L’evoluzione dei principi di trasparenza e pubblicità nelle Istituzioni parlamentari

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Il diritto alla conoscenza degli atti e delle attività del Parlamento da parte dei cittadini è posto come base del principio democratico e permette la valutazione del normale svolgimento dei lavori delle Assemblee elettive.
Il principio della trasparenza delle istituzioni, che venne affermandosi in Inghilterra in via consuetudinaria verso la fine del ‘700, trovò una sua prima istituzionalizzazione nella costituzione statunitense del 18° secolo e in quelle rivoluzionarie francesi a partire dalla costituzione del 1791.
In Italia la prima norma a stabilire l’assunto per cui “le sedute delle Camere sono pubbliche” venne introdotta, per la prima volta, dall’art. 57 dello Statuto Albertino del 1848 con la previsione che  dieci parlamentari avrebbero potuto chiedere che le Camere deliberassero in segreto: deroga di cui, le Camere, per la verità, si avvalsero ben poche volte se non per casi eccezionali come la guerra, l’approvazione dei bilanci di ciascuna camera, ma mai per discutere ed approvare leggi.
L’affermarsi del diritto di accesso alle informazioni delle Istituzioni rappresenta un traguardo notevole per le basi dello Stato di diritto in quanto la trasparenza del processo decisionale contribuisce a consolidare il carattere democratico delle stesse Istituzioni e ad accrescere la fiducia dei cittadini (che eleggono i loro rappresentanti) nei confronti dello Stato.
Cercando di ricavare il principio di trasparenza direttamente dalla Costituzione quale legge fondamentale dello Stato, si osserva che essa, di per sé, non prevede l’obbligo esplicito di informare i cittadini ma, una formulazione relativa a tale obbligo, si può ricavare dagli articoli relativi alle sedute del Parlamento che “sono pubbliche” (art. 64), alla pubblicazione delle leggi (art. 73) e all’organizzazione dell’Amministrazione (artt. 97-98).
Nell’ambito dell’attività svolta dal Parlamento, dunque, il sistema delle fonti del diritto parlamentare è alla base di uno specifico vincolo di documentazione e trasparenza che è conseguenza dell’obbligo di pubblicità sancito dall’art. 64 della Costituzione.
Avere infatti la conoscenza delle fasi del procedimento significa sapere quale norma scritta, uso o interpretazione sono stati concretamente applicati e potere valutare di conseguenza il normale svolgimento dell’attività parlamentare.
Solitamente la prassi, nell’ambito della documentazione parlamentare, è solita distinguere tra:
1) documentazione a fini di pubblicità (resoconti stenografici e sommari, resoconti dei lavori delle Giunte e delle Commissioni permanenti ormai liberamente consultabili da tutti subito dopo lo svolgimento della seduta sui siti di Camera e Senato),
2) documentazione a fini di certificazione (processo verbale e messaggi). Il processo verbale, per il principio di indipendenza della decisione parlamentare, ha valore probatorio ed inoppugnabile proprio per le circostanze e le garanzie che sono state adottate nella sua formazione. Redatto dal funzionario parlamentare estensore (o dal funzionario segretario nel caso delle Commissioni) infatti, contiene solo gli atti compiuti e le deliberazioni adottate dalle Camere (e non le motivazioni) in base agli artt. 11 r. C, e 60.1 e 32 r. S. Anche se non pubblicato, e in quanto tale non si può considerare strumento di pubblicità, il processo verbale deve comunque considerarsi pubblico: chiunque infatti vi abbia interesse può avervi accesso.
La seduta segreta delle Camere disposta dall’art. 64.2 Cost. costituisce pertanto una deroga alla pubblicità dei lavori che oggi ha una scarsa rilevanza e viene assunta solo in casi eccezionali secondo le modalità disposte dagli artt. 63 r. C. e 57 r. S.
Il regime di pubblicità investe sempre i lavori dell’Aula, mentre per le Commissioni generalmente non sussiste un vincolo costituzionale svolgendo esse un lavoro istruttorio per l’Aula, tranne che per il caso descritto dall’art. 72 Cost. secondo il quale le Commissioni si trovano ad operare in sede legislativa-deliberante approvando in questo caso l’atto in via definitiva.
I regolamenti parlamentari dispongono in merito ai principali strumenti che servono per garantire la pubblicità dei lavori dell’Assemblea e delle Commissioni:
1) ammissione del pubblico alle tribune (art. 64 r. C. e 70 r. S);
2) trasmissione diretta mediante dispositivi a circuito chiuso (art. 65 r. C.e 33.4 r. S.);
3) trasmissione diretta attraverso emittenti pubbliche e private (art. 63 r. C. e 151-bis comma 6 r. S);
4) redazione e stampa di atti parlamentari: ordine del giorno (con informazioni su tutti i progetti e i documenti presentati), resoconti di seduta e resoconti delle Commissioni, atti parlamentari (generalmente progetti di legge) e documenti.
L’importanza assunta dalla produzione della documentazione ha portato alla diffusione in internet dell’attività del Parlamento aprendosi e tutelandosi, in questo modo, un’era di particolare trasparenza volta alla pubblicità di mozioni, interpellanze, risoluzioni, interrogazioni, leggi e di tutti gli atti di iniziativa legislativa.
 
