La causa di esclusione prevista dall’art. 75, comma 1, lett. c) D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 (coincidente ora con la disposizione normativa di cui all’art. 38, comma, lett. c), d.lgs. n. 163/06) — ai sensi della quale sono esclusi dalla gara i soggetti

Lazzini Sonia 27/11/08
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Un infortunio sul lavoro – omicidio colposo cagionato dalla violazione delle norme in tema di sicurezza sul lavoro –  può incidere sulla moralità professionale di una partecipante ad una procedura ad evidenza pubblica? Se la condanna  era stata inflitta soltanto per carenza di formale delega sulla sicurezza al capo cantiere e al responsabile del servizio di prevenzione e protezione, incaricati di fatto proprio della vigilanza in materia di sicurezza sul cantiere, si può sempre legittimare l’esclusione della ditta?
 
L’esclusione va confermata: è in contestazione, con il primo motivo di ricorso, l’avvenuta esclusione da una gara pubblica, in applicazione dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006, laddove è riscontrata l’esistenza di una sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale pronunciata nei confronti di amministratore direttore tecnico. Non è in discussione, quindi, una falsa dichiarazione – dato che, pacificamente, la stessa Impresa partecipante aveva correttamente dichiarato tale pendenza in sede di gara – bensì la valutazione operata dalla stazione appaltante in merito alla gravità del reato in questione. Tale operazione discrezionale è ben ammessa a carico della stazione appaltante, la quale può autonomamente esaminare la natura del reato, nell’ambito del potere discrezionale riconosciutole al fine di individuare un contraente sufficientemente affidabile (anche) sotto il profilo della moralità professionale, mostrandosi anche di contrario avviso all’opinione della Impresa dichiarante, qualora questa ritenesse irrilevante a questo fine la sentenza evidenziata, come è accaduto nel caso di specie_ In merito il Collegio rileva che: 1) non è infatti stata disposta una esclusione automatica dall’appalto ma è stata disposta una esclusione discrezionale, ampiamente motivata; 2) l’interpretazione richiamata non può essere considerata vincolante, altrimenti sarebbe sottratto alle stazioni appaltanti e alle singole amministrazioni il potere discrezionale di valutazione delle singole fattispecie invece loro riconosciuto, per le ragioni sopra richiamate, al fine dell’individuazione, in concreto, del contraente più affidabile anche sotto il profilo della moralità professionale, per cui gli indirizzi del Ministero e dell’Autorità di settore, pur quali importanti parametri di riferimento, non possono considerarsi esaustivi di ogni fattispecie valutabile così da introdurre, surrettiziamente, un’altra ragione di esclusione che a quel punto diverrebbe automatica o meno, senza alcun margine di discrezionalità; 3) la pena accessoria dell’incapacità a contrarre riguarda altra fattispecie, di contenuto penale, e non può esaurire ogni conseguenza, anche di ordine amministrativo, nei rapporti tra imprese e pubbliche amministrazioni. Alla luce di quanto esposto, quindi, sotto i sopra lamentati profili, non si rileva illogicità o violazione di legge nell’operato della stazione appaltante.
 
Merita di essere segnalata la sentenza numero 2440 dell’ 8 ottobre 2008,emessa dal Tar Piemonte, Torino
 
Sul punto la giurisprudenza ha confermato da tempo tale orientamento, ribadendo che la causa di esclusione prevista dall’art. 75, comma 1, lett. c) D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 (coincidente ora con la disposizione normativa di cui all’art. 38, comma, lett. c), d.lgs. n. 163/06) — ai sensi della quale sono esclusi dalla gara i soggetti nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, oppure di applicazione della pena su richiesta a norma dell’art. 444 c.p.p., per reati che incidono sull’affidabilità morale e professionale — lascia un ampio margine di apprezzamento alle amministrazioni appaltanti, alle quali spetta di decidere, in concreto, quali imprese escludere dalle procedure di affidamento degli appalti, in conseguenza di fatti costituenti reato che siano da esse ritenute indici di inaffidabilità morale o professionale (Cons. Stato, Sez. V, 1.3.03, n. 1445 e 25.11.02, n. 6482; TAR Calabria, Cz, Sez. II, 19.6.06, n. 664).
 
