La dichiarazione di presenza prevista dalla legge 68/2007, (anche) in rapporto all’iscrizione anagrafica

Panozzo Rober 23/10/08
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Mentre l’art. 22 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985, prevede che gli stranieri entrati regolarmente nel territorio di una delle Parti contraenti (1), o residenti nel territorio di una delle Parti contraenti che si recano nel territorio di un’altra Parte contraente, siano tenuti a dichiarare la loro presenza, alle condizioni fissate da ciascuna Parte contraente, alle autorità competenti della Parte contraente nel cui territorio entrano, di contro, la normativa interna prevedeva l’obbligo di chiedere il pds anche per soggiorni brevi, inferiori a tre mesi [TU, art. 5, commi 1 e 3, lett. a), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (di seguito: TU); art. 10, commi 1, 1-bis, 2 e 3 del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 (nel prosieguo: R)].
Emanata per allineare la disciplina interna alla Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (2) e per risolvere la – conseguente – procedura di infrazione avviata dall’U.E. (3) (4), la legge 28 maggio 2007, n. 68, fissa quattro punti:
1)il permesso di soggiorno non è richiesto per soggiorni fino a tre mesi, motivati da visite, affari, turismo o studio
2)la durata del soggiorno è quella indicata nel visto di ingresso, se previsto (5); altrimenti non può eccedere i tre mesi
3)per i soggiorni fino a tre mesi, motivati da visite, affari, turismo o studio, lo straniero (6) deve dichiarare la propria presenza, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’Interno: a)se proveniente da territorio extraSchengen, all’autorità di frontiera, al momento dell’ingresso; b)se proveniente dallo spazio Schengen, al questore della provincia di dimora, entro otto giorni dall’ingresso;
4)sia in caso di inosservanza dell’obbligo sub 3), salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, che in caso di trattenimento in Italia oltre i tre mesi od oltre il termine stabilito dal visto di ingresso lo straniero è espulso ai sensi dell’articolo 13 del TU.
            La dichiarazione di presenza, prevista dalla novella legislativa, non incide sulle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini stranieri, ma, semplicemente, sostituisce il titolo autorizzatorio classico per i soggiorni di breve durata. Di conseguenza, lo straniero proveniente dallo spazio extraSchengen (=frontiera esterna) deve, da un lato, munirsi del visto d’ingresso, se previsto, dall’altro, dimostrare lo scopo e le condizioni del soggiorno e la disponibilità di mezzi finanziari sufficienti, in relazione alla natura e alla durata dello stesso.
            A seguito dell’entrata in vigore della l. 68/2007, il Ministro dell’Interno ha dettato le modalità operative, con il d.m. 26 luglio 2007. In concreto:
-l’obbligo sub 3a) è soddisfatto con l’attraversamento del valico di frontiera (esterna) (art. 1, c.1) ed è attestato “mediante l’apposizione, da parte della polizia di frontiera, dell’impronta del timbro uniforme Schengen sul documento di viaggio” (art. 1, c.2) (7)(8);
-la dichiarazione sub 3b) è resa sull’apposito modulo, allegato al d.m., e l’adempimento dell’obbligo è attestato “mediante il rilascio di copia della dichiarazione” (art. 2, c. 1);
-per gli alloggiati in una delle strutture ricettive, di cui all’art. 109, c. 1, del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, la dichiarazione sub 3b) è assorbita da quella prevista dal c. 3 del citato art. 109, e l’adempimento dell’obbligo è attestato con il rilascio di copia della stessa (art. 2, c.1);
-la copia della dichiarazione, di cui al punto precedente “deve essere esibita ad ogni richiesta degli ufficiali e degli agenti di pubblica sicurezza” (art. 2, c. 2).
            Occorre chiedersi, ora, se, per l’iscrizione anagrafica dei cittadini stranieri, sia sufficiente la dichiarazione di presenza.
            Già prima della novella del 2007, ci si chiedeva se – per l’iscrizione anagrafica dei cittadini stranieri con provenienza dall’estero – fossero rilevanti la causale e/o la durata del permesso di soggiorno.
            Mentre l’autorità amministrativa rispondeva negativamente (9), la dottrina era divisa (10). Per parte nostra, sottolineavamo le perplessità suscitate dalla tesi ministeriale: “al di là della possibilità di ottenere proroghe e rinnovi, …alcuni specifici motivi di ingresso (turismo, cura e similari) …, congiunti ad una breve autorizzazione a soggiornare in Italia , contraddicono concettualmente l’abitualità della dimora e concretano una presunzione di temporaneità che certamente può essere vinta dalla prova contraria, ma non a priori, bensì soltanto dopo un effettivo periodo di dimora stabile e con l’avvallo del rinnovo del permesso di soggiorno” (11).
