La qualifica giuridica della nomina a conciliatore

Redazione 15/09/11
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Mentre i Giudici della I Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, con ordinanza n. 3202 del 12/04/2011, hanno deciso di sospendere il procedimento e di rimettere il tutto alla Corte Costituzionale, non ritenendo la questione manifestatamente infondata sotto diversi aspetti, per eccesso di delega in cui sarebbe incorso l’art. 5 del decreto legislativo n. 28 del 2010, avendo configurato l’istituto della mediazione “quale fase pre-processuale obbligatoria1, la medesima Sezione, allo stato attuale, non ha dichiarato illegittimo2 il decreto ministeriale n. 180/20103, attuativo del Decreto Legislativo 4 marzo 2010, n. 284, che a tutt’oggi espande i propri effetti giuridici.

Il decreto ministeriale 18 ottobre 2010, n. 180, (d’ora in poi regolamento), a tutt’oggi in vigore, all’art. 1, lett. e), dispone della conciliazione precisando: «conciliazione»: la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione>>.

Ad onor del vero, l’art. 1 del detto regolamento, prescrive di mediazione, mediatore, conciliazione. Non dispone nulla sulla figura di conciliatore. Né il Decreto legislativo 28/2010, da cenno della figura di conciliatore. Figura che viene ad essere profusa dall’interprete perché vi è un vuoto normativo. Dunque nasce ulteriore problema: se il conciliatore non è una figura che emerge dalla lettera del regolamento, come si può pensare che possa conciliare alcune liti? E se tale figura non è regolamentata, come si può pensare di potergli conferire poteri pubblici di autentica di firma del verbale conciliativo o di quello di mancata conciliazione? E se non è figura regolata, con quale forza può entrare nella conciliazione; con quali specifici poteri e qualifica giuridica?

Quindi, il conciliatore è una figura (camaleontica) privata, nominata da un Organismo previsto dal regolamento, o ha un ruolo ed una valenza pubblica visto che può autenticare le firme nei verbali conciliativi, a prescindere dall’esito positivo e/o negativo della stessa conciliazione.

Domande che sicuramente faranno scorrere ulteriore zizzania nella nuova professione che molti Organi dello stesso Stato non vogliono digerire.

La lettera e) dell’art. 1 del regolamento, chiarisce sul termine conciliazione. Essa è la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione.

Lo stesso regolamento, sempre all’art. 1, lettere c) e d) prescrive:

<<c) «mediazione»: l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa;
d) «mediatore»: la persona o le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo.>>

Ragionando: il regolamento chiarisce sulla mediazione, continua a descrivere il mediatore, si spinge a formulare la conciliazione, ma non prescrive nulla sulla figura del conciliatore che, per logica, dovrebbe essere colui che dirimere la controversia.

Si potrebbe sostenere l’errore o la dimenticanza nella trascrizione del regolamento e che per finzione giuridica e di terminologia mediatore e conciliatore sono, anzi, devono essere la stessa cosa.

Se la lettera c) del detto articolo 1 regolamento, descrive la mediazione quale <<attività, comunque denominata>>, perché non si è inserito anche nella successiva lettera d) tale dizione?

Il corollario tra mediazione e mediatore appare tanto semplice quanto logico. Regolamentando la conciliazione quale composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione, perché mai dovrebbe essere nominato un conciliatore anziché un mediatore?

La figura del conciliatore non resta che una figura anomala e da poterla inserire, nella conciliazione, solo quale logica consequenziale: o il mediatore è anche conciliatore o il conciliatore non ha alcuna forza per entrare in una conciliazione.

Analizziamo i termini mediatore e conciliatore e cerchiamo di scoprire la giusta alchimia.

Il termine mediatore significa:<<…omissis… In genere, chi s’interpone fra due persone cercando di portarle ad un accordo, di far concludere loro una trattativa…omissis5.>>

Il termine conciliatore significa.<<Chi o che concilia, cioè compone contrasti e discordie6.>>

Dunque, mediatore è colui che cerca un accordo o conclude una trattativa; conciliatore è colui che compone contrasti e discordie.

