La declaratoria di inefficacia ex nunc dischiude le porte al risarcimento per equivalente del danno, come previsto dall’art. 124, comma 1, secondo periodo, del codice del processo amministrativo

Lazzini Sonia 09/12/10
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La ricorrente principale, nella memoria depositata il 14 settembre 2010, articola la propria domanda di risarcimento del danno con riferimento alle seguenti voci: mancato utile, danno curricolare, spese di partecipazione alla gara e mancato sfruttamento di risorse aziendali.

E’ necessario, secondo la lettera della legge, che la parte provi il danno subito e tale previsione fa sì che il danneggiato sia gravato da un rigoroso onere probatorio.

Tale onere è stato compiutamente assolto dalla parte ricorrente, almeno per quanto concerne il risarcimento del mancato utile, non essendosi la ricorrente medesima limitata a chiederne la liquidazione in misura forfetaria, ma avendo la stessa individuato (cfr. docum 15) l’utile effettivo secondo l’offerta fatta in gara, corrispondente all’1,5% del canone offerto per il servizio, per un importo di € 83.329,78 riferito all’intera durata quadriennale del medesimo

La somma indicata, ovviamente, non spetta per intero alla ricorrente, ma deve essere ragguagliata al periodo di mancato affidamento del servizio (ossia al numero di mesi intercorrenti fra l’avvio del servizio e l’effettivo subentro nel contratto), e va maggiorata di interessi e rivalutazione monetaria.

Non si riscontrano i presupposti, invece, per il risarcimento del danno curricolare che l’esponente asserisce di aver subito, atteso che essa ha comunque conseguito, per il tramite della pronuncia giurisdizionale, l’aggiudicazione del contratto e tale esito le consente di incrementare nella misura auspicata la propria capacità competitiva nelle gare pubbliche per l’affidamento di analoghi servizi (fermo restando che l’annullamento dell’aggiudicazione comporta che le controinteressate non potranno accrescere il proprio curriculum con riferimento ai requisiti che sarebbero derivati dal contratto dichiarato inefficace).

Neppure può addivenirsi al risarcimento del danno per le spese di partecipazione alla gara e l’immobilizzazione di risorse aziendali.

Quanto alla prima voce, è sufficiente rilevare che le spese sostenute dalla concorrente per la partecipazione alla gara (peraltro quantificate ma non comprovate in dettaglio) hanno comunque prodotto il risultato utile atteso, vale a dire l’aggiudicazione del contratto e l’affidamento del servizio, sia pure con una non rilevantissima riduzione temporale.

Il risarcimento per l’immobilizzazione di risorse aziendali, che la ricorrente quantifica in proporzione alle spese generali dichiarate nell’offerta, va invece escluso alla luce di quanto dichiarato dalla medesima alle pagg. 9 e 10 della memoria depositata il 14 settembre 2010, ove afferma di essere strutturata in modo tale da svolgere contemporaneamente, come effettivamente sta svolgendo, “più servizi del genere … per varie amministrazione sanitarie in Italia”, così riconoscendo che il mancato affidamento del servizio per un dato tempo non ha di fatto comportato il mancato sfruttamento delle sue risorse aziendali.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono forfetariamente liquidate in dispositivo.

 

 

A cura di *************

 

Riportiamo qui di seguito la sentenza numero 4083 del 5 novembre 2010 pronunciata dal Tar Piemonte, Torino

 

N. 04083/2010 REG.SEN.

N. 00692/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 692 del 2010, proposto da:
Ricorrente S.p.a., in persona dell’Amministratore delegato/legale rappresentante pro tempore, in proprio e in qualità di capogruppo dell’A.T.I. costituenda con Ricorrente due s.c.s., rappresentata e difesa dagli avv. *******************, *************, *****************, *************, con domicilio eletto presso ***************** in Torino, corso Vittorio Emanuele II, 82;

contro

Azienda Sanitaria Locale TO2, in persona del Direttore generale, rappresentata e difesa dall’avv. *********************, con domicilio eletto presso ********************* in Torino, piazza Statuto, 11;

nei confronti di

CONTROINTERESSATA Servizi S.r.l. e ****************************, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avv. *************, con domicilio eletto presso ************* in Torino, via Monti, 20;

per l’annullamento

della determinazione del Direttore della Struttura Complessa Economato dell’A.S.L. Torino 2 n. 2427004B/2010 del 26.3.2010, comunicata a mezzo fax in data 14.5.2010 con nota prot. n. 19359/10 datata 6.4.2010, di aggiudicazione definitiva dell’appalto del servizio di gestione delle attività amministrative di “front office” per l’accesso ai servizi sanitari poliambulatoriali dell’ASL TO2 di Torino;

dei verbali di gara tutti;

con conseguente dichiarazione di inefficacia, nullità, annullamento o comunque caducazione del contratto eventualmente già concluso,

nonché per il risarcimento del danno conseguente.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Locale TO2 e di CONTROINTERESSATA Servizi S.r.l. e ****************************;

Visti i ricorsi incidentali proposto dalla ricorrente principale e da I. & T. Servizi S.r.l. e ***************************;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2010 il dott. ************ e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La ricorrente Ricorrente S.p.a. riferisce di aver partecipato, quale capogruppo dell’A.T.I. costituenda con Ricorrente due s.c.s., alla procedura di gara aperta indetta dall’Azienda Sanitaria Locale TO2, con provvedimento del 3 luglio 2009, avente ad oggetto l’affidamento del servizio di gestione delle attività amministrative di “front office” per l’accesso ai servizi sanitari poliambulatoriali della A.S.L. medesima.

