appena citata, ciò implica che “il procedimento avanzi alla fase dibattimentale solo se il giudice dell’udienza preliminare ritenga che gli elementi in suo possesso siano sufficienti per la condanna dell’imputato pur nella consapevolezza che la decisione potrebbe essere ribaltata a seguito degli sviluppi dell’istruttoria dibattimentale – di cui però il giudice dell’udienza preliminare non deve, e ovviamente non può, tener conto[9].
Ebbene, una chiave di lettura di questo genere si appalesa come un qualcosa sicuramente meritevole di essere condiviso in quanto rispettosa del dettato costituzionale che, come è noto, assume, tra i criteri cardini che devono connotare il nostro ordinamento processualpenalistico, quello consistente dal principio del contradditorio nella formazione della prova (così: art. 111, co. 4, primo periodo, Cost.).
Nell’ipotesi in cui vi siano elementi investigativi che hanno condotto il giudice dell’udienza preliminare, nell’emettere il decreto che dispone il giudizio, a reputare sussistente una ragionevole previsione di condanna, ciò, infatti, non può rappresentare una sorta di giudizio anticipatorio della condanna rispetto al quale il giudice del dibattimento deve limitarsi unicamente ad una sorta di ratifica sulla validità dell’operato compiuto dalla pubblica accusa in sede di indagini preliminare.
Ragionare in questi termini, difatti, comporterebbe uno stravolgimento del nostro sistema processualpenalistico da prevalentemente accusatorio ad una sorta di inquisitorio (mascherato).
Il giudice del dibattimento, invece, potrà giungere ad assolvere l’imputato, anche in presenza di una ragionevole previsione di condanna (ritenuta sussistente in sede di udienza preliminare), laddove, nell’ambito del contradditorio delle parti, le fonti di prova, che avevano indotto il g.u.p. ad emettere il decreto che dispone il giudizio, non abbiano resistito al vaglio dibattimentale, vuoi perché alla luce delle confutazioni difensive (si pensi al controesame), esse sono poi risultate non in grado di potere ritenere l’imputato colpevole del reato ascrittogli, vuoi perché, a seguito delle prove prodotte dalla difesa, sia emersa l’estraneità dell’accusato rispetto ai fatti a lui contestati.
Questa chiave di lettura ermeneutica, in effetti, si ribadisce, appare essere preferibile rispetto ad altre, in quanto maggiormente aderente a quanto richiesto dalla Costituzione.
Ad ogni modo, al di là di queste prima considerazioni sul “nuovo” art. 425, co. 3, cod. proc. pen., non resta che aspettare come questa norma processuale verrà interpretata in sede giudiziale, con particolar riguardo alla posizione che assumerà la Cassazione su tale argomento.

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Al volume è associata un’area online in cui verranno caricati i contenuti aggiuntivi legati alle eventuali novità e modifiche che interesseranno la riforma con l’entrata in vigore.Aggiornato ai decreti attuativi della Riforma Cartabia, pubblicati in Gazzetta Ufficiale il 17 ottobre 2022, la presente opera procede ad una disamina della novella, articolo per articolo.Il Legislatore delegato è intervenuto in modo organico sulla disciplina processualpenalistica e quella penalistica, apportando considerevoli modificazioni nell’ottica di garantire un processo penale più efficace ed efficiente, anche attraverso meccanismi deflattivi e la digitalizzazione del sistema, oltre che ad essere rivolte al potenziamento delle garanzie difensive e della tutela della vittima del reato.La riforma prevede poi l’introduzione della giustizia riparativa, istituto in larga parte del tutto innovativo rispetto a quanto previsto in precedenza dall’ordinamento.Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB). Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica http://diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osservatorio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica.

Antonio Di Tullio D’Elisiis | Maggioli Editore 2022

  1. [1]

    Ufficio del Massimario, Servizio penale, Corte suprema di Cassazione, Rel. n. 2/2023, 5 gennaio 2023, RELAZIONE SU NOVITÀ NORMATIVA LA “RIFORMA CARTABIA”, p. 89.

  2. [2]

    Ibidem, p. 89.

  3. [3]

    Per un commento di questa pronuncia, vedasi: F. MARTIN, Prime applicazioni della Riforma Cartabia: la sentenza di non luogo a procedere del GUP di Milano, in Giurisprudenza penale web, 2022, 8.

  4. [4]

    C.S.M. , Parere sullo schema di decreto legislativo recante delega al governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari – Relatore Consiglieri Celentano – Miccichè – Cerabona,  p. 39.

  5. [5]

    Ibidem, p. 39.

  6. [6]

    M. ARCARO, DALLA SOSTENIBILITÀ DELL’ACCUSA IN GIUDIZIO ALLA RAGIONEVOLE PREVISIONE DI CONDANNA: CAMBIA LA REGOLA DI GIUDIZIO PER L’ARCHIVIAZIONE E IL NON LUOGO A PROCEDERE, 21/07/2022, p. 21, in https://www.penaledp.it/dalla-sostenibilita-dellaccusa-in-giudizio-alla-ragionevole-previsione-di-condanna/?print-posts=pdf.

  7. [7]

    CECCHI, Osservazioni intorno alla “ragionevole previsione di condanna”, Archivio penale 2022, n. 2, p. 28 e p. 29.

  8. [8]

    Argomentando a contrario, A. GAITO – R. LANDI, “L’altare e le (forse inevitabili) vittime”. Osservazioni sul processo penale à la Cartabia, in Archivio penale 2022, n. 2, p. 15 e p. 16.

  9. [9]

    In tal senso, C. SANTORIELLO, Le nuove regole di giudizio della Riforma Cartabia, tra una positiva sinergia e una possibile eterogenesi dei fini, in Archivio penale 2022, n. 2, p. 11.

  10. [10]

    C. SANTORIELLO, Le nuove regole di giudizio della Riforma Cartabia, tra una positiva sinergia e una possibile eterogenesi dei fini, in Archivio penale 2022, n. 2, p. 19.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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