La partecipazione delle Organizzazioni non governative alla Convenzione di Aarhus

Sgueo Gianluca 26/06/08
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1. Il sistema globale della partecipazione alle decisioni sull’ambiente. I problemi – 2. Le peculiarità della partecipazione alle decisioni ambientali nella Convenzione di Aarhus – 3. La consultazione delle parti interessate nella redazione della Convenzione di Aarhus. L’esperienza dell’European Eco forum. Cenni storici – 3.2 Il funzionamento e la struttura del 4. La partecipazione delle Ong ai Meetings of the Parties forum – 3.3 Le attività – 4.
 
1. Il sistema globale della partecipazione alle decisioni sull’ambiente. I problemi
La tutela dell’ambiente è un tema particolarmente attuale e dibattuto: negli ultimi anni, la consapevolezza degli esecutivi nazionali e dei decisori globali in ordine alla gravità delle problematiche che vi si legano è andata crescendo. Le pressioni esercitate dai gruppi di interesse – le associazioni ambientaliste in particolare – hanno favorito l’intensificarsi del dibattito intra e inter-governativo.
La maturata percezione di una dimensione globale del problema, che impone la ricerca di soluzioni concordate e non frammentarie, ha dato l’avvio ad una lunga serie di incontri ufficiali che hanno coinvolto i governi nazionali e le istituzioni sovranazionali[1]. I risultati prodotti sono significativi. Si contano, ad oggi, oltre cinquanta tra convenzioni e trattati internazionali che fanno riferimento ai diversi aspetti legati alla protezione e la salvaguardia dell’ambiente[2]. A questi documenti, poi, va sommato il cospicuo numero di discipline regionali e nazionali, che hanno recepito le norme sovra-nazionali o ne hanno elaborato di nuove.     
Una delle questioni più interessanti – e, al tempo stesso, più complesse – che hanno animato il dibattito istituzionale ha riguardato le modalità per il cui tramite informare e coinvolgere la società civile nell’adozione delle decisioni relative all’ambiente. Al riguardo, non si è discusso tanto del “se” garantire la partecipazione; quanto, piuttosto, del “come” garantirla. I giuristi e i politologi hanno cercato soluzioni praticabili per ottenere un sistema coordinato di garanzie endo-procedimentali di cui possano avvalersi le singole comunità territoriali, per prime; ma che, al tempo medesimo, non trascuri la dimensione extra-territoriale dei problemi ambientali e giovi, in ultima istanza, alla comunità globale. Si è dibattuto, a tal fine, della costruzione di un insieme di garanzie partecipative che consentano alle parti interessate di incidere con efficacia sull’andamento delle politiche pubbliche. Al tempo medesimo, si è cercato di conciliare lo sviluppo delle garanzie consultive con la rapida conclusione delle procedure decisionali. Si è trattato, in altri termini, di ipotizzare un dialogo costruttivo in cui l’apporto delle parti interessate della società civile costituisse lo strumento, e non l’ostacolo, per certificare l’accountability dei decisori e favorire la cementificazione di un sistema integrato a tutela dell’ambiente[3].
 
2. Le peculiarità della partecipazione alle decisioni ambientali nella Convenzione di Aarhus
Fin qui, si tratta di problemi comuni ad altri sistemi giuridici globali. A differenza di questi, tuttavia, il regime globale della partecipazione alle procedure decisionali sull’ambiente presenta almeno due peculiarità. La prima risiede nella natura giuridica del trattato internazionale sul quale questo articolo concentra le proprie riflessioni: la Convenzione di Aarhus (d’ora in avanti, la Convenzione). È bene precisare, in proposito, che la Convenzione non costituisce l’unico esempio di trattato internazionale aperto alla partecipazione di tutte le nazioni. Tuttavia, rispetto a quelli attualmente in vigore, sviluppa il sistema più articolato di garanzie consultive in capo alle parti interessate. Riguardo, poi, a gli altri sistemi giuridici globali, la principale differenza consiste in ciò: la Convenzione nasce e si sviluppa a livello regionale (in seno, cioè, alla Comunità europea). Però, il fatto che sia aperta (e, anzi, incoraggi) alla partecipazione di tutte le nazioni, consente di ascriverla al contesto giuridico globale[4].