Possiamo trovare un punto di contatto nell’etimologia della parola <<accordo>>. Accordo è: <<…omissis 2. Incontro di volontà per cui due o più persone convengono di seguire un determinato comportamento nel reciproco interesse, per raggiungere un fine comune o per compiere insieme un’ azione o un’impresa…omissis.7>>

Il termine accordo evoca, in mente, l’art. 1321 del codice civile. In detto articolo si prescrive:<<Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.>>8

Allora, accordo quale conclusione di contratto? E il verbale di conciliazione risulta essere un accordo e quindi un contratto tra le parti, con i rischi ad esso connessi (nullità, annullabilità, vizio di errore, violenza o dolo, ecc.).

Le due figure si assomigliano ma non sono uguali. Trovano punto di contatto solo nel termine accordo. Restano figure differenti, perché il primo cerca un accordo, (per raggiungere un fine comune) mentre il secondo cerca di conciliare un contrasto o una discordia. Esse figure non possono avere lo stesso conio giuridico, cercando di interpretare cose simili ma non uguali. Figure che devono essere regolate con forza cogente al fine di evitare un abuso di diritto da parte di chi esercita la stessa funzione di conciliatore.

Si potrebbe dire che comunque entrambe (le figure) cercano a mezzo dell’interposizione tra le parti, (il mediatore cerca l’accordo o conclude una trattativa, il conciliatore compone contrasti e discordie), di trovare una via pacifica alla controversia.

Ma, mentre il termine mediatore è un involucro che può avere molte sfaccettature, come una scatola cinese, (si pensi, ad esempio, al mediatore familiare), lo stesso non si può dire per quello di conciliatore, che ha solo la funzione di conciliare contrasti e discordie.

Dunque un regolamento che lascia aperta la discussione, di per sé accesa. E la cosa bella è che senza un conciliatore non si può arrivare a conciliare le parti. Né tantomeno si può dire che mediatore e conciliatore siano la stessa cosa perché mentre il regolamento, alla lettera c) dell’art. 1, ha disposto, dopo il termine attività, l’avverbio <<comunque>> denominata, per la figura di mediatore tale avverbio non lo ha ricompreso, scardinando ogni eventuale aggancio lessicale.

Il conciliatore, dunque, per ciò che ci dice il termine stesso, è figura che concilia, cioè compone i contrasti e le discordie. Forse chi ha scritto il regolamento attuativo si è confuso e ha pensato bene nel far rimanere la figura, più centrale, del conciliatore alla porta, facendo entrare dalla finestra altre figure che, da tempo tiravano la giacca al Legislatore, per poter fare capolino giuridico nell’ordinamento.

Detto ciò, comunque, occorre poter capire se la stessa figura di conciliatore può a pieno titolo entrare nella mediazione.

La figura di conciliatore entra nella conciliazione attraverso il termine lessicale <<accordo>>, e sarebbe stato più logico chiamare non mediatore ma conciliatore la persona che deve dirimere la controversia.

Figura, il conciliatore, che entra nella fase successiva alla richiesta di conciliazione. Il conciliatore è nominato dal Presidente dell’Organismo iscritto presso il Registro di cui alla lett. i) art. 1 del regolamento.

La nomina a conciliatore è di secondo grado. La figura apicale dell’Organismo conferisce nomina al conciliatore, con proprio decreto, la lite da dirimere e successivamente, previa verifica dei requisiti di imparzialità, viene comunicata, da parte della segreteria dell’Organismo, la nomina al soggetto prescelto. Per l’individuazione del soggetto prescelto dovrebbe essere disposto un regolamento interno all’Organismo che chiarisce i criteri per la selezione del candidato conciliatore.

