La Corte di Giustizia UE sull’assoggettamento dell’AGCOM alla disciplina contabile generale

Anna Quarato 12/10/16
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Corte di giustizia UE., sez. II, 28 luglio 2016, C-240 – M. Ilesic, presidente di sezione, E. Jarasiunas relatore, M. Campos Sanchez-Bordona avvocato generale, A. Calot Escobar cancelliere – Autorità per le garanzie nelle comunicazioni c. Istat, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Economia e delle Finanze

Assoggettamento Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni alle disposizioni in materia di finanza pubblica e sul contenimento della spesa – Comunicato Istat elenco amministrazioni pubbliche e autorità amministrative indipendenti – Direttive 2002/21/CE e 2002/20/CE indipendenza autorità nazionali di regolamentazione del settore delle comunicazioni elettroniche

Massima – L’art. 3 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (direttiva quadro) – che riconosce l’applicazione dei principi di imparzialità ed indipendenza, anche sotto il profilo finanziario ed organizzativo, nei confronti delle autorità nazionali di regolamentazione del settore delle reti ed i servizi di comunicazione elettronica – e l’art. 12 della direttiva 2002/20/CE (direttiva autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica) – relativa al principio di autofinanziamento delle medesime autorità – devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che assoggetta un’autorità nazionale di regolamentazione a disposizioni nazionali in materia di finanza pubblica e, in particolare, a disposizioni sul contenimento e la razionalizzazione delle spese delle amministrazioni pubbliche.

Sommario: La vicenda – Il contenuto della sentenza della CGUE – Profili critici

La vicenda – L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha proposto ricorso al Tar Lazio[1], al fine di ottenere l’esclusione dall’Elenco delle Amministrazioni pubbliche (da ora solo Elenco) inserite nel conto economico consolidato[2] di cui al Comunicato Istat pubblicato sulla G.U del 28 settembre 2012.

In particolare, l’Agcom ha contestato l’applicazione, nei propri confronti, delle norme in materia di contenimento e razionalizzazione delle spese pubbliche, derivante dalla sua inclusione nell’Elenco per l’anno 2012, nonché dalla scelta del legislatore di assoggettare comunque tutte le autorità indipendenti alle disposizioni in materia di finanza pubblica, a seguito delle modificazioni introdotte dal decreto legge 2 marzo 2012, n. 16[3]. Secondo la prospettazione dell’Agcom, tali disposizioni si porrebbero in contrasto con la normativa comunitaria di settore, soprattutto in considerazione della propria autonomia finanziaria, assicurata dai contributi dovuti dalle imprese del settore di riferimento. Il rispetto delle norme di finanza pubblica da parte dell’Agcom costituirebbe, peraltro, un’ingiustificata differenziazione rispetto al regime riservato alla Banca d’Italia, esclusa invece dall’applicazione delle norme in materia di contenimento della spesa pubblica[4].

Il Tar adito[5] ha respinto la domanda, proprio in considerazione della natura pubblica riconosciuta alle autorità indipendenti dalla legge e dalla giurisprudenza[6].

Con atto di appello, l’Agcom ha impugnato la sentenza di prime cure rilevando che le disposizioni  legislative e amministrative che impongono il rispetto di vincoli in materia di finanza pubblica risultano incompatibili con il principio di autonomia finanziaria, che spetta all’ente per l’efficace espletamento dell’azione di regolamentazione del settore delle telecomunicazioni.

Ai fini della risoluzione della controversia, il Consiglio di Stato[7] ha disposto la rimessione delle questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, prevista dall’art. 267 TFUE, chiedendo se la scelta del legislatore di assoggettare le autorità indipendenti, ed in particolare Agcom, all’applicazione delle disposizioni di contenimento della spesa pubblica[8], si ponga in contrasto con le direttive comunitarie (direttiva quadro 2002/21/CE, come modificata dalla direttiva 2009/140/CE, e direttiva autorizzazioni 2002/20/CE) che prevedono l’indipendenza delle autorità nazionali di regolamentazione del settore della comunicazione elettronica.

 

Il contenuto della sentenza della CGUE – La Corte di Lussemburgo è stata chiamata a fornire l’interpretazione autentica e vincolante delle disposizioni europee dettate per le “autorità nazionali di regolamentazione” – con particolare riguardo al settore della comunicazione elettronica – nella parte in cui prevedono l’obbligo, da parte degli Stati membri, di garantire loro indipendenza ed imparzialità, assicurando la separazione tra funzioni di regolamentazione e funzioni operative[9], nonchè il rispetto del principio di sostanziale autofinanziamento[10].

