La conferenza di servizi quale strumento di efficacia dell’azione amministrativa e i suoi effetti sul territorio

Ruggiero Calò 21/04/17
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     Il presente articolo, propone, prima di tutto, uno sguardo sull’evoluzione normativa dell’istituto della “”conferenza di servizi”, tra gli anni ’80 e la più recente riforma introdotta dalla Legge 07 agosto 2015 n. 124.

     Seguirà poi una breve disamina sull’evoluzione dottrinaria al riguardo, con particolare riferimento alle criticità del meccanismo di funzionamento dell’istituto e alle conseguenti ripercussioni che possono derivare in termini di possibili impatti sul territorio e sull’ambiente.

     Infine, sarà brevemente trattato l’argomento delle responsabilità prospettabili alla luce della nuova normativa, riguardante l’istituto in questione.   

 

INNOVAZIONE RISPETTO ALLO STATO DELL’ARTE NEL CAMPO

     Ancor prima dell’introduzione della disciplina generale dell’istituto della conferenza di servizi, il legislatore considerò l’esigenza di rendere compatibile l’intervento di una Amministrazione in un procedimento con un interesse perseguito di particolare importanza, non sacrificabile e attribuitole dall’Ordinamento generale. Sin dagli anni ’80, l’istituto vige, fra l’altro, in relazione all’approvazione regionale degli impianti di smaltimento dei rifiuti, di cui alla legge n. 441/1987, come in relazione alle opere costruite per i mondiali di calcio, di cui alla legge n. 205/1989. Successivamente, la conferenza di servizi è stata disciplinata dalla legge n. 241/1990, sul procedimento amministrativo, a sua volta, oggetto di ripetute modifiche, a conferma della sua valenza di indispensabile strumento di efficacia dell’azione amministrativa. Tra le più rilevanti modifiche, vanno evidenziate quelle introdotte dalla novella della legge n. 340/2000, al capo V intitolato “semplificazione dell’azione amministrativa”, e dalla novella della legge n. 15/2005, che hanno profondamente ridisegnato l’impostazione delineata dalla legislazione degli anni ’90, con l’introduzione di novità di particolare rilievo pratico, come la previsione di una tempistica stringente di cui all’art. 14 della Legge n. 241/1990[1]. Altra novella di rilievo è stata introdotta dalla Legge n. 122/2010, con l’art. 14-ter, sulla disciplina dei lavori della conferenza, e con l’art. 14-quater, che regola la disciplina del dissenso espresso in sede di conferenza. Vi è stata, da ultimo, l’introduzione della disciplina di cui all’art. 2 e seguenti della Legge n. 124/2015, sulle se,amplificazioni amministrative, che ha visto il presente istituto nuovamente modificato. Con l’aggiunta dell’art. 17-bia della Legge n. 241/1990 e delle norme di coordinamento dei meccanismi regolatori della conferenza di servizi. La disciplina generale è, quindi, rintracciabile negli articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater, 14-quinquies, 16, 17 e 17-bis della Legge n. 241/1990, come da ultimo modificata dalla Legge n. 124/2015. La disciplina generale è richiamata, anche, da alcune leggi speciali settoriali, come il D.P.R. 20 ottobre 1998 n. 447, in materia di semplificazione dei procedimenti per la realizzazione di impianti produttivi, e il D.P.R. 06 giugno 2001 n. 380, in materia edilizia. Mentre, altre leggi speciali, pur senza far richiamo alla disciplina generale, introducono una normativa particolare, come nel caso della Legge n. 55/2002, sempre in materia di semplificazione dei procedimenti per la realizzazione di impianti produttivi. Da questa rassegna dell’evoluzione normativa dell’istituto in questione, pare evidente che, una certa ricorrenza del concetto di “semplificazione dei procedimenti”, sottolinea il suo saldo legame  con quello di “efficacia dell’azione amministrativa”, che, mediante la semplificazione, appunto, dovrebbe rendere possibile il raggiungimento dello scopo finale. In tal senso milita l’introduzione dell’istituto in esame, ma anche di altri, come quello del silenzio-assenso; dello sportello unico per le attività produttive; oltre che con la definizione dei criteri di semplificazione, negli anni ’90, in ordine ai quali appare palese il tentativo del Legislatore di ridurre i costi e i tempi di specifici procedimenti amministrativi. Tali obiettivi, hanno, pertanto, assunto nel tempo forme e contenuti diversi che, tuttavia, non sono stati esenti dalle critiche della generale dottrina[2], la quale ha posto in evidenza come, i tentativi di semplificazione, non abbiano raggiunto livelli traducibili in termini di efficacia definitiva ed esauriente dell’azione amministrativa, talora, con riferimento alla limitatezza dei risultati concreti, tal altra, con riferimento al rischio che la semplificazione potesse produrre un effetto di deresponsabilizzazione dell’amministrazione competente a concludere il procedimento.

