La quantificazione dell’assegno divorzile

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L’assegno divorzile è previsto dall’art. 5, 6° comma, l. 1° dicembre 1970, n. 898, che recita: “Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”.

In primo luogo, dunque, il giudice deve determinare l’an del diritto all’assegno, in base alla mancanza di mezzi adeguati e all’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive: da ciò deriva la tesi secondo cui, a seguito della riforma del 1987, l’assegno avrebbe una natura essenzialmente assistenziale, volta cioè ad evitare un apprezzabile deterioramento delle condizioni economiche di un coniuge[1].

Per quanto riguarda la mancanza di mezzi adeguati, fin da subito la giurisprudenza di merito[2] ritenne che lo svolgimento di un’attività di lavoro dipendente da parte di uno dei coniugi, che dovrebbe far presumere la percezione di una retribuzione sufficiente a far fronte ai normali bisogni di vita, non escludesse, di per sé, il diritto all’assegno di divorzio: piuttosto, l’inadeguatezza dei mezzi economici sussisteva laddove vi fosse una palese e insanabile sproporzione rispetto a quelli di cui godeva l’altro coniuge.

Ma ben presto la Corte di Cassazione[3] adottò un’interpretazione più restrittiva, analoga a quella già utilizzata in materia di separazione, per cui venne ritenuto che al coniuge debole dovesse essere somministrato un assegno di divorzio tale da consentirgli di mantenere lo stesso tenore di vita avuto in costanza di matrimonio[4]. In seguito, la Suprema Corte[5], in nome dell’abbandono di un’anacronistica concezione patrimonialistica del matrimonio e del desiderio di evitare la creazione di posizioni di pura rendita, arrivò addirittura a negare il diritto all’assegno nel caso in cui il coniuge debole disponesse comunque di mezzi adeguati a condurre un’esistenza autonoma e dignitosa[6]

Tuttavia, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 11490 del 29 novembre 1990[7], tornarono alla posizione originaria: nella stessa sentenza, in particolare, gli ermellini chiarirono anche che il venir meno della convivenza fra i coniugi determina, di regola, un aggravio dei costi legato al fatto che alcune risorse, un tempo utilizzabili in comune, devono necessariamente essere divise: di conseguenza, per evitare un ingiustificato privilegio per un coniuge e un insostenibile aggravio per l’altro, ben sarà possibile che il giudice non disponga l’assegno a carico del coniuge che sarebbe tenuto ma che, in concreto, non ne ha le capacità economiche.

La giurisprudenza successiva[8] si è allineata, in maniera pressoché unanime, alla posizione espressa dalle Sezioni Unite, precisando che il tenore di vita da tenere in considerazione sia non soltanto quello effettivamente goduto in costanza di matrimonio, ma anche quello che poteva ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate in costanza del matrimonio stesso[9]. Si è inoltre chiarito che il tenore di vita non va confuso con lo stile di vita, dato che è ben possibile che, pur in presenza di rilevanti possibilità economiche, i coniugi decidano di adottare un stile di vita relativamente frugale[10]. In ogni caso, per la valutazione del tenore di vita non vanno considerate le somme che i familiari, in costanza di matrimonio, abbiano erogato al coniuge a carico del quale si pretende la corresponsione dell’assegno[11].

Dal punto di vista dell’onere probatorio, la dimostrazione del tenore di vita avuto in costanza del matrimonio e della sua attuale condizione patrimoniale compete al coniuge che richiede l’assegno[12]. Inoltre, avendo l’assegno la propria ratio nell’obbligo di solidarietà post-coniugale, non sono da considerare le ragioni che abbiano causato il deterioramento della situazione economica del richiedente[13].

Alla base del criterio vi è l’idea che entrambi i coniugi debbano continuare a partecipare alla ricchezza che, sia pure con apporti diversi, hanno contribuito a creare[14].