Quanto detto produce una importante conseguenza, che è, al tempo stesso, la seconda peculiarità del sistema: il numero di Stati che hanno aderito alla Convenzione di Aarhus è, allo stato attuale, decisamente esiguo, se posto a confronto con quelli aderenti alla Wto o al World Bank Group. Una possibile spiegazione risiede nella natura di alcuni principi della Convenzione che impongono agli Stati che aderiscono al sistema interventi incisivi sui rispettivi ordinamenti. Contemporaneamente, pesa l’assenza di vantaggi immediati e misurabili in termini economici (che sono, invece, tangibili nei sistemi globali del commercio e del credito). Vi contribuisce, infine, una logica propensa a favorire l’introduzione di strumenti giuridicamente vincolanti per gli Stati aderenti, che vedono dunque ridurre progressivamente i margini di discrezionalità a propria disposizione.
Ora, l’adesione di un numero ridotto di Stati alla Convenzione produce un sistema in cui aumentano potenzialmente la frammentarietà e la conflittualità dei sistemi giuridici. Poiché, infatti, vengono meno i presupposti per l’elaborazione di un nucleo di principi condiviso su larga scala e, invece, proliferano le discipline regionali o domestiche – che possono presentare differenze anche profonde tra loro – a sua volta la possibilità di elaborare, prima, e diffondere, poi, standards all’interno delle procedure decisionali domestiche è più difficolatosa. L’assenza di coordinamento, in ultima istanza, può ostacolare l’accesso (o perlomeno l’accesso uniforme) delle parti interessate alle procedure decisionali[5]
L’obiettivo, allora, è quello di comprendere il funzionamento delle garanzie partecipative e dei loro limiti nella Convenzione, e, successivamente, operare un confronto con gli altri sistemi globali. A tale scopo, nelle pagine che seguono esploro il contesto normativo sovranazionale che definisce la partecipazione delle parti interessate alla tutela dell’ambiente, con particolare attenzione a due casi, quello dell’European Eco Forum e quello relativo alla partecipazione delle Ong ai Meeting of the Parties interni alla Convenzione. Come premesso, l’attenzione è focalizzata sul sistema introdotto dalla Convenzione di Aarhus.
 
3.1 La consultazione delle parti interessate nella redazione della Convenzione di Aarhus. L’esperienza dell’European Eco forum. Cenni storici
Come anticipato, questa ricerca studia il sistema globale della partecipazione alle decisioni ambientali sviluppato dalla Convention on Access to Information, Public Participation in Decision-making and Access to Justice in Environmental Matters (d’ora in avanti, la Convenzione) redatta nel giugno del 1998 nella città danese di Aarhus ed entrata in vigore il 30 ottobre 2001. Alla Convenzione, redatta secondo gli auspici della United Nations Economic Commission for Europe – Unece, aderiscono oggi più di quaranta Stati, europei ed extra-europei, oltre alla Comunità europea[6].
Hanno seguito l’entrata in vigore della Convenzione due documenti, che integrano e completano il sistema delle garanzie partecipative. Il primo è costituito dal Protocol on Pollutant Release and Transfer Registers (d’ora in avanti, il Protocollo) redatto a Kiev nel 2003, che si propone l’ambizioso obiettivo di istituire un database di informazioni relative ai principali siti inquinanti – le imprese pubbliche e private per prime – che i governi sono tenuti a diffondere e rendere accessibili a tutti. Affinchè il Protocollo entri in vigore, tuttavia, è necessaria la ratifica di sedici Stati[7]. Attualmente, lo hanno ratificato solamente tre Stati europei (Germania, Estonia e Lussemburgo), uno extra-europeo (la Svizzera) e la Comunità europea[8].
Il secondo documento è più recente: nel maggio del 2005, infatti, la Convenzione è stata emendata, a seguito dell’inserimento di nuovi principi relativi alla Public Participation in Decisions on Deliberate Release into the Environment and Placing on the Market of Genetically Modified Organisms.
Il sistema di consultazioni che la Convenzione introduce appare, rispetto agli altri accordi internazionali che affrontano le stesse tematiche, assolutamente innovativo. Ciò, anzitutto, per quanto riguarda lo svolgimento dei lavori preparatori alla Convenzione, nel corso delle quali è stata garantita la possibilità alle Ong rappresentanti degli interessi della società civile di partecipare attivamente (e votare) alle discussioni. Inoltre, e soprattutto, per quanto riguarda la tipologia di garanzie che sono offerte alle parti all’interno delle procedure decisionali. È proprio su questi due aspetti che si concentra l’articolo, analizzando dapprima l’esperienza del forum consultivo nelle Ong, e successivamente la partecipazione di queste agli incontri ufficiali degli Stati membri.
