La funzione costituzionale dei patti territoriali. Un importante, ma parziale riconoscimento dalla giustizia amministrativa

Lanzoni Lisa 27/10/11
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Nota a sentenza

Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – Sezione staccata di Catania (Sezione Prima). Sentenza del 17 luglio 2009, n. 1348/2009.

 

Natura e disciplina del patto territoriale quale accordo procedimentale ex art. 11, l. n. 241/1990 e art. 2, co. 203, l. n. 662/1996. – Accordo di programma a modifica dello strumento di pianificazione territoriale e impegno della amministrazioni partecipanti a sottoporre la questione all’organo competente. – Contenuto e portata precettiva degli impegni assunti dalle parti pubbliche e private partecipanti al patto territoriale. – Elementi di carattere certativo e prestazionale del patto territoriale assistiti dall’obbligo accessorio da parte delle Pubbliche Amministrazioni di coordinare l’iniziativa di sviluppo territoriale con le fonti normative e regolamentari in materia al fine di raggiungere gli obiettivi dell’accordo. – Esigenze private della produzione e del commercio e esigenze di pubblico interesse di sviluppo e di tutela del territorio rese comuni nella causa dell’accordo come manifestazione dell’obbligo della Repubblica di intervenire per la promozione del contesto sociale laddove quest’ultimo ha necessità di essere sostenuto.

La sentenza è reperibile in:

www.giustizia-amministrativa.it/WEBY2K/intermediate.asp?reg=Sicilia&Tar=Catania

1. La sentenza del T.A.R. Catania del 17 luglio 2009, n. 1348/2009 si inserisce nell’ambito di un filone giurisprudenziale teso a chiarire sia la relazione esistente tra gli strumenti di programmazione negoziata e di pianificazione territoriale insistenti sulle medesime porzioni del territorio regionale, sia la natura e il contenuto degli obblighi che, per effetto della sottoscrizione di uno strumento negoziale, si determinano in capo ai soggetti pubblici partecipanti. La vicenda processuale si riferisce, in particolare, all’attuazione dello strumento dei patti territoriali, disciplinati in via principale dall’art. 2, co. 203, lett. d) l. n. 662 del 23 dicembre 1996. In senso ulteriore rispetto alle altre pronunce in materia1, il Collegio del T.A.R. Catania si sofferma sugli elementi strutturali dell’obbligazione contratta dai soggetti pubblici e considera la peculiare idoneità del patto territoriale allo svolgimento di una funzione di coordinamento e concertazione tra gli interessi pubblici e privati coinvolti, nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile del contesto locale.

La pronuncia del Collegio conclude in prima istanza un complesso iter procedurale legato alla realizzazione, da parte della ricorrente società privata Progetto Eolie S.a.s., di un edificio turistico recettizio incluso tra le proposte del Patto territoriale denominato “Isole Eolie”. Quest’ultimo nasce dall’iniziativa congiunta di alcuni Comuni e di diverse imprese di rilievo presenti nei territori delle Isole Eolie e persegue lo specifico obiettivo di determinare uno sviluppo eco-sostenibile e un incremento occupazionale delle aree coinvolte, con particolare attenzione al sostegno del settore del turismo2.

In tale contesto, la proposta di parte ricorrente viene valutata meritevole di approvazione e inserita nel piano complessivo del Patto territoriale. Nelle more di approvazione del Patto territoriale diviene, frattanto, operativo il Piano Territoriale Paesistico (P.T.P.) Isole Eolie, strumento regionale deputato alla tutela e valorizzazione del paesaggio e rispetto al quale la Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali della Provincia acquisisce la funzione di organo consultivo in ordine a taluni atti autorizzatori3. Nel caso di specie, la Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Messina chiarisce che i progetti approvati prima dell’entrata in vigore del P.T.P. e ad esso non conformi non avrebbero potuto essere autorizzati in regime di deroga, in quanto la disciplina paesistica non contempla il ricorso a tale istituto4. Ad avviso della Soprintendenza, lo strumento del patto territoriale non può, quindi, determinare una deroga automatica al P.T.P., le cui modifiche sono attuabili solamente attraverso le medesime procedure previste per l’approvazione, così come successivamente confermato dall’indirizzo espresso dall’Assessorato Beni Culturali e Ambientali della Regione Sicilia5. Ciò chiarito, la Soprintendenza provvedeva a stilare un elenco riassuntivo dei progetti rientranti nel Patto Territoriale Isole Eolie ancora sprovvisti di autorizzazione paesistica e per cui ogni valutazione di compatibilità in materia doveva necessariamente formularsi alla luce del P.T.P. da poco entrato in vigore6.

Per alcuni di tali progetti, tra cui quello di parte ricorrente, la Soprintendenza prevedeva, inoltre, la preventiva acquisizione del provvedimento di cui all’art. 16 L.R. Sicilia n. 78 del 12 giugno 1976, secondo cui il Consiglio Comunale interessato ha facoltà di presentare al Presidente della Regione motivata istanza di deroga agli indici di densità edilizia stabiliti in via ordinaria7. La deroga – che si perfeziona con decreto dell’Assessore regionale per il Territorio e l’Ambiente, previo parere favorevole del Consiglio regionale dell’Urbanistica (C.R.U). e acquisizione del concerto dell’Assessore regionale per i Beni culturali e ambientali e per la Pubblica Istruzione – risponde alla finalità di consentire la realizzazione di opere e impianti destinati alla diretta fruizione del mare nel rispetto dell’ambiente e dei vincoli a tutela del paesaggio8. Nel rispetto delle competenze attribuite si pone, pertanto, come necessaria la partecipazione dei suddetti Assessorati, nonché del C.R.U., a garanzia della corretta valutazione e rispondenza agli interessi pubblici coinvolti.

Il Comune in cui viene previsto l’intervento oggetto del ricorso attiva, pertanto, la suddetta procedura di deroga, ma vede intervenire dall’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Sicilia una comunicazione di interruzione delle procedure di valutazione, seguita dal relativo provvedimento di diniego9. La società ricorrente vede, quindi, interrotta sia la procedura per l’approvazione in deroga di un progetto già incluso nel Patto Territoriale Isole Eolie, sia, dunque, ogni valutazione sulla compatibilità della proposta di realizzazione dell’edificio turistico recettizio con il nuovo P.T.P. La parte ricorrente lamenta, altresì, l’assoluta carenza di una specifica istruttoria preordinata al provvedimento di diniego, nonché la violazione del Patto territoriale approvato in seguito al parere favorevole espresso dalla Regione.

2. La vicenda processuale si conclude con l’accoglimento dell’istanza di parte e con il conseguente annullamento del provvedimento di diniego emesso dall’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Sicilia. Nell’estensione delle motivazioni, il Tribunale affronta, in particolare, tre ordini di problematiche, che si intende, quindi, procedere a esaminare, nella composizione dei profili procedurali e tematici che emergono nelle motivazioni del Collegio. Anzitutto, il T.A.R. Catania chiarisce quale rapporto intercorra tra lo strumento del patto territoriale – iscrivendolo nella più ampia categoria della programmazione negoziata – e gli ordinari strumenti di pianificazione territoriale (2.1 e 2.2). Tale relazione determina la necessità di esaminare nel dettaglio una seconda problematica, connessa alla natura e al contenuto degli obblighi che si determinano in capo alle Amministrazioni coinvolte nella sottoscrizione di un patto territoriale (2.2). Infine, il T.A.R., a completamento delle considerazioni svolte, specifica quali siano gli elementi strutturali dell’obbligazione pubblica determinata dall’adesione dei livelli istituzionali al patto territoriale, contestualizzando nello strumento di sviluppo locale l’azione di contemperamento tra gli interessi pubblici e privati coinvolti (2.3). Alla luce dei profili esaminati si svolgeranno, infine, alcune considerazioni conclusive sul ruolo dei patti territoriali nelle attuali politiche di sviluppo territoriale, con particolare riguardo alla funzione di “orientamento istituzionale” assunta dagli stessi in riferimento a taluni interessi di natura privata appartenenti al contesto locale (3).

