La comunicazione di avvio del procedimento amministrativo alla luce della giurisprudenza

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Indice:

  1. La strumentalità della comunicazione di avvio del procedimento alla partecipazione procedimentale
  2. I destinatari della comunicazione di avvio del procedimento
  3. Sulle modalità e sul contenuto della comunicazione di avvio del procedimento
  4. Le eccezioni alla comunicazione di avvio del procedimento
    4.1 Le deroghe previste dalla legge
    4.2 Le deroghe di matrice giurisprudenziale
    4.2.1 La comunicazione di avvio del procedimento in materia di abusi edilizi
    4.3 La comunicazione nei procedimenti ad istanza di parte
  5. Sull’omessa comunicazione di avvio del procedimento

1. La strumentalità della comunicazione di avvio del procedimento alla partecipazione procedimentale

Nell’ambito del procedimento amministrativo, la comunicazione di avvio del procedimento svolge la funzione di far conoscere al privato l’esistenza di un procedimento idoneo ad incidere nella sua sfera giuridica, in tal modo suscitando l’esercizio della partecipazione procedimentale mediante la presentazione di memorie e documenti che – ove pertinenti all’oggetto del procedimento – saranno valutati dalla p.a., ex art. 10 l. n. 241/1990.

La partecipazione procedimentale, poi, risponde a una duplice funzione.

Si tratta, in primis, della c.d. funzione collaborativa, in esplicazione della quale l’interessato che partecipa al procedimento fa confluire in esso elementi conoscitivi – i cc.dd. interessi privati o secondari – che, acquisiti e contemperati dalla p.a. con l’interesse pubblico primario perseguito, permettono a quest’ultima un migliore esercizio del pubblico potere.

In tale ottica, “l’obbligo di avviso di avvio del procedimento ex art. 7, l. n. 241 del 1990 non costituisce un adempimento formalistico, essendo finalizzato alla realizzazione del principio sostanziale della partecipazione procedimentale”, volto a far sì che il privato possa “interloquire con l’Amministrazione introducendo nella dinamica procedimentale l’apprezzamento degli interessi di cui è portatrice, per consentirne la comparazione con gli altri interessi coinvolti, pubblici e privati”.[1]

Alla prima, poi, si affianca la c.d. funzione difensiva, la quale consente al privato di influire sull’esercizio del potere con il fine di ottenere il minor pregiudizio possibile dell’interesse di cui è portatore.

Da ultimo, un cenno merita l’obbligo della p.a. di esaminare il contributo conoscitivo offerto dal privato ai sensi del già citato art. 10 l. n. 241/1990.

All’uopo, è stato ritenuto che se da un lato il suddetto obbligo “non impone all’Amministrazione un’analitica confutazione in merito ad ogni controdeduzione dell’interessato, essendo sufficiente che le ragioni della mancata adesione alle posizioni illustrate emergano dal contenuto dell’atto” [2], dall’altro esso non consente all’ente pubblico di disattendere immotivatamente il predetto apporto, in quanto diversamente “risulterebbe violata la finalità di tutela sostanziale delle posizioni giuridiche dei soggetti coinvolti dall’esplicazione del pubblico potere cui si ispirano le norme”.[3]

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2. I destinatari della comunicazione di avvio del procedimento

Ai sensi dell’art. 7 l. n. 241/1990, la comunicazione di avvio del procedimento ha quali propri destinatari:

  • i soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti (c.d. destinatari diretti);
  • quelli che per legge debbono intervenirvi (c.d. interventori necessari);
  • quelli individuati o facilmente individuabili che possono subire un pregiudizio dal provvedimento (c.d. controinteressati).

La previsione ultima per la quale i controinteressati, ai fini della comunicazione di avvio del procedimento, devono essere “individuati o facilmente individuabili” trova giustificazione nell’esigenza di non gravare eccessivamente la p.a. nel porre in essere tale incombente.