Naturalmente, poichè il concetto di “immoralità professionale” previsto dalla norma presuppone la realizzazione di un fatto di reato idoneo a manifestare una radicale e sicura contraddizione coi principi deontologici della professione, si richiede una concreta valutazione rivolta alla verifica, attraverso un apprezzamento discrezionale che deve essere adeguatamente motivato, dell’incidenza della condanna sul vincolo fiduciario da instaurare attraverso il contratto con l’amministrazione stessa, senza che tale apprezzamento possa ritenersi compiuto per implicito attraverso la semplice enunciazione delle fattispecie di reato alle quali si riferisce la condanna (TAR Calabria, Cz, n. 664/06 cit.).
 
Nel caso di specie, comunque, sia nel verbale della Commissione di gara del 12 luglio 2007 sia nel provvedimento impugnato, è riportata un’ampia motivazione, e non il semplice richiamo alla fattispecie di reato, per cui l’attenzione del Collegio deve rivolgersi ad uno scrutinio di non illogicità, non contradditorietà e non erroneità in fatto delle conclusioni dell’amministrazione, secondo i parametri propri del presente giudizio di legittimità.
 
Ebbene, dalla lettura del verbale del 12 luglio 2007, si rileva che la Commissione di gara, richiamando la normativa applicabile di cui al citato art. 38, ha ritenuto che la disposta sentenza sia idonea a menomare il rapporto fiduciario che deve necessariamente sussistere tra l’appaltatore e la stazione appaltante sulla base di tre elementi sostanziali, quali: 1) la natura del reato ascritto al sig. G., trattandosi di “omicidio colposo” ex art. 589 c.p. (per morte di un operaio della ditta a causa della caduta di un ponteggio) cagionato per effetto della violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro; 2) le concrete modalità di commissione del reato caratterizzate dal non aver previsto, in qualità di datore di lavoro, nel piano di sicurezza operativo, alcune tipologie di rischi, inibendo così la giusta informazione dei lavoratori circa i pericoli connessi a talune operazioni, dal non aver aggiornato il predetto piano di sicurezza e dal non aver garantito l’attuazione da parte delle imprese subappaltatrici di quanto previsto nel piano medesimo; 3) il breve tempo trascorso dalla pronuncia delle sentenza.
 
Le società ricorrenti, sul punto, evidenziano, in primo luogo, che: 1) il reato oggetto della condanna non è compreso tra quelli che, per intrinseca criminosità, implicano l’esclusione automatica dagli appalti; 2) il reato non rientra tra quelli riconducibili all’interpretazione sistematica delle norme di settore e agli indirizzi del Ministero dei Lavori Pubblici (ora Infrastrutture) e dell’Autorità di Vigilanza di settore; 3) il reato non risulta incluso nell’elenco di quelli che, ex art. 32-quater c.p., implicano la pena accessoria dell’incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione.
 
In merito il Collegio, però, rileva che: 1) non è infatti stata disposta una esclusione automatica dall’appalto ma è stata disposta una esclusione discrezionale, ampiamente motivata; 2) l’interpretazione richiamata non può essere considerata vincolante, altrimenti sarebbe sottratto alle stazioni appaltanti e alle singole amministrazioni il potere discrezionale di valutazione delle singole fattispecie invece loro riconosciuto, per le ragioni sopra richiamate, al fine dell’individuazione, in concreto, del contraente più affidabile anche sotto il profilo della moralità professionale, per cui gli indirizzi del Ministero e dell’Autorità di settore, pur quali importanti parametri di riferimento, non possono considerarsi esaustivi di ogni fattispecie valutabile così da introdurre, surrettiziamente, un’altra ragione di esclusione che a quel punto diverrebbe automatica o meno, senza alcun margine di discrezionalità; 3) la pena accessoria dell’incapacità a contrarre riguarda altra fattispecie, di contenuto penale, e non può esaurire ogni conseguenza, anche di ordine amministrativo, nei rapporti tra imprese e pubbliche amministrazioni.
 