A livello operativo, la situazione pareva, comunque, stabilizzata: l’ufficiale d’anagrafe, pur conscio di un dibattito dottrinale per nulla sopito, non poteva disattendere l’indirizzo ministeriale, (anche) alla luce dell’art. 12 della l. 24 dicembre 1954, n. 1228 e dell’art. 54 del d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.
            A seguito della novella del 2007, gli ufficiali d’anagrafe si sono immediatamente interrogati sull’idoneità della dichiarazione di presenza.
L’autorità amministrativa ritiene che la ricevuta della dichiarazione di presenza, ex art. 1 l. 68/2007, “possa costituire titolo utile ai fini dell’iscrizione anagrafica di coloro che intendono avviare in Italia la procedura per il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis(12); ne consegue, di riflesso, l’inidoneità per lo straniero tout court (13). Mentre ci trova – ovviamente, vista la nostra posizione nei confronti dei precedenti interventi amministrativi – consenzienti la tesi estrapolata induttivamente, lascia perplessi – pur comprendendone l’indubbia opportunità, visto il perdurare dell’impostazione accolta nella circolare del Ministero dell’Interno 8 aprile 1991, n. K.28.1 (14) – l’apertura nei confronti di coloro che rivendicano il possesso della cittadinanza italiana iure sansuinis, pur sempre (considerati) cittadini stranieri (dall’impostazione suddetta). Per costoro, a nostro parere, la soluzione va ricercata in altri ambiti; in particolare riconsiderando la (stessa legittimità della) citata circolare K.28.1, nella parte in cui reputa straniero il soggetto –   “rivendicante la titolarità della cittadinanza italiana” – che rimpatria con passaporto straniero.
Come già abbiamo osservato all’indomani dell’intervento amministrativo, “soltanto parzialmente l’assunto ministeriale può essere condiviso, in quanto solamente qualora l’interessato non dimostri la propria discendenza da avo cittadino può essere accolta la presunzione negativa, cioè l’accoglimento del soggetto nell’ambito della popolazione residente in qualità di straniero; al contrario, nell’ipotesi in cui il rimpatriato provi il possesso della cittadinanza italiana da parte dell’avo emigrato all’estero e il rapporto di parentela in linea retta, la presunzione deve essere, se non capovolta, sicuramente mitigata, poiché, come è stato sottolineato a più riprese dalla giurisprudenza, “spetta a chi allega la perdita della cittadinanza italiana darne la prova”…, la quale, pertanto, deve essere fornita non per dimostrare la conservazione dello status civitatis quanto piuttosto per documentarne la perdita; e tale documentazione non può certo essere costituita dal mero possesso di passaporto straniero, tanto più se rilasciato da uno Stato il cui ordinamento giuridico si ispiri allo iure soli per il conferimento della cittadinanza a titolo originario” (15).
 
Approfondimento a cura di:
Rober Panozzo
autore di saggi in materia di cittadinanza, anagrafe della popolazione, diritto di famiglia e immigrazione
15/09/2008
 
 
NOTE
 
(1)Id est: a)in esenzione di visto, condizione che presuppone il soggiorno per un periodo – massimo – di tre mesi, per turismo, missione, affari, invito e gara sportiva; b)con visto Schengen uniforme (VSU), che può essere rilasciato per un soggiorno massimo di tre mesi.Se il soggiorno è superiore a tre mesi vi è l’obbligo di munirsi del visto nazionale (VN), che ciascuna Parte contraente rilascia in base alla propria legislazione (cfr. art. 18 dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985): per l’Italia si veda l’art. 4, c. 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 , ai sensi del quale “l’ingresso in Italia può essere consentito … per soggiorni di lunga durata che comportano per il titolare la concessione di un permesso di soggiorno …”.
(2)Ma anche per motivi pratici. Infatti, come sottolinea(va) PAGGI, Soggiorno di breve durata – Soppresso l’obbligo di richiedere il permesso di soggiorno, in www. meltingpot.org (1 giugno 2007), “i tre mesi, durata massima dei permessi di soggiorno, non sarebbero sufficienti ad ottenere il pds, tanto lunghi sono i tempi di attesa previsti dalla nuova procedura”.
(3)Della procedura de qua (la n. 2006/2126) da notizia la relazione al ddl 1329, comunicato alla Presidenza il 15 febbraio 2007, Conversione in legge del decreto legge 15 febbraio 2007, n. 10
(4)Per la verità, la disciplina della dichiarazione di presenza, era già stata introdotta dal decreto legge 15 febbraio 2007, n. 10, Disposizioni volte a dare attuazione ad obblighi comunitari ed internazionali [cfr. art. 5, c. 1, lett. a)]; ma la norma non era stata convertita in legge (critiche, sulla mancata conversione, in REDAZIONE, Pds per turismo – Torna tutto come prima, in www. meltingpot.org (16 marzo 2007).