È bene trattare separatamente i due profili, per garantire maggiore chiarezza all’esposizione. La consultazione delle parti interessate alla tutela dell’ambiente nel contesto della Convenzione si è svolta in due tempi, e con strumenti diversi.
La prima fase ha coinciso con le negoziazioni che ebbero luogo tra il 1996 e il 1998: le delegazioni partecipanti decisero che, conformemente allo spirito che avrebbe dovuto animare la redazione del testo della Convenzione, tutte le parti rappresentanti degli interessi coinvolti, governative e non, avrebbero dovuto poter esprimere la loro opinione e partecipare al dibattito. Vennero dunque invitate a partecipare alle negoziazioni numerose Ong aventi competenza sulle tematiche ambientali che, per l’occasione, si costituirono in un singolo gruppo: l’Eco Forum[9]. Alle Ong si diede la facoltà di esprimere la propria opinione nel contesto delle riunioni ufficiali, senza dover ricorrere alla mediazione dei rappresentanti dei governi nazionali[10], come in genere prevedono le regole consuetudinarie in questi casi.
Successivamente, nelle more tra la firma del Trattato e la ratifica da parte di sedici Stati, necessaria perché questo entrasse in vigore, i colloqui ufficiali tra le parti interessate governative[11] e l’Eco Forum sono andati avanti. Si è tentato, nel contempo, di estendere la base partecipativa, coinvolgendo il pubblico – non più, quindi, le sole organizzazioni non governative – degli Stati che non avevano ancora ratificato, organizzando eventi dal forte impatto mediatico. Tra questi, ad esempio, gli open days informativi presso i Parlamenti nazionali.
 
3.2 Il funzionamento e la struttura del forum
A ben vedere, nell’esperienza dell’Eco Forum sono delineati i tratti tipici di un modello consultivo che ricorrono frequentemente nel contesto giuridico sovranazionale. Basti pensare, nel contesto europeo, all’esperienza della Piattaforma consultiva che raccoglie le Ong operanti in seno al network europeo per la sicurezza alimentare e intrattiene rapporti ufficiali con la European Food Safety Authority. Nell’ordinamento giuridico globale, invece, è possibile citare le esperienze del Mesa de Dialogo y Consenso (il forum di consultazione istituito dal Cao) oppure, anche, la Regional Nile Base Initiative, operante presso la Wb.
Il funzionamento della struttura è affidato a poche e semplici regole, contenute nell’Eco Forum Agreement, redatto nel giugno del 1998, in occasione dei lavori preparatori alla Convenzione. Questo dispone, quanto agli scopi, che: «The Pan-European ECO Forum is a broad, inclusive coalition of sustainable development NGOs (environmental citizens organisations as well as NGOs with related scopes like human rights NGOs, health organisations etc.) which are interested in participating in the official Pan-European processes (Environment for Europe ministers conferences as well as related processes like Environment & Health, Environment & Transport, Environment & Agriculture etc.) with the final goal of promoting sustainable development in Europe and globally. The goal of the coalition is to serve the NGO community and to facilitate the participation in these processes in order to be together stronger and more influencial, however without preventing individual organisations to perform separately»
Le condizioni necessarie affinchè una Ong possa accedere al gruppo e le working procedures sono estremamente facilitate e informali. È sufficiente, ai fini dell’adesione, dichiarare di condividere gli obiettivi del gruppo e di accettare le condizioni poste nell’Agreement[12]per il tramite di una lettera; oppure, prendendo parte direttamente ad una delle riunioni plenarie organizzate a scadenza periodica.
Il principio che anima le working procedures è quello dell’iniziativa individuale. In altre parole, ai sensi del terzo considerando: «(…) Each member has the right to make initiatives and proposals for the coalition’s work-programme and positions to be decided on in the appropriate body of the coalition as well as to receive feedback. The Plenary takes decisions preferably by consensus (by meeting or electronically followed by written confirmation). If a consensus cannot be reached, 2/3 majority of the participating members decides. The other bodies of the Pan-European ECO Forum decide by consensus. There is the principle of one member-organisation, one vote. All organs shall engage other relevant networks, experts or NGOs in policy co-ordination».