La legge di gara prevedeva che l’appalto sarebbe stato aggiudicato con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 83 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

All’esito delle operazioni di gara, la ricorrente si classificava alla seconda posizione della graduatoria, alle spalle del raggruppamento formato da CONTROINTERESSATA Servizi S.r.l. (mandataria) e Controinteressata due S.p.a. (mandante).

Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, ritualmente notificato all’amministrazione e alle imprese controinteressate, l’esponente impugna il provvedimento in data 26 marzo 2010 di aggiudicazione definitiva dell’appalto e deduce all’uopo i seguenti motivi di gravame:

I) Violazione e falsa applicazione della lex specialis della gara. Eccesso di potere sotto il profilo dell’inadeguata valutazione dei presupposti.

Il raggruppamento aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso dalla gara in quanto non aveva presentato taluni documenti richiesti dal bando a pena di esclusione, tra cui il documento unico di valutazione dei rischi predisposto dalla stazione appaltante, da sottoscriversi in ogni pagina dal concorrente.

II) Violazione e falsa applicazione della lex specialis di gara nonché eccesso di potere per inadeguata valutazione dei presupposti, sotto altro profilo.

Ulteriore motivo di esclusione sarebbe rappresentato dal mancato possesso in capo alle imprese aggiudicatarie della certificazione di qualità richiesta dall’art. 26 del capitolato speciale, avendo le medesime presentato documenti che non si riferiscono all’oggetto dell’appalto, ma alla progettazione di software e alla gestione di servizi informatici.

III) Violazione e falsa applicazione delle norme sul lavoro e sulla previdenza sociale (in particolare d.lgs. n. 276/2003, specie artt. 61-69; L. n. 296/2006, art. 1, commi 1202-1210; D.L. n. 248/2007; disposizioni interpretate, tra le altre, dalle circolari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale n. 17/2006, n. 4/2008 e n. 8/2008; d.lgs. n. 165/2001, art. 7). Eccesso di potere per erronea valutazione della congruità dell’offerta aggiudicataria.

Premesso che il monte ore complessivo dedotto in appalto è determinato dalla lex specialis, la remunerazione offerta dal soggetto aggiudicatario non sarebbe sufficiente a compensare il numero minimo di ore ivi previsto e presupporrebbe, non l’utilizzo di lavoratori subordinati, ma l’illecito impiego di operatori assunti “a progetto”.

Sulla scorta di questi motivi di ricorso, la ricorrente instava conclusivamente per l’annullamento del provvedimento impugnato, per la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato e per la condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni.

Con decreto presidenziale n. 440 del 14 giugno 2010, è stata respinta l’istanza di misure cautelari provvisorie proposta dalla ricorrente.

Si costituiva in giudizio l’A.S.L. TO2, opponendosi all’accoglimento del ricorso con comparsa di stile.

Si costituivano anche le imprese controinteressate, con memoria tesa a contrastare nel merito la fondatezza del ricorso avversario.

Al contempo, CONTROINTERESSATA Servizi S.r.l. e **************************** impugnavano, con ricorso incidentale, gli atti della procedura di gara nella parte in cui non avevano disposto l’esclusione della ricorrente principale, avendo la stessa presentato un’offerta in aumento rispetto all’importo dell’appalto fissato dalla lex specialis.

Con ordinanza n. 471 del 18 giugno 2010, erano concessi termini a difesa onde consentire alla ricorrente principale di prendere posizione rispetto ai contenuti del ricorso incidentale e, contestualmente, veniva disposta la sospensione in via interinale del provvedimento impugnato.

Nel prosieguo del giudizio, Ricorrente S.p.a. ha proposto ricorso incidentale avverso le disposizioni del capitolato speciale che fissano l’importo dell’appalto, qualora le stesse dovessero essere interpretate nel senso, fatto proprio da controparte, di sanzionare la presentazione di offerte in aumento con l’esclusione dalla gara.

Con ordinanza n. 510 del 2 luglio 2010, è stata accolta l’istanza cautelare di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato e fissata l’udienza per la discussione nel merito del ricorso.

In seguito, la ricorrente principale ha introdotto in giudizio, con memoria notificata alle controparti, la domanda di subentro nel contratto e specificato le voci di danno in cui si articola la già proposta domanda risarcitoria.

La difesa della controinteressate ha replicato con memoria.

Chiamato alla pubblica udienza del 7 ottobre 2010, il ricorso è stato ritenuto in decisione; ha fatto seguito la pubblicazione del dispositivo di sentenza n. 67 del 8 ottobre 2010.

DIRITTO

1) L’azione di annullamento proposta con il ricorso introduttivo del presente giudizio investe il provvedimento dirigenziale del 26 marzo 2010, con cui l’A.S.L. TO2 ha definitivamente aggiudicato all’A.T.I. costituenda fra CONTROINTERESSATA Servizi S.r.l. (mandataria) e Controinteressata due S.p.a. (mandante) la gara per l’affidamento, per un periodo di 48 mesi, del servizio di gestione delle attività amministrative di “front office” per l’accesso ai servizi sanitari poliambulatoriali della A.S.L. medesima.