2.1. Il patto territoriale rientra, come ricordato, tra gli strumenti della programmazione negoziata previsti dall’art. 2, co. 203 l. 662/1996, i cui criteri attuativi sono stati successivamente specificati dalla Delibera CIPE n. 29 del 21 marzo 1997 10. Vale ricordare che la l. n. 662/1996 ha sviluppato la logica della promozione del territorio “dal basso”, secondo una prospettiva in grado di coinvolgere un elevato numero di attori di rilievo, pubblici e privati, attraverso modalità negoziali. Tale tipologia di collaborazione sui territori regionali ha consentito una lettura dinamica delle esigenze di sviluppo delle singole aree, attraverso moduli flessibili di negoziazione idonei a perseguire gli obiettivi di valorizzazione ed i costanti mutamenti delle aree di sviluppo ottimale imposti dalle logiche di un mercato sovranazionale e globale11. In via generale, l’art. 2, co. 203 l. 662/1996 descrive la programmazione negoziata come quel processo di regolamentazione concordata tra i soggetti pubblici competenti e le parti interessate – siano esse ulteriori soggetti pubblici ovvero privati – per l’attuazione di interventi riferiti ad un unico obiettivo di sviluppo, perseguibile attraverso una valutazione complessiva delle attività di competenza12. Secondo un’accezione innovativa, il territorio regionale viene inteso come un fattore di aggregazione, costituito da aree socio-economiche omogenee in cui «si selezionano gli interessi e si sviluppa l’azione amministrativa in senso cooperativo»13. Le porzioni di territorio regionale interessate da gruppi di interessi e risorse omogenei vengono, così, percepite come aree privilegiate per l’attuazione degli strumenti della programmazione negoziata che assumono, nelle finalità ad essi proprie, un ruolo essenziale per l’avvio di interventi integrati, capaci di supportare la competitività delle concernenti zone di riferimento14.

Nel quadro della programmazione negoziata, i patti territoriali rientrano a pieno titolo in quella che la giurisprudenza ha definito come “azione amministrativa per accordi”, riconducibile in via generale alla disciplina degli accordi procedimentali di cui all’art 11 l. n. 241/199015. Come specificato dal punto 2 della Delibera CIPE n. 29/1997, essi rappresentano lo strumento giuridico mediante il quale soggetti di natura pubblica e privata instaurano un assetto di reciproci impegni per lo sviluppo di interessi territoriali condivisi. In via principale, i patti territoriali perseguono finalità di promozione del settore socio-economico attraverso la definizione ed attuazione di programmi complessi nei settori dell’industria, dell’agroindustria, dei servizi, del turismo e delle infrastrutture16.

2.2. La capacità dei patti territoriali di sussumere al proprio interno le istanze di sviluppo territoriale viene sottolineata con particolare efficacia dalla sentenza in commento, che evidenzia come essi siano strumenti potenzialmente in grado di comporre l’eventuale contrapposizione tra iniziative economiche e tutela del territorio in opportunità di collaborazione e risorse reciproche tra i soggetti pubblici e privati partecipanti.

Il T.A.R. Catania, assunta l’ascrivibilità in via generale di tale strumento agli accordi procedimentali di cui all’art. 11 l. n. 241/1990, richiama la sent. del Consiglio di Stato n. 25 del 5 gennaio 2001, che, con riguardo alla partecipazione dei soggetti pubblici, riconduce i patti territoriali, quoad effectum, alla specifica categoria degli accordi di programma disciplinati dall’art. 27 della l. n. 142/199017. Questi ultimi presentano un contenuto del tutto conforme alle finalità del patto territoriale, che ne costituisce una ulteriore e più puntuale definizione in relazione alle specificità del contesto locale. Gli accordi di programma trovano, infatti, impiego nella definizione e attuazione di opere, interventi o programmi di intervento che richiedono per la loro completa realizzazione l’azione integrata e coordinata di Comuni, Province, Regioni, amministrazioni statali e altri soggetti pubblici 18.

Quest’ultimo rappresenta un passaggio fondamentale nella pronuncia in esame, sia perché riconduce la natura del patto territoriale alla categoria generale degli accordi procedimentali e, in particolare, degli accordi di programma in riferimento ai soggetti pubblici; sia perché consente di comprendere quale rapporto si instauri tra i patti territoriali e gli ulteriori strumenti di pianificazione e quali siano i criteri e le procedure a cui ricorrere in caso di contrasto ovvero incompatibilità tra gli stessi.

In quanto iscrivibili nella categoria degli accordi di programma di cui all’art. 27 l. n. 142/1990, i patti territoriali determinano, infatti, in capo alle parti pubbliche stipulanti il peculiare obbligo, come in seguito si approfondirà, di ottemperare agli impegni assunti con l’accordo, nel rispetto delle competenze proprie di ciascuna amministrazione19. Tale effetto giuridico assume specifico rilievo nell’ipotesi di non conformità ovvero di incompatibilità del patto territoriale con gli strumenti di pianificazione previsti nell’area di intervento. In tali circostanze, le amministrazioni partecipanti sono chiamate a coordinare il contenuto dell’accordo con gli strumenti di pianificazione territoriale, attuando quella che il T.A.R. Catania descrive come un’opera di «armonizzazione», in grado di garantire le opportune soluzioni di adeguamento tra gli obiettivi di sviluppo territoriale legati alle istanze dei privati e alla tutela degli interessi pubblici coinvolti20.

La pronuncia del Collegio evidenzia, altresì, come l’azione di coordinamento da parte dei soggetti pubblici possa inverarsi in due distinte ipotesi attuative, che non paiono porsi necessariamente in senso alternativo. Un primo caso è dato dalla partecipazione al patto delle amministrazioni competenti a provvedere alle eventuali modifiche degli strumenti di pianificazione territoriale, al fine di renderne compatibile il contenuto con le previsioni del patto sottoscritto. In ragione dell’accordo, le parti pubbliche hanno l’obbligo di provvedere, nei limiti di competenza, alle opportune modifiche, nel rispetto degli impegni precedentemente assunti, senza che ciò comporti un’alterazione alle valutazioni sul bilanciamento tra interessi pubblici e privati espresse dalle amministrazioni in sede di partecipazione alla procedura negoziata. Per ciò che concerne la Regione Sicilia, pare rilevante osservare che gli interventi dei privati inclusi nei patti territoriali sono stati, altresì, riconosciuti con legge regionale come opere di interesse pubblico, in quanto suscettibili di creare una rete occupazionale nel territorio senza mutarne la naturale vocazione21.

Il T.A.R. Catania, stabilisce, quindi, in via generale, che uno strumento di programmazione negoziata quale il patto territoriale può modificare lo strumento del P.T.P., sempre che ciò sia necessario per adeguarne i contenuti e che le medesime amministrazioni competenti a modificare il Piano paesistico partecipino al patto.

Una seconda ipotesi di armonizzazione da parte dei soggetti pubblici coinvolti, contempla, invece, l’ipotesi in cui essi non siano le amministrazioni competenti ad operare per l’adeguamento dei contenuti degli strumenti di pianificazione territoriale. Riprendendo quanto già sancito dal Consiglio di Stato nella sent. n. 25/2001, il T.A.R. Catania ribadisce che, in tal caso, le amministrazioni partecipanti restano comunque vincolate all’ordinario obbligo di diligenza e sono chiamate a sottoporre ai competenti organi le problematiche relative all’adeguamento dei contenuti e a provvedere affinché i relativi procedimenti siano motivatamente conclusi.

