La modifica delle condizioni di separazione (in riferimento all’assegno di mantenimento)

Santini Matteo 19/11/09
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Con separa­zione legale tra i coniugi ha inizio una fase transitoria del rapporto coniugale. In ragione della “transitorietà”, si verifica una persistenza di alcuni obbli­ghi e diritti tipici del rapporto matrimoniale (assistenza materiale e reciproco ri­spetto), e, contemporaneamente una sospensione  di altri (assistenza mo­rale, fedeltà e coabitazione), in funzione anticipatoria dello scioglimento del matrimo­nio.
 
Permane il reciproco dovere di assistenza materiale, inteso come collabora­zione e dazione di ogni genere di assistenza, a favore di colui / colei che si trova in una situazione di debolezza economica rispetto all’altro, tale da non permettere il godimento di un tenore di vita analogo a quel­lo goduto in costanza di matrimonio.
 
Gli effetti patrimoniali della separazione sono disci­plinati dall’art. l56 c.c. in base al quale il giudice,” pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri”.
Con l’assegno di mantenimento, quindi, viene garantita l’assistenza materiale, palesando pertanto la natura solidari­stica ed assistenziale dello stesso.
 
Il dovere di assistenza, comporta l’obbligo per ciascuno dei coniugi di collaborare e contri­buire, con i propri mezzi e la propria capacità lavorativa, al comune tenore di vi­ta familiare; il coniuge con maggiore capacità contributiva è pertanto tenuto ad aiutare economicamente l’altro, affinché vi sia l’effettiva conservazione del medesimo tenore di vita.
 Dalla natura assistenziale dell’assegno di mantenimento, derivano rilevanti effetti sul piano dell’ac­certamento del relativo obbligo e della conseguente quantificazione.
 
Il primo presupposto essenziale, per la concessione a favore di uno dei coniu­gi dell’’assegno di mantenimento, è la mancanza di addebito della separazione a carico del coniuge avente diritto.
 
Secondo presupposto è l’inadeguatezza del reddito di uno dei coniugi; quando i redditi propri di un coniuge sono insufficienti a garantirgli di mantenere il regime di vita goduto durate il rap­porto di coniugio, sempre che non gli sia addebitata la separazione, costui può ottenere la concessione dell’assegno.
La giurisprudenza ha chiarito che il termine “reddito” va inteso in senso ampio, in riferimento non solo ai frutti della capacità lavorativa, ma an­che all’insieme dei beni di cui sia titolare il coniuge.
Vanno considerati non solo i redditi in senso stretto, ma anche i cespiti di cui si abbia il diretto godi­mento, nonché ogni altra utilità suscettibile di valutazione economica.
 
Sarà pertanto opportuno valutare caso per caso, in che misura assuma rilievo la disponibilità di beni immobili, che, in quanto tali, si prestano a vari utilizzi (uso diretto, locazione dello stesso, ecc.).
La Suprema Corte ha sancito che, al fine dell’individuazione del tenore di vita dei coniugi durante la convivenza, si, “deve tener conto anche dei beni immobili a di­sposizione, sia sotto il profilo della loro diretta utilizzabilità per la soddisfazione delle proprie esigenze, sia della redditualità di essi, sia di quella potenziale, così come deve tenersi conto delle spese necessariamente correlate alla loro pro­prietà” (Cass. Civ. 5492/2001).
 
Data la natura assistenziale dell’assegno di mantenimento, la concessione dello stesso, presuppone una situazione di squilibrio tra i coniugi “reale”, e non attribuibile al comportamento “passivo” ed inerte del coniuge ri­chiedente. L’assegno non deve mai essere interpretato e considerato come una sorta di rendita perpetua, dovuta per il solo fatto della separazione.
 
Si tratterà di valutare le potenzialità lavorative e professionali anche del coniuge più debole, in termini di effettività e di concretezza, ossia in relazione ad ogni fattore individuale, ambientale, territoriale ed economico-sociale (Cass. 1366611999). L’organo giudicante deve tener conto non solo delle potenzialità lavorative del coniuge dovute alle sue peculiari caratteristiche e qualità (preparazione culturale; pre­cedenti esperienze, età, condizioni fisiche e psichiche, etc.), ma anche di tutti que­gli elementi esterni (ambiente sociale, particolari condizioni economiche ed occupazionali dell’area geografica in cui vive, etc.), che ne condizionano in concreto le possibilità economiche.
 