Con il ricorso introduttivo, la parte ricorrente ha anche dispiegato azione di condanna al risarcimento del danno e, con memoria successivamente notificata e depositata, ha proposto domanda di subentro nel contratto.

2) Va prima di tutto esaminato il ricorso incidentale delle controinteressate, siccome contenente censure che, se accolte, determinerebbero l’esclusione dalla gara della ricorrente principale e, quindi, il venir meno della legittimazione in capo alla stessa.

Sostengono le ricorrenti incidentali che l’offerta della controparte avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara in quanto contenente l’indicazione di un canone mensile per il servizio che, moltiplicato per i mesi di durata dell’appalto, darebbe luogo ad un importo complessivo di € 5.555.319,36, sensibilmente superiore all’importo dell’appalto (€ 4.000.000).

Ciò a mente del disposto dell’art. 28 del capitolato speciale che esclude la presentazione di offerte in aumento.

Tale argomentazione non può essere condivisa per tre ordini di ragioni.

In primo luogo, perché il menzionato art. 28 non sanziona espressamente con l’esclusione dalla gara la presentazione di offerte in aumento (a differenza di quanto stabilito dalla stessa disposizione con riferimento ai casi di offerte condizionate, indeterminate o recanti irrituali correzioni) e tale comminatoria di esclusione non si rinviene neppure nella vigente normativa di rango primario in materia di offerte anomale.

Una consimile previsione, in secondo luogo, contrasterebbe irrimediabilmente con le altre disposizioni del capitolato speciale (cfr. art. 28, rubrica e comma 1, nonché, per quanto possa rilevare, lo stesso frontespizio del documento) che qualificano come “presunto” l’importo dell’appalto, lasciando così chiaramente intendere che si tratta di indicazione di massima, frutto di una semplice previsione di spesa, anziché di limite rigidamente fissato dalla stazione appaltante al fine di escludere l’ammissibilità di eventuali offerte comportanti un costo superiore.

Quest’ultima interpretazione, infine, è quella fatta propria dalla stessa stazione appaltante che, prima dello svolgimento della gara, ha reso il seguente chiarimento: “Si precisa che l’importo di gara non è a base d’asta ma presunto, pertanto le ******à che intendono partecipare alla gara possono presentare offerta indicando il prezzo che ritengono remunerativo anche in rialzo”.

Non si vede come la stazione appaltante avrebbe potuto, dopo un chiarimento di questo tenore (esteso a tutti i partecipanti tramite pubblicazione sul sito internet, come previsto dall’art. 27 del capitolato speciale), escludere dalla gara le offerte in aumento, senza violare elementari canoni di lealtà e tutela dell’affidamento.

Né vale richiamare, al riguardo, i precedenti giurisprudenziali, anche della Sezione, che escludono l’efficacia dei chiarimenti pubblicati sul sito internet della stazione appaltante, a fronte della chiara prescrizione della legge di gara (art. 28 del capitolato speciale) che, nella specie, richiedeva ai concorrenti di presentare, a pena di esclusione, l’elenco delle “richieste di chiarimenti pervenute all’ASL TO2 e relative risposte sottoscritto in ogni pagina per totale e completa accettazione”.

3) Non vi è luogo, conseguentemente, ad esaminare il ricorso incidentale di Ricorrente S.p.a. che fa riferimento proprio all’interpretazione della legge di gara proposta dalla controparte e disattesa sulla base dele argomentazioni che precedono.

4) Venendo all’esame del ricorso principale, va preliminarmente vagliata l’eccezione di tardività proposta dalle controinteressate con la memoria del 28 settembre 2010.

Sostengono le eccepienti che il ricorso principale sarebbe irricevibile perché notificato oltre il termine decadenziale di trenta giorni decorrente dalla data di comunicazione dell’aggiudicazione definitiva avvenuta il 6 aprile 2010 ovvero, più precisamente, dalla data di entrata in vigore del d.lgs n. 53/2010 che ha introdotto il nuovo termine processuale.

L’eccezione deve essere respinta.

Come comprovato dalla documentazione acquisita agli atti del giudizio (cfr. produzioni A.S.L. del 27 settembre 2010), infatti, la comunicazione di aggiudicazione della gara è stata inviata, con fax del 6 aprile 2010, alla mandante Ricorrente due s.c.s.; solo con successivo fax del 14 maggio 2010, la medesima comunicazione è stata inviata alla mandataria Ricorrente S.p.a.

La prima comunicazione non era idonea a far decorrere il termine di impugnazione del provvedimento in quanto, per i raggruppamenti temporanei di imprese non ancora formalmente costituiti, trova applicazione il principio secondo cui gli adempimenti non specificamente prescritti con riguardo alle singole imprese partecipanti vanno riferiti all’impresa mandataria, costituendo quest’ultima il punto di riferimento unitario del costituendo raggruppamento (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 1° luglio 2010, n. 16542; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 29 aprile 2009, n. 4401).