La nomina appare, diversa se è conferita da organismo pubblico o privato, visto che il regolamento prevede la possibilità di iscrizione al Registro, sia per enti pubblici che privati. La procedura di conferimento è uguale. Cambiano solo le modalità e cioè: se la nomina è conferita da ente pubblico, l’iter da seguire deve essere un bando pubblico dell’ente medesimo9. Nomina che, dovrebbe essere attratta dal diritto amministrativo per errori in procedendo, con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale.

Nel caso che la nomina fosse conferita da organismo privato andrebbe a sollecitare gli Organi di giustizia civile, per violazione di norme precontrattuali, ex art. 122910, codice civile, e l’art. 133711, (buona fede) e il mancato avvertimento alla controparte (il conciliatore specializzato che non riceve la nomina) in ordine alla validità o efficacia del contratto ex art. 133812 C.C..

Il contatto sociale nonché il precetto del neminem laedere sono valori cordini di ogni civiltà giuridica13.

Anche in questo caso ulteriore disparità di trattamento riguardo l’eventuale risarcimento del danno che sarebbe esitato entro poco tempo nel caso del giudizio amministrativo, ai sensi e per gli effetti del Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104; mentre nel caso di un procedimento civile i tempi restano lunghi.

La procedura della nomina parte già con disparità di trattamento ex art. 3 Cost. perché a parità di nomina, quella pubblica ha un canale preferenziale sulla maggiore tempistica e celerità del rito. Disparità che appare tanto nefasta quanto superficiale.

Dunque, tornando alla figura del conciliatore, esso viene ad avere poteri pubblici quando firma il verbale di conciliazione. Resta un soggetto privato anche se nominato da Organismo pubblico14 iscritto nel Registro tenuto ai sensi dell’art. 1, lett. i) del regolamento.

Nomina che rientra nei dettami degli artt. 222915 e 223016 C.C..

Il conciliatore rientra nell’esercizio delle professioni intellettuali ex lege, e il suo contratto è disciplinato dall’art. 2230 C.C.

Pur tuttavia, l’alchimia (del conciliatore camaleontico), rimane senza che, in questo momento ed in attesa della decisione della Consulta, si possa dire altro. Siamo, come al solito, dinanzi ad una legislazione che se da una parte vuole adeguare l’ordinamento italiano alle norme comunitarie, dall’altra continua a trattare <<gelosamente>> la dualità tra diritto pubblico e diritto privato, pur nella convinzione futuribile che lo stesso ordinamento dovrebbe essere unico nella sua grande specialità.

 

1 http://www.leggioggi.it/2011/04/12/oua-contro-mediazione-civile-il-tar-lazio-rinvia-alla-corte-costituzionale/

2 E’ il caso di rammentare le dichiarazioni di nullità di altri Decreti Ministeriali, sottoposti al vaglio del TAR Lazio, quali: il Decreto 21 luglio 2004 (GU n. 191 del 16-8-2004), la sentenza (sezione III quater, n. 398/2008, depositata il 21 gennaio) ha previsto di fatto il via libera immediato, ma non definitivo, alla diagnosi genetica preimpianto degli embrioni; Il decreto del Ministero delle attività produttive del 23.7.2009 (GU 17.8.2009 n.189) è stato annullato dalla sentenza del Tar Lazio 5413/2010, accogliendo il ricorso presentato dalla rappresentanza dei proprietari di case; la sentenza TAR Lazio-Roma n. 5151/2011 sembra distruggere l’impianto costruito dal Consiglio Nazionale Forense e al quale l’organo istituzionale di autogoverno dell’avvocatura aveva dedicato notevoli sforzi.

3 www.guritel.it G.U. n. 258 del 4/11/2010 . D.M. 180/2010, rubricato << Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonché l’approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’articolo 16 del Decreto Legislativo n. 28 del 4 marzo 2010>>

4 www.guritel.it G.U. n. 53 del 5-3-2010. D.Lgs. 28/2010, rubricato:<<Attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.>>

5 ISTITUTO DELL’ENCICLOPEDIA ITALIANA, Il vocabolario Treccani, vol. III, L-PIAN, pag. 292, Roma, II ed. 1997

6Op. cit., Vol. I A-C, pag. 896.