Alla luce di quanto esposto, quindi, sotto i sopra lamentati profili, non si rileva illogicità o violazione di legge nell’operato della stazione appaltante.
 
 
A cura di *************
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
 
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
 
SENTENZA
 
Sul ricorso numero di registro generale 1415 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
*****************, ALFABIS S.p.A., ALFATER Impianti S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avv.ti **************** e **************, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Torino, via Mercantini, 6;
 
contro
 
l’Universita’ degli Studi di Torino, in persona del rettore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, presso cui domicilia in Torino, corso Stati Uniti, 45;
 
nei confronti di
 
BETA S.p.A., BETABIS Impianti S.p.A., BETATER Costruzioni S.r.l., in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentate e difese dall’avv. **************, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Torino, c.so Vittorio Emanuele, 82;
 
per l’annullamento
 
1) quanto al ricorso:
– della nota 14.09.07 n. 31108 con la quale l’Università degli Studi di Torino ha comunicato alla costituenda A.T.I. fra le imprese ALFABIS, ALFATER Impianti, **********, l’esclusione dalla gara per l’affidamento dei lavori di costruzione dell’edificio destinato al nuovo insediamento nell’area ex Italgas della Facoltà di giurisprudenza e di scienze politiche nonché l’aggiudicazione alla controinteressata A.T.I. fra le imprese BETA S.p.a., BETABIS Impianti S.p.a. e BETATER Costruzioni S.r.l.;
 
– del decreto dirigenziale 10.09.07 n. 6064, non direttamente conosciuto, recante aggiudicazione dell’appalto;
 
– dei verbali di gara e, segnatamente, del verbale della seduta riservata della Commissione giudicatrice in data 12.07.07;
 
– della nota 20.09.07 n. 31772 recante comunicazione del provvedimento di esclusione all’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture;
 
– di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o connesso;
 
2) quanto ai motivi aggiunti, previa sospensione:
 
– dell’annotazione iscritta a carico della ***************** dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici sul Casellario Informatico delle Imprese in data 24.01.08;
 
– della nota dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici 29.01.08 prot. n. 5417/08/VILA, recante comunicazione dell’avvenuto inserimento della suddetta annotazione;
 
– del provvedimento, non conosciuto, con il quale l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici ha disposto l’iscrizione della suddetta annotazione;
 
– di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o connesso.
 
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Vista la comparsa di costituzione dell’Universita’ degli Studi di Torino, con la relativa documentazione;
Viste la memoria di costituzione e risposta di BETA S.p.A., BETABIS Impianti S.p.A. e BETATER Costruzioni S.r.l. e la relativa documentazione;
Visti i motivi aggiunti notificati dalla società ricorrente;
Vista l’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 208/08 dell’11 marzo 2008;
Vista l’ordinanza cautelare della Sezione Sesta del Consiglio di Stato n. 2871/2008 del 27 maggio 2008;
Viste le memorie difensive delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 17 luglio 2008 il Primo Referendario ************ e uditi per le parti i difensori come specificato nel relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue
 
FATTO
L’Università degli Studi di Torino, nel maggio 2007, bandiva una procedura aperta, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento dei lavori di costruzione dell’edificio destinato al nuovo insediamento nell’area “ex Italgas” delle Facoltà di giurisprudenza e scienze politiche nonché per la progettazione esecutiva della copertura dell’edificio medesimo.
 
A tale procedura partecipavano in ATI la ***** ALFA spa, la ALFATER Impianti srl e la ALFABIS spa, le prime due quali mandanti e la terza quale capogruppo mandataria.
 
Allegando la richiesta documentazione, tra questa, la ***** ALFA spa inseriva la dichiarazione che nei confronti dei propri legali rappresentanti e direttori tecnici – nonché del signor ********, Presidente del CdA e Direttore Tecnico cessato il 27 aprile 2006 – non sussistevano cause ostative di cui all’art. 38, comma 1, lett. b) e c), d.lgs. n. 163/2006 e che, per completa trasparenza e agevolazione delle operazioni di verifica, nei confronti del suddetto, era stata emessa dal GUP presso il Tribunale di Piacenza una sentenza, ex art. 444 c.p.p., per il reato di cui all’art. 589 c.p., con pena pecuniaria della multa per euro 7.020,00, reato ritenuto dalla ditta in questione non rientrante tra quelli che incidono sulla affidabilità morale e professionale (contro p.a., ordine pubblico, fede pubblica e patrimonio), ai sensi di richiamate determinazioni dell’Autorità di Vigilanza e Circolari ministeriali nonché dell’art. 27, comma 2, DPR n. 34/2000.
 