Per quanto riguarda, poi, l’impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per ragioni oggettive, essa è da valutarsi in relazione alla situazione esistente nell’attualità[15] e, in particolare, alla possibilità, per il richiedente, di svolgere un’attività lavorativa adeguata alla sua qualifica, posizione sociale e condizioni personali, d’età e di salute[16].

Solo una volta risolto in senso positivo il quesito relativo alla sussistenza dell’an del diritto all’assegno[17], il giudice potrà determinarne il quantum, in base ai seguenti criteri:

1) le condizioni dei coniugi;

2) le ragioni della decisione;

3) il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune;

4) la durata del matrimonio

5) il reddito di entrambi.

Il giudice potrà applicare anche uno solo di tali criteri, per ridurre o addirittura escludere il diritto all’assegno[18]. In giurisprudenza, si è altresì precisato che la determinazione dello stesso è indipendente da quanto statuito in sede di separazione, anche se l’assetto economico relativo a quest’ultima può fornire utili elementi di valutazione al giudice del divorzio[19].

Per quanto riguarda le condizioni dei coniugi, la valutazione deve effettuarsi non soltanto con riferimento ai redditi[20], ma anche alle altre sostanze, beni ed utilità che non danno reddito reale, ma soltanto figurativo[21]. Il giudice dovrà altresì tener conto, da un lato, dei contributi economici derivanti da una convivenza more uxorio o, comunque, delle elargizioni continuative ricevute dal nuovo convivente del coniuge beneficiario dell’assegno[22] e, dall’altro, degli oneri derivanti all’obbligato dalla costituzione di un nuovo nucleo familiare[23]. Rientrano nella nozione di condizioni dei coniugi anche l’età, la salute, le condizioni sociali, la qualifica professionale[24].

Per quanto riguarda le ragioni della decisione (criterio risarcitorio), il giudice dovrà valutare non soltanto i comportamenti dolosi o colposi, ma anche tutti quei fatti e comportamenti comunque obiettivamente riferibili a uno dei coniugi che abbiano contribuito al fallimento del matrimonio o abbiano impedito o comunque ostacolato la ricostituzione del consorzio familiare[25],  con riferimento, dunque, non soltanto al periodo anteriore alla separazione (che, anzi, non deve essere preso in considerazione laddove lo sia già stato nella sentenza di separazione al fine di porre l’addebito a carico di uno o di entrambi i coniugi[26]), ma anche a quello successivo[27]: vi rientrerà, di conseguenza, tanto l’incapacità di congiunzione carnale quanto la convivenza intrapresa successivamente alla separazione. In base a questi elementi, il giudice potrà diminuire l’importo dell’assegno predisposto a favore del coniuge responsabile del divorzio[28].

Si pone, a questo punto, il problema del rapporto e dei rischi di sovrapposizione fra il criterio risarcitorio e la possibilità di ricorrere alla tutela aquiliana[29]. In caso di separazione, vi è un’oggettiva utilità nel riconoscere la possibilità di ricorrere alle regole generali della responsabilità extracontrattuale poiché, altrimenti, se il comportamento contra jus del coniuge economicamente debole può essere sanzionato attraverso l’addebito della separazione, nel caso in cui tale comportamento sia posto in essere dal coniuge economicamente forte la controparte resta sostanzialmente priva di tutela. Analogamente, se già l’assegno divorzile non risulta di alcuna utilità per il coniuge che abbia subito la separazione qualora l’insussistenza di una ragione assistenziale escluda il diritto allo stesso, nel caso in cui il coniuge responsabile sia anche quello economicamente più forte è comunque esclusa la possibilità di utilizzare il criterio risarcitorio nella quantificazione dell’assegno per fornire una tutela analoga a quella aquiliana, dato che tale criterio permette soltanto di diminuire, e mai di aumentare, l’entità dell’assegno[30]: insomma, l’importo stabilito potrebbe non essere assolutamente sufficiente a riparare il pregiudizio subito dall’altro coniuge. Quindi, se la rottura in sé del vincolo non può mai essere causa di risarcimento del danno, potranno comunque trovare autonomo risarcimento quei danni a diritti fondamentali della persona, derivanti o da comportamenti ulteriori dell’ex coniuge o eventualmente da quegli stessi comportamenti che hanno legittimato la richiesta di divorzio, a condizione, ovviamente, che sia ravvisabile l’elemento soggettivo (che, invece, non è indispensabile, come si è visto, per l’applicazione del criterio risarcitorio).

