La calunnia all’amministratore di condominio

Una condomina denunciava per violazione di domicilio l’amministratore di condominio. Il Tribunale condannava la condomina per il reato di calunnia.

Allegati

L’art 368 c.p. (reato di calunnia) dispone che chiunque, con denuncia, querela, richiesta, istanza anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’autorità giudiziaria o ad altra autorità che ha l’obbligo di riferire alla prima, incolpa qualcuno che sa essere innocente di un reato, oppure simula a suo carico tracce di un reato è punito con la reclusione da due a sei anni. Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri

Corte di Cassazione -sez. VI pen.- sentenza n. 1649 del 14-01-2025

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Indice

1. La calunnia in generale


L’accusa deve essere falsa e presentata con la consapevolezza dell’innocenza della persona accusata. Questo elemento soggettivo distingue la calunnia da altri reati come la diffamazione. In ogni caso la falsa accusa deve essere fatta presso un’autorità competente, come la polizia, il pubblico ministero o un giudice. Ai fini della configurabilità del reato di calunnia, non è necessario l’inizio di un procedimento penale a carico del calunniato, occorrendo soltanto che la falsa incolpazione contenga in sé gli elementi necessari e sufficienti per l’esercizio dell’azione penale nei confronti di una persona univocamente e agevolmente individuabile. In ogni caso si ricorda che la dichiarazione dell’estinzione del reato non investe la condanna del reo al risarcimento del danno. L’articolo 185 c. p. stabilisce che ogni reato obbliga alle restituzioni secondo il codice civile e ogni reato che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui. Ne consegue che la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione non riguarda la responsabilità civile dell’autore del reato che, pertanto, permane immutata (Cass. pen., sez. VI, 23/02/2022, n. 6609). Ciò premesso si può affermare che questo reato può essere commesso in ambito condominiale. Non è raro che qualche condominio muova un’accusa falsa e consapevolmente infondata nei confronti dell’amministratore, attribuendogli un reato che sa non essere stato commesso da quest’ultimo. Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri

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Codice penale e di procedura penale e norme complementari

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2. Un caso recente: la vicenda


Con querela sporta nel dicembre 2017, una condomina denunciava per violazione di domicilio l’amministratore di condominio, il quale aveva fatto sfondare il muro da lei realizzato nel sottotetto (che riteneva di sua proprietà), facendo introdurre in tale area degli operai.
Il Tribunale condannava la condomina per il reato di calunnia per avere accusato, sapendolo innocente, l’amministratore di condominio di aver violato il suo domicilio, introducendosi nel sottotetto. Quest’ultimo infatti non era di proprietà esclusiva dell’imputata, e il condominio, a seguito di azione civile, era stato reintegrato nel suo possesso. La Corte di appello di Brescia ha confermato tale sentenza, concedendo all’imputata del beneficio della non menzione della condanna. La condomina ricorreva in cassazione. Il difensore sosteneva che, al momento della presentazione della querela per violazione di domicilio, non c’era stato alcun accertamento giudiziale sulla proprietà del sottotetto. La ricorrente era convinta che il sottotetto fosse di sua proprietà, come sostenuto in assemblea condominiale e corroborato dal contratto di affitto, nonché dalla consulenza tecnica. Inoltre si faceva presente che la sentenza non argomentava sugli specifici motivi dedotti con l’atto di appello a sostegno della buona fede della ricorrente, né precisava che nel documento catastale originario, a cui il rogito di acquisto rimandava, indicava il sottotetto come “graffato” all’ultimo piano.

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3. La decisione della Cassazione


La Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello.
Infatti il sottotetto non è risultato di proprietà esclusiva dell’imputata. Tuttavia, come hanno evidenziato i giudici supremi, l’accertamento della proprietà del sottotetto è avvenuto successivamente alla presentazione della querela e non è da considerare rilevante per provare il dolo di calunnia. Del resto la piena consapevolezza, da parte del denunciante, dell’innocenza della persona accusata è esclusa quando la supposta illiceità del fatto denunciato sia ragionevolmente fondata su elementi oggettivi, connotati da un riconoscibile margine di serietà e tali da ingenerare concretamente la presenza di condivisibili dubbi da parte di una persona di normale cultura e capacità di discernimento, che si trovi nella medesima situazione di conoscenza (Cass. pen., sez. VI, 18/07/2012, n. 29117).
In ogni caso la Cassazione ha notato che erroneamente la sussistenza del dolo si è dedotta principalmente dalla presenza in detto spazio di alcuni impianti condominiali, accessibili regolarmente per la manutenzione, e dall’esistenza di una delibera condominiale del 2016 che aveva disposto l’esecuzione di lavori all’interno del sottotetto.
A quanto sopra si è aggiunto che la sentenza della Corte di Appello non ha esaminato a fondo la querela per verificare se vi fossero motivi ragionevoli che giustificassero la convinzione dell’imputata di essere proprietaria del sottotetto, né ha considerato i documenti allegati (Cass. pen., sez. VI, 14/01/2025, n. 1649).

Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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