Va soggiunto che non risulta in atti alcuna dichiarazione di Ricorrente S.p.a, che autorizzasse la stazione appaltante ad effettuare le comunicazioni ex art. 79 del d.lgs. n. 163/2006 alla sola mandante né si rinvengono elementi in tal senso nell’ambito della documentazione a corredo dell’offerta ove, al contrario, è indicato il numero di fax della mandataria.

E’ tempestiva, pertanto, la notificazione del ricorso effettuata il 5 giugno 2010, quindi entro il termine di trenta giorni decorrenti dal 14 maggio 2010, data in cui la mandataria del costituendo raggruppamento di imprese ha avuto conoscenza dell’aggiudicazione dell’appalto.

5) Nel merito, è destituito di fondamento il primo motivo di ricorso, con cui l’esponente denuncia la violazione degli artt. 28 e 39 del capitolato speciale d’appalto, atteso che il raggruppamento aggiudicatario non avrebbe provveduto alla presentazione della documentazione quivi richiesta a pena di esclusione dalla gara.

La censura ha astrattamente ragione di essere solo se riferita alla presentazione del documento unico di valutazione dei rischi sottoscritto in ogni pagina dal legale rappresentante dell’impresa concorrente, atteso che gli altri documenti asseritamente omessi corrispondevano alla modulistica da compilare per l’ammissione alla gara, rispetto alla quale non può ipotizzarsi una duplicazione dell’onere di allegazione che comporti, cioè, sia la presentazione della modulistica compilata e sottoscritta sia di una copia “in bianco” della stessa.

In ogni caso, la documentazione prodotta in giudizio dall’Amministrazione resistente comprova l’infondatezza in fatto del rilievo, avendo il raggruppamento aggiudicatario provveduto a presentare tutta la documentazione amministrativa richiesta ai fini dell’ammissione, ivi compreso il documento unico di valutazione dei rischi sottoscritto in ogni pagina.

6) E’ fondato e meritevole di accoglimento, invece, il secondo motivo di ricorso, inerente la violazione dell’art. 26 del capitolato speciale d’appalto, nella parte in cui prescrive che le imprese partecipanti alla gara documentino il possesso dei requisiti di carattere tecnico mediante “certificazione di qualità UNI EN ISO 9001:2000 o altra certificazione del sistema di qualità idonea, relativa all’oggetto dell’appalto”.

Va preliminarmente rilevato che l’indicazione dei requisiti tecnici per la partecipazione ad una gara d’appalto costituisce una scelta discrezionale dell’amministrazione la quale, come risulta dagli artt. 42 e 43 del d.lgs. n. 163/2006, può prevedere che la dimostrazione degli stessi avvenga attraverso la presentazione di certificazioni di qualità, in mancanza delle quali è legittima l’esclusione dalla gara (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 2 marzo 2009, n. 2113).

La funzione delle certificazioni di qualità, in tal caso, è quella di attestare la capacità tecnica del concorrente in relazione alle prestazioni che sarà chiamato a svolgere in esecuzione del contratto.

Ne consegue che, per poter assolvere la descritta funzione, la certificazione di qualità presentata dal concorrente deve concernere lo specifico oggetto dell’appalto (come nella fattispecie richiesto, per quanto superfluo, dalla legge di gara laddove precisa che la certificazione di qualità deve essere “relativa all’oggetto dell’appalto”).

Nel caso in esame, l’art. 1 del capitolato speciale descrive l’oggetto dell’appalto come “servizio di accoglienza, prenotazione, accettazione, registrazione, pagamento tickets, esenzioni tickets, scelta e revoca del medico, consegna referti presso il P.O. TNE San Giovanni Bosco e i poliambulatori dell’ASL TO2”.

Alla luce del citato art. 1 e come confermato dalle disposizioni del capitolato speciale nel loro complesso, il servizio oggetto dell’affidamento si deve principalmente identificare con un’attività di sportello che, per sua natura, implica capacità relazionali con il pubblico.

Detto servizio comprende, inoltre, attività impiegatizie d’ordine (gestione delle prenotazioni e pagamento dei ticket) nonché compiti materiali (consegna dei referti).

Le certificazioni di qualità prodotte dal raggruppamento aggiudicatario sono riferite, invece, all’ambito dei prodotti informatici e delle relative attività manutentive e di assistenza.

La certificazione presentata dalla mandataria attesta, infatti, il possesso dei requisiti per il seguente campo applicativo: “Progettazione, sviluppo, integrazione e manutenzione di software per sistemi informativi ed erogazione dei relativi servizi di consulenza e formazione. Erogazione di servizi professionali in ambito Information Technology”.

L’analogo documento presentato dalla mandante fa riferimento al seguente campo di attività: “Progettazione e sviluppo software; progettazione ed erogazione di servizi di consulenza alle imprese, help desk, assistenza sistemistica, manutenzione correttiva, migliorativa ed evolutiva del software”.

Gli strumenti informatici rappresentano, però, un semplice strumento di lavoro per gli addetti al servizio posto in gara, il cui oggetto specifico non si identifica certo con la produzione di software ovvero con altre attività inerenti l’ambito informatico (fatte salve le sole incombenze manutentive descritte all’art. 3 del capitolato speciale che, nel complesso delle incombenze rimesse all’esecutore, hanno una valenza certamente non prioritaria ed hanno un rilievo secondario anche sotto il punto di vista economico).

