La Corte di Giustizia condanna l’Italia per non aver impedito tempestivamente la diffusione del batterio Xylella

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La Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza C 443/18 del 5 settembre 2019 condanna la Repubblica italiana perchè ha “omesso di garantire, nella zona di contenimento, la rimozione immediata almeno di tutte le piante risultate infette da Xylella fastidiosa, site nella zona infetta entro 20 km dal confine di tale zona infetta con il resto del territorio dell’Unione”.

In questo modo l’Italia è “venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 7, paragrafo 2, lettera c), della decisione di esecuzione (UE) 2015/789 della Commissione, del 18 maggio 2015, relativa alle misure per impedire l’introduzione e la diffusione nell’Unione della Xylella fastidiosa (Wells et al.), come modificata dalla decisione di esecuzione (UE) 2016/764 della Commissione, del 12 maggio 2016”.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea condanna, inoltre, l’Italia perchè nel suo operato ha  “omesso di garantire, nella zona di contenimento, il monitoraggio della presenza della Xylella fastidiosa mediante ispezioni annuali effettuate al momento opportuno durante l’anno, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 7, paragrafo 7, di detta decisione di esecuzione”.

La dimostrazione dell’inadempimento

La Corte di Giustizia individua nel fatto stesso che il batterio Xylella fastidiosa non abbia cessato di diffondersi dal 2013 in Puglia la dimostrazione dell’inadempimento.

In particolare, afferma la Corte che il fatto che la Repubblica Italiana non ha raggiunto il risultato perseguito dalla decisione di esecuzione 2015/789 dimostra il costante e generale inadempimento dell’obbligo di adottare i provvedimenti necessari per impedire la diffusione del batterio.

In definitiva, l’omissione da parte delle Autorità italiane è consistita nella mancata rimozione immediata delle piante infette e nella realizzazione di ispezioni tardive.

Xylella: di che cosa si tratta?

La Xylella fastidiosa è un batterio che colpisce le piante. Tale batterio può portare alla morte per disseccamento delle stesse.

Il batterio si è manifestato per la prima volta in Puglia nel 2013 causando la morte di numerose piante di ulivo.

Nel 2015 la Commissione ha adottato una decisione con la quale ha imposto metodi di contrasto al batterio per provocarne l’eradicazione.

La Corte di Giustizia nelle decisioni riunite C78/2016 e C79/2016 si pronuncia su tale decisione, ritenendola conforme ai principi di precauzione e di propporzionalità la decisione.

Si afferma, pertanto che la decisione della Commissione Europea del 2015 che dispone l’abbattimento degli ulivi nell’arco di 100 metri dalle piante infette da Xylella è conforme al diritto europeo “l’esame delle questioni sollevate non ha rivelato alcun elemento idoneo ad inficiare la validità dell’articolo 6, paragrafo 2, lettera a), della decisione di esecuzione (UE) 2015/789 della Commissione, del 18 maggio 2015, relativa alle misure per impedire l’introduzione e la diffusione nell’Unione della Xylella fastidiosa (Wells et al.), in rapporto alla direttiva 2000/29/CE del Consiglio, dell’8 maggio 2000, concernente le misure di protezione contro l’introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità, come modificata dalla direttiva 2002/89/CE del Consiglio, del 28 novembre 2002, letta alla luce dei principi di precauzione e di proporzionalità, nonché in rapporto all’obbligo di motivazione previsto dall’articolo 296 TFUE e dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”.

Metodo di contrasto al batterio Xylella

Con la decisione della Commissione del 2016, per la zona della Puglia già affetta da Xylella, ove non fosse più possibile l’eradicazione, vengono consentiti metodi di contenimento.

Il metodo di contrasto per il contenimento del batterio Xylella per la zona italiana affetta da Xylella consiste nella radicale rimozione immediata almeno di tutte le piante risultate infette da Xylella fastidiosa, se site nella zona infetta entro 20 km dal confine di tale zona infetta con il resto del territorio.

L’intervento dell’Italia è risultato tardivo, tuttavia, il metodo di contrasto al batterio adottato risulta, oggi, in conformità al diritto europeo.

Si pensi alla recente pronuncia del Consiglio di Stato n.3244 del 21 giugno 2019 che ha affermato a gran voce l’importanza dell’attuazione delle misure di controllo attualmente in corso per la rimozione degli ulivi infetti.

Leggi anche:” Come combattere l’Xylella? L’intervento del Consiglio di Stato”

La decisione del Consiglio di Stato

Nei fatti di causa veniva impugnata la deliberazione della Giunta della Regione Puglia n.1890 del 24/10/2018, con la quale è stato approvato il piano delle azioni di contrasto alla diffusione della Xylella fastidiosa per il 2018-2019 in applicazione della decisione di esecuzione della Commissione Europea n.789/2015.

Nella pronuncia la Corte, esclude l’applicazione di metodi alternativi di contrasto non adottato da organismi ufficiali nazionali, né avallato dagli organi comunitari o dall’EFSA, né corroborato dal buon esito di sperimentazioni, privi pertanto di evidenza scientifica.

In particolare nel rapporto dell’aprile 2019 l’EFSA, aggiornando la sua valutazione dei rischi da Xylella fastidiosa, ha confermato l’importanza dell’attuazione delle misure di controllo attualmente in corso, quali la rimozione delle piante infette e l’istituzione di aree delimitate.

Pertanto il metodo di contrasto attualmente applicato appare lo strumentario attualmente disponibile di mezzi utili al contenimento del morbo e risulta ancora l’unico metodo coerente con gli artt. 3 bis, 6 e 14 della dec. UE n. 789/15, in quanto proporzionale all’interesse da salvaguardare.

Secondo la Corte UE del 2016 citata (C78/2016 e C79/2016) non sono ancora stati individuati dei metodi alternativi di risoluzione del problema Xylella “per quanto riguarda il carattere rigorosamente proporzionato di tale obbligo, non è stata prospettata alcuna misura alternativa meno gravosa, per quanto riguarda le piante infette, che sarebbe idonea a raggiungere questo stesso obiettivo”.

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Dott.ssa Laura Facondini

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