La capacità di testimoniare

Redazione 17/09/19
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In tema di testimonianza l’ordinamento giuridico italiano stabilisce attraverso l’art. 196 del codice di procedura penale che:

1. ogni persona ha la capacità di testimoniare. 2. Qualora, al fine di valutare le dichiarazioni del testimone, sia necessario verificarne l’idoneità fisica o mentale a rendere testimonianza, il giudice anche di ufficio può ordinare gli accertamenti opportuni con i mezzi consentiti dalla legge. 3. i risultati degli accertamenti che, a norma del comma 2, siano stati disposti prima dell’esame testimoniale non precludono l’assunzione della testimonianza”.
Secondo quanto disposto dal codice di procedura penale qualsiasi soggetto, senza limite di età, è considerato quindi in grado di rendere testimonianza in giudizio in merito ad un fatto storico. Tuttavia il giudice se lo riterrà opportuno potrà disporre accertamenti tecnici in merito alla “idoneità fisica o mentale a rendere testimonianza”. Tali concetti giuridici trovano definizione in ambito psicologico all’interno della distinzione tra abilità “generiche” e “specifiche” le quali sono così definite nelle Linee guida nazionali. L’ascolto del minore testimone (2010 e 2014 – vedi Appendice):

• “le prime corrispondono alle competenze cognitive come memoria, attenzione, capacità di comprensione e di espressione linguistica, source monitoring, capacità di discriminare realtà e fantasia, verosimile da non verosimile, ecc., oltre al livello di maturità psico-affettiva; • le ‘specifiche’ corrispondono alle abilità di organizzare e riferire un ricordo in relazione alla complessità narrativa e semantica delle tematiche in discussione ed all’eventuale presenza di influenze suggestive, interne o esterne, che possono avere agito”.
L’idoneità non può quindi essere valutata sulla base della sola presenza di funzioni psichiche più o meno nella norma ma deve essere intesa in relazione alle specifiche caratteristiche del fatto oggetto di testimonianza.

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Cosa deve riguardare l’accertamento?

L’accertamento deve dunque riguardare l’esame delle seguenti capacità:
“a) capacità cognitiva generale, incluso il source monitoring;

b) capacità di comprendere il linguaggio verbale relativamente a: b1) strutture grammaticali e sintattiche; b2) termini con differenze minime di significato; b3) contenuti assurdi (assurdità semantiche, storie assurde);

c) memoria autobiografica. Particolare attenzione dovrà essere prestata ad eventuali razionalizzazioni volte a colmare lacune mnesiche. È sempre opportuno in tal senso effettuare riscontri con testimoni adulti;

d) capacità, commisurata all’età, di discriminare realtà da fantasia, verosimile da non verosimile, assurdo da plausibile; e) capacità interpretativa di stati mentali propri o altrui (funzione riflessiva);

f) livello di suggestionabilità. Alcuni aspetti della suggestionabilità non possono essere valutati mediante test specifici ma solo apprezzati con indicatori anamnestici. La suggestionabilità costituisce fattore di rischio che deve essere valutato e ponderato nel parere finale” (Linee guida nazionali. L’ascolto del minore testimone, 2010).

L’esperto è tenuto a fornire una propria valutazione in merito alle funzioni psichiche di base legate alla capacità di rendere testimonianza inclusa la presenza di eventuali problemi psicopatologici, tenuto conto della fase di sviluppo del soggetto e delle specifiche circostanze che è chiamato a ricordare e sulle quali deve riferire. In merito al suo ruolo è importante sottolineare quanto si legge nelle Linee guida nazionali:

3.1 il ruolo dell’esperto riguarda, in primo luogo, la valutazione della capacità di testimoniare del bambino. Per questo motivo non vanno utilizzate dall’esperto espressioni come “attendibilità” e “credibilità” perché potenzialmente fuorvianti. 3.2 All’esperto non può essere demandato il compito – non delegabile perché di esclusiva competenza del giudice – di accertare la veridicità di quanto raccontato dal bambino. Non possono essere egualmente formulati pareri per “validare” scientificamente contenuti della testimonianza (o parti di essa). Non esistono, difatti, “indicatori” psicologici, testologici o comportamentali in tal senso.Utilizzando le parole di Fornari (2013, p. 713) si ritiene fondamentale sottolineare che “la valutazione clinica della sua idoneità mentale assume un’importanza fondamentale nei processi indiziari, dei quali la «chiave di volta» è appunto il racconto del bambino unico testimone dell’accaduto, dal momento che ogni altra fonte testimoniale, il PTSD e i comportamenti sessualizzati hanno valore discriminatorio assai discusso e discutibile”.