Ne discende un’organizzazione piramidale e decentrata, composta da cinque organi. Al vertice c’è il Plenary, ovvero l’assemblea che comprende i rappresentanti di tutte le Ong coinvolte, uno per ciascuna. Ad esso sono affidate le decisioni relative all’adozione e le modifiche all’Agreement; all’approvazione dei rapporti di bilancio; oltre che ad una serie di attività di minore importanza[13]. C’è, poi, un Coordinator Board[14]che riunisce i rappresentanti di tutti gli Issue Groups (ovvero, i gruppi di lavoro che si dedicano ad un’azione in particolare)[15] e dei Focal Points (le rappresentanze locali dell’Eco Forum, cui è affidato il compito di coordinare le attività del gruppo presso le aree territoriali di propria competenza)[16]. Infine, al Segretariato sono affidati una serie di compiti eterogenei. Tra questi: l’acquisizione e la diffusione dei documenti e delle informazioni tra i membri del network; la pubblicazione a scadenza periodica di una newsletter; l’assistenza burocratica alla Plenary e al Coordination Board.
           
3.3 Le attività
Le attività in cui l’Eco Forum è coinvolto e gli strumenti operativi utilizzati sono molteplici. Quanto alle prime, al momento sono attivi dieci Issue Groups, che lavorano ciascuno su un aspetto differente della tutela ambientale. Tra i più importanti ci sono quelli impegnati nello sviluppo delle garanzie partecipative contemplate dalla Convenzione; nell’energia e nelle questioni legate al clima; nelle risorse idriche; infine, nell’educazione.
Gli strumenti operativi variano a seconda dell’attività svolta. Ad esempio, in seno alle attività informative sono comprese l’organizzazione di gruppi di discussione e la diffusione delle informazioni tramite newsletter informatiche o il sito internet del gruppo[17]. Ci sono, poi, tutte le azioni a supporto delle parti interessate che comprendono l’advising relativo al funzionamento delle procedure di reclamo, o, più in generale, l’assistenza logistica ai portatori di interessi. Infine, un ampio numero di azioni è sviluppato prima, durante e dopo il dibattito con le parti interessate. Ne sono un esempio i meetings di discussione e coordinamento organizzati prima dello svolgimento di un meeting of the Parties, l’assistenza e il finanziamento alle Ong di piccole dimensioni che intendano prendere parte al dibattito e, ovviamente, ogni forma di pressione legalmente esercitata sui rappresentanti governativi nel corso delle riunioni ufficiali.
 
4. La partecipazione delle Ong ai Meetings of the Parties
La partecipazione delle Ong, in qualità di rappresentanti degli interessi della società civile, non si è esaurita con la conclusione delle negoziazioni che hanno anticipato l’entrata in vigore della Convenzione. Una seconda ipotesi in cui le organizzazioni che rappresentano le parti interessate della società civile vengono consultate riguarda le modalità attraverso le quali le Ong sono ammesse a prendere parte ai Meetings of the Parties – Mop, gli incontri periodici tra gli Stati che hanno ratificato la Convenzione.
Il Mop è il principale organo decisionale istituito dalla Convenzione. Ad esso, infatti, sono affidate una serie di importanti responsabilità: in particolare, il monitoraggio del rispetto delle previsioni ivi contenute da parte degli Stati membri e la elaborazione di proposte atte ad integrare la Convenzione[18]. Il Mop si riunisce a scadenza periodica, in base alle esigenze e, comunque, non meno di una volta ogni due anni[19]. Ne fanno parte, oltre ai rappresentanti degli Stati membri e ad un nutrito numero di osservatori internazionali[20], anche le Ong che lo richiedono. Provvede, a tale ultimo proposito, il comma quinto dell’articolo 10, in base al quale: «Any non-governmental organization, qualified in the fields to which this Convention relates, which has informed the Executive Secretary of the Economic Commission for Europe of its wish to be represented at a meeting of the Parties shall be entitled to participate as an observer unless at least one third of the Parties present in the meeting raise objections»
A ben vedere, le tre condizioni imposte dalla norma – la registrazione presso il Segretariato del Comitato economico per l’Europa; il possesso di qualifiche adeguate; il fatto che non vi sia l’opposizione espressa di oltre un terzo dei membri partecipanti, richiamate anche dalle regole procedurali che disciplinano lo svolgimento degli incontri[21]procedure telematiche di registrazione che la Wto impone alle Ong che intendano partecipare alla Ministerial Conference. – ricordano quelle relative alle procedure di registrazione e accreditamento delle Ong proprie delle procedure decisionali di altri decisori globali. Si pensi, per fare un esempio, alle
Peraltro, le affinità con gli altri sistemi globali non si limitano a quella appena esposta. Anche gli ulteriori limiti relativi all’intervento delle Ong nelle discussioni ricordano le condizioni imposte dalla decisione WT/L/162 del Consiglio generale della Wto. Il comma 3 della Rule n. 6 delle Rules of Procedure of the Meeting of the Parties to the Convention on Access to Information, Public Participation in Decision-Making and Access to Justice in Environmental Matters, infatti, dispone espressamente che: «Observers entitled to participate in meetings pursuant to this rule do not have the right to vote at such meetings».