Si contano, attualmente, quattro tipi di conferenze di servizi, fra le quali assumono particolare rilievo quella “istruttoria” (ove si presenti l’esigenza di acquisire intese, concerti, nullaosta e atti di assenso di altre amministrazioni) e quella “decisoria” (indetta, per esempio, se nel termine di trenta giorni sia pervenuto il dissenso di una delle amministrazioni), poiché particolarmente interessate dalle finalità normative di rendere più celere la formazione di atti complessi, ossia si atti per la cui formazione è necessario il concorso della volontà di più amministrazioni, che delineano la conferenza come momento di confluenza delle singole volontà delle amministrazioni, senza potere di deroga rispetto ad atti amministrativi generali. Per quanto i due modelli non sembrino collegati, è evidente come, la prima, sia suscettibile di delineare il perimetro della seconda. E non sembra un caso che, la dottrina abbia definito la conferenza di servizi decisoria come strumento ordinario di composizione degli interessi nei procedimenti complessi che si concludono con decisioni poli-strutturate[3]. Con particolare riguardo al tema dell’ambiante, l’analisi viene focalizzata sui lavori della conferenza. In base alla normativa precedente alla riforma del 2015, i lavori non possono superare i novanta giorni, ma il termine resta sospeso nei casi in cui sia necessaria una valutazione di impatto ambientale (V.I.A./V.A.S.), fino all’acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale. Della disciplina sull’impatto ambientale, si occupa oggi il Decreto Legislativo n. 152/2006, artt- 4-52 (T.U. ambientale), norme sulle quali si sono affacciati gli stessi dubbi della dottrina, in ordine alla loro efficacia[4]. Il Legislatore, ha seguito il difficile percorso tracciato dalle direttive europee, addivenendo a una disciplina diversificata in materia di valutazione di impatto ambientale, di valutazione di impatto strategica e di autorizzazione integrata ambientale, nel tentativo di mediare tra le ragioni della tutela dell’ambiente e quelle del sistema economico. Queste discipline di settore si risolvono, tutte e in massima parte, nella predisposizione di procedimenti amministrativi di controllo delle attività d’impresa, allo scopo comune di verificare la loro sostenibilità.                   

 

CRITICITÀ DEL NUOVO ASSETTO NORMATIVO E RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA, CIVILE E PENALE

Anche dall’analisi del T.U. dell’ambiente, emerge l’intento di semplificazione di una materia sommamente complessa, che riguarda vari comparti – come la valutazione di impatto e l’autorizzazione integrata (parte II T.U.), la difesa del suolo e lotta alla desertificazione, inquinamento e gestione delle risorse idriche (parte II T.U.), gestione dei rifiuti e bonifiche (parte IV T.U.), tutela dell’aria e riduzione delle emissioni (parte V T.U.), tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente (parte VI T.U.) – intento, ad avviso di alcuni, sproporzionato e scarsamente adeguato, in quanto si vuole disciplinare con troppe norme, troppi allegati e troppi regolamenti o comunque disposizioni di secondo grado destinate alla attuazione concreta del Testo Unico, una materia che, per sua natura, richiede un approccio globale, nella consapevolezza di una concreta insufficienza dell’adozione di politiche frammentate[5]. L’attuale disciplina della conferenza di servizi, ha lo scopo di superare l’assenza o l’inerzia dei soggetti pubblici coinvolti. L’art. 14-ter, comma 7, Legge 241/1990, prevede il meccanismo del superamento della presenza non collaborativa. La gravosità della nuova normativa si può ulteriormente percepire ove si osservi che è applicabile anche per le amministrazioni preposte alla tutela di interessi critici, come quelli paesaggistico-terirtoriali e ambientale. Anche il dissenso deve essere congruamente motivato e non può riguardare questioni connesse. Gli effetti della conferenza confluiscono nella determinazione conclusiva motivata, che sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nullaosta o atto di dissenso delle amministrazioni presenti o assenti alla conferenza, avuto riguardo alla qualità delle posizioni espresse. Lo scadenziario dal nuovo art. 17-bis Legge n. 241/1990, connesso all’istituto del silezio-assenso, rappresenta la novella di maggior momento. Anche in caso di termini ordinatori, il loro spirare determina, generalmente, il silenzio-assenso, con effetto costitutivo. Di fianco agli strumenti di accertamento della responsabilità amministrativa e disciplinare, in caso di non corretta applicazione dell’istituto in esame, si pongono gli strumenti di tutela dei soggetti privati che, nel chiedere tutela amministrativa avverso le azioni od omissioni inerenti alla conferenza di servizi, possono anche far valere il diritto soggettivo al risarcimento del danno. Al ricorrere dei presupposti, si avrà la competenza del Giudice Amministrativo o del Giudice Ordinario, secondo le rispettive giurisdizioni. Profili di responsabilità penale s’affacciano, pure, sul presente argomento, ove è, anzi, possibile constatare il maggior raggio d’azione del Giudice Penale nel sindacare il vizio della norma amministrativa, a differenza del G.O.. Per l’accertamento della penale responsabilità, esso può conoscere dell’”eccesso di potere”, ove la violazione riguardi una norma di azione sia corredata da sanzione penale. In tali casi, il vizio della norma amministrativa ridonda nella fattispecie penale.

