L’errore scusabile è istituto di generalissima applicazione nel sistema della giustizia amministrativa, volto a garantire l’effettività della tutela giurisdizionale, ed è quindi suscettibile di trovare applicazione sia quando siano ravvisabili situazioni

Lazzini Sonia 15/06/06
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Il Consiglio di Stato con la decisione numero 3046 del 23 maggio 2006 che si occupa di problematiche di procedura, non considera un errore scusabile per un’impresa:
 
< Nessuna di queste circostanze è riscontrabile nel caso di specie.
 
L’appellante assume, infatti, che dall’esame della bolletta dell’UNEP della Corte d’appello di Milano emergerebbe che l’atto notificato sia stato scaricato per la successiva resa alla parte richiedente solo in data 8 marzo 2005, ovvero il quattordicesimo giorno successivo alla sua notificazione, ciò che avrebbe reso impossibile il ritiro del medesimo nel termine di legge; l’atto, infatti, sarebbe stato disponibile per la resa solo a partire dall’11 marzo 2005, data in cui sarebbe stato materialmente possibile provvedere al ritiro dello stesso.
 
Sennonché, l’8 marzo 2005 era martedì (ed era il tredicesimo giorno dalla notificazione, dovendosi fare riferimento all’ultima delle notificazioni, operata, nella specie, nei confronti del controinteressato); sicché non è dato comprendere il motivo per cui il ritiro dell’atto sarebbe stato possibile solo a partire dal successivo giorno 11 (venerdì) e non nei giorni precedenti e per quale motivo non sia stato possibile operare il deposito del ricorso stesso in quei medesimi giorni; e ciò non senza considerare, comunque, e a tutto concedere, che, se pure dovesse convenirsi, in astratta ipotesi, con l’appellante nel ritenere che prima del giorno 11 marzo 2005 non sarebbe stato possibile operare il deposito del ricorso, non di meno tale deposito ben avrebbe potuto e dovuto avvenire (nel rispetto dei principi di celerità fatti propri dal ripetuto art. 23 bis) nel più breve dei termini decorrenti da tale data, mentre, nella specie, il deposito è avvenuto dopo altri dodici giorni>
 
A cura di *************
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,   Quinta Sezione          ANNO 2005
 
ha pronunciato la seguente
 
decisione
 
sul ricorso in appello n. 5327/2005 proposto dalla società *** s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti *****************, *******************, ***************** e *************** e presso quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via Tacito 41,
 
CONTRO
 
il Comune di MILANO, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti *****************, ******************* e ************* e presso quest’ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via Cicerone 28,
 
e nei confronti
 
della società *** di ******* *** & *********, in persona del legale rappresentante p.t., non costituitasi in giudizio,
 
per la riforma
 
della sentenza del TAR della Lombardia, sede di Milano, Sezione III, 11 maggio 2005, n. 938;
 
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
 
visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellata amministrazione e la memoria dalla stessa prodotta a sostegno delle proprie difese;
 
visti gli atti tutti di causa;
 
relatore, alla pubblica udienza del 20 gennaio 2006, il Cons. **************;
 
vista l’ordinanza della Sezione 30 agosto 2005, n. 3896;
 
uditi gli avv.ti *************** e *************;
 
visto il dispositivo n. 48, pubblicato il 24 gennaio 2006.
 
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
 
F A T T O  
 
1) – Con l’appello in epigrafe è impugnata la sentenza in forma semplificata con cui il TAR ha dichiarato inammissibile – a cagione del tardivo deposito del ricorso – il gravame proposto per l’annullamento della determinazione dirigenziale 24 dicembre 2004, n. 795/B/04, avente ad oggetto l’aggiudicazione alla società controinteressata del servizio di derattizzazione e disinfestazione su immobili di proprietà comunale.
 
Per l’appellante la sentenza sarebbe erronea in quanto non opererebbe, nella specie, il dimezzamento dei termini processuali e, comunque, sarebbero sussistiti i presupposti per l’ammissione al beneficio dell’errore scusabile.
 
Nel merito, la deducente ribadisce le censure svolte in primo grado – non esaminate dal TAR – di cui chiede l’accoglimento, con la conseguente sua riammissione in gara e aggiudicazione della stessa, dovendosi ritenere soddisfacenti (al contrario di quanto ritenuto dall’Amministrazione comunale) le delucidazioni fornite in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta.
 
Per il Comune appellato la sentenza meriterebbe piena conferma, non sussistendo neppure i presupposti per accordare il beneficio dell’errore scusabile; insiste, comunque, per l’assoluta infondatezza nel merito dell’originario ricorso.
 
D I R I T T O
 
1) – Con l’appello in epigrafe è impugnata la sentenza in forma semplificata con cui il TAR ha dichiarato inammissibile – per tardivo deposito – il ricorso proposto dall’odierna appellante per l’annullamento della determinazione dirigenziale 24 dicembre 2004, n. 795/B/04, avente ad oggetto l’aggiudicazione alla società controinteressata del servizio di derattizzazione e disinfestazione su immobili di proprietà comunale.
 
Per l’appellante la sentenza sarebbe erronea non potendosi applicare al deposito del ricorso di primo grado il termine dimidiato di cui all’art. 23 bis della legge n. 1034 del 6 dicembre 1971 e ricorrendo, comunque, nella specie i presupposti per accordare il beneficio dell’errore scusabile.
 
2) – L’appello è infondato.
 