Le certificazioni di qualità prodotte dal raggruppamento aggiudicatario risultano, pertanto, estranee all’oggetto principale dell’appalto e sono conseguentemente inidonee ad attestare la capacità tecnica delle concorrenti.

La doverosa applicazione della legge di gara avrebbe quindi imposto di escludere dalla stessa il raggruppamento privo dei requisiti tecnici (rectius: che non aveva dimostrato il possesso di tali requisiti con le modalità tassativamente previste dal capitolato speciale).

Tale carenza, a scanso di inammissibili violazioni della par condicio dei concorrenti, non è suscettibile di essere sanata a posteriori attraverso il riferimento, in sede giurisdizionale, ai servizi analoghi gestiti dalle concorrenti ovvero mediante perizie di parte intese a dimostrare l’effettiva professionalità delle concorrenti nello specifico campo di attività.

7) Per completezza e in considerazione della rilevanza delle questioni sottese, va esaminato anche il terzo motivo di ricorso, con cui l’esponente denuncia la violazione delle normative (meglio individuate in dettaglio) in materia di lavoro e di previdenza sociale, dal momento che la remunerazione offerta dal raggruppamento aggiudicatario non risulterebbe sufficiente, nell’ipotesi di utilizzo di operatori assunti con contratto di lavoro subordinato, a compensare le ore di lavoro minime dedotte in appalto.

Ipotizza conseguentemente l’esponente che l’offerta economica del raggruppamento aggiudicatario, di gran lunga inferiore a quelle delle altre concorrenti, postulasse necessariamente l’utilizzo di lavoratori “a progetto”, in contrasto con il “regime di certissima, e stretta, subordinazione” proprio del rapporto di lavoro in questione, desumibile “dal punto di vista dell’orario di lavoro, dell’obbligatoria continuità del servizio, dell’obbligo di eseguire gli ordini pena sanzioni disciplinari, ecc.”.

Il tutto in violazione, non solo delle normative a protezione dei lavoratori, ma anche dell’obbligo della stazione appaltante di verificare la congruità dell’offerta economica dell’aggiudicataria.

Le controinteressate eccepiscono l’inammissibilità della censura, in quanto l’offerta non presentava caratteri di anomalia che avrebbero imposto di verificarne la congruità, nonché per mancata impugnazione del chiarimento n. 1 con il quale la medesima stazione appaltante si era pronunciata positivamente circa la possibilità di utilizzare lavoratori “a progetto”; l’Amministrazione resistente eccepisce, invece, la genericità della doglianza in esame.

Tali eccezioni vanno disattese.

La censura, in primo luogo, non presenta tratti di genericità che la renderebbero inammissibile, poiché la deducente ha indicato in modo sufficientemente preciso e circostanziato gli elementi sui quali si fonda la sua critica di legittimità ed ha anche fornito, richiamando i chiarimenti resi dalla stessa stazione appaltante, un adeguato principio di prova al riguardo.

Quanto all’obbligo di procedere alla verifica di congruità dell’offerta economica, esso discende dal vincolo che la stessa commissione giudicatrice aveva assunto con il verbale del 3 marzo 2010 e, soprattutto, dalla necessità, imprescindibile in tutte le procedure di gara, di verificare l’adeguatezza e sufficienza del valore economico dell’offerta rispetto al costo del lavoro.

La parte ricorrente, infine, non era tenuta ad impugnare i chiarimenti resi dalla stazione appaltante in senso favorevole all’utilizzo di lavoratori a progetto, non trattandosi di statuizioni integrative della legge di gara né preclusive alla partecipazione.

Nel merito, va innanzitutto rilevato come la documentazione acquisita agli atti del giudizio confermi appieno le circostanze fattuali dedotte dalla parte ricorrente.

Si fa riferimento al documento prodotto dall’amministrazione sub 12), recante le giustificazioni e il dettaglio dei costi dell’offerta del raggruppamento aggiudicatario, dal quale si evince che lo stesso prevede di utilizzare, per l’espletamento del servizio, unicamente personale “di sportello” assunto con contratto “a progetto”.

Tale tipologia contrattuale è definita dall’art. 61 del d.lgs.10 settembre 2003, n. 276, come un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, riconducibile a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa.

Sono noti al Collegio i termini del serrato dibattito interpretativo che questa figura contrattuale ha generato al suo apparire nel nostro ordinamento e le difficoltà incontrate nella delimitazione dei suoi esatti confini.

Ai fini che ci occupano, peraltro, è sufficiente rilevare come il connotato minimo indispensabile che consente di configurare una collaborazione a progetto va rinvenuto nell’effettiva possibilità che la prestazione lavorativa sia prestata in condizioni di autonomia, seppure in modo coordinato con l’organizzazione del committente.

In linea di principio, anche le prestazioni comportanti un facere ripetuto nel tempo o continuativo non restano escluse dall’ambito di operatività del contratto a progetto, purché sussista la condizione negativa indicata dal primo comma del citato art. 61 (“indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa”), vale a dire l’irrilevanza del tempo impiegato dal lavoratore per l’adempimento, indice rivelatore del carattere effettivamente autonomo (e non subordinato) della prestazione.