Nonostante la complessiva attività amministrativa avesse espressamente evidenziato la necessità da parte degli organi amministrativi partecipanti al Patto territoriale Isole Eolie di attivarsi per avviare le ordinarie procedure di modifica del relativo P.T.P. e rendere compatibile il contenuto dei due strumenti22, l’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente si sarebbe limitato ad interrompere l’iter di valutazione sia sull’istanza di deroga, sia sulla conseguente compatibilità con il Piano paesistico senza, peraltro, motivare adeguatamente. L’organo amministrativo ha, così, omesso di attuare ogni necessaria cooperazione con le amministrazioni competenti alla modifica del P.T.P., trascurando di consentire l’elaborazione di qualsiasi motivato riscontro – anche non necessariamente favorevole – all’esigenza manifestata dalla parte ricorrente. In definitiva, il rapporto tra Patto territoriale e P.T.P. Isole Eolie, pur essendo del tutto risolvibile nei profili di incompatibilità secondo ordinaria diligenza da parte delle Amministrazioni coinvolte, non ha potuto essere definito in termini di adeguamento dei rispettivi contenuti, subendo l’immotivato arresto del procedimento di valutazione a tal fine avviato e comportando la pronuncia del T.A.R. Catania nel senso dell’annullamento degli atti interruttivi dell’iter.

A tal fine si può osservare che le problematiche avrebbero potuto essere risolte attraverso una mera valutazione congiunta delle iniziative del Patto tra Amministrazioni partecipanti e organi competenti, così come evidenziato dall’attività amministrativa legata alla fase di impulso dell’opera di armonizzazione. Sebbene l’avvio dell’opera di coordinamento sia ritenuto del tutto carente da parte del Collegio, proprio in tale fase le stesse parti pubbliche partecipanti individuano nell’attivazione della procedura di deroga di cui all’art. 16 L.R. Sicilia n. 78/1976 un concreto indirizzo di coordinamento tra i contenuti del Patto e il P.T.P. Isole Eolie, preordinato ad una specifica valutazione di compatibilità tra gli strumenti. La deroga disciplinata dalla legge regionale prevede, infatti, come sopra ricordato, un’ampia azione di concertazione tra i livelli comunali e regionali interessati alla realizzazione, nelle aree indicate, di costruzioni con indici di densità edilizia superiori ai limiti stabiliti in via ordinaria. L’approvazione di tale deroga presuppone, pertanto, un’articolata valutazione da parte dei competenti organismi pubblici ai fini della tutela dei beni paesistici e avrebbe consentito, nel caso di specie, di ridurre il rischio di incompatibilità tra il progetto in deroga rientrante nel Patto Isole Eolie e lo strumento del P.T.P.23 La chiara valenza di preventiva soluzione di armonizzazione attribuita al procedimento di deroga sia dall’Assessorato Regionale Beni Culturali e Ambientali, sia dalla Soprintendenza di Messina in una fase iniziale della complessiva attività amministrativa, rende ancora più evidente come l’interruzione della suddetta procedura abbia determinato l’inadempienza all’obbligo di armonizzazione tra il contenuto del Patto e lo strumento di pianificazione paesistica, rendendo, in conseguenza, impossibile la definizione, in termini di conformità, del rapporto tra gli stessi.

 

2.3. L’analisi del rapporto che intercorre tra patti territoriali e strumenti di pianificazione territoriale, induce poi il T.A.R. Catania ad approfondire quali siano, in via generale, la natura e il contenuto degli obblighi che vincolano le pubbliche amministrazioni partecipanti alla sottoscrizione di uno strumento di programmazione negoziata.

Pare, infatti, del tutto limitativo ravvisare in capo ai soggetti pubblici coinvolti un vincolo al rispetto degli impegni assunti con lo strumento negoziale solamente nell’ipotesi in cui esso si ponga in contrasto con taluni strumenti di pianificazione territoriale. A prescindere dalle problematiche specifiche, le parti pubbliche partecipanti ai procedimenti negoziali assumono, infatti, un preciso ruolo nelle fasi di attuazione degli interventi programmati. Più precisamente, per i soggetti pubblici viene a distinguersi il momento della mera adesione alla procedura negoziata dal momento dell’attuazione degli obblighi assunti con la medesima. Il T.A.R. Catania evidenzia tale aspetto, osservando come sia la stessa struttura del patto territoriale a riflettere tale distinzione delle fasi del procedimento negoziale, determinando obblighi di contenuto differente in capo alle pubbliche amministrazioni. Nella fase di adesione alla procedura negoziata, queste ultime sono, infatti, chiamate a svolgere una funzione di carattere certativo, esprimendo un giudizio di valore sull’iniziativa proposta da parte dei privati e verificandone l’idoneità a realizzare un più ampio interesse di carattere pubblico, legato, nello specifico, all’incremento occupazionale e allo sviluppo sostenibile dell’area di intervento. Una volta esaurita la fase di valutazione sull’opportunità di partecipare al patto territoriale, il livello istituzionale che ad esso aderisca assume specifici obblighi di carattere prestazionale, consistenti nell’impegno a permettere ossia autorizzare l’iniziativa e nell’impegno all’esercizio di poteri definiti dal Collegio come ampliativi, deputati a sostenere l’attuazione del programma attraverso i finanziamenti pubblici previsti dalla norma di disciplina.

L’adempimento agli obblighi certativi e prestazionali assunti con la partecipazione al patto territoriale comporta l’attivazione delle amministrazioni coinvolte, al fine di armonizzare il contenuto dell’accordo con le fonti normative e regolamentari di volta in volta richiamate per la realizzazione degli obiettivi di programma. Oltre alle obbligazioni principali, i soggetti pubblici, assumono, così, una funzione di coordinamento e concertazione con le parti private, provvedendo ad ogni iniziativa, anche discrezionale, utile al perseguimento degli obiettivi di interesse comune stabiliti nell’accordo.

Lo stesso T.A.R. Catania, riprendendo quanto già espresso dal Consiglio di Stato nella citata sentenza, ricorda come le procedure negoziate esigano un adeguato coordinamento tra le amministrazioni pubbliche coinvolte, dal momento che l’interesse pubblico a cui le stesse sono preposte si presenta come una realtà frazionata, affidata alle diverse amministrazioni in ragione degli specifici profili di competenza.

Gli obblighi di carattere certativo e prestazionale, nonché gli impegni ad essi accessori che vincolano le parti pubbliche partecipanti al patto territoriale possono dirsi insite nella generalità delle procedure negoziate tra soggetti pubblici e privati. Stabilito, infatti, che gli strumenti di programmazione negoziata nascono essenzialmente dalle esigenze legate ad interessi di natura privata aventi ad oggetto la crescita socio-economica di aree sub-regionali, l’attuazione degli stessi non può in alcun modo prescindere dalla partecipazione attiva del livello istituzionale.

Le concrete esigenze di sviluppo territoriale sembrano incontrare la propria traduzione giuridica nel contesto regionale tramite la rete degli attori coinvolti, che annovera, appunto, la necessaria presenza dei suddetti attori pubblici, pari inter pares rispetto agli altri soggetti partecipanti nella fase di promozione e definizione degli obiettivi24, ma garanti di ben precise funzioni pubbliche nel successivo momento di attuazione degli interventi. Non a caso, un adempimento propedeutico alla conclusione del patto territoriale è rappresentato dall’accordo che deve intervenire, ai sensi del punto 2.8 della citata Delibera CIPE, tra i soggetti pubblici coinvolti, al fine di individuare gli adempimenti di rispettiva competenza, gli atti da adottarsi, i termini di attuazione e i soggetti delegati ad esprimere la volontà degli enti nelle diverse fasi procedurali. La puntuale previsione delle funzioni delle istituzioni coinvolte tramite una simile misura ricognitiva e semplificatoria ai fini organizzativi pare certamente asseverare la peculiarità degli obblighi assunti dai soggetti pubblici partecipanti alla programmazione negoziata.