Avviata la gara, nella seduta pubblica del 1 luglio 2007 la stessa era sospesa perché la Commissione si riservava di esaminare tale dichiarazione ai fini della definitiva ammissione dell’ATI; successivamente, nella seduta riservata del 12 luglio 2007, la Commissione, richiamando l’ampia discrezionalità in argomento, riteneva il reato per cui era stata pronunciata condanna incidente sulla moralità professionale dell’Impresa, che non aveva dimostrato di avere adottato atti o misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata. Inoltre, la Commissione rilevava anche che il costituendo raggruppamento non aveva indicato l’importo dei lavori in relazione alle singole partecipanti, ai sensi del punto 2), lett. z), del Capitolato d’Oneri.
 
La stazione appaltante, quindi, in data 10 settembre 2007, aggiudicava l’appalto al raggruppamento BETA-BETABIS Impianti-BETATER Costruzuioni e, con nota del 14 settembre 2007, comunicava tale esito, nonchè l’avvenuta esclusione, alle tre ditte interessate.
 
Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 20 novembre 2007 e depositato il giorno successivo, le tre Imprese partecipanti in ATI in precedenza indicate chiedevano l’annullamento dei provvedimenti in epigrafe riportati, lamentando quanto segue.
 
“A) Illegittimità del provvedimento di esclusione.
 
A.1) Con riferimento all’asserita incidenza della sentenza di patteggiamento 16/6/2004 del *************** sulla moralità professionale della *****************
 
Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 38 comma 1 lett. c), d.lgs. n. 163/2006 – Violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità dell’attività amministrativa anche in relazione all’art. 3 Cost. – Eccesso di potere per errore sui presupposti e conseguente travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, ingiustizia grave e manifesta.”.
 
Le società ricorrenti evidenziavano che l’episodio da cui era scaturita la condanna ex art. 444 c.p.p. concerneva un infortunio sul lavoro – omicidio colposo cagionato dalla violazione delle norme in tema di sicurezza sul lavoro – che però non poteva incidere sulla moralità professionale della ***** ALFA spa.
 
In primo luogo, il reato non era tra quelli che, per intrinseca criminosità, implicano l’esclusione automatica dagli appalti, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006 e delle disposizioni di indirizzo del Ministero dei Lavori Pubblici (del 1 marzo 2000) e dell’Autorità di settore (determinazione del 15 luglio 2003 e precedenti).
 
Né, dagli elementi costitutivi della fattispecie, si evinceva il dedotto pregiudizio alla moralità professionale, in quanto la pena pecuniaria inflitta era alquanto tenue (multa di euro 7.020,00) e le modalità di commissione del reato prese in considerazione dalla stazione appaltante erano solo quelle prospettate dal Pubblico Ministero, senza possibilità di accertamento definitivo vista la pronuncia ai sensi dell’art. 444 c.p.p.
 
Il Sig. ******** non aveva avuto alcun ruolo nei fatti, l’attività di formazione e informazione sui rischi era stata effettuata regolarmente nei confronti dei dipendenti dell’Impresa e la condanna era stata inflitta soltanto per carenza di formale delega sulla sicurezza al capo cantiere e al responsabile del servizio di prevenzione e protezione, incaricati di fatto proprio della vigilanza in materia di sicurezza sul cantiere.
 
Le società ricorrenti, inoltre, rilevavano che la controsoffittatura che aveva ceduto causando la morte dell’operaio non era stata installata dalla ***** ALFA spa, che i fatti erano accaduti da oltre sei anni, che il sig. G. in precedenza non era mai incorso in altre condanne e che la stessa ********** aveva svolto altri lavori pubblici, in subappalto, presso il Comune di Milano, regolarmente autorizzata dalla stazione appaltante pur in presenza di tale condanna di cui la stessa stazione appaltante era stata edotta.
 