Per quanto riguarda il contributo personale ed economico (criterio compensatorio), il giudice dovrà considerare soltanto l’apporto diretto dei coniugi (non solo lavorativo in senso stretto, ma anche di lavoro casalingo[31]), con l’esclusione di quello di altri familiari e di terzi[32]. Egli dovrà, di conseguenza, aumentare l’importo dell’assegno a favore del coniuge che abbia contribuito all’arricchimento dell’altro coniuge in misura superiore a quanto dovuto in virtù dell’obbligo di contribuzione[33] (considerando anche l’eventuale convivenza more uxorio precedente al matrimonio stesso[34]) o, viceversa, diminuirlo qualora il suo comportamento abbia recato pregiudizio alla famiglia[35], ad esempio nel caso di chi, anche nei primi anni di matrimonio e nonostante la presenza di figli piccoli, abbia continuato a frequentare locali notturni e abbia abusato di sostanze alcoliche e psicofarmaci[36].

Per quanto riguarda, poi, la durata del matrimonio, si considera, di regola, solo il periodo di effettiva comunanza di vita, e dunque fino alla separazione[37]. In giurisprudenza[38] si ritiene che l’assegno divorzile sia dovuto anche qualora la durata del matrimonio sia stata particolarmente breve, ad eccezione del caso in cui, per volontà o colpa di chi richiede l’assegno, il matrimonio risulti solo formalmente istituito e sia mancata la realizzazione di ogni comunione materiale o spirituale fra i coniugi.

Per quanto riguarda, infine, il reddito, esso comprende non solo emolumenti ed indennità di ogni tipo, ma anche i cespiti immobiliari non produttivi di reddito[39].

La sentenza deve anche stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dell’assegno, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria (art. 5, 7° comma, l. 898/1970).

Su accordo delle parti, la corresponsione può avvenire anche una tantum (art. 5, 8° comma, l. 898/1970), con il pagamento di una somma in denaro o il trasferimento della proprietà di uno o più beni e con l’esclusione della possibilità di ogni successiva pretesa nei confronti del coniuge adempiente, ma il tribunale deve verificare l’equità dell’importo pattuito.

I coniugi, inoltre, devono presentare al presidente del tribunale la dichiarazione dei redditi e ogni documentazione relativa a redditi e patrimonio, personale e comune, ferma restando la possibilità, per il tribunale, di disporre indagini sui redditi, sul patrimonio e sull’effettivo tenore di vita (art. 5, 9° comma, l. 898/1970): del resto, le dichiarazioni fiscali hanno valore meramente indiziario e non esaustivo[40].

La giurisprudenza di legittimità esclude la validità degli accordi preventivi tra coniugi sull’an e sul quantum dell’assegno di divorzio per illiceità della causa, avendo l’assegno di divorzio natura assistenziale ed essendo dunque indisponibile[41].