Nel caso di specie, le Amministrazioni coinvolte, pur avendo ottemperato agli obblighi certativi in sede di adesione al Patto territoriale, hanno successivamente omesso di adempiere agli obblighi di natura prestazionale e accessoria determinati dalla causa dell’accordo, interrompendo la procedura per l’autorizzazione della deroga ai sensi dell’art. 16 L.R. Sicilia n. 78/1976 e, in conseguenza, ogni opportuna valutazione sulla compatibilità tra il Patto territoriale Isole Eolie e il P.T.P. dell’area di interesse. Il T.A.R. Catania sottolinea, inoltre, come il legislatore ordinario non abbia imposto un ordine gerarchico tra gli strumenti di programmazione territoriale, tale per cui il P.T.P. e il contenuto del Patto possano vicendevolmente condizionarsi. Pertanto, nella fattispecie in esame, la funzione di coordinamento da parte delle amministrazioni coinvolte avrebbe potuto concretizzarsi semplicemente attraverso un esame congiunto delle previsioni normative del P.T.P. e delle finalità programmatiche del Patto territoriale Isole Eolie, al fine di contemperare i rispettivi obiettivi di sviluppo e salvaguardia del territorio.

2.4. L’esame del rapporto tra patti territoriali e strumenti di pianificazione territoriale e la conseguente trattazione dei vincoli che si determinano in capo alle pubbliche amministrazioni partecipanti, vengono completati dalla riflessione del Collegio sul bilanciamento tra gli interessi coinvolti nell’accordo procedimentale.

Le parti pubbliche, nello svolgimento delle funzioni di coordinamento tra il contenuto del patto territoriale e la concernente disciplina normativa e regolamentare, operano necessariamente un motivato bilanciamento tra gli interessi sottesi al patto territoriale e gli interessi alla cui tutela le diverse amministrazioni sono preposte. I patti territoriali contemperano, in particolare, l’esercizio dei pubblici poteri con le esigenze di sviluppo imprenditoriale e occupazionale manifestate dagli attori di rilievo del contesto regionale e locale, riducendo la potenziale contrapposizione tra le iniziative di sviluppo economico e le esigenze di tutela del territorio.

Pare, tuttavia, fondamentale ricordare come tali procedure negoziali tendano a determinare un peculiare processo di compenetrazione tra gli interessi di natura pubblica e privata. Tali procedure si riferiscono, infatti, in via principale, all’ipotesi in cui l’interesse allo sviluppo economico nato dall’iniziativa di singoli attori privati possa successivamente creare una risposta efficace per un bacino di utenza corrispondente all’intera comunità. Detto altrimenti, l’interesse del singolo si somma a quello pubblico e il soggetto di rilievo nel territorio regionale ovvero locale diviene nel contempo agente e utente, attivandosi nell’interesse dello sviluppo complessivo della collettività di appartenenza25. L’interesse privato viene obliterato dall’interesse pubblico e le finalità di sviluppo occupazionale di cui al patto territoriale trovano corrispondenza negli obiettivi programmatici promossi a livello locale e regionale. Quantomeno nella fase attuativa del patto territoriale, pare, pertanto, potersi affermare che gli interessi in bilanciamento assumono tutti rilievo pubblico e sono assistiti dalle rispettive garanzie costituzionali.

Alla luce delle finalità di sviluppo socio-economico locale proposte dal patto territoriale, gli interessi pubblici in bilanciamento sono rappresentati dalla proprietà privata di cui all’art. 42 Cost. e dalla tutela del paesaggio di cui all’art. 9 Cost. Nel contesto della programmazione negoziata il disposto dell’art. 42 Cost. viene in rilievo nell’accezione della funzione sociale legata agli interessi dei privati e alla realizzazione della piena autonomia individuale dei cittadini26. Significativamente, il Collegio chiarisce che l’esito del bilanciamento effettuato da parte delle competenti amministrazioni non può essere scontato, evidenziando, da un parte, come tale operazione si riferisca ad interessi aventi tutti rilievo pubblico e assumendo, dall’altra parte, come lo strumento dei patti territoriali, per quanto originato dall’iniziativa del singolo privato, realizzi finalità di interesse generale per l’intera comunità locale. Il momento in cui le esigenze di natura privata della produzione e del commercio e l’interesse pubblico dello sviluppo e della tutela del territorio divengono comuni viene riconosciuto dal T.A.R. Catania nella causa dell’accordo negoziale e, in conseguenza, negli obiettivi del patto territoriale. Secondo il Collegio, tale corrispondenza degli intenti pubblici e privati rende concreto l’obbligo della Repubblica di intervenire al fine di promuovere o supportare un contesto territoriale e socio-economico caratterizzato da situazioni di sottosviluppo che impediscono ovvero limitano la piena realizzazione delle persone umane in quanto singoli o associati. In particolare, l’azione di bilanciamento esercitata dalle pubbliche amministrazioni nell’ambito della programmazione negoziata viene ricostruita dal Tribunale come una diretta attuazione degli obblighi assunti dalla Repubblica ai sensi degli artt. 2 e 3 Cost., laddove il livello istituzionale si fa garante della promozione e dello sviluppo della personalità umana nelle formazioni sociali, assicurando condizioni di parità con particolare riferimento alla realizzazione della funzione sociale della proprietà privata di cui all’art. 42 Cost.

La tematica richiama certamente il più ampio dibattito sulla capacità rappresentativa del livello istituzionale nei confronti degli interessi delle comunità locali, soprattutto se di matrice socio-economica, e permette di osservare come le iniziative legate allo sviluppo di determinate aree territoriali invochino una specifica interazione con le amministrazioni pubbliche al fine di realizzare gli obiettivi promossi27. Si tratta di un passaggio di estremo rilievo e fondamentale nella sentenza in commento, in quanto consente al Collegio di valutare come le pubbliche amministrazioni, omettendo qualsiasi forma di coordinamento con i competenti organi ai fini della valutazione della proposta del ricorrente, non solo non abbiano ottemperato agli impegni negoziali stabiliti con il patto territoriale, ma abbiano nel contempo fallito la propria “missione istituzionale”, mancando di attuare gli obblighi assunti dalla Repubblica ai sensi degli artt. 2 e 3 Cost. per la promozione socio-economica della persona umana nel contesto di interesse.

Stante il richiamo ai suddetti principi costituzionali nelle motivazioni del Tribunale, non si comprende, tuttavia, l’assenza di qualsiasi riferimento al principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, co. 4 Cost. La disposizione, prevedendo il favor del livello istituzionale nei confronti dell’autonoma iniziativa dei cittadini singoli o associati per lo svolgimento di attività di interesse generale, reca, infatti, copertura costituzionale agli istituti della programmazione negoziata e al patto territoriale in quanto fattispecie originate da iniziative private coincidenti con la realizzazione degli interessi pubblici di promozione e sviluppo delle risorse socio-economiche appartenenti al contesto locale. Come evidenziato da parte della dottrina, il principio di cui all’art. 118, co. 4 Cost. incide, quindi, direttamente nel rapporto tra istituzioni pubbliche ed ambito di azione riservato ai cittadini, anche in quanto strutturati in forma organizzata28. In tal senso il concetto di sussidiarietà orizzontale manifesta una diretta correlazione con il principio personalistico di cui all’art. 2 Cost., consentendo ai componenti delle comunità locali di esprimere la propria personalità all’interno del quadro istituzionale di riferimento. Pare, quindi, indubbio che l’argomentazione del Collegio in ordine alla promozione della personalità umana di cui all’art. 2 Cost., sotto il profilo della funzione sociale della proprietà privata dell’art. 42 Cost. come promosso nell’ambito della programmazione negoziata, sembrerebbe trovare una più completa ricostruzione nel richiamo al principio di sussidiarietà orizzontale dell’art. 118, co. 4 Cost.