Identici limiti, infine, operano con riferimento alle attività del bureau di sette membri che viene creato in occasione di ciascun incontro ufficiale. Anche qui, infatti, le regole procedurali consentono di nominare alcune Ong in qualità di osservatori, ma escludono che venga loro riconosciuto il diritto di voto[22]
Fatte salve le differenze di contesto, la descrizione delle procedure relative all’accreditamento e alla partecipazione delle Ong agli incontri del Mop lascia margine a pochi dubbi: il ruolo riservato agli interessi della società civile, rappresentati dalle Ong, è particolarmente limitato. La posizione di osservatore, infatti, non garantisce la possibilità di intervenire direttamente nelle discussioni. Inoltre, il potere di veto che (almeno) un terzo degli Stati membri può esercitare garantisce ai governi nazionali l’ultima parola in merito alla possibilità che una Ong prenda parte ai lavori. La norma, peraltro, non spiega le ragioni che legittimano gli Stati membri ad esercitare questo potere. Ne consegue, in astratto, la legittimità di un veto “politico”, le cui ragioni esulano dalla verifica del possesso dei requisiti tecnici chiesti alle Ong (di cui, peraltro, sembrerebbe doversi occupare il Segretariato del Comitato economico per l’Europa). 
 
 


[1] Basti pensare, a titolo di esempio, alla prima conferenza internazionale delle Nazioni Unite a Stoccolma, nel 1972, e quella tenutasi venti anni più tardi a Rio de Janeiro. Entrambe sono considerate dei capisaldi nel lungo percorso che ha portato alla creazione del sistema previsto dalla Convenzione di Aarhus. (Da citare le dichiarazioni conclusive di entrambe). Molto interessanti, poi, sono i lavori della International Law Commission Ilj operante presso le Nazioni Unite, che ha condotto, a partire dal 1998, la realizzazione di un progetto finalizzato alla Preventon of Transboundary Harm from Hazardous Activities. Il progetto riconosce la presenza di attività che comportano il rischio di produrre danni transfrontalieri all’ambiente e, di conseguenza, tenta di istituire un sistema di cooperazione tra Stati, basato prevalentemente sullo scambio delle informazioni. I lavori della Ilj hanno prodotto, nel 2001, un primo draft scheme, successivamente aggiornato e presentato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (l’ultima dichiarazione, in ordine di tempo, è la n. 59/41 del 2 dicembre 2004). Maggiori approfondimenti sono svolti da T.S Mullikin., N.S Smith., M.T Champion., Inextricably Intertwined – Environmental Management and the Public, in Georgetown International Environmental Law Review, 2004-2005, XVII, secondo il quale (pag. 421): «Two forces play crucial roles in pushing transitional States to implement environmental public participation rights. First, a number of important multilateral agreements, both international and regional, have given import and legal substance to the concept of public participation in environmental decision-making. (…) Second, there is growing internal pressure on transitional States, rooted in public concern for the environment that acts as a driving force for the implementation of environmental public participatory rights»; S. Atapattu, The Public Health Impact of Global Environmental Problems and the Role of International Law, in American Journal of Law and Medicine 2004, XXX, pag. 291 ss.; C. Noteboom, Adressing the External Effects of Internal Environmental Decisions: Public Access to Environmental Information in the International Law Commission’s Draft Articles on Prevention of Transboundary Harm, in NYU Environmental Law Journal, 2003, XII, pagg. 246 ss; L. Collins., Are We There Yet? The Right to Environment in International and European Law, in The McGill International Journal of Sustainable Development Law and Policy, 2007, 3:2, pagg.119 ss.