 

Bibliografia

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-Cass. civ., sez. I, 27 dicembre 2011, n. 28892, in Foro it., 2012, 431, con nota di G. Casaburi

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-Cass. civ., sez. I, 17 dicembre 2012, n. 23202, in Foro it., 2013,1474, con nota di G. Casaburi

-Cass. civ., sez. I, 12 febbraio 2013, n. 3398, in Foro it., 2013, 1471, con nota di G. Casaburi

-Cass. civ., sez. I, 22 marzo 2013, n. 7295, in Foro it., 2013, 1465, con nota di G. Casaburi

-Cass. civ., sez. I, 16 ottobre 2013, n. 23442, su http://www.sentenze-cassazione.com/sentenze-cassazione-2013/assegno-divorzio-stile-di-vita-tenore-di-vita/

-Cass. civ., sez. I, 28 ottobre 2013, n. 24252, su http://www.istitutoproform.org/?p=311

-Cass. civ., sez. I, 8 gennaio 2014, n. 129, su http://www.osservatoriofamiglia.it/contenuti/17505649/Assegno-di-divorzio-e-condizioni-economiche-del-richiedente-(Cass–civ—sez–I-.html

-F. Distefano, Criteri di determinazione degli assegni nei procedimenti di separazione e divorzio, su  http://www.aiaf-avvocati.it/a_ris/contributi/2008_2/2008_2_p7.pdf

-M. Dogliotti (a cura di), Il divorzio, in M. Bessone (a cura di), M. Dogliotti e G. Ferrando (raccolti da), Giurisprudenza del diritto di famiglia – casi e materiali – I. matrimonio, separazione, divorzio, VI ed. Giuffré, Milano 1998, 707

-A. Musio, Conseguenze patrimoniali del divorzio rispetto ai coniugi, in G. Autorino-Stanzione (trattato diretto da), Il diritto di famiglia nella dottrina e nella giurisprudenza – vol. II – La separazione – Il divorzio, Giappichelli, Torino 2005, 271

-M. Paladini, Separazione e divorzio, in U. Breccia – L. Bruscuglia – F. D. Busnelli – F. Giardina – A. Giusti – M. L. loi – E. Navarretta – M. Paladini – D. Poletti – M. Zana, Diritto Privato – Parte Seconda, UTET, Torino 2004, 993

-F. Tovani, La responsabilità aquiliana nelle relazioni personali tra familiari, La Riflessione, Cagliari 2010

 

 

 


[1]     cfr., in dottrina, T. Auletta, Il diritto di famiglia, IV ed., Giappichelli, Torino 1997, 276; E. Bargelli, L’autonomia privata nella famiglia legittima: il caso degli accordi in occasione o in vista del divorzio, in Riv. crit. dir. Priv., 2001, 317; Paladini, cit., 1014; F. Tovani, La responsabilità aquiliana nelle relazioni personali tra familiari, La Riflessione, Cagliari 2010, 184; in giurisprudenza, Cass. 1322/1989, in M. Dogliotti (a cura di), Il divorzio, in M. Bessone (a cura di), M. Dogliotti e G. Ferrando (raccolti da), Giurisprudenza del diritto di famiglia – casi e materiali – I. matrimonio, separazione, divorzio, VI ed. Giuffré, Milano 1998, 809 ss.; Trib. Milano, 27 gennaio 1988, in Dogliotti, cit., 807

[2]     Trib. Milano, 27 gennaio 1988, cit., 806 ss.

[3]     Cass. 1322/1989, in Dogliotti, cit., 809 ss.

[4]     Auletta, cit., 277; A. Musio, Conseguenze patrimoniali del divorzio rispetto ai coniugi, in G. Autorino-Stanzione (trattato diretto da), Il diritto di famiglia nella dottrina e nella giurisprudenza – vol. II – La separazione – Il divorzio, Giappichelli, Torino 2005, 283; M. Paladini, Separazione e divorzio, in U. Breccia – L. Bruscuglia – F. D. Busnelli – F. Giardina – A. Giusti – M. L. loi – E. Navarretta – M. Paladini – D. Poletti – M. Zana, Diritto Privato – Parte Seconda, UTET, Torino 2004, 1014

[5]     Cass. 1652/1990, in Dogliotti, cit., 812 ss.

[6]     Auletta, cit., 277; Musio, cit., 283

[7]     in Dogliotti, cit. 815 ss.. Cfr. anche Bargelli, cit., 317; Musio, cit., 283 s.