3. La sentenza del T.A.R. Catania, nell’esame dei principali aspetti in motivazione ora analizzati – il rapporto tra patto e strumenti di pianificazione territoriale, la struttura delle obbligazioni in capo alle parti pubbliche partecipanti alla programmazione negoziata, il necessario bilanciamento degli interessi di rilevanza pubblica coinvolti – pone in luce due fondamentali tendenze delle politiche di sviluppo territoriale nell’attuale assetto costituzionale.

Una prima considerazione è legata alla diffusa attuazione dei metodi della programmazione negoziata nel territorio delle Regioni, con particolare riferimento ai patti territoriali, in quanto strumenti in grado di esercitare una funzione di orientamento istituzionale riportando le specifiche istanze del tessuto socio-economico locale nell’ambito del circuito ordinamentale. Attraverso la previsione di cui all’art. 2, co. 203 della l. n. 662/1996 lo Stato si presenta un efficace regolatore nelle attività di valorizzazione delle risorse allocate, coinvolgendo nei processi di sviluppo le forze economiche e sociali presenti nei territori regionali, secondo una sorta di strategia di corresponsabilizzazione che pare rispondere in senso del tutto adeguato al rispetto della funzione di governo del territorio in capo alle Regioni, nonché all’attuazione di una concreta sussidarietà orizzontale ai sensi dell’art. 118 Cost. In particolare, viene a modificarsi il tradizionale rapporto tra le istituzioni preposte al governo del territorio e gli interessi delle collettività, favorendosi un approccio per accordi, al fine di privilegiare una co-determinazione delle scelte di sviluppo socio-economico delle aree29. I patti territoriali, nelle caratteristiche in precedenza descritte, sembrano ben rappresentare la progressiva tendenza delle autonomie territoriali verso una promozione dello sviluppo secondo un approccio bottom-up, destinato a sostenere iniziative di valorizzazione socio-economiche di natura pluriennale30. Non a caso, a pochi anni dalle previsioni in materia di programmazione negoziata di cui alla l. n. 662/1996, il CIPE ha stabilito nell’atto di indirizzo del 4 aprile 2001 l’avvio di un processo di regionalizzazione dei patti territoriali, prevedendo che gli stessi divengano parte integrante della programmazione regionale, al fine di estendere e consolidare le prassi della concertazione sociale e dei meccanismi di coordinamento istituzionale sviluppatisi nelle singole aree31. La prassi dei meccanismi di concertazione pubblico-privata riveste, quindi, nelle politiche di sviluppo territoriale un ruolo destinato a crescere, proprio in quanto fondato sull’interazione funzionale tra il livello istituzionale e i soggetti di rilievo presenti nei singoli contesti locali.

In tal senso, la sentenza del T.A.R. Catania assume un interessante significato, non limitandosi a rilevare l’importanza di tali strumenti nello sviluppo del settore socio-economico, bensì compiendo un passaggio ulteriore che ne radica il fondamento nei principi costituzionali di cui agli artt. 2 e 3 Cost. Considerata l’importanza delle procedure di programmazione negoziata, il Collegio si esprime, infatti, evidenziando la missione istituzionale della Repubblica per «la promozione dello sviluppo della persona umana nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità, concretamente assicurando e realizzando, in queste modalità e con queste procedure, la funzione sociale della proprietà privata di cui all’art. 42 della Costituzione medesima»32. Le istanze di sviluppo territoriale nate dall’iniziativa dei privati e recepite all’interno della programmazione negoziata dei patti territoriali si riflettono, quindi, nelle previsioni costituzionali di cui all’art. 42 Cost., nella ricordata accezione legata alla funzione sociale della disciplina, comportando l’impegno del livello istituzionale al rispetto degli obblighi sanciti dagli artt. 2 e 3 Cost. Pare, inoltre, potersi affermare che le medesime istanze contribuiscono a definire con maggiore efficacia la competenza concorrente di governo del territorio attribuita alle Regioni dall’art. 117 Cost., essendo ormai riconosciuta, come osservato, la tendenza ad assumere gli obiettivi e i risultati delle procedure negoziate all’interno della programmazione regionale.

Tale riflessione conduce ad un secondo ordine di considerazioni. Come sopra evidenziato, nell’esame della problematica sul bilanciamento degli interessi coinvolti nella programmazione negoziata il Collegio non richiama il principio di sussidiarietà orizzontale disciplinato dall’art. 118, co. 4 Cost., nonostante il contenuto del medesimo recepisca appieno la coincidenza tra l’interesse privato alla crescita occupazionale e l’interesse pubblico allo sviluppo socio-economico complessivo del territorio delle Isole Eolie33. Vale osservare che il suddetto principio presenta carattere procedurale, richiedendo l’attuazione di corrette argomentazioni a supporto della sua operatività, in quanto tenuto a bilanciarsi con gli altri principi costituzionali di volta in volta richiamati34.

La lettura sistematica del disposto dell’art. 118, co. 4 Cost. in relazione al complessivo assetto giuridico-costituzionale viene condotta con specifico rilievo nei confronti del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, co. 2 Cost., nell’accezione richiamata dallo stesso T.A.R. Catania. Nel quadro della programmazione negoziata l’attuazione del principio di eguaglianza sostanziale da parte dei soggetti pubblici viene, infatti, contemperato con l’esigenza del minor sacrificio dell’iniziativa privata, regolando, nel contempo, l’operato di questi ultimi nel rispetto del principio del buon andamento delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 97 Cost.35

Il principio di sussidiarietà opera, quindi, come criterio propulsivo nella composizione del rapporto che gli ambiti pubblico e privato instaurano per la realizzazione delle medesime finalità di interesse collettivo36. In quest’ottica pare, altresì, attenuarsi la distinzione tra il profilo verticale e quello orizzontale del principio di sussidiarietà, in quanto ambedue rispondenti alla medesima logica della valorizzazione in termini socio-economici delle comunità locali37. Da una parte, infatti, i diversi livelli istituzionali sul territorio, dallo Stato ai Comuni, operano in via diretta ovvero sussidiaria a tutela «della generalità dei fini umani delle collettività»38; dall’altra, la stessa dimensione verticale della sussidiarietà riconosce l’importanza delle sue applicazioni in termini orizzontali, al fine di consentire uno sviluppo delle realtà locali aderente alle istanze del tessuto sociale, senza che ciò comporti una eccessiva alterazione degli equilibri in favore delle esigenze private39. La stessa Corte Costituzionale, nella sentenza del 26 novembre 2002, n. 478, riferendosi all’impatto locale dei piani paesistici regionali, contemplava la tutela dei beni culturali e paesaggistici come «espressione di principio fondamentale unitario dell’ambito territoriale in cui si svolge la vita dell’uomo»40, sollecitando – da parte dell’intero apparato della Repubblica, nelle sue articolazioni – una tutela dell’ambiente inteso nel suo significato complessivo di contesto in cui le istanze di sviluppo sociale ed economico si manifestano, mutano e invocano soddisfazione41.

Seppure non rechi alcun richiamo espresso al principio di sussidiarietà di cui all’art. 118, co. 4 Cost., la sentenza del T.A.R. Catania rappresenta, dunque, un momento significativo in materia di patti territoriali, in particolare, e di strumenti negoziali di sviluppo locale, in generale. Il radicamento costituzionale delle procedure in esame accoglie, infatti, una prospettiva sistematica di valorizzazione delle istanze socio-economiche legate al territorio nell’ambito dell’assetto ordinamentale.