[2] Cfr., per ogni ulteriore approfondimento, P. Sands, P. Galizzi, Documents in International Enironmental Law, Cambridge University Press, Cambridge, 2004
[3] Di questo ultimo aspetto si interessa K. Getliffe, Proceduralisation and the Aarhus Convention. Does increased participation in the decision-making process lead to more effective EU environmental law?, in EU Environmental Law Review, 2002, IV, pagg. 101 ss.
[4] Non tutti gli autori concordano su questo aspetto. In parte contraria è, ad esempio, C. Noteboom, Adressing the External Effects of Internal Environmental Decisions: Public Access to Environmental Information in the International Law Commission’s Draft Articles on Prevention of Transboundary Harm, op. cit., pag. 261: «Aarhus was developed by UNECE and most of its signatories are European countries. Thus, it can hardly be considered a global convention, estabilishing global norms or obligations. However, the Convention is open to non-UNECE countries, and the drafters strived to make the negotiation process fair and open. Thus, while it is primarly a regional initiative, it may yet have global implications». A conclusioni parzialmente differenti giunge M. Woodhouse, Is Public Participation a Rule of the Law of International Watercourses?, in Natural Resources Journal, 2003, XLIII, pagg. 151 ss. L’autore, infatti, dopo aver spiegato il perché la Convenzione non possa ascriversi alla sfera giuridica globale, aggiunge che: « (…) if a significant number of States ratified the Aarhus Convention, it would be indicative of consent in favour of international public participation requirements».
[5] Di questi problemi parlano, tra gli altri, S. Atapattu, The Public Health Impact of Global Environmental Problems and the Role of International Law, op. cit., pag. 291: «Many have questioned the efficacy, and indeed the future, of a regime wich does not have the bigger player in the system. Will it meet the same fate as the League of Nations some fifty years ago, or is the international community capable of limping along even without the star player?»; N.A Robinson., Enforcing Environmental Norms: diplomatic and Judicial Approaches, in Hastings International & comparative Law Review, 2002-2003, XXVI, pagg. 409 ss.
[6] Il sito ufficiale della Convenzione è il seguente: http://www.unece.org/env/pp/.
[7] Lo prevede l’articolo 27 del Protocollo, in base al quale: «This Protocol shall enter into force on the ninetieth day after the date of deposit of the sixteenth instrument of ratification, acceptance, approval or accession. (…) 3. For each State or regional economic integration organization which ratifies, accepts or approves this Protocol or accedes thereto after the deposit of the sixteenth instrument of ratification, acceptance, approval or accession, the Protocol shall enter into force on the ninetieth day after the date of deposit by such State or organization of its instrument of ratification, acceptance, approval or accession».
[8] Così spiega il sito ufficiale della Convenzione (nella parte dedicata al Protocollo: http://www.unece.org/env/pp/prtr.htm) allorchè chiarisce che: «In February 2006, Luxembourg ratified the Protocol and the European Community approved it, a step having the force of ratification. The European Community’s approval followed adoption of a PRTR Regulation by the Members States of the European Union which will bring the provisions of the Protocol to bear directly on those States. Switzerland ratified the Protocol in April 2007, followed by Estonia (through approval) and Germany in August 2007, becoming the third, fourth and fifth Parties, respectively. Subsequently, a number of European Governments have reported to the Aarhus Convention’s Working Group of the Parties that they are actively working toward ratification of the Kiev Protocol. Twelve further ratifications are needed to bring the instrument into force».
[9] Tutte le informazioni sull’attività del gruppo sono reperibili presso il sito ufficiale: http://www.eco-forum.org/.
[10] V. S. Kravchenko, The Aarhus Convention and Innovations in Compliance with Multilateral Environmental Agreements, in Colorado Journal of International Environmental Law and Policy, 2007, I, pag. 7: «(…) the participants decided that because the goal of this Convention was to privide new avenues for transparency and public participation in government decision-making, it made sense to apply those principles in the very process being used to create the Convention».