7 Op. cit., Vol. I A-C, pag. 36.

8 A. DI MAJO, Codice civile con la Costituzione, i Trattati U.E. e le principali norme complementari, Milano XXVII Edizione 2010, pag. 430 e ss.

9 E’ il caso del bando pubblico di avvisi per l’iscrizione nell’elenco dei conciliatori e nell’elenco degli arbitri della Camera di conciliazione e arbitrato presso la CONSOB emanato dalla stessa CONSOB e pubblicato sulla G.U.R.I. n. 30 del 16/04/2010.

10 A. DI MAJO, op. cit., Libro IV – Delle Obbligazioni, CAPO III – Dell’inadempimento delle obbligazioni

Art. 1229 Clausole di esonero da responsabilità

E’ nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave.

E’ nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico.

11 A. DIMAJO, op. cit.

Art. 1337 Trattative e responsabilità precontrattuale

Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede.

12 A. DIMAJO, op. cit.

Art. 1338 Conoscenza delle cause d’invalidità

La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa d’invalidità del contratto (1418 e seguenti), non ne ha dato notizia all’altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto.

13 P. FAVA (a cura) La responsabilità civile, Milano 2010, pag. 503 e ss. <<…omissis…Da un punto di vista sistematico, non sembra contestabile che anche il danno da inadempimento o da illecito precontrattuale debba connotarsi nel senso dell’ingiustizia, avuto riguardo al duplice profilo della violazione di una situazione giuridicamente rilevante (contra ius) e dell’assenza di circostanze che facciano ritenere giustificata la lesione (non iure.).>>

Lo stesso Autore a pag. 527 scrive <<In particolare il sempre più diffuso riconoscimento delle obbligazioni derivanti da contatto sociale qualificato induce necessariamente ad un ripensamento della figura dell’illecito extracontrattuale. Infatti, anche a non voler portare alle estreme conseguenze dell’emersione dei fenomeni di contatto sociale, nel senso di ritenere compiuto il transito delle connesse fattispecie di responsabilità dal campo aquiliano a quello contrattuale, e indubbio che, in ipotesi di significativo rilievo pratico (come quelle attinenti alla responsabilità professionale sanitaria, alle trattative precontrattuali e ai rapporti tra privato e amministrazione), un contatto tra danneggiante e danneggiato, preventivo rispetto all’eventuale commissione dell’illecito, si verifica e ben potrebbe costituire l’occasione per una deroga convenzionale alla disciplina legale della responsabilità extracontrattuale.>>

14 http://www.altalex.com/index.php?idnot=550, Legge 241/90, art. 1, comma 1-bis: <<La pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente>>.

15 A. DIMAJO, op. cit., Libro V Del Lavoro, CAPO II Delle professioni intellettuali

Art. 2229 Esercizio delle professioni intellettuali

La legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi.

L’accertamento dei requisiti per l’iscrizione negli albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti sono demandati alle associazioni professionali sotto la vigilanza dello Stato, salvo che la legge disponga diversamente.

Contro il rifiuto dell’iscrizione o la cancellazione dagli albi o elenchi, e contro i provvedimenti disciplinari che importano la perdita o la sospensione del diritto all’esercizio della professione e ammesso ricorso in via giurisdizionale nei modi e nei termini stabiliti dalle leggi speciali.

16 A. DIMAJO, op. cit., Libro V – Del Lavoro, CAPO II Delle professioni intellettuali

Art. 2230 Prestazione d’opera intellettuale

Il contratto che ha per oggetto una prestazione di opera intellettuale è regolato dalle norme seguenti (att. 202) e, in quanto compatibili con queste e con la natura del rapporto, dalle disposizioni del Capo precedente.

Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.

Redazione

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