La previa e motivata autorizzazione della clausola da parte della Stazione Appaltante nell’arbitrato in materia di contratti pubblici. Problemi di diritto transitorio

Redazione 12/02/19
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di Jacopo Polinari

Sommario

Paragrafo 1

Paragrafo 2

1.

L’art. 209 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, tra le altre disposizioni volte a rendere per le stazioni appaltanti più consapevole e ponderato il ricorso all’arbitrato[1], al comma 3 sanziona con la nullità “la clausola compromissoria inserita senza autorizzazione nel bando o nell’avviso con cui è indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell’invito. La clausola è inserita previa autorizzazione motivata dell’organo di governo della amministrazione aggiudicatrice”.

La disposizione ripropone chiaramente (con una formulazione assai meno infelice) il medesimo (discutibile) meccanismo introdotto al comma 1 dell’art. 241 del D.Lgs. 6 aprile 2006, n. 163 dal comma 19 dell’art. 1 della L. 6 novembre 2012, n. 190[2], in base al quale è rimessa ad uno specifico momento deliberativo/volitivo della stazione appaltante[3] l’integrazione di un requisito essenziale della clausola compromissoria (intesa dal punto di vista negoziale), da cui ne viene fatta dipendere la validità.

In una prospettiva sistematica la disposizione interviene su due distinti piani: quello del diritto amministrativo e quello contrattuale.

Sotto il primo profilo, la disposizione in parola interviene sulla disciplina del procedimento di affidamento ad evidenza pubblica[4], prescrivendo uno specifico passaggio procedimentale consistente nella specifica autorizzazione (che deve essere espressamente motivata) da parte dell’organo di governo dell’amministrazione aggiudicatrice[5].

Sul piano del diritto contrattuale, invece, la disposizione introduce un ulteriore elemento essenziale del contratto, senza il quale questo è affetto da nullità testuale. Pertanto, a rigore, senza specifica, previa e motivata autorizzazione da parte dell’organo competente, la clausola compromissoria non può essere stipulata (rectius, inserita nel contratto); d’altro canto, la clausola eventualmente stipulata senza la prescritta previa, specifica e motivata autorizzazione è irrimediabilmente nulla ed improduttiva di effetti[6].

Come in passato, il legislatore non si è preoccupato di contestualizzare e coordinare la disposizione con l’art. 817 cod. proc. civ., che disciplina l’eccezione di incompetenza degli arbitri. Per quanto detto sopra, la radicale nullità della clausola compromissoria eventualmente stipulata senza la prescritta autorizzazione la rende incapace di produrre effetti, ma non incide sull’arbitrabilità o meno della controversia; pertanto mi sembra più corretta una lettura in ragione della quale a fronte della mancata autorizzazione trovi applicazione quanto disposto dagli artt. 817, comma 2, e 829, comma 1, cod. proc. civ.[7].

[1] A proposito dell’analoga disposizione introdotta al comma 1 del D.Lgs. 6 aprile 2006, n. 163 da parte del comma 19 dell’art. 1 della L. 6 novembre 2012, n. 190, Corte Costituzionale, con la decisione 9 giugno 2015 , n. 108, in Riv. arb. 2016, p. 69 con nota di Marzocco A.M., precisa che quest’ultima “non esprime un irragionevole sfavore per il ricorso all’arbitrato, come sostiene il rimettente, ma si limita a subordinare il deferimento delle controversie ad arbitri a una preventiva autorizzazione amministrativa che assicuri la ponderata valutazione degli interessi coinvolti e delle circostanze del caso concreto”; in dottrina v. Di Carlo M., in Aa.Vv., Commentario breve alla legislazione degli appalti pubblici e privati, IIIa ed., Padova 2018, sub art. 209, p. 1486.

[2] La richiamata disposizione prevedeva: “l’inclusione della clausola compromissoria, senza preventiva autorizzazione, nel bando o nell’avviso con cui è indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell’invito, o il ricorso all’arbitrato, senza preventiva autorizzazione, sono nulli”.

[3] Va evidenziato che la disciplina in parola è applicabile alle sole “amministrazioni aggiudicatrici”, che, ai sensi della definizione di cui alla lettera a) dell’art. 3 del D.Lgs. 50/2016, sono “le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti”; sono, pertanto, esclusi dall’applicazione della disposizione gli enti aggiudicatori, come definiti alla successiva lettera e) della medesima disposizione (ossia, essenzialmente, le imprese pubbliche e i titolari di un diritto speciale ed esclusivo operanti nei settori speciali, salvo, ovviamente, che non siano a loro volta amministrazioni aggiudicatrici).