 
Lo scenario europeo
La trasparenza dell’attività delle Istituzioni europee costituisce il baricentro per una corretta e celere integrazione degli Stati dell’Unione.
L’importanza della trasparenza dei propri atti e della loro conoscibilità per tutti i cittadini è stata sancita a più riprese dalla Commissione europea: fin dal trattato di Maastricht (art.1), dalla successiva dichiarazione ad esso annessa (n. 17) e dai i Regolamenti n. 1260 del 1990 e n. 1159 del 2000 rispettivamente sulle istituzioni dei fondi europei e sull’attività di informazione, comunicazione e pubblicità delle iniziative intraprese e realizzate con i fondi. Ciò con il chiaro scopo di favorire il legame dei cittadini europei ad una realtà politica tanto vasta quanto eterogenea come la Comunità europea.
L’art. 1 paragrafo 2 del Trattato di Maastricht dichiara infatti che "nel processo di creazione di un’Unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa le decisioni devono essere prese nel modo più trasparente e il più vicino possibile ai cittadini".
Ma è il Regolamento n. 1049 del 2001 del Parlamento europeo e del Consiglio che, nello specifico, disciplina l’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione. A parte le ovvie e dovute limitazioni all’accesso (come l’interesse pubblico, la vita privata e l’integrità di un individuo, interessi commerciali di una persona fisica o giuridica) il Regolamento risulta abbastanza agevole e sembra favorire il diritto dei cittadini Ue a conoscere qualunque atto o attività in tempi molto celeri: la domanda di accesso, infatti, presentata in forma scritta o elettronica in una delle lingue dell’Unione, riceve una risposta positiva o negativa entro 15 giorni lavorativi dalla registrazione della domanda a cui segue un avviso di ricevimento.
Il richiedente non è tenuto a fornire una motivazione, e nel caso di rifiuto totale o parziale può richiedere nei 15 giorni successivi che l’istituzione riveda la sua posizione.
Ad ogni modo, ciascuna istituzione, per facilitare ciò, rende accessibile un registro di documenti (anche in forma elettronica).
I documenti definiti “delicati” (ossia provenienti da Stati membri, Paesi terzi, o organismi internazionali) possono essere divulgati solo con il consenso dell’istituzione che li ha posti in essere.
A prescindere dalla possibilità concessa ai cittadini, l’Ue pubblica in automatico, ai fini della trasparenza della propria attività, i seguenti atti sulla Gazzetta Ufficiale: le proposte della Commissione, le decisioni quadro le decisioni e le convenzioni secondo l’art. 34 del Trattato istitutivo dell’Unione, le convenzioni firmate tra Stati membri (art. 293), gli Accordi internazionali conclusi dalla Comunità (art. 24).
 