La condizione di autonomia del lavoratore è, quindi, incompatibile con il potere del datore di lavoro di conformare in termini di tempo la sua prestazione, se non nei ristretti limiti in cui la previsione di cadenze temporali di svolgimento dell’attività lavorativa non comprometta l’autonomia del prestatore.

La predeterminazione della durata della prestazione lavorativa, in altre parole, costituisce un tratto tipico del rapporto di lavoro subordinato che esclude in radice la condizione di autonomia del lavoratore e, in conseguenza, la configurabilità di un rapporto di lavoro “a progetto”, soprattutto nei casi in cui si riscontri la fissazione di un più o meno rigido orario di lavoro da parte del committente.

Quanto affermato trova conferma nei contenuti della circolare del Ministero del lavoro e della previdenza sociale n. 17 del 14 giugno 2006, nella quale si precisa, tra l’altro, che “il collaboratore a progetto … può essere considerato autonomo alla condizione essenziale che il collaboratore stesso possa unilateralmente e discrezionalmente determinare … la quantità di prestazione da eseguire e la collocazione temporale della stessa”.

Nel caso in esame, le parti non hanno particolarmente approfondito la tematica inerente le modalità temporali di prestazione del servizio da parte degli operatori, ma il complesso delle disposizioni della legge di gara e i chiarimenti forniti dalla stessa A.S.L. mettono in luce un’organizzazione del servizio secondo una ben definita articolazione temporale, al fine di garantire completa copertura degli orari di sportello predefiniti, che non può prescindere dalla fissazione di un orario di lavoro degli operatori e dall’impossibilità per gli stessi di autodeterminare il proprio ritmo di lavoro.

Un ulteriore elemento significativo, in tal senso, si ricava dall’art. 7 capitolato speciale che fa riferimento a turni di lavoro i quali costituiscono una modalità organizzativa incompatibile con qualsivoglia margine di autonomia del collaboratore nella determinazione dei propri tempi di lavoro.

Si deve concludere, perciò, che l’erogazione del servizio in parola non poteva essere affidata, per le sue caratteristiche, a figure di lavoratori assunte a progetto, trattandosi invece di veri e propri rapporti di lavoro subordinato; ne consegue l’erroneità del giudizio di congruità reso per implicito dalla stazione appaltante in merito all’offerta del raggruppamento aggiudicatario, omettendo di rilevare l’inidoneità dell’offerta medesima in rapporto al costo del lavoro occorrente per la prestazione del servizio.

8) Con memoria notificata alle controparti in data 13 settembre 2010, la ricorrente ha proposto domanda volta a conseguire l’aggiudicazione e il contratto.

8.1) In via preliminare, la difesa della controinteressate eccepisce la tardività della domanda di subentro che, a suo avviso, avrebbe dovuto essere presentata mediante motivi aggiunti di ricorso nel termine (decadenziale) di trenta giorni fissato dall’art. 245, comma 2 quinquies, lett. a), del d.lgs. n. 163/2006, decorrente dal 17 giugno 2010, giorno in cui la ricorrente principale ha avuto sicura conoscenza, attraverso gli atti del giudizio, dell’intervenuta stipula del contratto.

L’eccezione non può essere condivisa.

Sul piano formale, va sottolineato che non vi sarebbe, in ogni caso, ragione per distinguere tra un ricorso per motivi aggiunti e una memoria che, essendo stata ritualmente notificata alle controparti, assicura la regolare instaurazione del contraddittorio rispetto alle domande ivi contenute.

Dal punto di vista oggettivo, si ritiene di dover escludere che la parte intenzionata a proporre domanda di subentro in un contratto, del quale abbia avuto notizia successivamente alla notificazione del ricorso introduttivo, sia onerata ad utilizzare lo strumento dei motivi aggiunti e assoggettarsi al rispetto dei termini di decadenza previsti con riferimento a tale istituto processuale.

L’art. 245, comma 2 septies, del d.lgs. n. 163/2006 (oggi sostituito dall’art. 120, comma 7, del codice del processo amministrativo), infatti, riferisce l’obbligatorietà del ricorso per motivi aggiunti alla sola ipotesi di impugnazione di nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara, non anche alla presentazione di domande nuove a carattere non impugnatorio.

L’art. 245, comma 2 quinquies, lett. a), del d.lgs. n. 163/2006, inoltre, faceva decorrere il termine decadenziale per la notificazione dei motivi aggiunti dalla ricezione delle comunicazioni ex art. 79 dello stesso d.lgs. n. 163/2006 ovvero dalla pubblicazione dei bandi e degli avvisi di gara, fattispecie tutte che non risultano conferenti al caso di specie.

Va anche rilevato che la domanda di subentro nel contratto si configura come istanza risarcitoria in forma specifica che, prima del nuovo codice del processo amministrativo, non era soggetta al rispetto di termini decadenziali e, attualmente, soggiace a termini diversi e più estesi rispetto a quelli previsti per la notificazione del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti.

A quest’ultimo riguardo, si può convenire che la disciplina del rito degli appalti sia ispirata ad una logica concentrazionista e acceleratoria che impone di presentare la domanda di subentro nel contratto nello stesso giudizio di annullamento, ma questa logica non può essere dilatata fino a pretendere il rispetto di termini decadenziali previsti per differenti fattispecie processuali.

