La funzione magistratuale nel variare della concezione statale

Scarica PDF Stampa

            La scienza politica americana ha concentrato nel corso del ‘900 la propria attenzione sul potere sociale dei gruppi di pressione, in favore di una visione parcellizzata anziché unitaria del potere dello Strato, svalutando il “potere politico” e il ricorso alla forza nella ricerca del consenso, la tematica dello Strato viene in parte recuperata nel corso degli anni ’80 con una visione particolare nella quale lo Stato è solo una delle varie istituzioni politiche che definiscono la cornice entro cui agisce la politica (approccio neo-istituzionale), all’opposto è l’altra visione prettamente mercantile in cui si viene a costituire il lato dell’offerta nella quale agiscono due gruppi di attori, il governo e l’apparato amministrativo, contrapposta alla domanda propria dei cittadini, un mercato nel quale questi ultimi associati in gruppi perseguono i propri scopi cercando al contempo di risolvere i “problemi” derivanti dalle “esternalità” del mercato privato (scelta razionale e scelta pubblica), la riscoperta dello Stato con il suo apparato coercitivo e ideologico, nel quale la manipolazione e la violenza è frutto dei rapporti economici e di distribuzione del potere sociale e politico, resta comunque una prerogativa prevalente della scienza politica di matrice europea (Easton).

            Lo Stato, secondo la visione europeista, che sia visto in termini organicistici, quale organismo superiore al singolo fino ad assumere un carattere di sacralità in Hegel e Fichte, o contrattualistici, che assume tuttavia una razionalità perfetta nel momento in cui le singole volontà assommandosi fra loro diventano “volontà generale” con una propria infallibilità (Rousseau), non ha tuttavia quel tecnicismo che nel ‘900 Kelsen vuole riconoscere e impone quale visione nell’organizzazione statale come formazione giuridica, secondo una concezione formalistica, che nel negare l’aspetto sociologico riduce i rapporti statali ad un semplice ordinamento giuridico fornito di un proprio carattere coercitivo fondato sul diritto, senza tuttavia risolvere i limiti di efficacia che la sola tecnica coercitiva manifesta negli ordinamenti in cui si concreta, i quali coinvolgono comunque la valutazione politica sui valori che il sistema normativo comporta, ma anche l’efficacia delle norme rispetto allo scopo oltre che la coerenza tra loro e con il sistema di valori su cui l’ordinamento statale poggia (Abbagnano).

            Il modello Stato inteso come un insieme di individui non può sottacere la tensione che si crea tra politici e apparato amministrativo nel divergere degli interessi, come il rischio dell’autoreferenzialità della politica nei confronti dei propri elettori, la visione etica dello Stato, propria di una matrice continentale europea affermatasi nell’età moderna e contemporanea, viene a scontrarsi con una visione pluralista e di mercato di matrice anglosassone perfezionata negli Stati Uniti, le due Guerre Mondiali, le dittature e il dissolversi dei due blocchi contrapposti a seguito della caduta di uno Stato etico per eccellenza quale era lo Stato Sovietico, contraltare dello Stato fascista, nazionalsocialista o più semplicemente nazionalista, prodotti della gerarchizzazione estrema nello sforzo bellico proprio della Grande Guerra in Stati già di per sé etici secondo una filosofia politica idealista, porta ad una globalizzazione nella quale il diffondersi della nuova tecnologia comunicativa informatica fa prevalere un modello di Stato flessibile, frammentato sul territorio, privo di un forte baricentro politico-amministrativo sostituito da Agenzie economiche varie confacenti ad uno Stato commerciale, lo Stato secondo una concezione “neocorporativista” si configura quale attore di una concertazione che rende possibili le collaborazioni tra le varie organizzazioni, assicurando la governabilità di una società economicamente avanzata dove convivono una varietà di istituzioni che perseguono programmi ed interventi particolari (Cawson).

            Il passaggio nella seconda metà del ‘900 da uno Stato etico ad uno Stato pluralista e di mercato tale da raggiungere in molti casi la frammentazione, conduce ad un mutamento genetico del ruolo magistratuale che da garante e supporto, seppure democraticamente indipendente, dei valori sociali sostenuti e affermati dallo Stato si trasforma in giudice e mediatore nei rapporti sociali, spesso conflittuali, che si vanno instaurando con la privatizzazione economica globale ed il ritiro dello Stato, quale fattore economico e culturale, da un intervento diretto socialmente unificante, prevale quindi il modello americano senza che tuttavia in molti casi vi sia una chiara coscienza del nuovo ruolo e delle conseguenze che ne derivano, la normativa stessa diventa sempre più di mediazione e di favore fra opposti gruppi, con aspetti da grida manzoniane nei momenti di crisi sistemica più acuti, basti pensare all’uso delle indennità nel Welfare dove uno Stato pervasivo manteneva ancora la propria compattezza fondata sulla sicurezza sociale e al successivo crescere dei momenti di responsabilità civile nei rapporti sociali, quale teatro di scontri a seguito del lievitare del numero dei diritti riconosciuti sia al singolo che a un crescente numero di attori sociali.

