La legittima difesa

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La “Legittima difesa” presenta radici antiche e profonde.

Ci sono diversi modi per definirla, chi  la qualifica con l’espressione “ licenza di uccidere” e chi invece la ritiene come la migliore difesa per i cittadini; essa comunque risponde ad un’esigenza naturale, ad un istinto che porta la persona aggredita a difendersi respingendo l’aggressione ad un proprio bene tutelato.

L’istituto, si colloca pacificamente, fra le cause di giustificazione previste dal nostro ordinamento  (che escludono, già,  su un piano obiettivo la configurabilità di un fatto di reato),  ed è disciplinato dall’art. 52 del Codice Penale il quale dispone che: “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.

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 I presupposti

Preliminarmente, occorre procedere all’analisi di due requisiti fondamentali, quali la  “attualità del pericolo” e l’ “ingiustizia dell’offesa”.

Con riferimento al pericolo, non si deve trattare né di un pericolo passato perché in questo caso non si avrebbe più alcuna necessità di prevenire un’offesa, né di un pericolo futuro, giacché, ove così fosse, sarebbe possibile ricorrere all’intervento dell’Autorità.

E’ necessario, quindi, un pericolo attuale cioè  incombente al momento del fatto, tale che la reazione nei confronti dell’aggressore rappresenti l’unico mezzo per salvaguardare il bene posto in pericolo.

Quanto al concetto di offesa ingiusta, secondo l’orientamento ermeneutico tradizionale, è ingiusta l’offesa provocata contra jus,cioè antigiuridica, arrecata in violazione delle norme che tutelano il bene minacciato.[1]

Affinché, l’offesa realizzata attraverso l’azione difensiva possa ritenersi giustificata sono necessari accanto ai caratteri dell’aggressione sopra descritti, anche precisi requisiti con riferimento alla reazione.

Essa deve anzitutto apparire necessaria per salvaguardare il bene posto in pericolo, ossia inevitabile, quando cioè non può essere sostituita da un’altra reazione meno dannosa ed ugualmente idonea ad assicurare la tutela dell’aggredito.

Il secondo requisito,  è quello della proporzione tra difesa ed offesa, da intendersi riferita ai beni giuridici in gioco e non ai mezzi utilizzati , che si ravvisa quando l’offesa arrecata è inferiore, uguale o tollerabilmente superiore a quella posta in essere dall’aggressore.

Fin qui, dunque,  sicuramente una norma ben congegnata, connotata da una serie di elementi che in virtù dei  considerevoli apporti dottrinali e giurisprudenziali , hanno sempre indicato l’alto grado di civiltà giuridica del nostro ordinamento, quale  modello di sapienza e di equilibrio a cui non si era ritenuto di dover apportare modifiche a livello legislativo.

Evoluzione giurisprudenziale

La legittima difesa rappresenta il punto di arrivo di un percorso evolutivo lungo e complesso, che ne ha radicalmente mutato caratteristiche e limiti, pur mantenendo immutato nel tempo il principio base dell’istituto, ossia il diritto di chiunque di difendere la vita propria e altrui da ingiuste aggressioni.

A fronte dei numerosi delitti efferati, commessi soprattutto all’interno di luoghi di privata dimora e alle conseguenti reazioni delle parti offese, si è aperto, o meglio riaperto, nell’opinione pubblica un dibattito mai del tutto sopito in merito alle funzioni della legittima difesa ed alle sue problematiche, dibattito che ha prodotto diverse proposte di modifica dell’istituto, finalizzate tutte a consentire un’estensione dell’ambito di applicabilità della scriminante, così da consentire una più ampia protezione giuridica ai privati che si trovano ad essere aggrediti nei propri interessi personali e patrimoniali.

La legittima difesa domiciliare: la riforma del 2006

La disciplina codicistica della legittima difesa è stata modificata con la L. 13 febbraio 2006 n. 59, la quale ha introdotto la c.d. legittima difesa “domiciliare”, aggiungendo  all’art. 52 c.p. due nuovi commi destinati a regolamentare l’esercizio del diritto di autotutela in un privato domicilio.

In particolare, il secondo comma, prevedeva che :“Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o la altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione”.

Il terzo comma, invece, stabiliva che :“La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”.

Tale novella, è stata introdotta nel 2006 a seguito di alcuni fatti di cronaca aventi ad oggetto furti e/o rapine in esercizi commerciali ed abitazioni, e che hanno visto le persone offese dei riferiti reati reagire “per legittima difesa” con l’uso di armi da fuoco, provocando la morte degli autori.

L’aspetto di maggiore novità concerneva, appunto, la modifica del requisito della proporzione , nel senso che quando la reazione difensiva è diretta nei confronti di un intruso in un luogo di privata dimora, il Giudice è esonerato dal verificare in concreto la proporzionalità tra offesa e difesa, dovendo questo essere considerato, in tali casi, legislativamente presunto juris et de jure.