“A.2) Con riferimento all’omessa indicazione della quota di partecipazione al raggruppamento da parte della *****************
 
Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 37, commi 3 e 13, d.lgs. n. 163/2006, anche in relazione al punto 2 lett. z) del capitolato d’oneri – Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’attività amministrativa di cui all’art. 97 Cost. e all’art. 1, legge 7/8/1990, n. 241 – Violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità dell’attività amministrativa, anche in relazione all’art.. 3 Cost. – Violazione del principio del favor partecipationis e di massima concorrenza alle gare – Eccesso di potere per errore sui presupposti e conseguente travisamento, difetto di istruttoria e motivazione, illogicità, sproporzione, ingiustizia grave e manifesta.”.
 
In relazione al secondo, autonomo, motivo di esclusione, le società ricorrenti evidenziavano che nella dichiarazione della ***** ALFA spa erano stati correttamente individuati i lavori di competenza di ciascuna impresa associata e le quote erano ricavabili dalle dichiarazioni di ciascuna altra impresa partecipante al raggruppamento, per cui tale ragione di esclusione si palesava eccessivamente formalistica.
 
“B) Illegittimità dei provvedimenti di segnalazione dell’esclusione all’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici e di aggiudicazione dell’appalto all’A.T.I. contro interessata.
 
Illegittimità derivata.”.
 
Le società ricorrenti rilevavano l’illegittimità derivata degli indicati provvedimenti consequenziali all’esclusione.
Si costituivano in giudizio le Imprese aggiudicatarie e l’Università degli Studi di Torino, rilevando l’infondatezza del ricorso.
Con motivi aggiunti notificati il 18 febbraio 2008, le società ricorrenti chiedevano anche l’annullamento, previa sospensione, degli specifici provvedimenti con cui era disposta l’annotazione a carico sul Casellario Informatico e l’iscrizione della suddetta annotazione, lamentando:
“C) Illegittimità in via derivata dell’annotazione iscritta dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici a carico della ***************** in data 24/1/2008”.
Erano riportati pedissequamente i motivi del ricorso introduttivo che si riflettevano sulla dedotta illegittimità derivata.
In prossimità della camera di consiglio per la trattazione della domanda cautelare del 6 marzo 2008 sia l’Università che le società controinteressate depositavano una memoria ad illustrazione ulteriore delle proprie tesi difensive.
Con l’ordinanza cautelare indicata in epigrafe questa Sezione rigettava la domanda di sospensione proposta.
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Sezione Sesta del Consiglio di Stato accoglieva l’appello avverso la medesima.
Era quindi fissata udienza di merito, ai sensi dell’art. 23 bis l.n. 1034/71, in prossimità della quale tutte le parti costituite depositavano ulteriori memorie illustrative.
Alla pubblica udienza del 17 luglio 2008 la causa è stata trattenuta in decisione e in data 18 luglio 2007 è stato pubblicato il dispositivo della presente sentenza.
 
DIRITTO
Il Collegio rileva che, nel caso di specie, è in contestazione, con il primo motivo di ricorso, l’avvenuta esclusione da una gara pubblica, in applicazione dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006, laddove è riscontrata l’esistenza di una sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale pronunciata nei confronti di amministratore direttore tecnico. Non è in discussione, quindi, una falsa dichiarazione – dato che, pacificamente, la stessa Impresa partecipante aveva correttamente dichiarato tale pendenza in sede di gara – bensì la valutazione operata dalla stazione appaltante in merito alla gravità del reato in questione.
 
Tale operazione discrezionale è ben ammessa a carico della stazione appaltante, la quale può autonomamente esaminare la natura del reato, nell’ambito del potere discrezionale riconosciutole al fine di individuare un contraente sufficientemente affidabile (anche) sotto il profilo della moralità professionale, mostrandosi anche di contrario avviso all’opinione della Impresa dichiarante, qualora questa ritenesse irrilevante a questo fine la sentenza evidenziata, come è accaduto nel caso di specie (da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 8.9.08, n. 4244).
 