La domanda in questione, pertanto, appare rituale e tempestiva, anche in considerazione del fatto che la stessa è stata notificata alle controparti in tempo utile per consentire loro di apprestare efficacemente le proprie difese.

8.2) Nel merito, sussistono i presupposti per la declaratoria di inefficacia del contratto e l’accoglimento della domanda di subentro.

Ricorre nella fattispecie, infatti, l’ipotesi prevista dall’art. 245 bis, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006, ossia la violazione del termine dilatorio di trentacinque giorni che, ai sensi dell’art. 11, comma 10, dello stesso d.lgs., deve intercorrere tra la comunicazione dell’aggiudicazione definitiva e la stipulazione del contratto.

Si è già avuto modo di riferire sub 4), infatti, che la comunicazione di aggiudicazione della gara è stata inviata alla mandataria del raggruppamento secondo classificato solo con fax del 14 maggio 2010, mentre il precedente fax del 6 aprile 2010, inviato alla sola mandante, non era idoneo a costituire valida ed efficace comunicazione ex art. 79 del codice dei contratti.

La stipulazione del contratto, avvenuta in data 25 maggio 2010, non ha rispettato, quindi, il termine di stand still prescritto dal citato art. 11, comma 10.

Quanto agli altri presupposti richiesti dalla normativa ai fini della declaratoria di inefficacia del contratto, si rileva che:

– la violazione ha privato la ricorrente della effettiva possibilità di difesa, atteso che il termine di soli undici giorni intercorrente fra la comunicazione dell’aggiudicazione e la conclusione del contratto, pari a poco più di un terzo di quello assegnato dal legislatore per la notifica del ricorso introduttivo, non pare sufficiente a garantire il reperimento di un difensore, la valutazione della vicenda da parte di questi e la predisposizione degli atti necessari per l’introduzione del giudizio;

– sussistono vizi propri dell’aggiudicazione che hanno influito sulle possibilità della parte ricorrente, classificatasi alla seconda posizione della graduatoria, di ottenere l’affidamento: tali vizi, come rilevato sub 6) e sub 7), investono la legittimità dell’aggiudicazione definitiva disposta in favore della concorrente che, non avendo comprovato con le modalità previste dalla legge di gara il possesso dei requisiti di capacità tecnica ed avendo formulato un’offerta economica insufficiente a compensare il costo del lavoro, avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara;

– non si ravvisano, viceversa, esigenze imperative connesse ad un interesse generale che impongano di mantenere gli effetti del contratto, non scorgendosi alcuna ragione di carattere tecnico per cui le residue prestazioni contrattuali non possano essere garantire efficacemente dal contraente subentrante; il maggior esborso cui sarà tenuta l’A.S.L. per effetto del subentro costituisce, inoltre, un dato di rilievo puramente economico, legato direttamente al contratto, di cui, giusta la previsione normativa, non può tenersi conto né possono valorizzarsi in tale direzione le denunciate criticità finanziarie della A.S.L. che, all’evidenza, non assumono valenza di circostanze eccezionali.

8.3) Rimane da stabilire, a questo punto, la decorrenza della declaratoria di inefficacia del contratto.

L’art. 121, comma 1, del codice del processo amministrativo, fornisce al giudice, a tale riguardo, tre parametri di valutazione rappresentati dalle “deduzioni delle parti”, dalla “gravità della condotta della stazione appaltante” e dalla “situazione di fatto”.

Si tratta di elementi piuttosto generici che, nella sostanza, chiamano il giudicante a compiere una difficile valutazione comparativa di interessi.

Nella specie, va considerato che la dichiarazione di inefficacia operante in via retroattiva assume sostanzialmente un carattere sanzionatorio nei confronti della stazione appaltante e che, per contro, la ricorrente principale non ha allegato uno specifico interesse a conseguire una pronuncia di carattere retroattivo.

Si profila, per contro, un giudizio di non particolare gravità del comportamento della stazione appaltante la quale, come più volte rilevato, aveva comunque provveduto a comunicare nei termini l’aggiudicazione definitiva, pur inviandola irritualmente alla sola mandante del costituendo raggruppamento.

In mancanza di elementi di segno opposto, deve ritenersi che si sia trattato di un errore compiuto in buona fede dalla stazione appaltante la quale riteneva di aver assolto l’obbligo di comunicazione dell’esito della gara già in data 6 aprile 2010 ed ha verosimilmente calcolato lo stand still period con decorrenza da tale giorno.

La presunzione di buona fede della stazione appaltante induce, pertanto, a limitare la declaratoria di inefficacia del contratto alle sole prestazioni ancora da eseguire.

9) Nonostante la limitazione temporale della declaratoria di inefficacia del contratto, il Collegio ritiene che non si debba dare luogo all’applicazione delle sanzioni alternative di cui agli artt. 121, comma 4, e 123, del codice del processo amministrativo, in primo luogo a causa della mancanza di una domanda di parte.

E’ pur vero che la lettera della legge potrebbe lasciar intendere che le sanzioni alternative vadano applicate anche d’ufficio, quale conseguenza automatica e necessitata della mancata declaratoria, totale o parziale, di inefficacia del contratto.

Una consimile conclusione, peraltro, sarebbe incompatibile con il principio dispositivo che governa l’intero processo amministrativo e che impone al giudice, fatta eccezione per le sentenze di rito, di pronunciarsi rigorosamente nei limiti delle domande delle parti.