La Scheda di rilevazione della capacità testimoniale, sviluppata da Camerini, Sabatello e Volpini nel 2012 (Gulotta, Camerini, 2014), tenendo conto di questi presupposti richiede che nella compilazione del protocollo si considerino non solo i dati provenienti dall’indagine psicologica sul testimone ma anche elementi rinvenibili da più fonti di informazione, quali i colloqui con altri soggetti significativi e l’analisi dei riscontri contestuali contenuti nel fascicolo processuale. Di seguito verrà descritto analiticamente il protocollo distinguendone l’uso e l’applicazione da parte dell’esperto incaricato dal pubblico ministero o designato come perito del giudice. – L’esperto nominato dal pubblico ministero in qualità di consulente tecnico o di ausiliario nella raccolta delle Sommarie Informazioni Testimoniali ha solitamente poche occasioni (spesso una sola) per incontrare il minore; si forniranno quindi una serie di possibili strategie operative volte ad una preliminare sintetica valutazione dell’idoneità testimoniale e delle capacità disponibili. – In caso di perizia psicologica la valutazione delle competenze richiede maggiori approfondimenti in una prospettiva clinica e neuropsicologica. Pertanto non potrà bastare la sola analisi degli atti o il colloquio clinico ma si renderà necessario predisporre una batteria di reattivi psicodiagnostici che permetta di meglio obiettivare ogni singola competenza. La scelta degli strumenti psicodiagnostici utilizzabili in ambito forense utili per la compilazione del Protocollo dovrà essere in grado dunque di soddisfare quei criteri metodologici di scientificità stabiliti dalla giurisprudenza nella sentenza Cozzini ed ancor più recentemente nella sentenza Cantore (1).

I mezzi di indagine psicodiagnostica

Ricordando, come ben puntualizzato da Fornari (2013, p. 713) nel Trattato di psichiatria forense, che “nessun mezzo di indagine psicodiagnostica serve per accertare se il bambino è stato abusato; nessun test può confermare o disconfermare una storia di abuso sessuale (la verità processuale)”. Nella scelta dunque occorre seguire una logica che prediliga gli strumenti che possiedono adeguate caratteristiche di ripetibilità, accuratezza e precisione (Stracciari et al., 2010). Tale precisazione non è di poco conto, se si osservano i risultati di una recente ricerca di Stracciari et al. (2010, p. 176) in cui “dalla ricognizione di un campione di 20 perizie/consulenze da noi effettuata solo 4 esaminano la capacità di memoria autobiografica del testimone, capacità di ricordo che, anche senza far riferimento a sofisticati sistemi giuridici o mirabolanti teorie scientifiche, chiunque comprende essere il core business della perizia”. L’impiego di una metodologia scientifica basata sull’evidenza scientifica permette di limitare gli errori di valutazione e conseguentemente di fondare le proprie decisioni su una prova scientificamente più affidabile e pertanto riducendo la possibilità di errori giudiziari (Stracciari et al., 2010). Come scrive S. Recchione (2013), “sullo sfondo emerge la ricerca di una via scientifica alla valutazione dell’attendibilità del dichiarato, che sconfina nella tendenza ad affidarsi alle analisi neuroscientifiche, che consentono una maggiore obiettività rispetto a quelle psicologiche”.

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Bibliografia

Fornari, U. (2013). Trattato di psichiatria forense. V ed. Torino: UTeT. GUlotta, G., camerini, G.B. (a cura di) (2014). Linee guida nazionali. L’ascolto del minore testimone. Commentate articolo per articolo. Milano: Giuffrè. recchione, s. (2013, 8 novembre). La prova dichiarativa del minore nel processo di abuso sessuale: l’intreccio (non districabile) con la prova scientifica e l’utilizzo della prova decisiva delle dichiarazioni “de relato”. Diritto Penale Contemporaneo. stracciari, a., Bianchi, a., sartori, G. (2010). Neuropsicologia forense. Bologna: il Mulino.

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