Sul punto la giurisprudenza ha confermato da tempo tale orientamento, ribadendo che la causa di esclusione prevista dall’art. 75, comma 1, lett. c) D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 (coincidente ora con la disposizione normativa di cui all’art. 38, comma, lett. c), d.lgs. n. 163/06) — ai sensi della quale sono esclusi dalla gara i soggetti nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, oppure di applicazione della pena su richiesta a norma dell’art. 444 c.p.p., per reati che incidono sull’affidabilità morale e professionale — lascia un ampio margine di apprezzamento alle amministrazioni appaltanti, alle quali spetta di decidere, in concreto, quali imprese escludere dalle procedure di affidamento degli appalti, in conseguenza di fatti costituenti reato che siano da esse ritenute indici di inaffidabilità morale o professionale (Cons. Stato, Sez. V, 1.3.03, n. 1445 e 25.11.02, n. 6482; TAR Calabria, Cz, Sez. II, 19.6.06, n. 664).
 
Naturalmente, poichè il concetto di “immoralità professionale” previsto dalla norma presuppone la realizzazione di un fatto di reato idoneo a manifestare una radicale e sicura contraddizione coi principi deontologici della professione, si richiede una concreta valutazione rivolta alla verifica, attraverso un apprezzamento discrezionale che deve essere adeguatamente motivato, dell’incidenza della condanna sul vincolo fiduciario da instaurare attraverso il contratto con l’amministrazione stessa, senza che tale apprezzamento possa ritenersi compiuto per implicito attraverso la semplice enunciazione delle fattispecie di reato alle quali si riferisce la condanna (TAR Calabria, Cz, n. 664/06 cit.).
 
Nel caso di specie, comunque, sia nel verbale della Commissione di gara del 12 luglio 2007 sia nel provvedimento impugnato, è riportata un’ampia motivazione, e non il semplice richiamo alla fattispecie di reato, per cui l’attenzione del Collegio deve rivolgersi ad uno scrutinio di non illogicità, non contradditorietà e non erroneità in fatto delle conclusioni dell’amministrazione, secondo i parametri propri del presente giudizio di legittimità.
 
Ebbene, dalla lettura del verbale del 12 luglio 2007, si rileva che la Commissione di gara, richiamando la normativa applicabile di cui al citato art. 38, ha ritenuto che la disposta sentenza sia idonea a menomare il rapporto fiduciario che deve necessariamente sussistere tra l’appaltatore e la stazione appaltante sulla base di tre elementi sostanziali, quali: 1) la natura del reato ascritto al sig. G., trattandosi di “omicidio colposo” ex art. 589 c.p. (per morte di un operaio della ditta a causa della caduta di un ponteggio) cagionato per effetto della violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro; 2) le concrete modalità di commissione del reato caratterizzate dal non aver previsto, in qualità di datore di lavoro, nel piano di sicurezza operativo, alcune tipologie di rischi, inibendo così la giusta informazione dei lavoratori circa i pericoli connessi a talune operazioni, dal non aver aggiornato il predetto piano di sicurezza e dal non aver garantito l’attuazione da parte delle imprese subappaltatrici di quanto previsto nel piano medesimo; 3) il breve tempo trascorso dalla pronuncia delle sentenza.
 
Le società ricorrenti, sul punto, evidenziano, in primo luogo, che: 1) il reato oggetto della condanna non è compreso tra quelli che, per intrinseca criminosità, implicano l’esclusione automatica dagli appalti; 2) il reato non rientra tra quelli riconducibili all’interpretazione sistematica delle norme di settore e agli indirizzi del Ministero dei Lavori Pubblici (ora Infrastrutture) e dell’Autorità di Vigilanza di settore; 3) il reato non risulta incluso nell’elenco di quelli che, ex art. 32-quater c.p., implicano la pena accessoria dell’incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione.
 