Strumenti quali i patti territoriali non solo si presentano idonei a realizzare gli interessi di crescita legati al contesto locale, ma consentono, altresì, agli appartenenti alle collettività di esprimere la propria personalità umana in senso coincidente con l’interesse generale. Nel contempo, la sentenza, nella valutazione della complessiva attività amministrativa, evidenzia come la funzione regionale di governo del territorio di cui al novellato art. 117 Cost. venga a definirsi anche attraverso gli strumenti della programmazione negoziata, proprio in quanto definiti in base alle esigenze delle differenti realtà territoriali. Si tratta di una valutazione di respiro generale per ciò che concerne il ricorso a livello regionale agli strumenti negoziali di valorizzazione territoriale.

Non sembra improprio osservare come i profili costituzionali evidenziati nella sentenza in relazione al bilanciamento degli interessi coinvolti nel patto territoriale siano stati integralmente ripresi dalla più recente giurisprudenza del Tribunale amministrativo di una Regione ordinaria42. La problematica legata al bilanciamento degli interessi presenta certamente aspetti destinati a suscitare ancora ampi dibattiti in materia, essendo spesso evidenziato dalle stesse parti pubbliche partecipanti alle procedure negoziali il timore di un’evoluzione degli obiettivi negoziali atta a favorire eccessivamente gli interessi particolari dei privati a detrimento delle finalità generali tutelate dal livello istituzionale. La funzionalità del rapporto tra patti territoriali e istanze di sviluppo locale determina, infatti, in molti casi un potenziamento delle iniziative imprenditoriali a livello sub-regionale, rendendo necessario per le amministrazioni partecipanti alle procedure negoziate bilanciare in senso adeguato i crescenti interessi legati allo sviluppo socio-economico con le esigenze di tutela della naturale vocazione dei territori43.

1 Cfr., fra le altre, T.A.R. Sicilia, Palermo, sent. del 13 maggio 2003, n. 808; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sent. 4 luglio 2006, n. 790.

2 Il Patto Territoriale Isole Eolie viene approvato con Decreto del Ministero delle Attività Produttive del 21 dicembre 2001, previa acquisizione del parere favorevole Regione Sicilia. Le imprese partecipanti ammesse al finanziamento ministeriale in sede di approvazione del Patto superano il numero di settanta e risultano per la maggior parte appartenenti al settore turistico-alberghiero, in conformità agli specifici obiettivi proposti.

3 Ai sensi dell’art. 146 D.Lgs. n. 42 del 22 gennaio 2001 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), la Soprintendenza è tenuta ad esprimersi in via preventiva sull’autorizzazione paesaggistica di competenza regionale. Nella fattispecie in esame, il P.T.P. Isole Eolie veniva approvato con Decreto dell’Assessorato dei Beni culturali e ambientali della Regione Sicilia del 23 febbraio 2001. In sede di approvazione, l’Assessorato rilevava come ampia parte delle osservazioni presentate al Piano da parte dei Comuni evidenzi l’incompatibilità tra esso e le iniziative produttive incluse nel Patto Territoriale Isole Eolie, a detrimento delle prospettive di sviluppo socio-economico previste dal Patto. L’Assessorato proponeva, pertanto, la modifica dell’art. 7, co. FP4 delle norme del P.T.P., laddove prevedeva il vincolo più restrittivo dell’acquisizione del proprio preventivo parere per la realizzazione dei piani di settore e dei progetti infrastrutturali ricadenti nel territorio soggetto al P.T.P. Quest’ultimo è stato successivamente integrato con Decreto dell’Assessorato dei Beni culturali e ambientali e della Pubblica Istruzione del 08 novembre 2006 che prevedeva l’introduzione dell’art. 49 bis alle norme del P.T.P., secondo cui, in assenza di nuovi strumenti urbanistici, per la localizzazione e realizzazione di opere ricettivo-alberghiere inserite nel Patto territoriale Isole Eolie i progetti ricadenti negli ambiti di modificazione, trasformazione, recupero, riordino e riqualificazione devono essere dotati dello studio di compatibilità paesistico ambientale previsto dall’art. 41 delle norme del P.T.P.

4 La sentenza evidenzia come l’istituto della deroga non possa contemplarsi nemmeno nelle forme di cui all’art. 37 L.R. Sicilia n. 10 del 15 maggio 2000, in cui viene disciplinata la procedura relativa all’approvazione da parte dell’Assessore regionale del Territorio e dell’Ambiente di varianti per l’insediamento di attività produttive.

5 Cfr. nota del Dirigente del Servizio Tutela e Acquisizione presso l’Assessorato dei Beni Culturali e Ambientali del 24 novembre 2003, prot. n. 4447.

6 Cfr. nota della Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Messina del 12 luglio 2004, prot. n. 6959.

7 L’art. 15, comma 1, lett a) L.R. Sicilia n. 78/1976 stabilisce che ai fini della formazione degli strumenti urbanistici generali comunali le costruzioni ricompresse nelle zone omogenee indicate devono arretrare di 150 metri dalla battigia e entro detta fascia sono consentite opere e impianti destinati alla diretta fruizione del mare, nonché la ristrutturazione degli edifici esistenti senza alterazione dei volumi già realizzati. Entro la profondità di 500 metri a partire dalla battigia l’indice di densità edilizia territoriale massima è determinato in 0.75 mcmq, mentre nella fascia compresa fra i 500 e i 1000 metri è stabilito in 1,50 mcmq.

8 Cfr., in tal senso, T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I del 23 aprile 2008, n. 509.

9 Le motivazioni adottate a sostegno dell’interruzione del procedimento non risultano, peraltro, originali, essendo espressamente mutuate dal provvedimento di diniego precedentemente adottato da parte del medesimo Assessorato in riferimento ad un’altra iniziativa ricompresa nel Patto territoriale e presentata dalla stessa privata società ricorrente.

10 Gli strumenti della programmazione negoziata identificati nelle intese istituzionali di programma, negli accordi di programma quadro, nei patti territoriali, nei contratti di programma e nei contratti d’area vengono definiti, rispettivamente, all’art. 2, co. 203, lett. b), c), d), e), f) l. n. 662/1996. La Delibera CIPE n. 29/1997 ha provveduto a definire le aree di intervento per ciascuno strumento della programmazione, definendo, altresì, le attività ammesse a beneficiare delle incentivazioni a tal fine previste e individuando le amministrazioni incaricate per competenza dello svolgimento delle opportune attività di monitoraggio durante lo svolgimento delle azioni concordate. Merita ricordare che la disciplina sulla programmazione negoziata adottata dal CIPE ha subito una progressiva evoluzione contestualmente alle previsioni legislative in materia, con un conseguente processo di aggiornamento dei deliberati. Sul punto, cfr. per tutti, M. E. Esposito, Amministrazione per accordi e programmazione negoziata, Napoli, 1999, pp. 95 ss.

11 Cfr. A. Pichierri, Concertazione e sviluppo locale, in Stato e mercato, 2001, pp. 237 ss.

12 Il metodo della programmazione negoziata veniva inizialmente disciplinato dalla l. n. 104/1995 recante disposizioni urgenti per accelerare la concessione delle agevolazioni alle attività gestite dall’Agenzia per la promozione e lo sviluppo del Mezzogiorno – poi soppressa –, che definisce tale metodo come «la regolamentazione concordata tra soggetti pubblici o tra il soggetto pubblico competente e la parte o le parti pubbliche o private per l’attuazione d’interventi diversi, riferiti ad un’unica finalità di sviluppo, che richiedono una valutazione complessiva delle attività di competenza». La programmazione negoziata trovava, tuttavia, origine già in taluni processi di sviluppo territoriale degli anni Settanta, ispirati al principio di sussidiarietà della politica europea. Sul punto cfr., fra gli altri, A. Bramanti, M. Maggioni (cur.), La dinamica dei sistemi produttivi territoriali, Milano, 1998, pp. 20 ss. e R. Farella, Dinamiche e prospettive della politica economica estera: alcune riflessioni sulla base di un’analisi della letteratura, in Le Regioni, 2001, pp. 943 ss.

