La cessione di credito e il mandato irrevocabile all’incasso

Redazione 08/07/10
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La cessione di credito, da un lato, e il mandato irrevocabile all’ incasso, dall’altro, pur potendo essere utilizzati per raggiungere le medesime finalità solutorie o di garanzia, si differenziano sostanzialmente e sono incompatibili.

Invero, la cessione produce l’immediato trasferimento del credito ad altro soggetto, che diviene titolare della legittimazione esclusiva a pretendere la prestazione del debitore, mentre il mandato in rem propriam conferisce al mandatario solo la legittimazione a riscuotere il credito in nome e per conto del mandante, che ne conserva la titolarità esclusiva, con la conseguenza che il creditore può validamente cedere il proprio credito anche dopo aver conferito ad altro soggetto un mandato irrevocabile all’ incasso del suddetto credito, sempre che, prima della cessione, il mandatario in rem propriam non abbia già incassato le somme relative, atteso che tale fatto, determinando l’estinzione del credito, ne renderebbe impossibile la cessione.

Il mandato all’incasso non comporta, dunque, a favore del mandatario, a differenza della cessione, alcun trasferimento del credito, di cui rimane titolare il mandante. Di conseguenza, solo al momento in cui viene incassata la somma da parte del mandatario sorge nei confronti di quest’ultimo l’obbligo di restituire quanto riscosso.

E’ evidente, pertanto, che il momento genetico di una tale obbligazione del mandatario è da individuare con riferimento non già al conferimento del mandato, ma all’atto della riscossione del debito del terzo, in quanto è da tale momento che sorge l’obbligo di restituzione della relativa somma al mandante.

 

N. 02691/2010 REG.SEN.

N. 00989/2009 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)


ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 989 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Kuwait Petroleum Italia Spa, rappresentata e difesa dagli avv. *************, ****************, **************, ***********, ****************, con domicilio eletto presso ************** in Milano, via Vincenzo Monti, 34;

contro

A2a Spa, rappresentata e difesa dall’avv. ***********************, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Larga, 23;

nei confronti di

Total Italia Spa, rappresentata e difesa dall’avv. ******************, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, piazza E. Duse, 3;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

della nota del 20 marzo 2009, prot. ACM/APL/ALM/101/2009/ AVV/PT/gg, inviata per raccomandata A.R. ricevuta il 27 marzo 2009, con la quale A2A S.p.A. ha deliberato l’esclusione della ricorrente dalla gara d’appalto n. 021/2008, avente ad oggetto la fornitura triennale di carburanti a mezzo tessere magnetiche, nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, ed in particolare:

– il provvedimento di aggiudicazione della gara, ove medio tempore intervenuto;

– l’art. 15 delle Condizioni generali di acquisto di A2A e delle società del gruppo e qualsiasi prescrizione di gara che imponga un divieto generalizzato ed indiscriminato di cessione del corrispettivo contrattuale, qualora dovesse essere interpretato nel senso che esso precluda a Kupit di valersi di Vele Finanziaria S.r.l. per le operazioni di incasso delle fatture da emettere nei confronti di A2A in caso di aggiudicazione dell’appalto.

Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di A2A Spa;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Total Italia Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 giugno 2010 il dott. ************ e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Con il presente gravame la società ricorrente, partecipante alla procedura negoziata da aggiudicarsi secondo il criterio del prezzo più basso indetta da A2A S.p.a. per la fornitura triennale di carburante mediante tessere magnetiche – procedura avente una base d’asta di 5.000.000 di euro, con possibilità di incremento, ad insindacabile giudizio di A2A, del 50 % alle medesime condizioni contrattuali – impugna i provvedimenti indicati in epigrafe, con i quali la società intimata ha escluso la ricorrente medesima dalla procedura in questione, aggiudicandola in via provvisoria alla società controinteressata. Secondo l’assunto della stazione appaltante, infatti, la ricorrente avrebbe previsto nella propria offerta la cessione del credito derivante dal contratto di fornitura ad altra società, la Vele Finanziaria S.r.l., seppur dalla stessa controllata, previsione in contrasto con la lex specialis di gara (art. 15 delle condizioni generali di acquisto).