[11] Tra il 1998, il 2001 (anno dell’entrata in vigore della Convenzione) e il 2002, anno in cui si è tenuto il primo Meeting of the Parties, «a great deal of preparatory work took place under the auspices of the United Nations Economic Commission for Europe (UNECE) in Geneva to design various measures necessary for the smooth functioning of the new MEA», come nota V. S. Kravchenko, The Aarhus Convention and Innovations in Compliance with Multilateral Environmental Agreements, op. cit., pag. 8.
[12] Così il secondo considerando dell’Agreement: «NGOs of the UN ECE region are sharing the above mentioned goals can become members of the Pan-European ECO Forum. Membership can be applied for by a simple letter to the secretariat during the year or by registering for the Plenary and by acceptance of this Agreement. Applicants have to indicate the contact person as well as the delegate of the NGO for decision-taking at the general assembly. Membership can be cancelled by a letter without indicating reasons by the end of a calendar year».
[13] Cfr. La parte dell’Agreement dedicata agli Organs.
[14] L’Agreement, in proposito, stabilisce che: Coordination Board is composed of the representatives of the Issue Groups and representatives of each Focal Point and in charge for a period of two years with the possibility of re-election. It is responsible for the following tasks: co-ordination of the overall activities, and establishment of the overall work-programme and budget co-ordination of the fund-raising  acceptance of new members; representation in the official process; selection of the secretariat; preparation of Plenary meetings; reporting to the Plenary. The out-going Coordination Board remains responsible with regard to the donors and creditors for the concluding and reporting of the projects of the previous preparatory process till the approval of the final reports and completed payments».
[15] L’Agreement, in proposito, prevede che: «There is an open ended number of Issue Groups working on specific subjects. The Issue Groups are subject related coalitions (“content coalitions”). They report to the Plenary. They are organizing themselves, agree on the method of dialogue and meetings and elaborate their working programmes. Each group appoints a co-ordinator and nominates a representative for the Coordination Board, which can be the same person. Issue Groups can be established at any time and get the status of a Pan-European ECO Forum’s Issue Group through approval by the Plenary after presenting their objectives and work programme, avoiding overlap of issue groups of existing networks».
[16] Nell’Agreement si prevede che: «The Pan-European ECO Forum maintains as far as possible focal points in the major geographical regions of the UN ECE area. The main task of the Focal Points is to animate involvement of groups. The Focal Points work in co-operation with each other. They are accountable to the Coordination Board and the Plenary. New Focal Points are proposed by the Coordination Board or members of a certain region, and approved by the Plenary. The Plenary approves also the representative of the Focal Point in the Coordination Board».
[17] Dal sito internet dell’issue group dedicato alla partecipazione pubblica, ad esempio, è possibile scaricare numerose brochures informative, scritte in lingue diverse e finalizzate ad agevolare la comprensione delle strutture e delle procedure della Convenzione di Aarhus (è il caso del pamphlet che titola What is the Aarhus Convention?) o ad illustrare, tramite la trattazione di casi di studio, i risultati ottenuti grazie alla Convenzione (è il caso di The Nest of Justice).
[18] Le attività affidate al Meeting of the Parties sono elencate dal comma secondo dell’articolo 10 della Convenzione.
[19] Cfr. l’articolo 10, al primo comma, della Convenzione: «The first meeting of the Parties shall be convened no later than one year after the date of the entry into force of this Convention. Thereafter, an ordinary meeting of the Parties shall be held at least once every two years, unless otherwise decided by the Parties, or at the written request of any Party, provided that, within six months of the request being communicated to all Parties by the Executive Secretary of the Economic Commission for Europe, the said request is supported by at least one third of the Parties».
[20] Ai sensi del comma 4 dell’articolo 10: «The United Nations, its specialized agencies and the International Atomic Energy Agency, as well as any State or regional economic integration organization entitled under article 17 to sign this Convention but which is not a Party to this Convention, and any intergovernmental organization qualified in the fields to which this Convention relates, shall be entitled to participate as observers in the meetings of the Parties».
[21] Si veda, in particolare, la Rule6delle Rules of Procedure of the Meeting of the Parties to the Convention on Access to Information, Public Participation in Decision-Making and Access to Justice in Environmental Matters (consultabili al seguente indirizzo: http://www.unece.org/env/pp/rop.e.htm).
[22] Cfr. la Rule22delle Rules of Procedure of the Meeting of the Parties to the Convention on Access to Information, Public Participation in Decision-Making and Access to Justice in Environmental Matters.

Sgueo Gianluca

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