(5)Sulla permanenza dell’obbligo del visto, cfr. PAGGI, Soggiorno di breve durata, cit. Sulla – generale – impossibilità (prima, di rinnovare il pds per turismo, ora) di rilasciare il pds dopo l’ingresso con visto turistico, si veda l’art. 13, c. 1, R (“Il permesso di soggiorno … rilasciato in esenzione di visto, per i soli motivi di turismo, non può essere rinnovato o prorogato oltre la durata di novanta giorni, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali”).
(6)Compreso il titolare di permesso di soggiorno (non di lungo periodo, applicandosi, allora, l’art. 9 bis del TU) rilasciato da altro Stato UE (in quanto la titolarità di tale titolo autorizzatorio giustifica l’esonero dal visto di ingresso): cfr. MIELE, Guida generale alle disposizioni sull’ingresso e il soggiorno degli stranieri in Italia ed alla normativa in materia di asilo, in Le guide immigrazione.it, II semestre 2007 (aggiornato al 1 settembre 2007), Vol. 1, 16.
(7)Ai sensi del – peraltro abrogato (cfr. art. 39, par. 2, del Regolamento CE 15 marzo 2006, n. 562) – manuale comune adottato dal Comitato esecutivo istituito dalla Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (cfr. punto 2.1.4), i “timbri contengono la o le lettere che identificano lo Stato, l’indicazione del valico di frontiera, la data, il numero d’ordine, nonché un pittogramma per indicare il tipo di frontiera attraversata (terrestre, marittima o aerea)”; le specifiche di tali timbri sono tuttora contenute nelle decisioni del comitato esecutivo Schengen SCH/COM-EX (94) 16 rev e SCH/Gem-Handb (93) 15 (CONFIDENTIAL), per effetto del rinvio operato dall’Allegato IV al Regolamento CE 15 marzo 2006, n. 562.
(8)Con riferimento al Regolamento CE 15 marzo 2006, n. 562 (art. 10, par. 1), REDAZIONE, Commento al codice comunitario delle frontiere Schengen, in www. meltingpot.org (18 maggio 2006), evidenzia il problema per i cittadini dei Paesi terzi “che possono utilizzare come documento di viaggio non il tradizionale passaporto, bensì la normale carta di identità nazionale” (crediamo che il riferimento sia, ad es, alla Turchia ed all’Ucraina, in virtù dell’adesione all’Accordo europeo sul regime della circolazione delle persone tra i Paesi membri del Consiglio d’Europa, firmato a Parigi il 13 dicembre 1957), normalmente inidonea per tale adempimento, soprattutto alla luce della presunzione negativa esplicitata dall’art. 11, c. 1 (“se il documento di viaggio di un cittadino di paese terzo non reca il timbro di ingresso, le autorità nazionali competenti possono presumere che il titolare non soddisfa più le condizioni relative alla durata del soggiorno applicabili nello Stato membro in questione”), che, seppur mitigata da quanto disposto al comma successivo, può condurre all’espulsione. Per inciso, il problema si era già posto dopo l’entrata in vigore del Regolamento CE 13 dicembre 2004, n. 2133, il cui art. 2, par. 2 (introduttivo degli artt. 6-bis e 6-ter della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen) dettava previsioni identiche. Per ovviare all’inconveniente, non pare peregrino suggerire la (compilazione della) dichiarazione prevista dall’art. 10, par. 1, c.2 (“Su richiesta di un cittadino di paese terzo è possibile rinunciare, in via eccezionale, all’apposizione del timbro di ingresso o di uscita qualora ciò possa causargli gravi difficoltà. In tal caso l’ingresso o l’uscita sono registrati su un foglio separato con la menzione del nome e del numero di passaporto. Questo foglio è consegnato al cittadino di paese terzo”).
(9)In questa direzione Min. Interno 26 marzo 1991, n. 13 (con riferimento – quanto meno – al permesso di soggiorno per turismo), in PANOZZO, Anagrafe della popolazione, Minerbio, 1998, 308; Istat, Avvertenze e note illustrative alla legge e al regolamento anagrafico, Metodi e Norme, Serie B, 1992, in PANOZZO, Anagrafe della popolazione, Minerbio, 2005, 324; Min. Interno 23 dicembre 2002, n. 28, ibidem, 495; Min. Interno 13 ottobre 2003 (parere), ibidem, 524; Min. Interno 18 febbraio 2004 (parere), ibidem, 557; Min. Interno 31 maggio 2004 (parere), ibidem, 599; Min. Interno 26 luglio 2004 (parere), ibidem, 613; Min. Interno 29 luglio 2004 (parere), ibidem, 617.