A sostegno del proprio gravame, la ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:

Violazione e falsa applicazione delle prescrizioni di gara, eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza di presupposti, atteso che non si tratterebbe di cessione del credito, ma di mero mandato all’incasso;

in via subordinata, illegittimità della lex specialis e, in particolare, dell’art. 15 delle Condizioni generali per irragionevolezza e contraddittorietà intrinseca, nonché per violazione e falsa applicazione del principio di cedibilità del credito e degli artt. 1260 e 1341 c.c. e 117 d.lgs. 163/2006.

Si è costituita l’amministrazione intimata, che ha eccepito preliminarmente l’irricevibilità del ricorso nella parte in cui si contesta la legittimità dell’art. 15 delle condizioni generali di acquisto, disposizione che, prevedendo il divieto di cessione del credito ed avendo, dunque, portata immediatamente lesiva per la ricorrente, avrebbe dovuto essere immediatamente impugnata dalla stessa. L’amministrazione ha, comunque, chiesto che il ricorso sia respinto per infondatezza nel merito.

Con ordinanza n. 556/09 del 7 maggio 2009 la sezione ha accolto l’istanza cautelare di sospensione dei provvedimenti impugnati.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti, la ricorrente ha impugnato, altresì, espressamente, il verbale del 12 marzo 2009 di aggiudicazione provvisoria della procedura alla controinteressata, oltre che di tutti gli altri verbali di gara, nonché la comunicazione alla controinteressata dell’aggiudicazione provvisoria e l’eventuale provvedimento di aggiudicazione definitiva, se intervenuto, deducendo la violazione degli artt. 21 e 38 del D.P.R. n. 445/00, del punto VI.3 del bando di gara, dell’art. 73. comma 2, del d.lgs. n. 163/06 e l’eccesso di potere per sviamento, disparità di trattamento, travisamento dei fatti ed irrazionalità manifesta in ragione dell’illegittimità dell’omessa esclusione della Total Italia S.p.a., società controinteressata, che non avrebbe presentato la documentazione attestante l’autenticità della firma del soggetto che ha sottoscritto la domanda di partecipazione, come previsto al punto VI.3 del bando di gara; ha dedotto, inoltre, illegittimità in via derivata.

Si è costituita la società controinteressata, che ha chiesto che il ricorso sia respinto per infondatezza nel merito, eccependo preliminarmente l’irricevibilità del ricorso nella parte in cui si contesta la legittimità dell’art. 15 delle condizioni generali di acquisto.

Con ordinanza istruttoria n. 184/09 dell’8 ottobre 2009, la sezione ordinava alla ricorrente di produrre documentazione integrativa, con particolare riferimento al contratto che regolava il rapporto negoziale tra Kuwait Petroleum Italia S.p.a. e Vela Finanziaria S.r.l. al momento della presentazione dell’offerta nella procedura di specie, ordinanza a cui la ricorrente ottemperava mediante deposito in data 6 novembre 2009.

Successivamente le parti hanno prodotto memorie a conferma delle rispettive conclusioni.

Alla pubblica udienza del 16.6.2010, il gravame è stato, quindi, trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Il collegio ritiene che il ricorso sia fondato per il primo motivo di diritto, con il quale la ricorrente ha dedotto la violazione delle prescrizioni di gara e l’eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza di presupposti. Si ritiene, infatti, che le modalità di pagamento indicate dalla ricorrente nella propria offerta integrassero lo schema del mandato all’incasso e non della cessione del credito.

Secondo il costante orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte, la cessione di credito ed il mandato irrevocabile all’ incasso, pur potendo essere utilizzati per raggiungere le medesime finalità solutorie o di garanzia, si differenziano sostanzialmente e sono incompatibili, poiché la cessione produce l’immediato trasferimento del credito ad altro soggetto, che diviene titolare della legittimazione esclusiva a pretendere la prestazione del debitore, mentre il mandato in rem propriam conferisce al mandatario solo la legittimazione a riscuotere il credito in nome e per conto del mandante, che ne conserva la titolarità esclusiva, con la conseguenza che il creditore può validamente cedere il proprio credito anche dopo aver conferito ad altro soggetto un mandato irrevocabile all’ incasso del suddetto credito, sempre che, prima della cessione, il mandatario in rem propriam non abbia già incassato le somme relative, atteso che tale fatto, determinando l’estinzione del credito, ne renderebbe impossibile la cessione (cfr. Cass. civ., sez. III, 12 dicembre 2003, n. 19054).