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA ORIENTATIVA DELLE FONTI GIURIDICHE

–          M. Bessone, Istituzioni di Diritto Privato, AA.VV., ventesima edizione, Giappichelli, Torino;

–          E. Picozza – V. Ricciuto, Diritto dell’Economia, 2013, Giappichelli, Torino;

–          C. M. Bianca, Diritto Civile, 3 il contratto, Giuffrè Milano;

–          C. M. Bianca, Diritto Civile, 4 l’obbligazione, Giuffrè Milano;

–          C. M. Bianca, Diritto Civile, 5 la responsabilità, seconda edizione, Giuffrè Milano;

–          Gentili, La nullità sopravvenuta, in I contratti in generale, II, Padova;

–          Di Marzio, La nullità del contratto, 2008, Padova;

–          U. Morera, Il prezzo dell’utilizzo dell’apertura di credito, in www.associazionepreite.it;

–          Testo Unico Bancario, articolo 118; D. Lgs. 21 aprile 2016, n. 72; D.L. 03 maggio 2016, n. 59, convertito con modificazione dalla legge 30 giugno 2016, n. 119;

–          TFUE, art. 106, già art. 86 TCE;

–          Banche dati (celex, eur-lex, parlamento.it, CED Cassazione, Consiglio di Stato, ecc.) e in CD-Rom, nonché altro materiale documentale reperibile presso istituzioni o enti nazionali, europei e comunitari, atti normativi della Comunità Europea e documenti correlati, quali ad esempio comunicazioni, raccomandazioni, pareri, libri bianchi, libri verdi, ecc.:

–          Sentenze interpretative e di condanna dello Stato per inadempimento della Corte di Giustizia UE emanate sulla base dell’art. 234 e dell’art. 226 del Trattato;

–          Legislazione e giurisprudenza nazionali;

–          Legge 190/2012 “Anticorruzione” e Decreto Legislativo n. 33/2013 “Trasparenza”;

–          Decreto Legislativo 25 maggio 2016, n. 97 “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicita’ e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”;

–          MATTARELLA, La prevenzione della corruzione in Italia, in Giorn. Dir. Amm., 2013, 123 ss.;

–          MATTARELLA, Le regole dell’onestà. Etica, politica, amministrazione, 2007, 28;

–          VIGANÒ, La riforma dei delitti di corruzione, in GAROFOLI-TREU (a cura di), Libro dell’anno del diritto, Treccani, 2013;

–          SPENA, Per una critica dell’art. 319-quater c.p. Una terza via tra concussione e corruzione, in www.penalecontemporaneo.it;

–          GAROFOLI, Manuale di diritto penale, Parte speciale, Tomo I, V ed., Neldiritto editore, 2013;

–          PALAZZO, Concussione, corruzione e dintorni: una strana vicenda, in Dir.pen. contemp., n. 1, 2012, 227 ss.;

–          VIGANÒ, La riforma dei delitti di corruzione, in GAROFOLI-TREU (a cura di), Libro dell’anno del diritto, Treccani, 2013.

 


[1] La dottrina fa notare come, per attuare la semplificazione, la Legge fissa non solo il termine di indizione della conferenza “decisoria”, ma anche quello di convocazione: Elio Casetta, Manuale di Diritto Amministrativo, XV edizione, pag. 567 – Giuffrè Editore 2013.

[2] P.M. VIPIANA PERPETUA, Il procedimento amministrativo nella legge n. 241 del 1990 riformata dalla legge n. 69 del 2009, Padova, Cedam, 2010, p. 116 ss; R. GAROFOLI, Semplificazione e liberalizzazione dell’attività amministrativa nel contesto del riformismo amministrativo italiano degli ultimi decenni, in www.giustiziaamministrativa.it, 2010.

[3] Cerulli – Irelli,Osservazioni generali sulla legge di modifica della L. n. 241/1990, in www.giustamm.it.

[4] Rosario Ferrara, Dizionario di Diritto Amministrativo, pag. 43, Sole24ore 2007.

[5] F. Fracchia, Sulla configurazione giuridica unitaria dell’ambiente: art. 2 Cost. e doveri di solidarietà ambientale, in Diritto dell’Economia, 2002, p. 215 e ss; M.S. Giannini, “Ambiente: saggio sui diversi aspetti giuridici”, in in Riv. Trim. dir. Pubbl., 1973, p.15 e ss.

Ruggiero Calò

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