Secondo il Giudice comunitario adito, il legislatore comunitario[11] non ha escluso che tali autorità siano soggette a disposizioni nazionali in materia di finanza pubblica, anche inerenti la razionalizzazione delle spese delle amministrazioni pubbliche, quali quelle oggetto di comparazione con la disciplina europea.

In sostanza, seppure vi è la possibilità che l’attuazione delle misure di contenimento della spesa siano lesive dell’indipendenza e imparzialità delle autorità di regolamentazione, è compito dell’autorità istante dimostrare – e, per l’effetto, del giudice del rinvio verificare – se le disposizioni nazionali configurino un ostacolo alla realizzazione dei compiti assegnati alla stessa dall’ordinamento, pregiudicando, così, la sua autonomia finanziaria e, quindi, la sua indipendenza. Peraltro, la sentenza della Corte di Giustizia precisa che, sebbene l’art. 12 della direttiva autorizzazioni consenta  alle autorità di regolamentazione del settore della comunicazione elettronica di finanziare una parte dell’attività con la riscossione di contributi da parte degli operatori di comunicazione, ciò non esclude che non debbano tener conto delle disposizioni di finanza pubblica, soprattutto in considerazione della natura tributaria di detta contribuzione obbligatoria.[12]

In conclusione, la Corte di Giustizia europea adita non ha riscontrato profili di conflitto tra la normativa europea di settore e la decisione del legislatore nazionale di sottoporre l’Agcom alle regole di contenimento e razionalizzazione delle spese delle amministrazioni pubbliche.

 

Profili critici – Le autorità nazionali di regolazione dei servizi pubblici operano in modo armonizzato, anche se in indipendente, e sono coordinate da agenzie europee che assistono la Commissione europea nello sviluppo del mercato di riferimento.

L’Agcom, istituito[13] per la regolamentazione e vigilanza nei settori delle telecomunicazioni, dell’audiovisivo, dell’editoria e, più recentemente, delle poste, dal 2009[14], fa parte dell’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (Berec), con la finalità di aiutare la Commissione europea e le autorità nazionali ad attuare la normativa europea in materia di comunicazioni elettroniche migliorando in tal modo il funzionamento del mercato interno.

La disciplina europea ha rafforzato l’indipendenza delle Autorità di regolazione europee e nazionali, contro il rischio della cosiddetta “cattura” del regolatore da parte dei soggetti regolati (regulatory capture)[15], che fa riferimento a situazioni in cui un’agenzia di regolamentazione statale (authority, organismi di controllo, organi di sorveglianza), creata per agire nell’interesse pubblico, agisce, invece, in favore degli interessi commerciali o speciali dominanti nell’industria ovvero nel settore oggetto della regolamentazione, con conseguente perdita di neutralità, terzietà, e oggettività, delle attività regolatorie.

Per rafforzare l’indipendenza finanziaria di tali organismi, sono stati previsti meccanismi di autofinanziamento delle singole autorità a carico delle imprese controllate. Nella maggior parte dei casi essi si basano su un prelievo parametrato sul fatturato realizzato dalle imprese sottoposte a regolazione; ciò al fine di rafforzarne la capacità di autonomo svolgimento delle funzioni attribuite[16] e di coprire, altresì, i soli costi sostenuti per le attività di regolazione. Nel caso dell’Agcom,[17] la copertura di una parte preponderante dei costi (oltre il 90 percento) avviene attraverso i contributi dovuti dai soggetti sottoposti a vigilanza, derivando una minima parte (10 percento) da erogazioni di fonte statale.

Invero, le contribuzioni per le spese di funzionamento sono configurabili come tributi statali e costituiscono legittimo esercizio della competenza statale esclusiva in materia tributaria e contabile di cui all’art. 117, comma 2, lett. e)  della Costituzione.[18] La natura di tale tipologia di finanziamento parrebbe essere quella di tassa, da alcuni definita di scopo[19], atteso che la corresponsione dell’onere dovuto dalle imprese corrisponde al beneficio dell’attività ricevuta, finalizzata allo svolgimento efficiente dell’attività economica del settore specifico, oltre che alla tutela dei consumatori. Pertanto, i costi non coperti dal finanziamento statale trovano protezione nei ridetti contributi a carico delle imprese contribuenti.[20]

Ebbene, le argomentazioni utilizzate dall’Agcom per supportare la richiesta di disapplicazione della normativa finanziaria di contenimento della spesa pubblica, risultano fallaci nella parte in cui attribuiscono rilevanza ai contributi dovuti dai soggetti del mercato controllato, tentando di distinguerne la natura rispetto a quella indiscutibilmente pubblica della restante parte di contribuzione statale. Invero, l’apporto obbligatorio corrisposto dai privati assume carattere spiccatamente tributario, e quindi costituisce comunque un finanziamento pubblico, anche se indiretto.