In merito il Collegio, però, rileva che: 1) non è infatti stata disposta una esclusione automatica dall’appalto ma è stata disposta una esclusione discrezionale, ampiamente motivata; 2) l’interpretazione richiamata non può essere considerata vincolante, altrimenti sarebbe sottratto alle stazioni appaltanti e alle singole amministrazioni il potere discrezionale di valutazione delle singole fattispecie invece loro riconosciuto, per le ragioni sopra richiamate, al fine dell’individuazione, in concreto, del contraente più affidabile anche sotto il profilo della moralità professionale, per cui gli indirizzi del Ministero e dell’Autorità di settore, pur quali importanti parametri di riferimento, non possono considerarsi esaustivi di ogni fattispecie valutabile così da introdurre, surrettiziamente, un’altra ragione di esclusione che a quel punto diverrebbe automatica o meno, senza alcun margine di discrezionalità; 3) la pena accessoria dell’incapacità a contrarre riguarda altra fattispecie, di contenuto penale, e non può esaurire ogni conseguenza, anche di ordine amministrativo, nei rapporti tra imprese e pubbliche amministrazioni.
 
Alla luce di quanto esposto, quindi, sotto i sopra lamentati profili, non si rileva illogicità o violazione di legge nell’operato della stazione appaltante.
 
Il Collegio, quindi, ritiene di confermare quanto già anticipato in sede cautelare.
 
E’ vero che il Consiglio di Stato ha riformato la relativa ordinanza ma lo ha fatto – e non poteva diversamente – allo stato della questione cautelare alla sua attenzione, precisando che era “quantomeno dubbia la proporzionalità della sanzione irrogata…con la modestia della condotta non dichiarata e della stessa condanna riportata”.
 
Proprio per sciogliere tale “connotazione dubitativa” l’esame della questione è stato trasferito al merito, ai sensi dell’art. 23 bis n. 1034/1971, ma il Collegio, dopo adeguato approfondimento, non ritiene di pervenire a conclusione diversa da quella da lui anticipata sommariamente in sede cautelare.
 
Le società ricorrenti, infatti, sui punti richiamati anche dal Consiglio di Stato, pongono in evidenza quanto segue: 1) la ritenuta “tenuità” della pena; 2) che l’Università ha tenuto conto, nella descrizione sommaria delle modalità di commissione del reato, solo della prospettazione del Pubblico Ministero; 3) che il sig. G. non ha avuto alcun ruolo nella dinamica dell’incidente che è costato la vita all’operaio; 4) che vi era stata condanna solo per una assenza di formale delega ai veri responsabili della sicurezza di cantiere, comunque individuati e individuabili; 5) che la controsoffittatura che aveva ceduto non era stata installata dalla ***** ALFA spa ma da altra impresa edile; 6) che i fatti erano accaduti da oltre sei anni; 7) che il sig. G. aveva ricoperto la carica per anni senza incorrere in alcuna condanna penale; 8) che la ***** ALFA spa ha continuato a svolgere pubblici appalti pure dopo i fatti in esame.
 