13 Così E. M. Marighi, Il sistema amministrativo locale, in Trattato di Diritto Amministrativo, Padova, 1994, p. 16.

14 Quasi a conferma dell’efficace radicamento della programmazione negoziata nel territorio vale ricordare come la Commissione europea, nella rimodulazione dei Fondi strutturali per il periodo 2000-2006, abbia previsto, tra i criteri prioritari per l’assegnazione di finanziamenti, la presenza di forme, già sperimentate o convenzionate per l’avvio di programmazione negoziata nel territorio. Cfr. Commissione Europea, Programmazione Fondi strutturali 2000-2006, su www.europa.eu.int/comm/pacts.

15 Così, ad esempio, T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II del 13 maggio 2003, n. 808, T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I del 4 luglio 2006, n. 709.

16 Cfr. Delibera CIPE n. 29/1997, punto 2. 1.

17 Il Collegio chiarisce che l’istituto dell’accordo di programma assume generale applicazione ai sensi del disposto di cui all’art. 15 l. n. 241/1990 e all’art. 27 l. n. 142/1990, evidenziando come le due norme siano legate da un rapporto di genere a specie. L’art. 15 disciplina la categoria degli accordi organizzativi, di cui gli accordi di programma dell’art. 27 costituiscono una sottocategoria, essendo riferiti a singole fattispecie individuate.

18 Cfr., in tal senso, G. Falcon, Lezioni di Diritto amministrativo, Vol. I, L’attività, Padova, 2005, pp. 115 ss.

19 Come sottolineato nella sent. Consiglio di Stato n. 25/2001, cit., gli impegni assunti dalla amministrazioni partecipanti in sede di sottoscrizione del patto operano chiaramente nei limiti delle competenze attribuite e, in nessun modo, possono essere sostituite decisioni spettanti ad altri organi amministrativi, salvo questi non abbiano provveduto ad esprimersi in via preventiva ovvero non vi sia un’espressa previsione normativa al riguardo.

20 Cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I del 15 maggio 2008, n. 914.

21 V. art. 57 L.R. Sicilia n. 71 del 30 dicembre 1978.

22 Nello specifico, le Amministrazioni resistenti avevano chiarito nello svolgimento delle conferenze di servizi, nonché attraverso diverse comunicazioni, che il progetto della privata società ricorrente avrebbe dovuto essere sottoposto in via preventiva alle valutazioni di cui agli artt. 16 ss. L.R. Sicilia n. 78/1976 prima di qualsiasi valutazione di compatibilità con il P.T.P. Isole Eolie.

23 A tal proposito, la Soprintendenza sottolinea, altresì, con nota del 28 settembre 2004, prot. n. 6697/03, la necessità di acquisire, altresì, lo studio di compatibilità paesistico ambientale in relazione alle proposte incluse nel Patto prima di procedere ad ogni ulteriore valutazione di conformità paesaggistica.

24 Tale condizione si determina in ragione del fatto che nelle forme di cooperazione della programmazione negoziata l’interesse privato e pubblico si equivalgono nella finalità dell’attuazione degli interventi di valorizzazione e operano per il raggiungimento di un equilibrio tra le rispettive posizioni che non muti la sottostante relazione di equivalenza. Cfr. M. E. Esposito, Amministrazione per accordi e programmazione negoziata, cit., p. 121. Si ricorda, altresì, in proposito, che, ai sensi del punto 2.4 della Delibera CIPE n. 29/1997, il patto vincola egualmente tutti i soggetti sottoscrittori.

25 Tale orientamento corrisponde alla dottrina formulata dalla cosiddetta Scuola di Friburgo, nata dal confronto tra studiosi di diritto e di economia nella Germania del Secondo dopoguerra. In essa nacque il movimento noto come ordoliberalismo – dal nome della rivista Ordo creata dagli stessi fondatori delle Scuola – , che individua gli specifici settori economici in cui Stato ed individuo assommano i propri interessi, determinando un intervento dello Stato rispetto delle regole di mercato inseguite dai singoli per il conseguimento del proprio maggiore profitto (Marktkonformität). Sul punto, cfr. L. Di Nella, La scuola di Friburgo o dell’ordoliberalismo, in N. Irti (cur.), Diritto ed economia. Problemi ed orientamenti teorici, Padova, 1999, pp. 171 ss. Paradigmatico è il riferimento alle azioni di sviluppo territoriale esercitate dalle imprese di alcuni territori regionali al fine di migliorare la propria competitività sul mercato globale. Accanto ad un riscontro individuale in termini di profitto, tali attività imprenditoriali determinano, infatti, una strutturazione sistemica delle azioni di sviluppo territoriale, comportando una crescita competitiva dell’apparato produttivo dell’intera società regionale, determinando una vera e propria «cittadinanza d’impresa» sollecitata dall’operato degli attori di rilievo per lo sviluppo del territorio regionale. Così G. Arena, I nuovi soggetti della sussidiarietà, 2006, su www.labsus.org , pp. 7 ss., ove l’A. parla di una

26 Sul concetto di funzione sociale dell’iniziativa economica privata, si v. per tutti A. Baldassarre, voce Proprietà (Diritto costituzionale), in Enciclopedia Giuridica, Vol. XXV, Roma, 1993, p. 5.

27 Sul processo di compenetrazione richiesto dalle istanze di sviluppo socio-economico delle collettività locali nei confronti del livello istituzionale, cfr. per tutti, S. Romano, Il Comune, in Primo Trattato completo di Diritto amministrativo italiano, vol II, Parte I, pp. 664 ss.; P. Biscaretti di Ruffìa, Stato, in Enciclopedia giuridica, Vol. XXX, Roma, 1993. Parte della dottrina riconduce la piena efficacia della competenza regionale in materia di governo del territorio all’individuazione e al recepimento dei livelli e delle tipologie di interessi sociali ed economici allocati su una determinata porzione di teritorio. Cfr., in tal senso, S. Amorosino, Il governo del territorio tra Stato, Regioni ed enti locali, in S. Civitarese Matteucci, E. Ferrari, P. Urbani (cur.), Il governo del territorio, Milano, 2003, p. 140 e, in senso analogo, G. Martini, Il potere di governo del territorio, in A. Pioggia, L. Vandelli (cur.), La Repubblica delle autonomie nella giurisprudenza costituzionale, Bologna, 2006, pp. 135 ss.

28 Cfr., in tal senso, A. D’Atena, Il principio di sussidiarietà nella Costituzione italiana, in Rivista italiana di Diritto Pubblico Comunitario, 1997, pp. 603 ss.; A. D’Andrea, La prospettiva della Costituzione italiana ed il principio di sussidiarietà, in Ius, 2000, pp. 228 ss.; V. Cerulli Irelli, Sussidiarietà (Diritto Amministrativo), in Enciclopedia Giuridica, Vol. XII, Roma, 2003.

29 Cfr. L. Bobbio, Produzione di politiche a mezzo di contratti nelle Pubbliche Amministrazioni, in Stato e mercato, 2000, pp. 111 ss.