Appare, pertanto, condivisibile il convincimento dei Giudici di Lussemburgo, i quali, pur riconoscendo l’importanza del carattere spiccatamente indipendente degli organismi di regolazione, non esclude che gli stessi siano tenuti a rispettare le disposizioni emanate dagli Stati membri sulla razionalizzazione delle spese delle amministrazioni pubbliche. La Corte di Giustizia, infatti, contrastando le ragioni dell’Agcom, ha sottolineato che tali “diritti amministrativi” – così denominati dall’art. 12 della Direttiva autorizzazioni –  rientrano nella generale potestà impositiva dello Stato italiano.

Ciò significa che tale meccanismo di contribuzione viene impropriamente classificato come auto-finanziamento, atteso che, di fatto, risulta lo Stato l’unico soggetto che sovvenziona l’attività svolta dall’Agcom. Il motivo è di facile intuizione, e si basa proprio sulla natura indipendente e neutrale dell’autorità, alla quale l’ordinamento affida il compito di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato e di tutelare il pluralismo e le libertà fondamentali dei cittadini nel settore specifico. Infatti, una intrusione finanziaria delle imprese sottoposte al suo controllo devierebbe la funzione di vigilanza della concorrenza per la quale l’Agcom è stata istituita.

Proprio la natura totalmente pubblica delle risorse destinate all’Agcom è alla base del meccanismo di trasferimento di risorse tra le Autorità di regolazione, nei casi in cui i contributi in eccesso rispetto alla copertura dei costi causino addirittura avanzi di gestione.

Allo stesso modo, il carattere pubblico delle forme di sostentamento distingue l’Agcom dalla Banca d’Italia, alla quale è riservata una divergente disciplina[21], che la rende libera di individuare le concrete modalità con cui perseguire le finalità finanziarie: quest’ultima è, infatti, partecipata al 95 percento da privati (istituzioni bancarie italiane). Per vero, la Banca d’Italia presenta caratteri di anomalia rispetto alle altre autorità amministrative indipendenti, in quanto, pur svolgendo compiti di valenza tecnica sganciati dagli indirizzi dell’esecutivo, spesso esercita ingerenza nell’attività delle imprese nell’esercizio dei poteri di direzione e controllo del mercato creditizio, affievolendo così il requisito di neutralità rispetto al settore regolato. Pertanto, le caratteristiche peculiari di Banca d’Italia non consentono di utilizzarla a metro di paragone, specialmente con riguardo all’autonomia finanziaria delle authorities.

Ad ogni modo, il riconoscimento alla Banca d’Italia di maggiore indipendenza finanziaria, non esclude che il legislatore comunitario (e anche nazionale) possa adottare, in base alle competenze di cui dispone in forza del Trattato e dello Statuto SEBC, provvedimenti normativi  modificativi.[22]

In conclusione, l’autonomia finanziaria prevista dal legislatore comunitario e nazionale in favore delle authorities in generale – e dell’Agcom in particolare – deriva dalla loro inclusione a pieno titolo nel novero delle pubbliche amministrazioni, e dalla indipendenza loro riconosciuta dall’ordinamento rispetto alla funzione di indirizzo del Governo, allo scopo di garantire imparzialità e neutralità nei confronti degli operatori del mercato di riferimento. Se da un lato l’autonomia finanziaria delle autorità indipendenti costituisce un elemento ineliminabile del loro statuto giuridico, per il pieno assolvimento dei compiti istituzionalmente assegnati, dall’altro l’ampiezza di tale autonomia non può spingersi fino a consentire l’autodeterminazione. Soprattutto deve essere considerato il dovere, in capo a tuti gli organi pubblici, di rispettare gli obblighi assunti dallo Stato in materia di finanza pubblica, anche in ambito comunitario, senza dimenticare, però, che la disponibilità di risorse autonome in capo alle authorities è necessaria per garantire loro indipendenza e per evitare di ridurre il flusso delle risorse destinate al loro funzionamento.

 


[1] L’impugnazione degli atti ricognitivi delle pubbliche amministrazioni, prima affidata alla cognizione del giudice amministrativo, è stata attribuita giurisdizione della Corte dei Conti a sezioni Riunite, che decide in unico grado, a seguito della riforma intervenuta con l’art. 1, comma 169, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

[2] L’art. 1, commi 2 e 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, stabilivano che “2.Ai fini della presente legge, per amministrazioni pubbliche si intendono gli enti e gli altri soggetti che costituiscono il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche individuati dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti comunitari.
3. La ricognizione delle amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 è operata annualmente dall’ISTAT con proprio provvedimento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 luglio.”