Come ulteriore precisazione è doveroso sottolineare che quando si fa riferimento al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, esso va inteso non tanto come la perfetta conservazione della posizione econo­mico patrimoniale goduta da entrambi i coniugi in forza del matrimonio, ma come un criterio di orientamento necessario ad evitare posizioni di squilibrio dopo la sepa­razione.
 La separazione implica di necessità un peggioramen­to della situazione economica di entrambi i coniugi, se non altro per l’impossibilità di dividere spese, durante il matrimonio sopportate da en­trambi, e che, da separati, gravano invece integralmente su ciascuno di essi.
Il concetto di conservazione del tenore di vita deve pertanto essere interpretato come parametro per garantire una posizione di equilibrio nelle differenti situazioni economiche, in­tegranti una sostanziale disparità, dovuta alla separazione.
 
Da un punto di vista probatorio, la richiesta dell’assegno di mantenimento deve essere corredata dalla prova dei relativi presupposti. Ai fini della quantificazione saranno presi in considerazione redditi, patrimoni, sostanze di ciascuno dei coniugi, capacità reddituale del coniuge richiedente e di quello onerato, esistenza di particolari circostanze idonee ad incidere sull’aspetto patrimoniale, tenore di vita effettivamente goduto in costanza di matrimonio, o, quanto meno, potenziale.
In tema di integrazione probatoria – l’ultimo comma nell’art. 155 c.c. stabilisce che “ove le infor­mazioni di carattere economica fornite dai genitori non risultino sufficiente­mente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti di­versi”.
 
L’entità dell’assegno di mantenimento, teso alla conservazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, è determinata, non da ultimo, anche in relazione alle circostanze.
La giurisprudenza ha precisato che l’espressione “circostanze” va circoscritta unicamente ai fattidi ordine economico che possano influire sullamisura dell’assegno, compreso ogni altro fatto economico, diverso dal reddito dell’onerato, suscettibile d’incidenza sulle condizioni economiche del­le parti, come il possesso di beni improduttivi di reddito, ma patrimonialmente ri­levanti (Cass. 7630/1997).           
 
Alla giurisprudenza è demandato il compito di individuare quali fatti di natura economica, nel senso appena precisato, rientrano nelle circostanze idonee ad influire sull’entità dell’assegno di mantenimento.
Nella casistica trattata dalla Suprema Corte si includono i capitali ricavati dall’alienazione di beni (Cass 6774/1990), lo stabile sostegno economico che il coniuge riceva dalla famiglia d’origine (Cass 11523/1990), l’ammontare dei redditi del coniuge titolare dell’assegno.
Tutti questi casi, infatti, pur in presenza di determinati presupposti, si presentano idonei a produrre conseguenze economiche di rilievo sulla situazione patrimoniale dei coniugi, alterandone il punto di equilibrio.  
 
Stante la natura assistenziale dell’assegno il codice civile stabilisce che, i provvedimenti dettati dal giu­dice in sede di separazione, possono essere revocati o modificati dal giudice in presenza dei seguenti presupposti: la sopravvenienza di giustifi­cati motivi, e, per il profilo procedurale, l’istanza di parte.
Quindi al verificarsi di cambiamenti sostanziali in ordine ai presupposti della concessione dell’assegno di mantenimento, è possibile richiedere una modifica che tenga conto delle mutate condizioni economiche intervenute dopo la pronuncia di separazione.
 
La ratio della disposizione consiste nel salvaguardare l’effettività del princi­pio di solidarietà materiale reciproca tra coniugi, che permane anche in corso di separazione, in modo tale che l’equilibrio economico sia rispettato anche a fronte di nuovi fatti e circostanze idonee ad incidere su di esso, attraverso un nuovo in­tervento “riequilibratore” del giudice.
 
La sopravvenienza di giustificati motivi, che possano indurre il giudice, nel­l’esercizio discrezionale del suo potere, a revocare o a modificare i provvedimenti dettati ex art. 156 c.c., richiede, necessariamente l’istanza di parte, non essendo sufficiente l’obiettiva circostanza del mutamento delle condizioni economiche, richiedendosi obbligatoriamente una pronuncia del giudice sul punto.
 
Essa può riguardare, tutti i provvedimenti previsti dall’art. 156 c.c. e pertanto, può avere ad og­getto sia l’an del diritto al mantenimento sia il quantum o le modalità di attuazione.
 
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Santini Matteo

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