 
Il Decreto presidenziale della Regione Sicilia in tema di trasparenza
Norme generali sulla trasparenza e pubblicità dei lavori sono contenute nel Regolamento interno dell’Assemblea regionale siciliana: l’art. 76 dispone che le sedute dell’Assemblea sono pubbliche, ma questa, tuttavia, “può deliberare di adunarsi in seduta segreta su richiesta di almeno 10 deputati”. Pur tuttavia, l’Assemblea si riunisce sempre in seduta segreta “quando si trattano questioni riguardanti singole persone”.
Ogni seduta pubblica comporta la redazione del processo verbale che contiene gli atti e le deliberazioni dell’Assemblea indicando, per le discussioni, l’oggetto e i nomi di chi vi ha partecipato. Nel corso della seduta si legge e si approva il processo verbale della seduta precedente che si considera approvato senza votazioni se non ci sono osservazioni.
Il resoconto stenografico di ogni seduta pubblica viene redatto e pubblicato.
Nell’ambito dell’attività delle Commissioni l’art. 34 prevede che “la pubblicità è assicurata mediante sommari redatti a cura del funzionario addetto e pubblicati settimanalmente nel Bollettino delle Commissioni”. Ma, dei lavori delle Commissioni, è redatto, inoltre, processo verbale che viene approvato dalla stessa Commissione nella seduta successiva e sottoscritto dal presidente e dal segretario.
La Commissione ha comunque la libertà di decidere “quali dei suoi lavori, nell’interesse dello Stato e della Regione, debbano rimanere segreti” (art. 69 comma 15), riservandosi in questo modo la possibilità di una chiara limitazione della conoscibilità della propria attività.
Il 20 giugno 2008 sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia è stato pubblicato il Decreto presidenziale recante l’”Esecuzione del Regolamento per l’accesso agli atti e ai documenti dell’Assemblea regionale Siciliana” che di fatto limita la possibilità per i cittadini di accedere agli atti e ai documenti dell’Ars.
Il provvedimento, benché si dichiari infatti ispirato alla “trasparenza dell’attività amministrativa” al fine di favorirne lo svolgimento imparziale, risulta, per contro, caratterizzato, almeno a parere dello scrivente, dalla presenza di un corposo quanto eccessivo articolo 2 che riporta i casi di esclusione dell’accesso.
Considerata questa lunga elencazione di casi sembrerebbe più facile identificare, ad excludendum, i pochi casi, se mai ne fosse rimasto qualcuno, in cui i cittadini possano ancora conservare ed esercitare il loro diritto di accesso agli atti e all’attività dell’Ars.
Nella blindatura del testo si legge, infatti, che "non sono accessibili le informazioni in possesso dell’Assemblea regionale siciliana che non abbiano forma di documento amministrativo"; per cui sono accessibili solo gli atti amministrativi che vanno a ricadere nella sfera di competenza della legge n. 241 del 1990, ma nulla sembra ammesso sull’attività legislativa e/o politica.
L’Esecuzione del Regolamento prevede, pertanto, che non si possa prendere visione delle pratiche che vengono istruite dall’Amministrazione dell’Ars (atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e programmazione, pareri in relazioni a liti, atti difensionali, procedimenti penali e disciplinari, inchieste ispettive sommarie e formali, provvedimenti di dispensa dal servizio, documentazioni relative alla situazione finanziaria economica e patrimoniale di persone gruppi ed imprese comunque utilizzate a fini amministrativi, rapporti esposti ed atti di promovimento di azioni di responsabilità presentati alla competente autorità giudiziaria ordinaria amministrativa o contabile […] e “gli altri atti individuati con successivo decreto del Presidente dell’Assemblea regionale siciliana”).
Inoltre, "non sono ammissibili istanze preordinate ad un controllo generalizzato dell’Assemblea regionale siciliana”  (art. 2 comma 4) che, insieme alla possibilità che l’Ars si riserva di rinviare la visione dei documenti (art. 7 comma 2) “per salvaguardare le esigenze di riservatezza dell’Amministrazione”, sembra come dire che non si voglia rendere trasparente il proprio operato, quando ormai da diciotto anni la già citata legge n. 241 obbliga tutte le amministrazioni a regolare l’accesso.
 
 
Giuseppe Massimo Abate
 
 
Bibliografia
Regolamenti di Camera e Senato
Regolamento interno dell’Assemblea regionale siciliana
Esecuzione del Regolamento dell’Ars – Decreto presidenziale del 20 giugno 2008
Regolamento europeo n. 1049 del 2001
Regolamento europeo n. 1159 del 2000
Regolamento europeo n. 1260 del 1990
Barbera A.,  Parlamenti. Un’analisi comparativa, Laterza, Bari-Roma, 2008
Gianniti L. – N. Lupo, Corso di Diritto parlamentare, il Mulino 2008
Manzella A., Il parlamento, il Mulino 2003 

Abate Giuseppe Massimo

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