[3] Art. 5, comma 7 del d.l. 2 marzo 2012, n. 16 “Nell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, il comma 2 e’ sostituito dal seguente: «2. Ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, per amministrazioni pubbliche si intendono, per l’anno 2011, gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell’elenco oggetto del comunicato dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) in data 24 luglio 2010, pubblicato in pari data nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 171, nonche’ a decorrere dall’anno 2012 gli enti e i soggetti indicati a fini statistici dal predetto Istituto nell’elenco oggetto del comunicato del medesimo Istituto in data 30 settembre 2011, pubblicato in pari data nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 228, le Autorita’ indipendenti e, comunque, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.”.

[4] Art. 3, comma 3, decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2012, n. 122.

[5] Tar Lazio Roma, sez. III, 12 giugno 2013, n. 5945.

[6] Sentenza Cons. di Stato, sez. VI, 28 novembre 2012, n. 6014 le Autorità indipendenti…sono amministrazioni pubbliche in senso stretto, poiché, composte da soggetti ai quali è attribuito lo status di pubblici ufficiali (art. 2 comma 10 L. n. 481 del 1995), svolgono, in virtù del trasferimento di funzioni operato dall’art. 2 comma 14 della medesima legge istitutiva, compiti propri dello Stato, e così di potere normativo secondario…di poteri sanzionatori, di ispezione e di controllo…che si giustificano solo in forza della natura pubblica che deve – necessariamente – essere loro riconosciuta.”

[7] Ordinanza Cons. di Stato, sez. VI, 15 maggio 2015, n. 2475.

[8]Art. 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), che fissava un particolare limite all’incremento della spesa complessiva per il triennio 2005-2007 delle pubbliche amministrazioni individuate nell’elenco pubblicato dall’Istat per il 2005, e l’art. 22, comma 1, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, che stabiliva una riduzione delle spese nel 2006 per enti ed organismi pubblici non territoriali inseriti nell’elenco Istat.  

[9] Nel considerando n. 11 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (direttiva quadro).

[10] Art. 12 della direttiva 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (direttiva autorizzazioni).

[11] Art. 3, paragrafo 3bis della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (direttiva quadro), come modificata dalla direttiva 2009/140/CE

[12] Art. 6, comma 2, legge n. 249 del 1997 definisce il contributo imposto agli operatori del mercato di competenza di AGCom “corrispettivo per i servizi resi dall’Autorità”: tali oneri sono unicamente legati all’espletamento delle funzioni di controllo e regolazione dell’Autorità.

[13] Istituita dalla legge 31 luglio 1997, n. 249.

[14] Istituito con il regolamento CE 25 novembre 2009, n. 1211.

[15] M. Clarich, “Indipendenza ed autonomia delle autorità amministrative indipendenti”, 28 febbraio 2013, Convegno “Le autorità amministrative indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello di vigilanza e regolazione dei mercati.”

[16] Art. 1 direttiva 2009/140/UE.

[17] Art. 1, commi 65 e 66, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (finanziaria 2006).

[18] Corte Costituzionale, sentenza 6 luglio 2007, n. 256, in proposito G. Nava, V. Mosca “Rinvio pregiudiziale del Tar Lazio alla Corte di Giustizia per i contributi ad Agcom: spunti di riflessione sul sistema di finanziamento alle autorità indipendenti”, in DMT, 28 aprile 2012.

[19] Cons. di Stato, sez. III, sentenza 17 febbraio 2015, n. 810.

[20] Corte di Giustizia UE, sentenza 18 luglio 2013, cause da C-228/2012 a C-232/2012 e da C254/12 a C-258/2012, ha statuito che “L’articolo 12 della direttiva 2002/20/CE (direttiva autorizzazioni), deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla disciplina di uno Stato membro ai sensi della quale le imprese che prestano servizi o reti di comunicazione elettronica sono tenute a versare un diritto destinato a coprire i costi complessivamente sostenuti dall’autorità nazionale di regolamentazione e non finanziati dallo Stato, il cui importo è determinato in funzione dei ricavi realizzati da tali imprese, a condizione che tale diritto sia esclusivamente destinato alla copertura di costi relativi alle attività menzionate al paragrafo 1, lettera a), di tale disposizione, che la totalità dei ricavi ottenuti a titolo di detto diritto non superi i costi complessivi relativi a tali attività e che lo stesso diritto sia imposto alle singole imprese in modo proporzionato, obiettivo e trasparente, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

[21] Art. 3, comma 3, decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

[22] Sulle garanzie di indipendenza della Banca centrale europea e del sistema delle banche centrali europee, v. Corte giustizia Comunità europee 10 luglio 2003, n. 11/00, in Riv. it. dir. pubbl. comunitario, 2004, 693, con nota di Sucameli.

Sentenza collegata

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