[4] In termini di “disciplina del procedimento” si esprime Marzocco A.M., Autorizzazione del “ricorso all’arbitrato” (art. 241, 1° co., D.lgs. 163/2006) e clausole compromissorie preesistenti: l’opinabile parallelo della Corte Costituzionale e l’esegesi dell’art. 241, 1° co, in Riv. arb., 2016, p. 78.

[5] Ossia, deve ritenersi, dalla struttura apicale dell’amministrazione e non dell’articolazione o ufficio che ha la responsabilità dello specifico procedimento di affidamento. Detta disposizione sulla competenza ingenera non pochi dubbi interpretativi, specie con riferimento alle amministrazioni più articolate. Se infatti non vi può essere dubbio che la competenza interna al rilascio dell’autorizzazione spetti, nei comuni alla giunta o al sindaco (a seconda dell’ordinamento statutario), più complessa è l’individuazione della competenza interna, ad esempio, per gli appalti gestiti dai compartimenti regionali di ANAS o del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Aderendo ad una lettura rigorosa della disposizione sembrerebbe che la competenza dell’autorizzazione all’introduzione della clausola compromissoria spetti al Consiglio di Amministrazione di ANAS, ovvero al Ministro.

Allo stesso modo, mi pare che l’attuale formulazione della disposizione non consenta più di ritenere che l’autorizzazione condizioni l’arbitrabilità delle controversie in materia di contratti pubblici (v. in tal senso, con riferimento all’art. 241 del D.Lgs. 163/2006, Odorisio E., Arbitrato, decreto crescita e anticorruzione, in Riv. dir. proc. 2014, p. 948; Lombardini I., Arbitrato nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, in Aa. Vv., Arbitrati speciali, Bologna, 2016. p. 359 s.). E infatti, mentre la previsione dell’art. 241 legittimava una lettura in tal senso (“le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall’esecuzione di contratti di lavori, servizi e forniture … possono essere deferite ad arbitri, previa autorizzazione motivata da parte dell’organo di governo dell’amministrazione”) il comma 3 dell’art. 209 del nuovo codice si limita a sanzionare con la nullità la clausola stipulata in mancanza di autorizzazione, senza fare alcun riferimento alla possibilità o meno di deferire la controversia ad arbitri.

[6] A fronte della (pur infelice e mal collocata sistematicamente) formulazione letterale della disposizione, non mi sembra di condividere appieno il pur pregevole ragionamento di parte della dottrina, secondo cui l’autorizzazione (rectius: la mancata autorizzazione) si atteggerebbe a condizione risolutiva della clausola (Marzocco A.M., cit., 74 ss). E infatti, laddove una disposizione avverte chiaramente che un negozio è nullo (ossia invalido e improduttivo di effetti di sorta) in mancanza di uno specifico requisito, mi non mi pare che possa argomentarsene l’efficacia (sia pur risolutivamente condizionata dalla mancata autorizzazione). E ciò anche se il contesto letterale del contesto normativo (allora vigente) poteva effettivamente consigliarlo.

[7] In merito v. anche Odorisio, L’arbitrato nel nuovo codice dei contratti pubblici (artt. 209 e 210 D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50), in Riv. dir. proc. 2016, p. 1610.

2.

Occorre chiedersi quale sia la sorte delle clausole eventualmente stipulate in mancanza di autorizzazione precedentemente all’entrata in vigore della nuova disposizione[8].

Come noto, nel sistema vigente fino all’entrata in vigore del nuovo codice degli appalti, la disciplina transitoria di cui al comma 25 dell’art. 1 della L. 190/2012 prevedeva espressamente – per le clausole compromissorie stipulate precedentemente all’entrata in vigore della legge stessa – che potesse prescindersi dalla previa e motivata autorizzazione solo per gli arbitrati “conferiti o autorizzati” prima dell’entrata in vigore della precedente normativa (art. 241 D.Lgs. 163/2006, come modificato dall’art. 1, commi 19 e 25 della L. 190/2012).

Ora, al di là della difficoltà di comprendere esattamente cosa dovesse intendersi per “conferiti o autorizzati”, la giurisprudenza riteneva che la clausola compromissoria contenuta in un contratto di appalto stipulato in epoca anteriore all’entrata in vigore della l. n. 190 del 2012, “pur restando valida, è colpita da inefficacia sopravvenuta per mancanza della previa autorizzazione motivata dell’organo di governo della P.A., introdotta dall’art. 1, comma 19, della predetta legge, la quale tuttavia non esclude la possibilità del ricorso all’arbitrato, ove la predetta autorizzazione – comunque non desumibile da atti o comportamenti concludenti di organi o soggetti diversi, inidonei, in quanto tali, ad esprimere le ragioni della scelta di derogare alla giurisdizione ordinaria – intervenga successivamente”[9].

