L’azione di responsabilità dei soci nel fallimento delle società

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L’aspetto più interessante del fallimento delle società, riguarda la posizione dei singoli soci.

Come regola il fallimento di una società comporta il fallimento dei soci con responsabilità illimitata, mentre non falliscono i soci con responsabilità limitata.

Anche per i soci che falliscono, però, deve essere assicurato il diritto alla difesa che spetta al fallito, e l’art. 147 comma 3 dispone :

Il tribunale, prima di dichiarare il fallimento dei soci illimitatamente responsabili, deve disporne la convocazione a norma dell’articolo 15″.

Il diritto di difesa dei soci falliti, però, non si ferma qui, l’art. 147 stabilisce al comma 6 che contro la sentenza del tribunale è ammesso reclamo a norma dell’articolo 18, e in caso sia respinta la domanda, contro il decreto del tribunale l’istante può proporre reclamo alla corte d’appello a norma dell’articolo 22.

Il reclamo e la relativa impugnazione potrà quindi essere proposta anche dal singolo socio, che potrà contestare sia l’esistenza dei presupposti per il fallimento della società, sia i presupposti relativi al suo suo fallimento.

Riguardo l’azione di responsabilità; l’articolo 146 della cisiddetta legge fallimentare comma 2 si riferisce a due ipotesi, nei confronti delle società di capitali, e in particolare al caso relativo alla s.r.l., cioè contro i soci della s.r.l.

In riferimento alla S.p.a. nel codice civile l’art. 2394 bis prevede la stessa ipotesi dell’art. 146 legge fallimentare.

Esso attribuisce il potere di esercitare le azioni di responsabilità al curatore, però, la s.p.a. può assumere diverse forme di amministrazione e controllo, a seconda del sistema dualistico e monistico.

L’art. 146 estende anche agli organi di amministrazione e controllo di questi sistemi alternativi la possibilità di promuovere l’azione di responsabilità da parte del curatore.

I riferimenti specifici all’art. 2394 bis, che prevede già la possibilità per il curatore di promuovere l’azione di responsabilità, sono contenuti in numerosi articoli del codice civile ma essendo l’ art 146 della legge fallimentare onnicompnresivo, elimina le questioni che potrebbero sorgere da un mancato richiamo dell’art. 2394 bis da parte di altri articoli del codice civile in merito alla legittimazione del curatore a esercitare le azioni di responsabilità.

Questo accade perché l’articolo la prevede contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori generali e i liquidatori.

Riguardo la s.r.l. l’articolo del codice civile di riferimento è il 2476, che si riferisce all’azione di responsabilità che può essere proposta da ciascun socio, mentre non vi è nessun riferimento alla azione di responsabilità che nella s.r.l. potrebbe essere proposta dai creditori sociali, come accade per la s.p.a. all’art. 2394 del codice civile.

Si rende possibile ipotizzare che il curatore, nel caso di fallimento della s.r.l. non possa esercitare questa azione, mentre nel caso previsto dall’art. 2476 del codice civile, quando si riferisce all’ipotesi di azione di responsabilità anche contro i soci della s.r.l. che hanno intenzionalmente autorizzato o deciso il compimento di atti dannosi per la società, l’art. 146 al n. 2 del comma 2, prevede che il curatore abbia nelle sue facoltà l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti di quei soci.

La posizione dei soci nel fallimento si ha in maniera diversa a seconda che la loro responsabilità sia limitata o illimitata.

In caso di fallimento di società con soci a responsabilità limitata, il curatore potrà spingere la sua azione solo nei limiti della responsabilità del socio, la quale coincide con il capitale sottoscritto.

Gli effetti più rilevanti prodotti dalla dichiarazione di fallimento si manifestano però nei confronti dei soci aventi responsabilità sussidiaria illimitata verso la società a norma dell’articolo 147 della legge fallimentare.

I soci illimitatamente responsabili ai quali si estende il fallimento della società sono i soci delle società in nome collettivo e i soci accomandatari delle società in accomandita semplice e per azioni.

La norma della quale all’art. 147, comma 1 della legge fallimentare, nella formulazione precedente la riforma, che consente la dichiarazione in estensione del fallimento del socio illimitatamente responsabile, ha natura eccezionale, rispetto alla regola degli artt. 2221 del codice civile e 1della legge fallimentare, non suscettibile di interpretazione analogica.

Si deve respingere l’istanza per la dichiarazione di fallimento del socio unico di società a responsabilità limitata che non abbia adempiuto agli oneri pubblicitari dei quali all’art. 2470, comma 4 del codice civile.

Nella società in accomandita semplice, la caratteristica fondamentale è la presenza di due categorie di soci, accomandanti e accomandatari.

In base all’art. 2315 del codice civile, alle s.a.s si applica la disciplina delle s.n.c. (società in nome collettivo), anche se vi sono delle differenze per quanto riguarda l’amministrazione della società.

I Soci accomandanti rispondono delle obbligazioni contratte dalla società solo per la quota conferita.

In caso di fallimento, rischiano esclusivamente la perdita del valore del conferimento convenuto ex art. 2313 del codice civile.

I soci accomandatari rispondono solidalmente ed illimitatamente delle obbligazioni sociali, e a loro è attribuita l’amministrazione e la rappresentanza della società.

Secondo l’art. 2318 del codice civile, hanno gli stessi diritti e obblighi dei soci delle S.n.c. (società in nome collettivo) e l’amministrazione della società può essere conferita esclusivamente a loro.

Al socio accomandatario spettano i seguenti diritti:

amministrazione società, utili, voto, nomina o revoca degli amministratori, recesso, liquidazione della quota.

I loro obblighi sono:

effettuare i conferimenti a fronte della quota sottoscritta, rispondere solidalmente, illimitatamente e sussidiariamente delle obbligazioni sociali, il divieto di concorrenza.

L’articolo 147 della legge fallimentare recita testualmente:

“La sentenza che dichiara il fallimento di una società appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili.

Il fallimento dei soci di cui al comma primo non può essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata anche in caso di trasformazione, fusione o scissione, se sono state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati. La dichiarazione di fallimento è possibile solo se l’insolvenza della società attenga, in tutto o in parte, a debiti esistenti alla data della cessazione della responsabilità illimitata.

Il tribunale, prima di dichiarare il fallimento dei soci illimitatamente responsabili, deve disporne la convocazione a norma dell’articolo 15.

Se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi.

Allo stesso modo si procede, qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l’impresa è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile”.

Dott.ssa Concas Alessandra

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