Anche le sanzioni alternative, infatti, sono strumenti processuali posti a tutela degli interessi degli operatori economici, sub specie di sanzioni processuali da irrogarsi nel caso di violazione di regole di diritto pubblico che si riverberano sul piano della tutela del ricorrente.

Ad abundantiam, va rilevato come la mancata applicazione delle sanzioni alternative sarebbe comunque imposta dall’esimente della buona fede della stazione appaltante nonché dalla sostanziale inutilità di tali misure: la sanzione pecuniaria non potrebbe infatti esercitare, nella fattispecie, una reale efficacia dissuasiva (essendo venuta meno nel corso del giudizio la gestione ordinaria della A.S.L. la quale, come riferito dalle parti, è stata commissariata per eccessivo debito) e si tradurrebbe nel mero trasferimento di una somma di denaro da un’amministrazione pubblica in crisi finanziaria ad altra amministrazione; la riduzione della durata del contratto, invece, si tradurrebbe in un danno a carico della stessa parte ricorrente lesa dagli atti illegittimi dell’amministrazione.

10) La declaratoria di inefficacia ex nunc dischiude le porte al risarcimento per equivalente del danno, come previsto dall’art. 124, comma 1, secondo periodo, del codice del processo amministrativo.

La ricorrente principale, nella memoria depositata il 14 settembre 2010, articola la propria domanda di risarcimento del danno con riferimento alle seguenti voci: mancato utile, danno curricolare, spese di partecipazione alla gara e mancato sfruttamento di risorse aziendali.

E’ necessario, secondo la lettera della legge, che la parte provi il danno subito e tale previsione fa sì che il danneggiato sia gravato da un rigoroso onere probatorio.

Tale onere è stato compiutamente assolto dalla parte ricorrente, almeno per quanto concerne il risarcimento del mancato utile, non essendosi la ricorrente medesima limitata a chiederne la liquidazione in misura forfetaria, ma avendo la stessa individuato (cfr. docum 15) l’utile effettivo secondo l’offerta fatta in gara, corrispondente all’1,5% del canone offerto per il servizio, per un importo di € 83.329,78 riferito all’intera durata quadriennale del medesimo.

La somma indicata, ovviamente, non spetta per intero alla ricorrente, ma deve essere ragguagliata al periodo di mancato affidamento del servizio (ossia al numero di mesi intercorrenti fra l’avvio del servizio e l’effettivo subentro nel contratto), e va maggiorata di interessi e rivalutazione monetaria.

Non si riscontrano i presupposti, invece, per il risarcimento del danno curricolare che l’esponente asserisce di aver subito, atteso che essa ha comunque conseguito, per il tramite della pronuncia giurisdizionale, l’aggiudicazione del contratto e tale esito le consente di incrementare nella misura auspicata la propria capacità competitiva nelle gare pubbliche per l’affidamento di analoghi servizi (fermo restando che l’annullamento dell’aggiudicazione comporta che le controinteressate non potranno accrescere il proprio curriculum con riferimento ai requisiti che sarebbero derivati dal contratto dichiarato inefficace).

Neppure può addivenirsi al risarcimento del danno per le spese di partecipazione alla gara e l’immobilizzazione di risorse aziendali.

Quanto alla prima voce, è sufficiente rilevare che le spese sostenute dalla concorrente per la partecipazione alla gara (peraltro quantificate ma non comprovate in dettaglio) hanno comunque prodotto il risultato utile atteso, vale a dire l’aggiudicazione del contratto e l’affidamento del servizio, sia pure con una non rilevantissima riduzione temporale.

Il risarcimento per l’immobilizzazione di risorse aziendali, che la ricorrente quantifica in proporzione alle spese generali dichiarate nell’offerta, va invece escluso alla luce di quanto dichiarato dalla medesima alle pagg. 9 e 10 della memoria depositata il 14 settembre 2010, ove afferma di essere strutturata in modo tale da svolgere contemporaneamente, come effettivamente sta svolgendo, “più servizi del genere … per varie amministrazione sanitarie in Italia”, così riconoscendo che il mancato affidamento del servizio per un dato tempo non ha di fatto comportato il mancato sfruttamento delle sue risorse aziendali.

10) Le spese di lite seguono la soccombenza e sono forfetariamente liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso principale di Ricorrente S.p.a. e, per l’effetto, annulla il provvedimento di aggiudicazione in epigrafe indicato.

Respinge il ricorso incidentale delle controinteressate.

Dichiara inammissibile il ricorso incidentale di Ricorrente S.p.a.

Dichiara l’inefficacia del contratto, limitatamente alle prestazioni ancora da eseguire.

Condanna l’Amministrazione resistente ad aggiudicare e sottoscrivere il contratto con Ricorrente S.p.a. nonché a pagare alla stessa la somma di denaro indicata in parte motiva.

Condanna le parti resistenti, in solido fra loro, a rifondere alla ricorrente principale le spese del grado di giudizio che liquida forfetariamente nell’importo complessivo di euro tremila.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 7 ottobre 2010 con l’intervento dei magistrati:

**************, Presidente

************, Primo Referendario, Estensore

**************************, Referendario

 

 

 

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/11/2010

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Lazzini Sonia

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