In ossequio a tale disposto normativo, la giurisprudenza – in un caso sottoposto alla sua attenzione – ha specificato che “quale regola generale i Comuni non sono tenuti a comunicare ai proprietari frontisti ed ai vicini l’avvio del procedimento (articolo 7 Legge n. 241/1990) volto al rilascio del titolo edilizio, dal momento che gli interessi coinvolti dal provvedimento con cui si consente la trasformazione edilizia del territorio sono di tale varietà ed ampiezza da rendere difficilmente individuabili tutti i soggetti che dall’adozione dell’atto potrebbero ricevere nocumento”.[4]

Per mera completezza, si rileva inoltre che al procedimento amministrativo possono partecipare anche ulteriori categorie di soggetti – più nello specifico, “qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento” (art. 9 l. n. 241/1990) – sebbene a garanzia della loro partecipazione non è prevista la comunicazione di avvio di interesse.

Ne deriva, quindi, che essi potranno prenderne parte solo qualora ne abbiamo avuto altrimenti conoscenza.

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3. Sulle modalità e sul contenuto della comunicazione di avvio del procedimento

In base all’art. 6, co. 1, lett. d), e all’art. 8, co. 1, l. n. 241/1990, la comunicazione va effettuata dal responsabile del procedimento mediante comunicazione personale, salvo che – per l’elevato numero dei destinatari – ciò possa risultarle eccessivamente gravoso. In quest’ultima evenienza, la p.a. procede “mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall’amministrazione medesima” (art. 8, co. 3, l. n. 241/90).

La comunicazione di interesse ha un contenuto legislativamente predeterminato, in quanto deve indicare: l’amministrazione competente; l’oggetto del procedimento; l’ufficio, il domicilio digitale dell’amministrazione e la persona responsabile del procedimento; la data entro la quale deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell’amministrazione; nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione dell’istanza; le modalità con le quali, attraverso il punto di accesso telematico di cui all’articolo 64-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 o con altre modalità telematiche, è possibile prendere visione degli atti, accedere al fascicolo informatico di cui all’articolo 41 dello stesso decreto legislativo n. 82 del 2005 ed esercitare in via telematica i diritti previsti dalla presente legge; l’ufficio dove è altrimenti possibile prendere visione degli atti che non sono disponibili o accessibili con le modalità da ultimo sopra descritte (art. 8, co. 2, l. n. 241/1990).

La legge generale sul procedimento amministrativo non prevede, invece, un termine entro cui la p.a. debba procedere alla comunicazione in esame.

Alla luce di tale lacuna normativa, potrebbe ritenersi che essa debba essere effettuata senza ritardo e, comunque, entro un termine ragionevole tenuto conto delle circostanze.

4. Le eccezioni alla comunicazione di avvio del procedimento.

Alla generale regola della comunicazione di avvio del procedimento amministrativo si affiancano varie eccezioni, alcune previste dalla legge, altre di origine prettamente giurisprudenziale.

4.1 Le deroghe previste dalla legge

La comunicazione di avvio del procedimento non va ex lege effettuata laddove “sussistano ragioni di impedimento derivanti da esigenze di celerità del procedimento” (art. 7, co. 1, l. n. 241/1990).

Nonostante la chiarezza del dato positivo, il diritto vivente ha fornito delle precisazioni rilevando che “in caso di emanazione di provvedimenti di necessità e urgenza, normalmente non occorre il rispetto delle regole procedimentali poste a presidio della partecipazione del privato, in quanto incompatibili con l’esigenza di agire celermente. Tuttavia, la giurisprudenza ha precisato che, nelle fattispecie caratterizzate da complessità istruttoria e decisoria, la comunicazione di avvio di cui all’art. 7 della legge n. 241/1990 si applica anche alle ordinanze contingibili e urgenti, in quanto i destinatari devono essere messi in condizione di offrire il loro apporto tecnico alle valutazioni dell’amministrazione, salvo specifica ragione contraria debitamente esplicitata in relazione alle circostanze del caso concreto”.[5]

Nei casi di provvedimenti cautelari, invece, la predetta comunicazione va solo differita al momento successivo all’adozione del provvedimento finale (art. 7, u.c., l. n. 241/1990).