Il ricorso di primo grado è stato, invero, notificato il 22 febbraio 2005 al Comune di Milano e il giorno successivo all’impresa controinteressata e depositato solo il 22 marzo successivo; deposito avvenuto, dunque, a distanza di 27 giorni dalla notificazione alla controinteressata stessa.
 
Sennonché, nella specie, trattandosi di impugnazione che investiva una gara d’appalto, trovava applicazione, ai fini del deposito del ricorso introduttivo, il termine dimidiato di cui all’art. 23 bis della legge n. 1034 del 6 dicembre 1971.
 
La giurisprudenza di questo Consiglio è ferma nel ritenere, infatti, che il termine dimidiato anzidetto trovi applicazione anche in relazione al deposito del ricorso di primo grado.
 
In tal senso basti richiamare la decisione della Sezione 8 marzo 2005, n. 942, secondo cui la norma recata dall’art. 23 bis della legge n. 1034 del 1971 non ricomprende, nell’eccezione alla regola della riduzione dei termini per i giudizi indicati nel suo comma 1, anche il termine stabilito per il deposito del ricorso; l’espressione "proposizione" indica, infatti, esclusivamente la prima attività di composizione dell’atto introduttivo del giudizio e della sua notificazione.
 
Dopo lo svolgimento di tali attività la chiamata in giudizio c’è stata e, pertanto, deve ritenersi che il ricorso è proposto; mentre il suo deposito riguarda il radicamento del rapporto processuale presso l’organo giudiziario alla cui cognizione s’intende sottoporlo, come si evince dalla netta distinzione dei due momenti, fissata nell’art. 21 commi 1 e 2 – dove è delineata la necessaria successione degli adempimenti connessi al deposito rispetto a quelli afferenti alla notificazione del ricorso – ed ancora più chiaramente nel comma 4, in cui si stabilisce che gli obblighi dell’amministrazione intimata di versare gli atti necessari o utili per il giudizio decorrono dal momento del deposito del ricorso (negli stessi sensi cfr. anche Sezione V, 21 giugno 2005, n. 3268; Sez. IV, n. 3043 del 31 maggio 2002; Adunanza Plenaria n. 5 del 31 maggio 2002; Sez. V, n. 1074 del 25 febbraio 2003; id., n. 5320 del 18 settembre 2003; Sez. IV, n. 3050 del 14 maggio 2004).
 
3) – Né ricorrevano, nel caso in esame, i requisiti per accordare l’invocato beneficio dell’errore scusabile.
 
L’errore scusabile, invero, è istituto di generalissima applicazione nel sistema della giustizia amministrativa, volto a garantire l’effettività della tutela giurisdizionale, ed è quindi suscettibile di trovare applicazione sia quando siano ravvisabili situazioni di obiettiva incertezza normativa, connesse a difficoltà interpretative o ad oscillazioni giurisprudenziali, sia quando si sia di fronte a comportamenti, indicazioni o avvertenze fuorvianti provenienti dalla medesima amministrazione, da cui possa conseguire difficoltà nella domanda di giustizia ed un’effettiva diminuzione della tutela giustiziale (cfr., tra le altre, le citate decisioni della Sezione nn. 3268 e 942 del 2005; sez. VI, 20 giugno 2003, n. 3689).
 
Nessuna di queste circostanze è riscontrabile nel caso di specie.
 
L’appellante assume, infatti, che dall’esame della bolletta dell’UNEP della Corte d’appello di Milano emergerebbe che l’atto notificato sia stato scaricato per la successiva resa alla parte richiedente solo in data 8 marzo 2005, ovvero il quattordicesimo giorno successivo alla sua notificazione, ciò che avrebbe reso impossibile il ritiro del medesimo nel termine di legge; l’atto, infatti, sarebbe stato disponibile per la resa solo a partire dall’11 marzo 2005, data in cui sarebbe stato materialmente possibile provvedere al ritiro dello stesso.
 
Sennonché, l’8 marzo 2005 era martedì (ed era il tredicesimo giorno dalla notificazione, dovendosi fare riferimento all’ultima delle notificazioni, operata, nella specie, nei confronti del controinteressato); sicché non è dato comprendere il motivo per cui il ritiro dell’atto sarebbe stato possibile solo a partire dal successivo giorno 11 (venerdì) e non nei giorni precedenti e per quale motivo non sia stato possibile operare il deposito del ricorso stesso in quei medesimi giorni; e ciò non senza considerare, comunque, e a tutto concedere, che, se pure dovesse convenirsi, in astratta ipotesi, con l’appellante nel ritenere che prima del giorno 11 marzo 2005 non sarebbe stato possibile operare il deposito del ricorso, non di meno tale deposito ben avrebbe potuto e dovuto avvenire (nel rispetto dei principi di celerità fatti propri dal ripetuto art. 23 bis) nel più breve dei termini decorrenti da tale data, mentre, nella specie, il deposito è avvenuto dopo altri dodici giorni.
 
4) – Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e va respinto.
 
Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
 
P.Q.M.
 
il Consiglio di Stato, **************, respinge l’appello in epigrafe.
 
Condanna l’appellante al pagamento, a favore del Comune di Milano, delle spese del grado che liquida in complessivi € 3000,00(tremila/00).
 
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
 
Così deciso in Roma il 20 gennaio 2006
DEPOSITATA IN SEGRETERIA – Il 23 maggio 2006
 
 

Lazzini Sonia

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