Il mandato all’incasso non comporta, dunque, a favore del mandatario, a differenza della cessione, alcun trasferimento del credito, di cui rimane titolare il mandante. Di conseguenza, solo al momento in cui viene incassata la somma da parte del mandatario sorge nei confronti di quest’ultimo l’obbligo di restituire quanto riscosso.

E’ evidente, pertanto, che il momento genetico di una tale obbligazione del mandatario è da individuare con riferimento non già al conferimento del mandato, ma all’atto della riscossione del debito del terzo, in quanto è da tale momento che sorge l’obbligo di restituzione della relativa somma al mandante (Cass. civ., sez. I, 7 maggio 2009, n. 10548).

Nella fattispecie in questione, dall’esame della documentazione versata in atti, ed in particolare dall’offerta formulata dalla ricorrente, nonché dalla documentazione prodotta in ottemperanza all’ordinanza istruttoria di questa sezione, si rileva che il credito derivante dal corrispettivo della fornitura di carburante sarebbe sempre rimasto nella titolarità di Kuwait, che, infatti, avrebbe provveduto alla relativa fatturazione, mentre solo l’incasso delle somme relative sarebbe stato effettuato con versamento su conti bancari intestati alla controllata Vela Finanziaria. Lo schema ricalca, dunque, quello delle convenzioni stipulate dalla ricorrente con Consip S.p.a. per la fornitura di carburante mediante fuel card per le pubbliche amministrazioni, prodotte in atti, nelle quali la stessa utilizza l’istituto del mandato all’incasso a Vele Finanziaria per la riscossione dei relativi importi maturati, come si rileva dall’esame delle convenzioni medesime, nonché della corrispondenza intercorsa tra Kuwait e Vele in relazione a tale tipo di fornitura, nelle quali ultime, peraltro, si fa espresso riferimento al ricorso all’istituto giuridico del mandato all’incasso. Né pare possibile applicare alla fattispecie in questione la scrittura privata stipulata tra la ricorrente e la Vele Finanziaria in data 1.4. 2001, pure versata in atti, atteso che tale scrittura contempla le ipotesi di fornitura di carburante ai clienti privati con pagamento mediante fuel card rilasciate agli stessi in base a contratti stipulati direttamente dalla Vele e non da Kuwait, diversamente dalla fattispecie che ci occupa, in cui è la ricorrente che stipula il contratto e che fattura gli importi ricavati dalla fornitura – e che, quindi, procederà al recupero del credito nell’eventuale ipotesi di mancato pagamento – mentre alla Vele è delegato il mero incasso delle somme su conti correnti alla stessa intestati.

Il provvedimento di esclusione adottato nei confronti della ricorrente è, dunque, illegittimo, non essendo incorsa la società ricorrente nel divieto di cessione del credito disposto dall’art. 15 delle condizioni generali di acquisto. Né possono rilevare, in proposito, le considerazioni espresse dalla difesa delle controparti circa l’esistenza di altre cause di esclusione della ricorrente, seppur non citate nel provvedimento adottato, di cui risulterebbe, in ogni caso, la legittimità in virtù dell’applicazione dell’art. 21 octies della legge n. 241/90. Per il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, infatti, è inammissibile l’integrazione postuma della motivazione di un atto amministrativo, realizzata mediante gli atti difensivi predisposti dall’amministrazione resistente, e ciò anche dopo le modifiche apportate alla legge 7 agosto 1990, n. 241, dalla l. 11 febbraio 2005 n. 15, rimanendo sempre valido il principio secondo cui la motivazione del provvedimento non può essere integrata nel corso del giudizio con la specificazione di elementi di fatto, dovendo la motivazione precedere e non seguire ogni provvedimento amministrativo, a tutela del buon andamento amministrativo e dell’esigenza di delimitazione del controllo giudiziario.