Inoltre, l’art. 13 l. n. 241/1990 individua una serie di procedimenti a cui non si applicano le disposizioni sulla partecipazione procedimentale e, tra queste, anche quella sulla comunicazione di avvio del procedimento.

Si tratta dell’attività della P.A. “diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione” (art. 13, co. 1, l. n. 241/90), e “ai procedimenti tributari per i quali restano parimenti ferme le particolari norme che li regolano, nonché ai procedimenti previsti dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, e dal decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni” (art. 13, co. 2, l. n. 241/90).

In conformità al disposto normativo, allora, la giurisprudenza ha evidenziato come “ai sensi dell’art. 13, l. 7 agosto 1990 n. 241 il principio di partecipazione procedimentale, di cui all’art. 7 della medesima legge, non trova applicazione nei confronti degli atti amministrativi generali, fra i quali vanno compresi anche quelli di organizzazione degli uffici della Pubblica amministrazione e i criteri generali d’inquadramento del personale dipendente”.[6]

Ed ancora: “gli atti di pianificazione sono pacificamente esclusi dall’applicazione delle regole di partecipazione al procedimento amministrativo, in base a quanto previsto dall’art. 13 della L. n. 241 del 1990 (cfr. ad es. Cons. Stato, Sez. II, n. 4735 del 2019); il principio di partecipazione di cui agli art. 7 e 8 della legge n. 241 del 1990 non si applica, infatti, ai procedimenti di adozione di strumenti urbanistici (oltre che per il rispetto della lettera della disposizione dell’art. 13 l. n. 241 del 1990), giacché, sul piano ontologico, l’esigenza del contraddittorio tra le parti pubbliche e private risulta già salvaguardata nell’ambito della vigente disciplina di formazione degli strumenti urbanistici primari (pubblicazione, presentazione di osservazioni, esame, controdeduzioni, approvazione), diversamente da quanto accade per le varianti c.d. di utilità pubblica, previste dal comma 5 dell’art. 1 l. n. 1 del 1978”.[7]

4.2 Le deroghe di matrice giurisprudenziale

Viste le previsioni normative di cui sopra, la giurisprudenza ha dal canto suo individuato ulteriori ipotesi in cui, a suo dire, la comunicazione di avvio del procedimento non sarebbe necessaria.

Vengono in rilievo, innanzitutto, i casi di esercizio vincolato del potere ove, come noto, la p.a. esercita quest’ultimo ogniqualvolta sussistano, nel caso concreto, gli elementi in astratto previsti dalla legge per il suo stesso esercizio.

Tale posizione muove dal presupposto dell’inutilità del contraddittorio nei casi di potere vincolato, poiché la partecipazione del privato al procedimento amministrativo si rivelerebbe fruttuosa unicamente nei casi di potere discrezionale per la necessità di ivi acquisire gli interessi facenti capo al privato medesimo e così contemperarli con l’interesse pubblico primario perseguito.

Dall’analisi della giurisprudenza, tuttavia, pare che tale assunto non rivesta i caratteri dell’assolutezza.

Si è detto, difatti, della “sussistenza dell’obbligo di avviso dell’avvio anche nella ipotesi di provvedimenti a contenuto totalmente vincolato, sulla scorta della condivisibile considerazione che la pretesa partecipativa del privato riguarda anche l’accertamento e la valutazione dei presupposti sui quali si deve comunque fondare la determinazione amministrativa (cfr. C.d.S. sez. VI 20.4.2000 n. 2443; C.d.S. 2953/2004; 2307/2004 e 396/2004)”.[8]

Ed ancora, è stato specificato che “è illegittimo il provvedimento vincolato emesso senza che sia stata offerta al destinatario dello stesso provvedimento la preventiva “comunicazione di avvio del procedimento” ex art. 7 l. n. 241/1990, ove dal giudizio emerga che l’omessa comunicazione del procedimento avrebbe consentito al privato di dedurre le proprie argomentazioni, idonee a determinare l’emanazione di un provvedimento con contenuto diverso”.[9]

