L’infedeltà di un coniuge può essere rilevante ai fini dell’addebitabilità della separazione soltanto quando sia stata causa o concausa della frattura del rapporto coniugale

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Stante l’assenza di specifiche argomentazioni della moglie destinate ad escludere che la sua comprovata infedeltà avesse avuto incidenza causale sulla crisi coniugale, non fornendo l’infedele idonea prova di una relazione causale tra la crisi finanziaria e la rottura matrimoniale, la Corte d’Appello di Venezia, con sentenza n. 2154 del 2009, accoglieva la domanda di addebito del coniuge nei confronti dell’adultera, osservando che i “potenziali” contrasti dipendenti dalla cattiva gestione delle risorse economiche della famiglia non risultavano idonei, anche dal punto di vista cronologico, a rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza.

Pertanto, sotto tale profilo l’irreversibilità della prosecuzione della convivenza è dovuta unicamente all’incidenza negativa della relazione extra-coniugale della donna sull’unità familiare, dando atto della dimostrazione di una autonoma ed indipendente “situazione di grave tensione determinata anche dalle difficoltà economiche e dalla crisi delle attività societarie della coppia” che, in quanto tale, è irrilevante al fine dell’addebitabilità della separazione.

Piazza Cavour, con sentenza n. 17741 del 19 luglio 2013, in maniera sintetica, ma efficace, aderisce alla decisione della corte territoriale ribadendo che l’infedeltà di un coniuge, la quale pur rappresentando una violazione particolarmente grave, specie se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, può essere rilevante ai fini dell’addebitabilità della separazione soltanto quando sia stata causa o concausa della frattura del rapporto coniugale, e non anche, pertanto, qualora risulti non aver spiegato concreta incidenza negativa sull’unità familiare e sulla prosecuzione della convivenza medesima: come avviene allorquando il giudice accerti la preesistenza della rottura già irrimediabilmente in atto, perciò autonoma ed indipendente dalla successiva violazione di fedeltà (Cass. Sez. Un. 2494/1982; Cass. N. 15557/2008; Cass. 25618/2007; 13592/2006; 8512/2006), intervenendo in un menage già compromesso (Cass. Sent. n. 16767 del 02 ottobre 2012; n. 8675 del 9 aprile 2013).

Così, il Collegio esclude, in assenza di idonee prove, che le difficoltà economiche avessero determinato l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza (rilevandone la mera potenzialità di determinare gravi contrasti e la dubbia collocazione sul piano cronologico), di talchè l’attribuzione di efficacia causale – se non esclusiva, predominante – al conclamato adulterio risulta giustificata da congrua e coerente motivazione.

Zecca Maria Grazia

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