(10)Nella scia ministeriale, BARTOLI, PARDUCCI, Lavorare in anagrafe, Catania, 2000, 132; CASONI, L’iscrizione anagrafica degli stranieri ed alcune precisazioni in merito alle modifiche introdotte dal Regolamento attuativo del T.U. sull’immigrazione al D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223 di approvazione del nuovo Regolamento dell’anagrafe della popolazione, in Stato Civ., 2000, 678; MINARDI, Ancora un richiamo agli ufficiali d’anagrafe sul permesso di soggiorno, in Anusca Newsletter, 24 febbraio 2003, n. 5 (in relazione alla correttezza della circolare 23 novembre 2002, n. 28); PARDUCCI, Lo straniero e l’anagrafe, in Atti del corso di aggiornamento E-Dea Form, Montecatini Terme, 25-29 marzo 2003; REDAZIONE, in www. anusca.it (quesito del 25 febbraio 2005) (rilevando, però, in alcune tipologie di pds, un indizio dell’insussistenza della dimora abituale); REDAZIONE, in Serv. Dem., 2005, n. 11, 43; REDAZIONE, in Stato Civ., 2006, 138 (ma solo se il pds consente proroghe); MOROZZO DELLA ROCCA, Buone prassi anagrafiche per l’integrazione degli stranieri regolarmente presenti in Italia, in Serv. Dem., 2006, n. 2, 18; PALMIERI, Stranieri e anagrafe. Novità di oggi e di domani, in Serv. dem., 2006, n. 11, 16; PIZZO, Stranieri & anagrafe, una convivenza amministrativa travagliata, in Stato civ., 2007, 352; MINARDI, PALMIERI, La nuova disciplina dei cittadini comunitari, Maggioli, 2007, 173 s.(ma sottolineando che si dovrà tener conto del tipo, della durata e della data di scadenza, ai fini della valutazione della sussistenza della dimora abituale). Contra REDAZIONE, in Serv. Dem., 2001, 1569; SCOLARO, Condizioni di sostanza e di procedimento nell’iscrizione anagrafica delle persone di cittadinanza straniera, in Serv. Dem., 2001, n. 7-8, 1097; MENGHETTI, Problematiche relative agli immigrati dall’Argentina, in Stato Civ., 2002, 888; MERCURIO, in Newsletter Anusca, 11 febbraio 2003, n. 4 (in relazione ai pds per turismo); BIONDANI, Iscrizione anagrafica di cittadini stranieri – Dall’America Latina…, in Anusca Newsletter, 27 aprile 2005, n. 8; VERCELLI, Le diverse tipologie dei permessi di soggiorno: loro finalità e durata ai fini dell’iscrizione in anagrafe degli stranieri – (Un possibile coordinamento tra le disposizioni vigenti in materia di stranieri e quelle vigenti in materia anagrafica), in Stato Civ., 2004, 276 ss. (in relazione ai pds per turismo, motivi familiari, studio o formazione, cure mediche).
(11)Brevi note sull’iscrizione anagrafica dei cittadini stranieri, in Stato civ., 1997, 845.
(12)Min. Interno 13 giugno 2007, n. 32, in Stato civ., 2007, 604. Analogamente la successiva circolare 28 settembre 2007, n. 52, in Stato civ., 2007, 851, emanata dopo il d.m. (Interno) 26 luglio 2007 (precisando che “il timbro o la copia della dichiarazione di presenza, a seconda dello Stato di provenienza, costituiscono titolo per il regolare soggiorno dello straniero in Italia nei primi tre mesi dall’ingresso, ovvero per il minore periodo previsto nel visto”. Contra, in sede – riteniamo – di primo commento alla l. 68/2007, REDAZIONE, in Serv. dem., 2007, n. 7-8, 27.
 (13)Cfr. REDAZIONE, in www. deaweb.org (quesito del 23 agosto 2007); REDAZIONE, in www. anusca.it (quesito del 27 dicembre 2007); BIONDANI, Iscrizione anagrafica di stranieri discendenti di cittadini italiani – Allargamento dell’area Schengen, in Anusca Newsletter, 15 gennaio 2008, n. 1 (implicitamente).
 (14)Vedila pubblicata in Serv. dem., 1991, 970.
 (15)Anomalie della circolare del Ministero dell’Interno K.28.1 datata 8 aprile 1991, in materia di cittadinanza, in Serv. dem., 1993, 632

Panozzo Rober

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