[8]     Cass. 10356/2005, in Giur. it., 2006, 938 ss.; Cass. 11903/2009, su http://www.altalex.com/index.php?idnot=47168

[9]     Cass. 7541/2001, su http://www.foroeuropeo.it/index.php/famiglia-minori-separazione-divorzio-successioni/33349-criteri-per-la-determinazione-dell-assegno-divorzile-divorzio; Cass. 3905/2011, su http://www.ricercagiuridica.com/sentenze/sentenza.php?num=3458; Cass. 129/2014, su http://www.osservatoriofamiglia.it/contenuti/17505649/Assegno-di-divorzio-e-condizioni-economiche-del-richiedente-(Cass–civ—sez–I-.html

[10]   Cass. 23442/2013, su http://www.sentenze-cassazione.com/sentenze-cassazione-2013/assegno-divorzio-stile-di-vita-tenore-di-vita/

[11]   Musio cit., 284

[12]   Cass. 7541/2001, cit.

[13]   Cass. 3398/2013, in Foro it., I, 1471 ss.

[14]   Bargelli, cit., 317

[15]   Cass. 3398/2013, in Foro it., I, 1472

[16]   Auletta, cit., 277 s., secondo cui, però, il coniuge non può esimersi dallo svolgere un certo lavoro, per il quale abbia le capacità, adducendo l’incompatibilità con la posizione sociale acquisita con il matrimonio, perché questo è ormai venuto meno; Paladini, cit., 1014

[17]   Cfr., in dottrina, Auletta, cit., 276; Musio, cit., 289 s.; Paladini, cit., 1015; in giurisprudenza, Cass. 1322/1989, cit., 811; Trib. Milano, 27 gennaio 1988, cit., 806 s.

[18]   cfr., in dottrina, Auletta, cit., 280; F. Distefano, Criteri di determinazione degli assegni nei procedimenti di separazione e divorzio, su  http://www.aiaf-avvocati.it/a_ris/contributi/2008_2/2008_2_p7.pdf; Musio, cit., 290; Paladini, cit., 1015; Tovani, cit., 185; in giurisprudenza, Cass. 11490/1990, cit., 827

[19]   Cass. 25010/2007, in Foro it., I, 1493 ss.; Cass. 3905/2011, cit.

[20]   v. Cass. 21988/2012, su http://personaedanno.it/index.php?option=com_content&view=article&id=41149&catid=121&Itemid=368&mese=12&anno=2012

[21]   Auletta, cit., 278; Cass. 11490/1990, cit., 822

[22]   v. Distefano, cit.; Musio, cit., 285 s.

[23]   v. Distefano, cit.; Cass. 25010/2007, cit., 1493 ss.

[24]   v. Musio, cit., 287

[25]   v. Musio, cit., 289; Cass. 11490/1990, cit., 823

[26]   Cass. 23202/2012, in Foro it., I, 1474 ss.

[27]   Auletta, cit., 279; Paladini, cit., 1015

[28]   Auletta, cit., 279

[29]   Tovani, cit., 185 ss.

[30]   Contra, Auletta, cit., 279, che però non cita alcuna sentenza a sostegno della sua tesi

[31]   Musio, cit., 286; Cass. 11490/1990, cit., 823

[32]   Paladini, cit., 1015

[33]   Auletta, cit., 279

[34]   v. Musio, cit., 288

[35]   Musio, cit., 288

[36]   Cass. 28892/2011, in Foro it., I, 432 ss., con nota di G. Casaburi

[37]   Paladini, cit., 1015. Contra, Musio, cit., 287

[38]   Cass. 7295/2013, in Foro it., I, 1465 ss.

[39]   v. Musio, cit., 287

[40]   v. Distefano, cit.; Cass. 3905/2011, cit.

[41]   Paladini, cit., 1016

Avv. Tovani Flavio

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