In merito il Collegio rileva quanto segue: 1) l’entità della pena non può essere valutata in assoluto – pur se, per essere mera pena pecuniaria, non appare così tenue come dedotto, tenuto conto che era stata applicata in sostituzione di quella di mesi sei di reclusione, come si rileva dalla lettura della sentenza del GUP del Tribunale di Piacenza – ma conta l’esame del fatto e la specifica natura del reato, che si riverbera sulla condotta professionale, rilevando invece l’entità della pena nel quadro della responsabilità penale individuale valutata secondo parametri propri del giudice penale che sono diversi dai parametri amministrativo-discrezionali propri della stazione appaltante al fine sopra ricordato di individuazione del “miglior” contraente; 2) la prospettazione del P.M., trattandosi di applicazione di pena su richiesta, era l’unica disponibile e se l’imputato avesse avuto interesse ad approfondire i fatti, ritendoli diversamente qualificabili, avrebbe potuto chiedere il giudizio ordinario: accettando l’applicazione della pena su richiesta l’imputato accetta evidentemente la ricostruzione prospettata, sulla quale, d’altronde, si pronuncia il Giudice; 3) per tale ragione nessun ingresso nella presente sede – che a ciò non è deputata – possono avere diverse ricostruzioni dei fatti e considerazioni in ordine alla responsabilità effettiva del G., che non è stato condannato ex art. 444 c.p.p. per avere avuto un ruolo nella specifica dinamica dell’incidente ma per non avere dato luogo ad incombenze aziendali che gli competevano in materia di sicurezza; 4) proprio l’assenza di formale delega a terzi costituisce – evidentemente – il “nucleo” della valutazione discrezionale della stazione appaltante, in quanto i responsabili di imprese del settore dei lavori pubblici dovrebbero porre primariamente la massima attenzione anche nel dar luogo ad incombenze apparentemente formali – soprattutto in materia di sicurezza sul lavoro – che però testimoniano l’affidabilità morale di un‘impresa che opera nel settore, la quale deve porre al vertice delle sue priorità anche tale aspetto fondamentale nello svolgimento della sua attività; né vale rilevare che comunque responsabili di fatto della sicurezza esistevano sul luogo di lavoro, perché la delega formale è indice di affidabilità dell’impresa, che nulla trascura in tale settore, quale fattore primario per diventare controparte contrattuale di una pubblica amministrazione; 5) appare irrilevante che la controsoffitatura che ha ceduto sia stata installata da terzi, atteso che tale rilievo può valere, forse, ai fini della eventuale responsabilità aquiliana di tale ditta ma non sposta i termini centrali della questione, come sopra evidenziati; 6) non assume un aspetto determinante la circostanza che i fatti risalgano a sei anni addietro, in quanto, nel frattempo, non risulta che la ***** ALFA spa abbia dato luogo a dissociazione, come non ha mancato di rilevare la stazione appaltante, dato che il sig. G. risulta avere ricoperto importanti cariche sociali fino al 27 aprile 2006, mantenendole quantomeno per quasi due anni dalla sentenza in questione; 7) irrilevante appare il periodo antecedente alla data della sentenza, dato che solo su questa si è appuntato il giudizio di “gravità” del reato dell’amministrazione e non risultano limiti quantitativi in ordine al numero di condanne riportate, ai sensi dell’art. 38 cit.; 8) irrilevante è anche la circostanza per cui la ***** ALFA spa abbia svolto un (sub)appalto in seguito, tenuto conto che esso riguarda altra amministrazione in periodo successivo a quello per cui è causa e l’Università di Torino non poteva conoscerla, e comunque all’esame di questo Tribunale non può che rimanere la presente fattispecie.
 
Alla luce di quanto dedotto, quindi, la valutazione discrezionale del’Amministrazione, in tal senso illustrata anche nelle sue difese nonché in quelle della controinteressata, appare immune da censure di illogicità, contradditorietà e erroneità in fatto valutabili nella presente sede.
 
L’autonomia e indipendenza delle due cause di esclusione esimerebbe il Collegio dall’esaminare il secondo motivo di ricorso per carenza di interesse, vista la legittimità del primo motivo di esclusione sopra illustrata.
 
Per mera completezza, comunque, il Collegio rileva anche l’infondatezza di tale motivo di ricorso, in quanto lo stesso Capitolato di oneri prevedeva, ad esplicita pena di esclusione, la dichiarazione, per le singole imprese in RTI, delle quote di partecipazione individuale, senza margini discrezionali per la stazione appaltante che non poteva provvedere diversamente, nel rispetto del principio della “par condicio”.
 
Da ultimo il Collegio rileva che le censure avverso gli atti relativi all’annotazione e all’iscrizione ad opera dell’Autorità di settore, illustrate sia con il terzo motivo di ricorso sia con i motivi aggiunti, sono connotate esclusivamente da illegittimità derivata, per cui, per quanto sopra illustrato, anche queste devono essere ritenuti infondati.
 
Per quanto detto, quindi, il ricorso e i motivi aggiunti devono essere rigettati.
 
Sussistono comunque giusti motivi per compensare tre le parti le spese di giudizio, attesa la peculiarità della vicenda e l’esito della fase cautelare.
 
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte, Sezione I rigetta il ricorso e i motivi aggiunti in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del 17 luglio 2008 con l’intervento dei Magistrati:
 
**************, Presidente
****************************, Primo Referendario
************, Primo Referendario, Estensore
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 
Il 08/10/2008
 
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
  

Lazzini Sonia

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