Non restava, quindi, per salvare dalla nullità clausole nate perfettamente valide ed efficaci, che ottenere da parte della stazione appaltante una (sia pur tardiva) motivata autorizzazione “salva-clausola” prima di attivare l’arbitrato (o magari anche subito dopo l’attivazione, fino alla rimessione in decisione).

La disciplina transitoria che accompagna l’art. 209 del nuovo codice degli appalti – dettata al comma 22 dell’art. 216 (come integrato D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 57) – ha una formulazione completamente diversa da quella di cui al comma 25 della L. 190/2012, prevedendo che “le procedure di arbitrato di cui all’articolo 209 si applicano anche alle controversie su diritti soggettivi, derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici di cui al medesimo articolo 209, comma 1, per i quali i bandi o avvisi siano stati pubblicati prima della data di entrata in vigore del presente codice”.

Ora, la nuova disposizione, diversamente dalla formulazione della previgente disciplina transitoria che accompagnò le modifiche apportate dalla L. 190/2012, non sembra legittimare l’applicazione tout court delle nuove disposizioni anche alle clausole compromissorie stipulate in precedenza.

Poiché fa riferimento alle “procedure di arbitrato”, la formulazione di cui al comma 22 dell’art. 216, come integrata dal correttivo, sembrerebbe viceversa legittimare a ritenere che solo le disposizioni aventi natura processuale (ad es. quelle sulla nomina degli arbitri, sulle incompatibilità, sui termini e sulla pronuncia del lodo) trovino immediata applicazione anche se contenute in contratti i cui bandi erano stati pubblicati prima dell’entrata in vigore del nuovo codice.

Viceversa, le disposizioni che – come quella in esame – disciplinano a) il procedimento di affidamento e b) la validità delle clausole compromissorie hanno natura al contempo procedimentale e negoziale.

In detto contesto va altresì considerato che l’art. 217 del nuovo codice ha espressamente abrogato i commi da 19 a 25 dell’art. 1 della L. 190/2012, determinando il venir meno proprio di quelle disposizioni che – intervenendo sul testo dell’art. 241, avevano imposto la necessità dell’autorizzazione. Pertanto “a seguito della suddetta abrogazione, la mancanza della previa autorizzazione motivata da parte dell’organo di governo dell’amministrazione non inficia più l’efficacia e la validità della clausola compromissoria, che ritorna ad essere nuovamente efficace e, in quanto tale, pienamente vincolante per le parti”[10].

Pertanto, complice il fatto che l’abrogazione dei commi da 19 a 25 dell’art. 1 della L. 190/2012 ha determinato il venir meno delle disposizioni che, per il passato, imponevano agli organi di governo delle stazioni appaltanti di autorizzare l’introduzione delle clausole compromissorie e che delle disposizioni dell’art. 209 del nuovo codice degli appalti trovano immediata applicazione solo quelle aventi natura processuale, è lecito sostenere che tornino ad essere valide sia le clausole non espressamente autorizzate stipulate precedentemente all’entrata in vigore della L. 190/2012, che quelle stipulate successivamente.

E infatti, per quanto riguarda le clausole stipulate precedentemente all’introduzione delle modifiche introdotte all’art. 241 del D.Lgs. 163/2006 queste, validamente sorte all’atto della loro stipula, tornano ad essere pienamente valide ed efficaci perché della nuova disciplina si applicano solo le disposizioni aventi natura processuale.

Le clausole stipulate successivamente, in un contesto nel quale la mancanza dell’autorizzazione determinava l’inarbitrabilità stessa della materia[11], divengono invece per la prima volta valide ed efficaci in quanto sono venute meno le disposizioni che ratione temporis, ne determinavano l’invalidità[12].

[8] Non essendovi dubbi circa la piena validità delle clausola autorizzate sotto il precedente sistema, vista la formulazione sul punto identica della precedente disposizione con l’attuale.

[9] V. Cassazione civ. sez. VI, 6 dicembre 2017, n. 29255

[10] In tal senso, sembrerebbe, v. Tribunale di Roma, Sez. XVII, sentenza 28 febbraio 2018, ined.

[11] Lombardini I., op. cit., 359; Odorisio E., op. cit., 943.

[12] In tal senso parrebbe interpretabile, alla luce degli atti di causa, quanto deciso in Tribunale di Roma, Sez. XVII, sentenza 28 febbraio 2018, ined.

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