Ed invero, l’obbligo di avviso dell’avvio anche nella ipotesi di provvedimenti a contenuto totalmente vincolato si basa “sulla scorta della condivisibile considerazione che la pretesa partecipativa del privato riguarda anche l’accertamento e la valutazione dei presupposti sui quali si deve comunque fondare la determinazione amministrativa”, anche in ragione del fatto che non è rinvenibile alcun principio di ordine logico o giuridico che possa impedire al privato, destinatario di un atto vincolato, di rappresentare all’amministrazione l’inesistenza dei presupposti ipotizzati dalla norma, esercitando preventivamente sul piano amministrativo quella difesa delle proprie ragioni che altrimenti sarebbe costretto a svolgere unicamente in sede giudiziaria”.[10]

4.2.1 La comunicazione di avvio del procedimento in materia di abusi edilizi

Volgendo l’attenzione a una ipotesi specifica di esercizio di potere vincolato, quale è quello in materia di repressione degli abusi edilizi, si evince come la giurisprudenza escluda in questo campo la necessarietà della comunicazione ex art. 7 l. n. 241/1990.

Si è detto, infatti, che “l’ordinanza di demolizione, costituendo un atto doveroso e vincolato emesso all’esito di un mero accertamento tecnico della consistenza delle opere realizzate e del carattere abusivo delle medesime, non deve essere preceduta dall’avviso di avvio del relativo procedimento”.[11]

Nello stesso senso, si è argomentato che “il provvedimento di demolizione non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, non essendo prevista la possibilità per l’amministrazione di effettuare valutazioni di interesse pubblico relative alla conservazione del bene”.[12]

In questi casi, in definitiva, il carattere vincolato dei provvedimenti sanzionatori rende superflua la comunicazione di avvio del procedimento, dal momento che non è possibile alcun utile apporto partecipativo dell’interessato.

Si segno opposto è, invece, quella giurisprudenza per la quale “il procedimento volto a dichiarare che è in atto una lottizzazione abusiva non si sottrae all’obbligo di consentire la partecipazione procedimentale ai soggetti sui cui interessi l’eventuale accertamento della lottizzazione abusiva è destinato ad incidere, e quindi all’inoltro, a tali soggetti, dell’avviso di avvio procedimento, previsto dall’art. 7 della legge n. 241/1990. Invero, seppur l’accertamento della sussistenza di una lottizzazione abusiva comporta, per la P.A., il compimento di attività vincolata, la complessità della valutazione che può talvolta richiedere tale accertamento e la gravità delle conseguenze che ne derivano – immediata perdita della proprietà dei terreni coinvolti – connotano il relativo procedimento di caratteristiche diverse rispetto a quelle proprie di un procedimento volto all’adozione di un ordine di demolizione di un’opera abusiva, per il quale, sulla base della consolidata condivisibile giurisprudenza amministrativa, non è necessario il previo invio dell’avviso di avvio del relativo procedimento”.[13]

4.3. La comunicazione nei procedimenti ad istanza di parte

Volendo ritenersi pacifico che la comunicazione in esame vada senz’altro effettuata nei procedimenti d’ufficio, ci si chiede se essa debba o meno considerarsi superflua nei procedimenti ad istanza di parte, anche alla luce del fatto che il privato istante conoscerebbe l’avvio del procedimento in conseguenza della presentazione della relativa istanza.

Dalla lettera c-ter) dell’art. 8, co. 2, l. n. 241/1990 – ove si legge che la comunicazione deve contenere, “nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa istanza” – si ricava per implicito l’obbligo per la p.a. di effettuare la comunicazione di avvio anche in quest’ultima tipologia di procedimenti; il legislatore, dunque, non ha ritenuto l’istanza di parte idonea a sostituire completamente la comunicazione di avvio del procedimento.

Alla luce di quanto sopra, può allora ritenersi superato l’orientamento giurisprudenziale che non riteneva necessaria la comunicazione di avvio nei procedimenti ad istanza di parte.[14]

5. Sull’omessa comunicazione di avvio del procedimento

Nei casi in cui la P.A. non ottemperi all’obbligo della comunicazione di cui all’art. 7 l. n. 241/1990, spetta al soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista far valere tale omissione, impugnando il provvedimento finale per chiederne l’annullamento ai sensi degli artt. 21-octies l. n. 241/1990 e 29 c.p.a..

Tuttavia, in base all’ultimo comma dell’articolo 21-octies l. n. 241/1990, il provvedimento non è annullabile per omessa comunicazione ove la P.A. dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento adottato non avrebbe potuto essere diverso (c.d. dequotazione dei vizi formali).

In questo caso, “l’interessato che lamenta la violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo ha l’onere di allegare e dimostrare che, grazie alla comunicazione, egli avrebbe potuto sottoporre all’Amministrazione elementi che avrebbero potuto condurla a una diversa determinazione da quella che invece ha assunto”.[15]

Ove non si riesca a fornire i suddetti elementi probatori, si ritiene che “l’omissione della comunicazione prevista dal citato art. 7 non avrebbe carattere viziante stante, in ossequio a quanto statuito dall’art. 21 octies comma 2 l. n. 241/90, la correttezza sostanziale dell’atto impugnato”.[16]

In definitiva, “ai sensi dell’art. 21-octies L. n. 241 del 1990 (…) l’asserita violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento non sarebbe in grado di produrre l’annullamento dell’ordinanza conclusiva qualora dagli atti emerga (…) che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.[17]

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Note:

[1] TAR Lazio, sezione 2-bis, 17 marzo 2012, n. 2596. Nello stesso senso: Corte di Cassazione, 29.4.2021, n. 11296.

[2] TAR Emilia-Romagna, sezione 1, 9 gennaio 2020, n. 1.

[3] TAR Campania, sezione 5, 26 febbraio 2013, n. 1145.

[4] Consiglio di Stato, sezione 2, 17 novembre 2021, n. 7662.

[5] TAR Liguria, sezione 1, 5 novembre 2020, n. 759; nonché, ex multis: Cons. St., sez. 5, 14 novembre 2017, n. 5239; T.A.R. Liguria, sez. 1, 8 luglio 2019, n. 603; T.A.R. Liguria, sez. 1, 29 marzo 2017, n. 281; T.A.R. Lazio, Roma, sez. 2-ter, 12 maggio 2014, n. 4898; T.A.R. Campania, Napoli, sez. 5, 12 maggio 2014, n. 2613.

[6] Consiglio di Stato, sezione 3, 30 aprile 2014, n. 2280.

[7] TAR Friuli Venezia Giulia, sezione 1, 2 maggio 2020, n. 143.

[8] Consiglio di Stato, sezione 3, 14 settembre 2021, n. 6288.

[9] Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd., 26 agosto 2020, n. 750.

[10] Consiglio di Stato, sezione 3, 14 settembre 2021, n. 6288. Nonché: T.A.R. Campania, sez. 2, 19 ottobre 2006, n. 8683.

[11] Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione siciliana, sezione 1, 16 novembre 2021, n. 1006. In senso conforme, si vedano: Consiglio di Stato, sezione 2, 1 settembre 2021, n. 6181; TAR Sicilia, sezione 3, 17 settembre 2021, n. 2794.

[12] TAR Campania, sezione 2, 6 luglio 2021, n. 4645.

[13] TAR Sicilia, sezione 2, 19 gennaio 2021, n. 194.

[14] Consiglio di Stato, 16 gennaio 2006, n. 73.

[15] Consiglio di Stato, sezione 3, 12 maggio 2017, n. 2218 .

[16] TAR Lazio, sezione 2-ter, 27 gennaio 2021, n. 1133.

[17] TAR Campania, sezione 3, 19 novembre 2021, n. 7412. In senso conforme: Consiglio di Stato, sezione 4, 16 giugno 2017, n. 2953.

Avv. Ylenia Montana

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