La Legge 104 estesa anche ai conviventi

Redazione 27/09/16
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La Legge 104 del 1992 è valida anche per i conviventi delle persone affette da disabilità. Da oggi in poi non solo i coniugi e i parenti fino al secondo grado, ma anche i partner non sposati dei disabili potranno usufruire dei permessi dal lavoro per assistere il loro compagno. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza num. 213 del 23 settembre 2016.

 

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La Consulta: “irragionevole” non includere il convivente nei benefici

Possono usufruire dei tre giorni di permesso mensile retribuito, dunque, anche i conviventi dei cittadini disabili. Non solo, la limitazione ai soli coniugi e parenti di secondo grado prevista dalla norma è incostituzionale. Si legge infatti nella sentenza num. 213 della Corte Costituzionale che “è irragionevole che nell’elencazione dei soggetti legittimati a fruire del permesso mensile” previsto dalla Legge 104 “non sia incluso il convivente della persona con handicap in situazione di gravità”.

Una tale pronuncia si basa su un fondamento ben preciso di carattere più generale. Il diritto alla salute psico-fisica di ogni cittadino con handicap va garantito e tutelato “sia come singolo che in quanto facente parte di una formazione sociale“, intesa come “ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione”. Il matrimonio e il rapporto con i parenti, dunque, e ovviamente anche il partner nella vita.

 

In cosa consiste il beneficio previsto dalla Legge 104?

La Legge 104 del 5 febbraio 1992, o Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, stabilisce all’art. 33 che “il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità”, con grado di parentela fino al secondo grado, “ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito”.

Il diritto è esteso ai parenti entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti. Il beneficio, tuttavia, “non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona”.

 

I diritti sanciti dalla Costituzione

Secondo la sentenza della Corte di Cassazione, l’esclusione dei conviventi dal beneficio di permesso dal lavoro e assistenza al cittadino con handicap viola gli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione.

L’articolo 2 riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo “sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”, mentre l’articolo 3 stabilisce in maniera complementare che è compito della Repubblica “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” che impediscano il pieno sviluppo della persona umana.

L’articolo 32 della Costituzione afferma che la Repubblica “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo” e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nella garanzia della salute e dei diritti inviolabili per tutti è da leggere anche l’assistenza ai disabili compiuta dai parenti e dai compagni, siano essi sposati in matrimonio o conviventi.

Sentenza collegata

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