30 In proposito, vale osservare come le nuove politiche regionali promosse dalla Commissione europea a partire dagli anni Novanta del secolo scorso e l’approvazione da parte del Consiglio dei nuovi regolamenti in materia di Fondi strutturali abbiano sostenuto la presenza di nuove politiche di concertazione territoriale, fondate sui principi del partenariato e dell’addizionalità e in grado di valutare il territorio e le sue esigenze di crescita anche per il tramite dei soggetti maggiormente coinvolti nello sviluppo dello stesso. L’introduzione di tali principi nell’ordinamento italiano ha comportato l’avvio di un significativo processo di costruzione della governance territoriale attraverso il frequente ricorso allo strumento della programmazione negoziata, in generale, e dei patti territoriali, in particolare. Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze i patti territoriali attivati per la valorizzazione delle risorse allocate risultavano, al termine del 2001, oltre duecento, con il coinvolgimento di circa duemila Comuni e di diciotto Regioni. Cfr. Ministero dell’Economia e delle Finanze, Quarto rapporto del Dipartimento per le Politiche di Sviluppo, 2000-2001, Roma, 2001, pp. 1 ss. Vale, altresì, ricordare che il diffondersi così ampio dei patti territoriali è stato altresì determinato dall’esigenza di superare l’inefficace fase delle azioni di intervento di disciplina statale prevista per le Regioni del Sud Italia. La fine della medesima venne, nello specifico, sancita dalla l. n. 488/1992, con cui fu soppresso l’intervento straordinario nel Mezzogiorno e presero avvio dei meccanismi di incentivazione per settori. Sul punto, cfr. V. Versace, Aspetti giuridici della localizzazione delle imprese, in AA.VV., Territorio e ambiente, cit., pp. 132 ss.; C. Trigiglia, G. Viesti, Patti territoriali. Lezioni per lo sviluppo, cit., pp. 41 ss., A. Pichierri, Concertazione e sviluppo locale, in Stato e mercato, pp. 237 ss.

31 Le modalità di assunzione da parte delle Regioni delle funzioni di coordinamento e programmazione legate a tali strumenti sono state successivamente disciplinate dalla Delibera CIPE n. 26 del 25 luglio 2003, recante il significativo titolo «Regionalizzazione dei patti territoriali e coordinamento Governo, Regioni e Province Autonome per i contratti di programma». Al punto 1 viene espressamente previsto che i patti territoriali divengano parte integrante della programmazione regionale e che le Regioni e le Province Autonome subentrino gradualmente nella rete di rapporti giuridici, nonché nelle azioni di valorizzazione avviate dai soggetti coinvolti nei patti territoriali.

32 Così punto 1 in Diritto.

33 Come sottolineato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, la mera coincidenza tra gli interessi economici di natura privata gli interessi tutelati dagli enti locali non è di per sé espressione del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, co. 4 Cost., essendo necessaria l’attivazione da parte di soggetti nel contempo agenti e utenti al fine di realizzare attività di interesse generale. In tal senso, Cons. di Stato, sent. del 3 settembre 2003, n. 1440.

34 Sulla natura procedurale del principio di sussidiarietà, cfr. G. U. Rescigno, Principio di sussidiarietà orizzontale e diritti sociali, in Diritto pubblico, 2002, pp. 46 ss. Cfr. altresì F. Pizzolato, Il principio di sussidiarietà, in T. Groppi, M. Olivetti (cur.), La Repubblica delle autonomie, Torino, 2003, pp. 201 ss., ove l’A. sottolinea la valenza assiologica del principio, chiamato a valorizzare i livelli aggregativi più prossimi alla persona «per la realizzazione di quell’ideale partecipativo che l’art. 3, 2°comma (Cost.) pone a corollario del principio personalistico» (corsivo mio).

35 Cfr. G. U. Rescigno, Principio di sussidiarietà orizzontale e diritti sociali, cit., pp. 44 ss.; C. Mainardis, sub Art. 118, in Commentario breve alla Costituzione, Padova, 2008, pp. 1074 ss. Sulla relazione tra l’art. 118, co. 4 Cost. e l’art. 97 Cost. si è pronunciato, anche il T.A.R. Sardegna sent. del 21 dicembre 2007, n. 2407.

36 Il Consiglio di Stato, assumendo tale ruolo di criterio propulsivo del principio di sussidiarietà, è arrivato significativamente a valutare in senso maggiormente restrittivo l’impiego di risorse pubbliche laddove l’iniziativa dei privati sia in grado di realizzare con propri mezzi di finanziamento gli obiettivi di interesse generale. Cfr. sent. Cons. di Stato del 1 luglio 2002, n. 1354.

37 Cfr., in tal senso, A. Albanese, Il principio di sussidiarietà orizzontale: autonomia sociale e compiti pubblici, in Diritto Pubblico, 2002, pp. 73 ss.

38 Così F. Pizzolato, Il principio di sussidiarietà, cit. p. 201

39 La corrispondenza tra dimensione verticale e orizzontale della sussidiarietà nel fine dello sviluppo della persona umana all’interno del cotesto locale pare emergere dalla stessa formulazione dell’art. 3 D.Lgs. n. 267/2000, Testo unico degli enti locali, che definisce il Comune come «l’ente che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo». Pare, altresì, interessante osservare, in ragione della peculiare materia, come tale aspetto si colga nella normativa di cui alla l. n. 328/2000, sulla realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

40 V. Corte cost., sent. del 26 novembre 2002, n. 478, punto 4 in diritto. In senso conforme, v., altresì, Corte Cost., sent. del 1 aprile 1998, n. 85; Corte cost., sent. del 12 luglio 2000, n. 378.

41 Cfr. in tal senso M. Nigro, Assetto e utilizzazione del territorio, in A. Barbera, F. Bassanini (cur.), Commentario al decreto 616, Bologna, 1978, pp. 445 ss.; G. Berti, Diritto e Stato: riflessioni sul cambiamento, Padova, 1984, pp. 13 ss. e 109 ss.; B. Caravita di Toritto, voce Territorio, II) Territorio regionale, in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. XXXI, Roma, 1994; S. Moroni, Pianificazione del territorio: Ragioni, Bisogni, Responsabilità, Torino, 2001. Cfr., inoltre, A. Bardusco, Organizzazione del territorio e stato degli enti territoriali, M. Sernini, In materia di «assetto del territorio nazionale», in Territorio e ambiente. Problemi giuridici in materia di urbanistica e di pianificazione, Milano, 1986, pp. 3 ss. e p. 283. Cfr., altresì, da ultimo, G.L. Conti, Le dimensioni costituzionali del governo del territorio, Milano, 2007, p. 10, in cui l’A., secondo una prospettiva costituzionale, sottolinea come il «lemma Territorio» sia contraddistinto da un forte significato di natura metagiuridica, rinvenibile nella sua accezione più esaustiva nelle definizioni elaborate in materia urbanistica e incentrate proprio sulla valorizzazione del connubio tra tutela del paesaggio ambientale e istanze di sviluppo socio-economico del territorio.

42 V. sent. T.A.R. Calabria, Reggio Calabria del 29/07/2009, n. 732, ove la mancata approvazione in variante da parte del competente Comune di un progetto presentato da parte ricorrente, privata società, già incluso nel Patto territoriale della Locride, ha visto l’annullamento del provvedimento di diniego e l’obbligo del Comune a provvedere alla suddetta approvazione nei termini indicati dal Collegio.

43 Cfr., in tale senso, Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento per le politiche di Sviluppo, La lezione dei patti territoriali per la progettazione territoriale integrata nel Mezzogiorno, Roma, 2003, pp. 35 ss., ove si analizza l’indotto in termini di crescita economica determinato dall’avvio di diverse iniziative legate ai patti territoriali nelle Regioni del Sud Italia, con specifico riferimento al settore del turismo.

Lanzoni Lisa

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