Anche il ricorso per motivi aggiunti è fondato.

Come risulta dalla documentazione versata in atti, la Total ha presentato la sua domanda di partecipazione alla procedura e le relative dichiarazioni senza allegare la copia del documento di identità del soggetto sottoscrittore attestante l’autenticità della firma e, solo in seguito ad espressa richiesta da parte della stazione appaltante in data 22 dicembre 2008, ha integrato tale domanda producendo la copia del documento di identificazione.

Tali circostanze di fatto non risultano contestate in alcun modo dalle controparti.

La stazione appaltante, quindi, invece di escluderla dalla gara, l’ha invitata a regolarizzare la sua posizione.

Tale modus operandi non pare legittimo.

Alla luce del granitico orientamento della giurisprudenza amministrativa, infatti, deve essere disposta l’esclusione dalla gara d’appalto del concorrente che non abbia allegato fotocopia del documento di riconoscimento alla dichiarazione sostitutiva e ai documenti prodotti in fotocopia autocertificata, atteso che l’obbligo di produrre copia del documento di identità risulta inderogabile in considerazione dell’utilizzazione di tale forma di semplificazione, nè è data possibilità di regolarizzazione o integrazione del documento mancante, nel rispetto anche della “par condicio” tra i concorrenti (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 2005, n. 435).

Nella previsione di cui al combinato disposto degli art. 21, comma 1, e 38, commi 2 e 3, d.P.R. 445/2000, l’allegazione della copia fotostatica, sia pure non autenticata, del documento di identità dell’interessato vale a conferire legale autenticità alla sua sottoscrizione apposta in calce ad una istanza o ad una dichiarazione, e non rappresenta un vuoto formalismo ma semmai si configura come l’elemento della fattispecie normativa diretto a comprovare, oltre alle generalità del dichiarante, l’imprescindibile nesso di imputabilità soggettiva della dichiarazione a una determinata persona fisica; pertanto, la mancata allegazione del documento di identità non costituisce una mera irregolarità sanabile con la sua produzione postuma, ma integra gli estremi di una palese e insanabile violazione della disciplina regolatrice della procedura amministrativa (Cons. Stato, sez.V, 7 novembre 2007, n. 5761).

Ciò, anche in considerazione dell’impossibilità di configurare la mancata sottoscrizione della domanda di partecipazione come una mera irregolarità formale, suscettibile di sanatoria, considerato che una dichiarazione non sottoscritta è priva di un elemento essenziale per la sua giuridica esistenza, con la conseguenza che l’eventuale regolarizzazione si tradurrebbe in un’integrazione dell’offerta proposta, configurandosi perciò come una violazione del principio della par condicio nei riguardi di altri concorrenti che, nei termini imposti, hanno osservato le regole del bando.

Da tali considerazioni emerge l’illegittimità dell’operato della stazione appaltante, che ha invitato la controinteressata a regolarizzare la propria domanda invece di escluderla, in palese violazione del principio della par condicio fra i partecipanti alla gara.

Alla luce delle suesposte considerazioni, assorbendosi gli ulteriori motivi dedotti – dei quali, di conseguenza, si ritiene inutile anche vagliare le relative eccezioni pregiudiziali per ragioni di economia processuale – il ricorso va accolto, unitamente al ricorso per motivi aggiunti, disponendosi, per l’effetto, l’annullamento dei provvedimenti impugnati di esclusione dalla gara della ricorrente e di aggiudicazione della stessa alla controinteressata.

In considerazione della novità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio, salvo il contributo unificato, di cui si dispone il rimborso a carico delle parti soccombenti, in via solidale.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – prima sezione – accoglie il ricorso in epigrafe ed il ricorso per motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati, come in motivazione.

Spese compensate, salvo il contributo unificato, per il quale si dispone il rimborso a carico delle parti soccombenti in via solidale.

La presente sentenza sarà eseguita dall’amministrazione ed è depositata presso la segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 16 giugno 2010 con l’intervento dei Magistrati:

************, Presidente FF, Estensore

*****************, Referendario

***********, Referendario

 

 

 

IL PRESIDENTE                    ESTENSORE

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/07/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO

Redazione

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