La mediazione civile -scheda di diritto

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 La mediazione civile è un istituto giuridico avente come oggetto attività di mediazione ed intermediazione in materia di controversie civili tra privati.

E’ contemporaneamente uno dei quattro tipi principali di ADR (alternative dispute resolution, vale a dire “Risoluzione alternativa delle controversie”, con le quali si evita il processo in Tribunale.

Si tratta di “mediazione civile” per distinguerla dal concetto vago e generico di “mediazione”, che include anche ad esempio la mediazione linguistica e culturale, mentre la mediazione civile è relativa all’ambito legale e le ADR (negoziato, mediazione civile, arbitrato, mediazione familiare/collaborative law/family law).

È anche detta negoziazione a tre, attività dove un terzo imparziale (chiamato Mediatore) aiuta due o più parti di una controversia a raggiungere un accordo (che può essere di varia natura) che risulti vantaggioso per ciascuna delle parti, attraverso varie tecniche di comunicazione e negoziazione che servono ad aprire e/o migliorare il dialogo o l’empatia tra i contendenti.

È diversamente normato nel mondo, l’Unione europea ha richiesto l’adozione agli stati membri, di dotarsi di apposita normativa ai fini del recepimento delle direttiva dell’Unione Europea 2008/52/CE in relazione alla materia civile e commerciale.

In ambito di controversie commerciali, uno dei maggiori standard internazionali è rappresentato dalle Mediation Rules stipulate dalla Camera di commercio internazionale (ICC).

     Indice

  1. La disciplina normativa italiana
  2. Le tipologie
  3. La figura e il ruolo del mediatore

1. La disciplina normativa italiana

In Italia la Mediazione Civile è stata introdotta con il D. Lgs. 4 marzo 2010 n.28, che ha introdotto molteplici novità rispetto all’istituto della conciliazione.

Prima, nell’Ordinamento Italiano, la parola mediazione era utilizzata per indicare l’informale gestione dei conflitti posta in essere da terzi imparziali, in controversie di natura familiare, sociale, scolastica, penale, di comunità o interculturale, nonostante il rischio di confusione con l’omonimo istituto civilistico dei quali all’articolo 1754 del codice civile, mentre, con la parola conciliazione si alludeva ai procedimenti di risoluzione delle controversie nell’ambito delle materie civili, commerciali e di lavoro.

Con il sopravvento del D.Lgs. n. 28/2010, si è arrivati a una netta distinzione tra mediazione, intesa come il procedimento rivolto alla risoluzione di una lite, e la conciliazione, intesa come il risultato di questo procedimento.

In Italia si distingue la conciliazione giudiziale affidata ad un magistrato (conciliazione endoprocessuale) dalla conciliazione extragiudiziale nella forma della conciliazione amministrata.

Importante in questo senso è il ruolo svolto in merito alle Camere di Commercio, a partire dalla Legge n. 580 del 1993 che le ha riformate e al Regolamento di Conciliazione adottato da Unioncamere (Unione italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura).

Il creatore del Sistema Nazionale di Conciliazione per le Camere di Commercio Italiane e per tutte le Prefetture UTG Italiane che ha rivoluzionato il Sistema Giustizia Italia è stato il professor Mario Quinto (Roma 30.06.1947-13.12.2016) che, pioniere di questa materia ed ideatore della disciplina di studio “Consensuologia”, è da molti considerato il padre della mediazione in Italia.

La pronuncia del 06/12/2012 n. 272 della Corte Costituzionale ha dettato una battuta d’arresto per la mediazione civile, imponendo il passaggio dalla “giurisdizione condizionata”, che proponeva un “filtro” d’accesso alla giustizia civile, attraverso l’obbligo di effettuare prima un tentativo stragiudiziale alla libera facoltà di utilizzare tale strumento, in forma di mediazione volontaria. La Consulta ha infatti dichiarato illegittimo, per eccesso di delega legislativa, il D.Lgs. 28/2010 nella parte nella quale prevede il carattere obbligatorio della mediazione.

Due i punti chiave della decisione: i riporti normativi europei e l’eccesso nei confronti della legge-delega.

Differenze tra la mediazione e un procedimento giudiziario sono relativi ai tempi di solito più brevi.

Lo svolgimento, strettamente confidenziale e non pubblico, e il controllo decisionale che le parti in conflitto hanno sulla sua risoluzione, cosa che nei sistemi di giustizia contenziosa sono unicamente in capo a un Giudice o a una Giuria.

La Mediazione è disciplinata dal regolamento dell’Organismo di Mediazione scelto dalle parti in conflitto.

L’Italia ha recepito la direttiva con il d.lgs del 4 marzo 2010 n. 28 per la composizione dei conflitti tra soggetti privati relativi a diritti disponibili.

Il legislatore, nel tentativo di disincentivare atteggiamenti ostili, ha introdotto con il decreto legge 22 giugno 2012 n. 83 (detto “decreto sviluppo”) particolari conseguenze sanzionatorie per la parte che non accetta la proposta del mediatore.

Con sentenza depositata il 6 dicembre 2012, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’obbligatorietà del tentativo di mediazione per eccesso di delega sancendo di fatto, la natura volontaria del procedimento.

Dopo la sentenza della Consulta n. 272/2012, l’istituto della mediazione civile obbligatoria è stato riproposto con decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, detto “decreto del fare”, modificato e convertito in legge 9 agosto 2013 n. 98.

Nella formulazione è obbligatorio esclusivamente esperire il primo incontro preliminare di programmazione della procedura conciliativa, e la partecipazione delle parti allo stesso è obbligatoria, assistita da un avvocato, gratuita se non si perviene a un accordo.

Il 24 ottobre 2012 la Corte Costituzionale ha annullato per eccesso di delega legislativa l’articolo 5 comma 1 del D.Lgs. 28/2010 e altri dipendenti da esso, che introduceva l’obbligatorietà della mediazione civile prima di potere adire il giudice ordinario.

La sentenza non si pronuncia in merito alla questione di legittimità per violazione degli articoli 3, 24 e 111, che è dichiarata inammissibile non “infondata”.

Con sentenza n. 276 del 2000 in materia di tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie di lavoro, la Corte affermò l’assenza di contrasto con l’articolo 24 della Costituzione.


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2. Le tipologie

La mediazione civile è sostanzialmente suddivisa in tre categorie:

  • facoltativa
  • delegata o giudiziale
  • obbligata

La mediazione facoltativa è rimessa alla volontà delle parti, che possono fare ricorso liberamente, ogni volta ritengano che ci siano le condizioni per avviare proficuamente un confronto finalizzato alla ricerca di una soluzione reciprocamente soddisfacente.

E’ volontaria perché sono le stesse parti coinvolte in un procedimento di mediazione a decidere liberamente di partecipare agli incontri, di prospettare le soluzioni che ritengono più idonee per entrambi nella risoluzione della controversia, di abbandonare la procedura e soprattutto di decidere se fissare o meno i termini e le condizioni per un accordo di conciliazione e sottoscriverlo.

La mediazione delegata (d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28) si ha quando il giudice, che in appello, e ogni volta che ne ravvisi l’opportunità rispetto alla fase del giudizio, alla natura della controversia.

La mediazione ritorna obbligatoria per 4 anni in materia di:

  • condominio
  • diritti reali
  • divisione
  • successioni ereditarie
  • patti di famiglia
  • locazione
  • comodato
  • affitto di aziende
  • risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria
  • risarcimento del danno derivante da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro   mezzo di pubblicità
  • contratti assicurativi
  • contratti bancari
  • contratti finanziari

In questi casi, la parte che intende agire in giudizio ha l’onere di tentare la mediazione, con l’assistenza di un avvocato, che per iscritto deve informare il proprio assistito, sia della possibilità di procedere alla mediazione e delle relative agevolazioni fiscali che dei casi nei quali il procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Il giudice, se rilevi la mancata allegazione del documento all’atto introduttivo del giudizio, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione.

In ogni altra materia la mediazione potrà essere avviata dalle parti su base volontaria, sia prima che durante il processo.

La mediazione disposta dal giudice è prevista anche dalla direttiva comunitaria 2008/52/Ce, e si affianca senza sostituirla alla conciliazione giudiziale.

3. La figura e il ruolo del mediatore

Il corretto svolgimento della procedura di mediazione e la possibilità che questa porti a un’ottimale risoluzione della controversia, dipende dalla competenza del mediatore, che viene garantita dalla sua imparzialità e dalla sua professionalità.

L’imparzialità del mediatore, intesa come equidistanza dalle parti e assenza di rapporti che impedirebbero di svolgere la propria attività senza esserne condizionato, prevede anche la sottoscrizione di un accordo da parte del mediatore all’inizio della procedura.

Il mediatore non si deve limitare ad essere imparziale ma deve anche apparire tale.

L’obbligo dell’aggiornamento biennale è previsto dall’articolo 18 comma 2 lett. g 180/2010 di diciotto ore e la partecipazione al tirocinio a 30 incontri presso gli Organismi di conciliazione.

Per potere mantenere l’iscrizione si deve frequentare per ogni due anni un corso di aggiornamento di almeno 18 ore presso un ente di formazione per mediatori iscritto nell’elenco tenuto presso il Ministero e partecipare, per ogni biennio, in forma di tirocinio assistito almeno a venti casi di mediazione.

Per la nomina di mediatori è necessario essere in possesso dei requisiti di professionalità previsti dal Regolamento dell’organismo.

Si possono nominare dei co-mediatori o dei mediatori ausiliari dove la particolarità della materia lo richieda.

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