Tale riforma, sin dall’inizio ha suscitato reazioni contrastanti, perché se da un lato andava ad allargare l’ambito di applicabilità della disciplina e a tutelare maggiormente le aggressioni all’interno dei luoghi di privata dimora, dall’altro lato vi era il rischio che producesse al contrario, un effetto “criminogeno”, incentivando l’aggressività dei delinquenti ed offrendo maggiori spazi di aggressività difensiva alle potenziali vittime.

Sul punto:”La riforma della legittima difesa”

La nuova riforma del 2019

Attualmente si è tornati nuovamente a parlare di legittima difesa.

“La difesa è sempre legittima”: questo è l’assunto cardine del testo di legge approvato in via definitiva dal Senato con 201 sì, 38 no e 6 astensioni in data 28 marzo 2019.

La nuova riforma in materia di legittima difesa prevede un inasprimento del trattamento sanzionatorio per alcuni tra i più comuni reati, commessi in occasione di aggressioni nel domicilio, quali furtorapina violazione di domicilio.

Dunque, l’idea di fondo del Legislatore  è quella di  rendere il più possibile immune da responsabilità e conseguenze sfavorevoli, colui che si difende da un’aggressione nel domicilio, inteso quale abitazione, o altro luogo di privata dimora, compresi quelli in cui vengono svolte attività commerciali, professionali o imprenditoriali.

Chiarito, quindi,  che la riforma riguarda solo la legittima difesa domiciliare, il  Senato ha provveduto, nello specifico,  ad approvare i seguenti articoli:

– L’articolo 1 del provvedimento, modifica il comma 2 dell’art. 52 c.p. ,  disponendo che nel caso in cui una persona presente legittimamente nell’abitazione altrui o in un altro luogo di privata dimora utilizzi un’arma (che deve essere legittimamente detenuta) per difendere la propria o l’altrui incolumità, nonché i beni propri o altrui, dal “pericolo di un’aggressione”, la sussistenza della proporzionalità tra offesa e difesa è sempre riconosciuta.

La modifica consiste ,principalmente, nel ritenere  “sempre” sussistente il rapporto di proporzionalità tra la difesa e l’offesa.

– L’ articolo  2 rappresenta il punto centrale dell’intera riforma , in quanto introduce  il concetto di “grave turbamento” tra le cause di non punibilità,  apportando delle modifiche all’articolo 55 c.p. , il quale prevede che : “Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”.

– L’articolo 3  del provvedimento, modificando l’articolo 165 c.p., prevede che nei casi di condanna per furto in appartamento e furto con strappo (art. 624-bis c.p.) la sospensione condizionale della pena sia subordinata al pagamento integrale dell’importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa.

Oltre alle suddette modifiche, il provvedimento è altresì intervenuto con riferimento specifico ad  alcune tipologie di reato.

In particolare, nella fattispecie di cui all’art 614 c.p. (Violazione di domicilio), la reclusione da sei mesi a tre anni viene sostituita con la reclusione da uno a quattro anni e nell’ipotesi aggravata di cui al quarto comma  la reclusione da uno a cinque anni viene sostituita con la reclusione da due a sei anni.

Per quanto concerne invece, l’art. 624-bis c.p. ( Furto in abitazione)  la pena detentiva passerà “da tre a sei anni” a “da quattro a sette anni” e, nei casi più gravi previsti dal terzo comma, sarà applicata la pena “da cinque a dieci anni e della multa da euro 1.000 a euro 2.500”.

Infine con riferimento al delitto di cui all’art. 628 c.p. (Rapina), viene innalzato da quattro a cinque anni il minimo edittale della reclusione per la rapina semplice mentre resta fermo il massimo fissato a 10 anni.

Per le ipotesi aggravate e pluriaggravate di cui rispettivamente al terzo comma e al quarto comma dell’articolo 628 c.p. il disegno di legge prevede un analogo inasprimento sanzionatorio. In particolare per la rapina aggravata la pena della reclusione è elevata nel minimo da cinque a sei anni (il massimo resta fissato a 20 anni) e la pena pecuniaria è rideterminata da 2.000 a 4.000 euro . Per le ipotesi pluriaggravate la pena della reclusione è elevata nel minimo da sei a sette anni (il massimo resta fissato a 20 anni) e la pena pecuniaria è rideterminata da 2.500 a 4.000 euro .

Conclusioni

Pertanto, in base a quanto riportato, è da dubitare che le violazioni di domicilio diminuiscano in virtù della “nuova legittima difesa”: infatti il malintenzionato che vuole introdursi furtivamente nell’appartamento altrui continuerà a farlo, nonostante l’inasprimento del trattamento sanzionatorio.

Inoltre, introducendo l’elemento psicologico del grave turbamento,  quale scriminante determinante nell’eccesso colposo, viene data ampia discrezionalità alla Magistratura, la quale dovrà valutare, dando luogo a non pochi problemi interpretativi,  se colui che si è difeso con la propria arma legittimamente detenuta si trovava in uno stato di agitazione tale da giustificare la sua condotta; prova questa ,del grave turbamento, decisamente ardua da produrre, se non attraverso presunzioni oggettive.

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Note

[1] Fiandaca G., Musco E. ,Diritto Penale- Parte Generale, Zanichelli editore, 2007.

Valentina Laborioso

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