La liquidazione dei compensi a difensori in gratuito patrocinio

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La nostra Carta Costituzionale pone dei pochi ma incisivi principi fondamentali (artt. 1 – 12).

Le successive norme (artt. 13 – 138) ne sono articolazione e specificazione: la Carta, difatti, è strutturata, a seguire, in “parti”, componentisi, a loro volta, in “titoli”, a loro volta, come in scatole cinesi, suddivise, talvolta, in “sezioni”.

Ne deriva che, con riferimento all’accesso alla giustizia, gli artt. 2 e 3 costituiscono il precipitato logico – giuridico dell’art. 24, che, al comma 3, garantisce il diritto di difesa dei non abbienti.

In ottemperanza a tali norme è stato da ultimo introdotto l’istituto del “Gratuito Patrocinio” con D.P.R. n. 115 2, in cui gli Ordini Professionali sono chiamati a svolgere, effettuato l’accertamento reddituale della parte richiedente, una valutazione prognostica dell’esito vittorioso della lite ad instaurarsi, onde consentire l’accesso al beneficio mentre compete al giudice che ha definito il giudizio la liquidazione dei compensi.

Il giudice, pertanto, effettua una valutazione diagnostica ad esito della lite giudiziaria.

Quid iuris in caso di esito negativo della lite per la parte beneficiaria dell’istituto del Gratuito Patrocinio?  

Gli artt. 2 e 3 della Carta costituiscono altresì il precipitato logico – giuridico dell’art. 97, comma 1, che assicura il buon andamento e l’imparzialità della (pubblica) amministrazione.

Nel caso che ci occupa l’attenzione va soffermata sul buon andamento della pubblica amministrazione.

Il servizio pubblico Giustizia si rende dagli organi giurisdizionali nell’espletamento della loro attività.

Tali attività sono cadenzate principalmente a mezzo delle norme contenute nei codici di rito, ma altre norme processuali sono rinvenibili in ogni dove (es nel D.L.vo n. 209 5: per un arco temporale determinato la domanda giudiziale per rca si proponeva con ricorso, successivamente, a seguito di modifica della legge, con atto di citazione).

Con particolare riferimento al processo civile, gli artt. 88 – 89 (inseriti nel Capo III, in rubrica: “Dei doveri delle parti e dei difensori”) nonché gli artt. 91 – 98 (inseriti nel Capo IV, in rubrica: “Delle responsabilità delle parti per le spese e per i danni processuali”) sono gli strumenti di attuazione della norma costituzionale da ultimo richiamata e per come precisata (i.e. l’art. 97 Cost.).

Tale ricostruzione concettuale, che la scrivente riconduce alla dogmatica giuridica, trova conferma nella nuova formulazione dell’art. 96 cpc, in rubrica “responsabilità aggravata”, che ha visto l’introduzione di un ultimo comma, con cui si demanda al GI la liquidazione in via equitativa per lite temeraria anche allorquando la parte abbia agito o resistito in giudizio senza malafede.

Nel caso in cui, pertanto, la parte ammessa al G.P. abbia visto le sue conclusioni rigettate ovvero, nel solo caso di parte che ha promosso in giudizio l’azione, la domanda sia stata dichiarata improcedibile ovvero inammissibile, l’istanza di liquidazione va rigettata, a nulla valendo che il GI abbia compensato, per giusti motivi (ante riforma L. n. 69 9) ovvero per gravi ed eccezionali ragioni (post riforma L. n. 69 9), le spese del giudizio tra i litiganti.

Incombe, pertanto, sul difensore individuato dalla parte ammessa dal COA territorialmente competente al G.P., ricevuto il mandato, prima del giudizio riesaminare doviziosamente la possibilità di esito vittorioso della lite e, in caso negativo, instaurare procedimento per revoca del beneficio dinanzi al COA, mentre, nel corso del giudizio, a seguito delle preclusioni e decadenze processuali ovvero dell’esito dell’istruttoria, in caso di possibilità di esito negativo della lite, adoperarsi per la rinuncia agli atti all’azione ovvero conciliare la domanda in modo da non vedere il proprio cliente soggiacere a definizione di esito negativo della lite diagnosticato e statuito con sentenza dal giudice.

Avv. Porfilio Mariarosaria

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