            Vi è pertanto una sovraesposizione magistratuale esposta a continue pressioni sia mediatiche che normative, nella sua funzione di decisore di ultima istanza tra richieste di tutela e di nuovi diritti sia verso lo Stato che tra attori sociali, il rinchiudersi nelle certezze tecniche kelsiane risulta pertanto insufficiente, eccessivamente  ristretto per tutta una serie di nuovi funzioni acquisite, deve esserci la coscienza e la capacità di gestire e giudicare le relazioni con effetti a lungo termine al fine di capire e stabilizzare il sistema nel modo migliore, infatti gli effetti ritardati risultano fondamentali nei comportamenti contro-intuitivi nei sistemi – complessi quali sono le società moderne, si deve inoltre considerare i diversi pesi e ruoli dei vari elementi del sistema, il pericolo insito è che si creino anche nel cumularsi delle decisioni dei vincoli viziosi o auto- catalitici  che si auto rafforzino fino all’esplosione in una crescita esponenziale e al conseguente blocco da altra parte,  gli stessi diritti estremizzati in un crescendo di (+) conducono al possibile arenarsi del sistema in una produzione massiva dello stesso output finale, interviene necessariamente un feedback negativo di stabilizzazione (-) il quale non può che essere originato dalla Suprema Corte di Cassazione, la quale assume la funzione negativa di inibizione e stabilizzazione o positiva di rafforzamento e stimolo, quello che interessa è la sostenibilità di sistema nel lungo periodo anche in fase di cambiamento, considerate le forze in campo il bilanciamento diritti/doveri ed il contesto economico e sociale in cui si agisce (Gandolfi – Senge).

            Dobbiamo considerare che già nel corso del ‘900 il rapporto principio liberale e principio democratico è stato un rapporto dialettico e contraddittorio, il carattere liberale di per sé non garantisce il carattere democratico come del resto il principio democratico estremizzato può arrivare a comprimere le libertà del singolo soggetto, vi è pertanto la ricerca di un punto di equilibrio tra i due principi che può variare nel tempo ma deve comunque sussistere, è stato affermato che l’esistenza di organi tecnici finisce per garantire le libertà dei singoli dai possibili abusi di organi elettivi che rispondono a maggioranze mutevoli, i quali pertanto devono limitarsi alla normazione di carattere generale ed astratto, lo Stato sociale nel promuovere una eguaglianza sostanziale introduce la categoria dei diritti sociali accanto ai diritti politici individuali, cercando di promuovere non tanto una eguaglianza di arrivo quanto di opportunità di partenza, vi è già in questo il variare della funzione della magistratura che da supporto dello Stato di diritto etico diventa di garanzia nei confronti dello Stato sociale, ma è nell’attuale fase storica che acquista una funzione di arbitro più accentuata con il conseguente rischio di sovraesposizione e perdita del necessario ruolo di equilibrio.

            Si parla di un rapporto circolare anziché lineare e unidirezionale tra legislazione e giurisprudenza in cui vi è una influenza reciproca, Luhmann rifacendosi alla teoria dei sistemi e al funzionalismo individua una differenziazione interna al sistema giuridico basata sulla forma centro/periferia, dove il centro è dato dai tribunali e la periferia dalla legislazione, in una zona intermedia si pone il diritto contrattuale generatore di proprie norme, sia la legislazione che i contratti operano quali filtri sociali mentre ai tribunali compete il processo decisionale dell’individuazione delle norme corrette risolvendo i conflitti e le eventuali incompatibilità o vuoti normativi, si ha in tal modo un sottosistema differenziato del sistema giuridico stesso capace di risolvere qualsiasi problema normativo, all’interno di questo sottosistema vi è una ulteriore differenziazione gerarchica che assicura la coerenza dell’intero sistema evitandone la frammentazione e vincolando talvolta l’intero sistema giuridico, compreso il sottosistema legislativo (Tosini).

           

 

Bibliografia

  • N. Luhmann, La differenziazione del diritto: Contributi alla sociologia e alla teoria del diritto, Il Mulino, 1990;
  • J. Habermans, Fatti e norme: Contributi a una teoria discorsiva del diritto e della democrazia, Guerini e Associati, 1997;
  • D. Tosini, Niklas, Luhmann: Il diritto nella teoria dei sistemi sociali, in “Diritto e teoria sociale: Introduzione al pensiero socio-giuridico contemporaneo” di G. Campesi, I. Populizio, N. Riva, Carocci ed., 2009;
  • N. Addario, Teoria dei sistemi sociali e modernità, Carocci ed., 2003.

 

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento