La competenza del giudice di pace, in materia di lesioni personali colpose di cui all’art. 590, comma terzo del codice penale, commesse con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale

Redazione 15/02/02
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di Giovanni Fontana ([1])
1. PREMESSA
Con lo scorso 2 gennaio, sono entrate definitivamente in vigore le disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, contenute nella legge delegata n. 274 del 2000 e nel relativo regolamento di esecuzione, approvato con d.M. n. 204 del 2001.
La delega, scaturisce dal dettato di cui all’art. 14 della legge n. 468 del 1999, i cui principi e criteri direttivi sono contenuti negli artt. 15 ss. l. cit. In particolare, il principio contenuto nell’art. 15, comma 1, della legge delega cit. è riprodotto dall’art. 4, comma 1, lett. a) della legge delegata e quindi, restando ferma la competenza del tribunale dei minorenni (ex art. 4, co. 4, d. Lgs. 274/2000), il giudice di pace è competente anche per il delitto di lesioni personali colpose commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, di cui all’art. 590, commi primo, secondo e terzo del c.p., indipendentemente dalla entità della lesione provocata: fattispecie queste, tutte punibili a querela di parte.
Ora, per allora, ci poniamo una serie di domande, cui dobbiamo dare una risposta: che cosa dobbiamo intendere per violazione alle norme sulla circolazione stradale? è d’obbligo provvedere a ritirare il referto medico o, trattandosi di delitto punibile a querela, l’attività d’indagine inizierà con la presentazione della querela della parte interessata? chi è da considerare, parte interessata? in caso di prognosi riservata, dovrà essere comunque predisposta la relazione di cui all’art. 11 del decreto 274 o la comunicazione di notizia di reato di cui all’art. 347 c.p.p.?
Domande a cui non è semplice dare una risposta, ma rispetto alla quale, il silenzio, certamente non è da meglio. Proveremo a farlo, senza alcuna presunzione di certezza se non quella di essere da stimolo a quanti di noi sentono il diritto-dovere di crescere, sia come cittadini, che come pubblici ufficiali.
2. le norme sulla circolazione stradale: quali norme?
La competenza del giudice penale, come già visto, non è generale; ma riguarda le sole ipotesi delittuose, da cui derivi una lesione personale (ex art. 582 s. c.p.), cagionata con colpa (ex art. 43, comma primo, terza ip., c.p.) e a seguito di violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale.
Si tratta adesso di capire se si devono considerare solo quei comportamenti che danno luogo alla c.d. colpa generica (inosservanza delle comuni regole di prudenza, diligenza e perizia), piuttosto che quelli relativi alla colpa specifica (violazioni norme di legge, prime fra tutto il codice stradale) o, come ci pare più logico sostenere, entrambe.
Il fatto, del resto, non costituisce novità.
Infatti, a ritroso, già precedente giurisprudenza poi consolidata ha più volte ribadito che «in tema di responsabilità da sinistri stradali, l’aggravante di cui al comma 2 dell’art. 589 c.p. deve ritenersi sussistente anche quando la condotta si concretizza nella inosservanza delle regole di prudenza previste in forma generica dalle norme preposte alla disciplina della circolazione stradale (art. 140 c. strad. att.), non essendo necessaria la violazione di specifiche norme di comportamento contenute nel codice della strada» ([2]). Non da meno, autorevole dottrina precisa che «è lo stesso codice della strada, all’art. 140, che sussume in una prescrizione comportamentale specifica l’obbligo, di per sé generico, per gli utenti della strada di comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione e in modo che sia sempre salvaguardata la sicurezza stradale» ([3]).
E certo è che il verificarsi di un sinistro stradale, comporta di per sé un comportamento inadeguato da parte di almeno uno degli utenti coinvolti (non necessariamente quindi, i conducenti di veicoli) e quindi, la necessità di indagare in ordine al livello di responsabilità di causazione del sinistro, da parte di ciascuno. L’indagine, poi, in ben pochi casi porta ad escludere la responsabilità di alcuni, rispetto a quella assoluta di altri, tanto che «in tema di circolazione stradale, il conducente di veicolo deve continuamente ispezionare la strada che sta per impegnare, mantenendo un costante controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della strada stessa e del traffico e prevedere tutte quelle situazioni che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada. (Fattispecie relativa all’omicidio colposo di un pedone, commesso dal conducente di un ciclomotore che, non avendolo scorto in tempo, aveva investito il pedone mentre scendeva dal marciapiede per attraversare la strada)» ([4])([5]).
Quindi, non necessariamente, la genesi del reato dipende dall’accertamento di una violazione al cod. str. (ciò avrà rilevanza, semmai, per le procedure speciali previste dall’art. 24 della L. 689/81), ma è sufficiente — affinché ciò avvenga — che sia evidenziato, in concreto, un uso anomalo della strada, riconducibile ai tre fattori che danno luogo alla colpa ovvero, l’imprudenza, la negligenza e l’imperizia. Derivandone, che gli effetti dell’accertamento di cui all’art. 2054 c.c., riverberano sulla diversa attività d’indagine preliminare (ex artt. 346 c.p.p.), finalizzata all’acquisizione delle fonti di prova; conseguendone, infine, che le parti coinvolte nel sinistro — sino a prova contraria — sono tutte da indagare.
3. le indagini sulle lesioni
Tra i vari servizi che l’ordinamento assegna alla polizia stradale, v’è quello previsto dall’art. 11, comma 1, lett. b) cod. str. che attiene proprio al rilevamento degli incidenti stradali; tanto che, l’espletamento di detto servizio è da ritenere obbligatorio, indipendentemente dalle volontà delle parti coinvolte. Questo, perché dall’indagine sul sinistro, può essere evidenziato un comportamento — o, a maggior ragione, più comportamenti — che non si esaurisce nel singolo episodio (semmai, ivi è manifestato), ma può essere idoneo a dimostrare una particolare tendenza del soggetto, a mantenere comportamenti contrari all’ordinamento e idonei a minacciare la sicurezza della circolazione stradale ([6]). In breve, queste, sono le motivazioni che ci impongono di intervenire ogni qualvolta assistiamo o siamo chiamati ad assistere a tale fenomeno della circolazione stradale.
E’ altresì evidente, che le lesioni che si riscontrano su di un sinistro stradale sono spesso postume, tanto che di queste, in molti casi, se ne viene a conoscenza soltanto successivamente al rilevamento del sinistro stesso. Fin qui, niente di rilevante rispetto al passato; fatto salvo il fatto che anziché procedere con comunicazione di notizia di reato (ex art. 347 c.p.p.), si relazionerà in merito (ex art. 11, d. Lgs. 274/00) entro quaranta giorni dall’accertamento del reato e comunque, non prima del termine previsto per la presentazione della querela ([7]). Ma se le lesioni, sono talmente gravi da determinare il sanitario a riservarsi la prognosi, quale tipo di indagine dovrà porre in atto la p.g., o meglio, sino a che punto la polizia stradale potrà limitarsi a prendere atto di ciò che osserva o di ciò che gli viene esposto sul posto, senza andare oltre, nell’indagine?
Credo che questa domanda nasce spontanea, solo in conseguenza della novità (del tutto apparente) introdotta dal decreto 274 o meglio, dal fatto, che si affaccia sul balcone della giustizia un neomagistrato, tutto da scoprire, che è il procuratore della repubblica presso il tribunale nel cui circondario ha sede il giudice di pace; un pubblico accusatore, che assume sempre più il ruolo di “notaio” (mi si passi il termine) dell’attività d’indagine o meglio, degli atti d’attività d’indagine soggetti al suo vaglio ed al suo veto.
Per il resto è sufficiente ricordare che ai sensi dell’art. 55 del codice di procedura penale, la polizia giudiziaria non prende solo notizia dei reati, ma impedisce che questi vengano portati a conseguenze ulteriori, ne ricerca gli autori e soprattutto, compie tutti gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccoglie quant’altro può servire per l’applicazione della legge penale che (salvo operazioni di chirurgia costituzionale in cui questo Parlamento, sembra essersi specializzato) è obbligatoria.
E’ ben evidente, che se non esistono sospetti sugli esiti infausti del sinistro, la polizia giudiziaria non potrà certamente preoccuparsi di andare alla ricerca di un’ipotetica refertazione che peraltro, la raggiungerà lo stesso (ex art. 334 c.p.p.). Nell’altro caso, come già adesso avviene, sarà cura della p.g. verificare che dalle eventuali lesioni riscontrate non derivi la morte della persona e quindi, la diversa e più grave fattispecie delittuosa (ex art. 589 c.p.), conseguendone il passaggio di consegne e di atti, dall’ufficio di procura del giudice di pace a quello del tribunale.
Allora si tratterà di capire quali atti, piuttosto che altri, dovranno essere posti in essere: ma di questo, se ve ne sarà il tempo e lo spazio e la disponibilità di Codesti lettori, ne diremo poi.
4. CONCLUSIONI
Ad un’unica considerazione conclusiva, s’impone di ricordare e di far ricordare ancora, che il nostro interesse particolare si deve necessariamente spostare dall’ufficio del procuratore della repubblica, a quello dell’ufficio della polizia giudiziaria.
Le ultime leggi che sono andate a modificare le norme di principio contenute nel codice (che era di) Vassalli, hanno evidenziato il nuovo ruolo della polizia giudiziaria, quale soggetto indagante, che avvia l’azione penale e la propone preconfezionata, già al P.M. del giudice professionale, ma, e a maggior ragione, all’ufficio di procura del giudice onorario.
E’ con tale soggetto che la polizia giudiziaria deve in concreto interagire, adeguandosi alle proprie direttive, quando ritenute necessarie. Ed è da lì che si deve muovere e formare quella necessaria, inderogabile né, tanto meno, delegabile, forma mentis dell’investigatore pubblico.

[1] Specialista della A.O. Polizia Municipale del Comune di di Forte dei Marmi (LU) e docente di infortunistica stradale, presso la scuola di aggiornamento professionale Civita, di Torre del Lago (LU): www.cività.net.
[2] Cass. pen., Sez. IV, 18 gennaio 1988, in Juris Data 2001/I, GIUFFRE’ EDITORE MILANO
[3] V. Zagrebelsky-V. Pacileo, Il diritto penale per il giudice di pace, GIUFFRE’ EDITORE MILANO, 2001, pag. 204
[4] Cass. pen., Sez. IV, 30 gennaio 1991, in Juris Data 2001/I, GIUFFRE’ EDITORE MILANO
[5] Per una più ampia analisi giurisprudenziale, si consiglia la lettura del volume G. Bellagamba-G.Cariti ed edito da Giuffré, La Responsabilità civile nella circolazione stradale, Ed. 2001
[6] Allo scopo, il legislatore ha voluto predisporre una sorta di “casellario” dei conducenti dei veicoli (ex art. 226, co. 10 ss cod. str.), definito “anagrafe nazionale degli abilitati alla guida” (ex art. 403, reg. cod. str.), ripartito a sua volta in più sezioni, tra le quali quella relativa alle infrazioni, alle sanzioni ed agli incidenti (commi 4, 5, 6, art. cit.)
[7] E’ da riflettere che la presentazione della querela, può avvenire nel termine ultimo di novanta giorni dal verificarsi del fatto, e quindi, ben oltre il termine ultimo per la trasmissione della relazione. Non da meno, mancando una delle condizioni di procedibilità che può ancora sopravvenire, la p.g. può compiere (ed io direi, compie) gli atti di indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di prova e quindi, assumere le informazioni dalle persone informate e/o indagate (ex art. 350 s. c.p.p.), disporre le perquisizioni (ex art. 352 c.p.p.) e gli accertamenti urgenti ed i sequestri (ex art. 354 c.p.p.), osservando, in quanto applicabili, le norme contenute nel c.p.p. e relative disp. att. ad eccezione, fra gli altri, l’incidente probatorio di cui all’art. 392 c.p.p. (ex art. 2, co. 1, lett. a) d. Lgs. 274/2000).

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